varie, 13 febbraio 2016
APPUNTI SU BERTOLASO PER IL FOGLIO
IL FOGLIO 13/2 –
Rapida sintesi. A Roma il Partito democratico – partito uscito con le ossa rotte dall’ultima sindacatura, con il fumo di Mafia Capitale, gli indagati, l’inchiesta, eccetera – sceglierà con le primarie il candidato sindaco. Sei nomi in campo, al momento: Giachetti, Morassut, Pedica, Rossi, Mascia e Ferraro (il primo, vicepresidente della Camera, appoggiato dalla classe dirigente che conta nel Pd, da Renzi a Orfini fino a Zingaretti). Ci sarà un vincitore e quel vincitore sarà il candidato del Pd. Punto. Dovrà affrontare, al primo turno, Stefano Fassina, tra gli avversari di sinistra, ma il candidato forte del centrosinistra uscirà dai gazebo del Pd. Facile e lineare.
Il Movimento 5 stelle, invece, non ha ancora scelto il candidato per Roma ma ha votato i tre punti del programma del candidato sindaco. Votazione online: la mobilità e la manutenzione delle strade, scelta dal 23 per cento dei votanti (1.917 preferenze); la trasparenza e lo stop agli sprechi per l’8 per cento (1.520 preferenze); e l’emergenza rifiuti e la cura del territorio per il 16 per cento (1.361 preferenze). Hanno partecipato in 2.724 sui 9 mila iscritti residenti a Roma. Meno di uno su tre. Mezzo disastro. Flop vs flop. Per non parlare poi del fatto che, arrivati a febbraio, a meno di quattro mesi dalle elezioni, il Cinque stelle non ha ancora un nome su cui scommettere. Pensiamo male: non sarà perché i grillini hanno capito che Roma rischia di essere la tomba del Movimento 5 stelle? Pensiamo male.
Il vero capolavoro però è del centrodestra. Ieri, con una nota congiunta, Salvini, Meloni e Berlusconi hanno presentato il loro candidato: Guido Bertolaso. Bertolaso, però, tra i candidati del centrodestra non sarà l’unico a scendere in campo. Ci saranno anche Marchini e Storace. Il centrodestra ha scelto di non fare le primarie. E mai come in questo caso la scelta potrebbe essere suicida, con tre candidati che presidieranno lo stesso bacino politico. La profezia rischia di essere facile. Chi di non primarie ferisce, di non primarie perisce. Chissà se la lezione servirà.
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VALERIA FORGNONE E VIOLA GIANNOLI, REPUBBLICA.IT 13/2 –
Il tormentone del centrodestra per la candidatura a sindaco di Roma è finito. Il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, il segretario della Lega Matteo Salvini e la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni hanno trovato l’intesa sul nome di Guido Bertolaso chiedendogli di guidare, nel ruolo di candidato sindaco, un’ampia coalizione di centrodestra. "Aperta - scrivono in una nota congiunta - anche al contributo delle migliori risorse della società civile". E dall’ex numero uno della Protezione civile è arrivato il ’sì’: "Sono onorato della proposta che Berlusconi, Salvini e Meloni mi hanno formulato. Grazie al progressivo miglioramento delle condizioni di salute della mia adorata nipotina, che mi consentono di riacquisire la necessaria tranquillità, accetto questa nuova sfida consapevole che sarà indispensabile l’impegno di tutti e sarà altrettanto fondamentale dedicare ogni energia e ogni sforzo, ogni giorno, per migliorare le condizioni di vita dei cittadini romani, per ridare decoro e prestigio a una città ormai ridotta davvero in condizioni di emergenza. Per amore di Roma, per la sua storia e per il rispetto che i romani meritano", ha spiegato Bertolaso da Londra, dove si trova in questi giorni.
La svolta è arrivata dopo il pasticcio della candidatura di Rita Dalla Chiesa, avanzata da Giorgia Meloni e silurata da Forza Italia e da Salvini. Tra i nomi erano usciti anche quello della stessa Meloni, che ha poi annunciato la sua gravidanza - che coincide proprio con la campagna elettorale - dal palco del Family Day, della giudice minorile Simonetta Matone e di Fabio Rampelli.
Bertolaso era in realtà già sceso in pista nelle scorse settimane, ma aveva annunciato, via lettera, un passo indietro dettato - aveva spiegato - da motivi personali: i problemi di salute di una nipotina. In tanti però avevano letto, dietro quella ritirata, una reazione alle perplessità del Carroccio. Dubbi legati in particolare alla situazione giudiziaria di Bertolaso, che deve ancora ancora affrontare un processo in primavera. Il prossimo 4 marzo, due giorni prima delle primarie romane del centrosinistra, è fissata infatti l’udienza dell’ex capo della Protezione civile, coinvolto nel procedimento "Grandi rischi bis" con le accuse di omicidio colposo plurimo e lesioni presso il tribunale dell’Aquila.
Candidato centrodestra Roma, Salvini: ’’Basta balletti, meglio le primarie’’
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Per Silvio Berlusconi, "Guido Bertolaso è il miglior sindaco che Roma possa desiderare per risollevarsi dalla situazione in cui è stata ridotta dall’amministrazione del Pd e della sinistra. Bertolaso è un uomo del fare. Da capo della Protezione civile ha dato delle indiscutibili dimostrazioni di grandi capacità manageriali, sapendo gestire eventi e avvenimenti epocali, fra i quali l’emergenza rifiuti a Napoli e in Campania, il dopo-terremoto in Abruzzo e lo spostamento del G8 all’Aquila".
Accanto al nome di Bertolaso a destra restano in campo le candidature di Francesco Storace (Video), che ha chiesto le primarie, e di Alfio Marchini, che correrà da solo con una lista civica, come già accaduto per le Comunali del 2013. Nel centrosinistra sono sei candidati alle primarie fissate per il prossimo 6 marzo: Roberto Giachetti, Roberto Morassut, e Stefano Pedica, tutti e tre in quota Pd; Domenico Rossi di Centro democratico; Gianfranco Mascia portavoce dei Verdi e l’outsider Chiara Ferraro, una ragazza autistica (Video) che ha deciso di lanciarsi provocatoriamente nella corsa per porre l’accento sui diritti delle persone con disabilità.
Campidoglio, la presentazione ufficiale dei candidati alle primarie Pd
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Il M5s, invece, prima ha illustrato il suo "codice di comportamento" che prevede una multa di 150 mila euro per chi disobbedisce alla linea del movimento. Poi Alessandro Di Battista, deputato pentastellato, è andato all’attacco sostenendo che il M5s "amministrerà Roma con il pugno duro". E infine, ieri, si è conclusa la votazione online tra gli iscritti romani M5S per scegliere i primi tre punti del programma del candidato sindaco. Sul podio la mobilità e la manutenzione delle strade, scelta dal 23% dei votanti (1.917 preferenze); la trasparenza e lo stop agli sprechi per il 8% (1.520 preferenze); e l’emergenza rifiuti e la cura del territorio per il 16% (1.361 preferenze). Nel movimento di Casaleggio e Grillo, sono 209 i candidati dei 5 stelle i cui video appariranno presto (tra domani e lunedì) online per un posto da sinidaco o consigliere comunale.
Sostenuto da Sinistra italiana e parte di Sel, ma fuori dalle primarie, c’è anche Stefano Fassina che vorrebbe coinvolgere in un ticket anche l’ex sindaco Ignazio Marino tentato dal correre da solo con una sua lista civica: "Da medico non sono uno che lascia un’operazione incompiuta", aveva detto durante il videoforum di Repubblica. A sinistra della sinistra potrebbero prefigurarsi primarie bis. Con una petizione che proprio oggi sbarca sulla piattaforma Change.org Gianluca Peciola ha chiesto di organizzare primarie "popolari". Ma c’è pure un’altra idea che circola: quella di una ’cordata’ a sinistra che vada oltre il Pd di Matteo Renzi mettendo insieme da Stefano Fassina a Ignazio Marino, da Beppe Civati a Walter Tocci. E magari veda in Massimo Bray, su cui continua il pressing per una sua candidatura alla guida di una lista civica, una figura unificante. Domani dalle 10 di domani mattina si riuniranno all’ex Dogana di San Lorenzo i primi cento cittadini che hanno aderito alla piattaforma ’Contaci.it’: una nuova esperienza politica che parte dai cittadini, mettendo insieme, attraverso un "contagio" politico scrittori, grafici, makers, ricercatori, e a cui Possibile, il partito nato su iniziativa di Pippo Civati, guarda con grande interesse. Appoggiato dal Partito comunista guidata da Marco Rizzo infine c’è il 26enne Alessandro Mustillo.
Roma, Marino: "No alle primarie Pd. Ma non lascio le operazioni a metà"
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Una curiosità: Giachetti e Bertolaso, i principali sfidanti dei due schieramenti, ai tempi del Giubileo del 2000 lavoravano fianco a fianco. Tanto che Francesco Rutelli, giorni fa, aveva detto: "Anche perché poi vedo - dice - che sono candidati sindaci un po’ tutti i miei. Giachetti è stato mio ex capo di gabinetto e Berlusconi candida il mio vice del Giubileo, scherzo, Bertolaso... Chi ci manca ancora?".
Berlusconi ha aggiunto: "Le forze del centrodestra, a differenza dei politici politicanti della sinistra, hanno preferito a un loro uomo di partito un grande professionista, con ideali forti e comprovate doti amministrative e gestionali, un manager che saprà mettersi a disposizione di Roma e dei romani con la determinazione e la generosità che gli sono da tutti riconosciute. Rivolgo al dottor Bertolaso - ha concluso il leader FI - i miei più cordiali auguri di buon lavoro, certo che tutto il popolo di centrodestra, a cominciare dal sottoscritto e da Forza Italia, gli sarà vicino con affetto per riportare Roma ad essere la più bella Capitale d’Europa".
Dal presidente del Pd Matteo Orfini, via twitter, è arrivato un ironico "in bocca al lupo a Bertoloso. Un risultato lo ha già raggiunto. È la prima volta in vita sua che fa una gara". Roberto Giachetti (Pd), a Radio Radio, ha commentato la candidatura a sindaco per il centrodestra di Bertolaso, accennando al periodo in cui entrambi facevano parte della squadra dell’allora sindaco Francesco Rutelli: "Il mio lavoro prescinde da Bertolaso e dal candidato di centrodestra. Bertolaso è una persona che conosco, competente, ha fatto il subcommissario al Giubileo, ci ho lavorato insieme e ne conosco tutte le qualità. Io avevo sperato che anche il centrodestra scegliesse la linea delle primarie, dopodiché hanno scelto diversamente. Mi pare di capire che rimane in pista Marchini, non ho capito cosa farà Storace". Ileana Argentin (Pd), presidente del comitato elettorale di Giachetti, ha affermato: "A noi ci dice un gran bene, vuol dire che vogliono perdere, che non hanno trovato tutti gli alibi per nascondere tutte le cose brutte che hanno fatto con Alemanno - ha detto a Radio Radio - Quindi ci mandano Bertolaso che scende con gli stivaloni e proverà a fare qualcosa... una tristezza assoluta, vedremo. Noi tanto abbiamo un unico nemico che sono i Cinque Stelle".
Il candidato sindaco e leader de La
Destra, Francesco Storace, è andato all’attacco: "Con la leadership di Berlusconi una volta si vincevano le elezioni, adesso non mi pare che non sia esattamente così". Mentre per Alfio Marchini, "la nomina di Bertolaso è un fatto positivo perché rende tutto più chiaro per i cittadini. Ci saranno profili definiti e proposte concrete sulle quali i romani potranno scegliere. Sarà sicuramente un’avvincente campagna elettorale".
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PAOLA DI CARO, CORRIERE DELLA SERA 13/2 –
Arrivati a un passo dalla rottura, i leader del centrodestra trovano sul filo di lana l’unità perduta e un candidato condiviso: a Roma correrà Guido Bertolaso, per dieci anni capo della Protezione civile, sottosegretario nell’ultimo governo Berlusconi, uomo vicinissimo a Gianni Letta che sempre ha goduto della fiducia del capo di FI che l’ha evocato, voluto e alla fine convinto e imposto agli alleati dopo un lavoro delicato di mediazioni incrociate.
Con una nota congiunta, ieri sera, Berlusconi, Salvini e Meloni hanno infatti chiesto a Bertolaso la disponibilità a guidare da candidato sindaco «un’ampia coalizione di centrodestra aperta anche al contributo delle migliori risorse della società civile, del mondo delle imprese e delle categorie, delle professioni e del volontariato». La risposta di Bertolaso è arrivata da Londra, dove sta seguendo le condizioni di salute della nipotina. Problemi che, sommati alla freddezza con cui era stata accolta la prima proposta di candidatura avanzata qualche settimana fa da Berlusconi lo avevano indotto a farsi da parte.
La situazione oggi però è cambiata: «Grazie al progressivo miglioramento» della salute della bambina e alla ritrovata «tranquillità, accetto questa nuova sfida», dice Bertolaso, che correrà «per ridare decoro e prestigio ad una città ormai ridotta davvero in condizioni di emergenza, per amore di Roma, per la sua storia e per il rispetto che i romani meritano». Ma le condizioni cambiate sono anche e soprattutto politiche. I dubbi su Bertolaso sussurrati da molti nel centrodestra riguardavano soprattutto il rischio che la sua situazione giudiziaria — è coinvolto in due procedimenti: sul G8 alla Maddalena e sul terremoto all’Aquila — lo rendesse attaccabile in campagna elettorale. Nonostante Berlusconi avesse assicurato che i procedimenti sono in via di archiviazione — convinzione diffusa nel centrodestra —, rimaneva la preferenza degli azzurri romani per Marchini, considerato il migliore per sfondare al centro. Ma il veto della Meloni è stato totale: Marchini, secondo Fdi, non avrebbe fatto guadagnare nulla al centrodestra mentre avrebbe fatto perdere molto alle loro liste.
L’ impasse pareva insuperabile, ancor più dopo i «no» che sia Salvini che i berlusconiani hanno pronunciato di fronte alle altre due proposte della Meloni: Fabio Rampelli, e Rita Dalla Chiesa. «No» talmente sonanti da averle fatto minacciare di correre in solitaria, con conseguente rottura della coalizione in tutte le città. É stato a questo punto che Berlusconi ha fatto valere tutto il suo peso e la sua capacità di mediazione. Ha frenato i suoi scalpitanti che non volevano mollare Marchini, che resta in pista (mai, dicono i suoi, ha voluto «perdere la sua identità» facendo accordi con Fdi), e ha convinto sia un dubbioso Salvini che la stessa Meloni (sarà capolista) che, per competere oggi e alle Politiche, si sarebbe dovuta far prevalere su tutto l’unità della coalizione. Con Bertolaso, che ha corteggiato e fatto tornare sui suoi passi: «È il miglior sindaco che Roma possa desiderare per risollevarsi dalla situazione in cui è stata ridotta dall’amministrazione del Pd e della sinistra. È un manager, non un uomo di partito, ma un uomo del fare».
La corsa resta difficile ma «adesso il dado è tratto, pensiamo a prendere voti», dice Gasparri, mentre Francesco Storace per ora non ritira la sua candidatura: «Senza primarie non è il mio candidato. E io non voglio una campagna col codice penale». Appare tranquillo Roberto Giachetti: «Bertolaso è una persona che conosco, competente, ha fatto il subcommissario al Giubileo, ci ho lavorato insieme e ne conosco tutte le qualità».
Paola Di Caro
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STEFANO FOLLI, LA REPUBBLICA 13/2 –
Roma poteva essere il laboratorio politico del centrodestra. Un po’ quello che sta accadendo a Milano nel centrosinistra, dove la candidatura a sindaco di Sala, comunque la si voglia giudicare, è un tentativo di conciliare l’anima “renziana” del Pd, protesa verso l’elettorato moderato, con l’ala di sinistra rappresentata dai seguaci di Pisapia: una miscela da sperimentare in vista di una proiezione su scala nazionale.
Era lecito immaginare che il centrodestra avrebbe seguito lo stesso modello all’ombra del Campidoglio: il voto comunale come occasione per delineare non tanto nuove alleanze, quanto una rinnovata classe dirigente. Ossia una destra post-berlusconiana capace di definire la propria identità partendo dalla capitale, ma preoccupandosi degli equilibri politici generali. In fondo tutti i sondaggi indicano questo schieramento oltre il 30 per cento nel paese: a patto, s’intende, che i diversi segmenti (Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e apporti minori) trovino una seria intesa, non limitandosi a inseguire suggestioni populiste. A Roma il palcoscenico appariva più che favorevole per avviare l’opera di ricostruzione di quel pianeta dissestato. Serviva lungimiranza, intelligenza politica e un po’ di fantasia.
Viceversa il centrodestra è riuscito a inanellare una serie davvero notevole di errori e contraddizioni. Il risultato è un’opportunità mancata, l’ennesima. A cominciare dalla scelta finale del candidato, un Guido Bertolaso riluttante e dal profilo parecchio debole sul piano mediatico - quindi anche elettorale - a causa delle vicende che lo hanno coinvolto nel recente passato. Se a Roma Berlusconi e i suoi alleati volevano fare un favore al Pd, la cui squadra sulla carta sembrava sconfitta in partenza, e in fondo anche al centrista Marchini con la sua lista civica, la discesa in campo di Bertolaso potrebbe rivelarsi la mossa perfetta. L’uomo ha avuto una stagione di grande popolarità quando guidava la Protezione Civile in anni ormai lontani. Poi la sua stella si è appannata in modo definitivo, con una serie di strascichi giudiziari, e non solo giudiziari, che lo hanno spinto fino in Africa, dove ha fatto del volontariato.
RIPROPORRE oggi il nome di Bertolaso risponde a una logica di mera sopravvivenza con il sapore del passato. Serve a impedire che Giorgia Meloni, depositaria nella capitale di una certa quantità di voti, presenti una candidatura di rottura che confermerebbe il caos in cui versa l’arcipelago ex berlusconiano. S’intende che la richiesta di Fd’I - scegliere il nome attraverso le primarie - è stata del tutto disattesa. E si capisce, dal momento che le primarie avrebbero prodotto sorprese poco gradite al vecchio leader. Non è un mistero, fra l’altro, che avrebbero potuto premiare un personaggio di temperamento e fuori dagli schemi come Francesco Storace.
Così si è scelto un candidato “a perdere”, in attesa di giocare le carte migliori al ballottaggio. Ma i voti del centrodestra peseranno solo nel caso in cui ad accedere al secondo turno sarà Alfio Marchini. Nell’ipotesi in cui la partita fosse fra Giachetti, Pd, e il Mr.X dei Cinque Stelle, la sconfitta dell’alleanza berlusconiana sarebbe netta e inappellabile. Forse sarebbe stato meglio presentare a Roma un “city manager” come Stefano Parisi che invece è stato candidato a Milano - lui romano - dove la corsa contro Sala è in salita. Viceversa nella capitale, città in cui l’elettorato di destra fino a ieri era forte e dove il centrosinistra sconta la disfatta della giunta Marino, i veti incrociati impediscono alla strana alleanza Berlusconi- Meloni-Salvini di essere credibile. Così si dissolve, nel disincanto dell’opinione pubblica residua, la “chance” di trasmettere un’idea del futuro secondo il centrodestra, una visione che non sia solo l’invettiva contro gli immigrati e contro l’Europa.
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CARMELO LOPAPA, LA REPUBBLICA 13/2 –
È un salto indietro di cinque anni, l’unica mossa possibile per evitare che il centrodestra salti davvero per aria. Berlusconi gioca la carta Guido Bertolaso e strappa il via libera di Salvini e della Meloni che minacciavano già il ricorso alle primarie (detestate dal Cavaliere).
Si incarica lo stesso leader di Fi di convincere l’ex capo della Protezione civile. Lo ringrazia, lo definisce come un tempo «l’uomo del fare». È il delfino degli ultimi 15 anni spedito a navigare nei mari burrascosi di tutte le emergenze, dall’Aquila a Napoli. Uomo di Gianni Letta, ma anche vice commissario al Giubileo del 2000 con Rutelli sindaco. Si ritroverà a sfidare Roberto Giachetti, altro vessillo dei “Rutelli boys”, allora capo di gabinetto del primo cittadino. «Uomo competente, ne conosco tutte le qualità» dice ora non a caso il candidato del centrosinistra.
«Solo tu puoi salvarci, risolvi la tua questione familiare ma non puoi abbandonarci», ha pregato Berlusconi chiamandolo a Londra. Tra i due c’è un magnetismo collaudato, un tempo neanche tanto lontano il Cavaliere voleva farne il coordinatore nazionale di Forza Italia. Per tentare di ricostruire il partito, come la sfortunata L’Aquila, dalle macerie. All’ex sottosegretario, il leader forzista ha promesso un suo impegno diretto (anche finanziario) in campagna elettorale, la possibilità di dar vita a una lista civica del “sindaco” e il pieno sostegno dei tre partiti. È bastato un rapido giro di telefonate nella serata di giovedì per convincere Meloni e Salvini ad accettare l’opzione da ultima spiaggia. Il capo del Carroccio avrebbe obiettato ancora una volta la perplessità legata alla tempistica dei processi a carico di Bertolaso. «Adesso basta - si è impuntato Berlusconi qui rischia di finire malissimo, prendo in mano io la situazione, dovete fidarvi». Di più, il leader forzista preannuncia che la campagna elettorale sarà occasione per rispolverare proprio la battaglia sulla giustizia. La Meloni accetta di buon grado l’indicazione, invece. La giornata di ieri è servita per mettere a punto la nota congiunta con cui i tre leader chiedono insieme al medico che per ora dovrà lasciare il volontariato in Africa «di voler guidare un’ampia coalizione di centrodestra aperta alla società civile». Con una postilla che stava a cuore alla Meloni, in chiave anti-Marchini: «La coalizione non potrebbe sostenere candidature che sono risultate divisive». E a stretto giro, da Londra, il comunicato con cui il neo candidato dice di accettare la sfida, anche «grazie al progressivo miglioramento delle condizioni di salute della mia adorata nipotina» (la settimana scorsa aveva dato forfait). Ora invece torna, «per amore di Roma, per la sua storia e per il rispetto che i romani meritano».
Ma i problemi a Roma non finiscono qui. Alfio Marchini, che era sostenuto da un pezzo di Fi importante (da Tajani a Giro a Gasparri), fa i complimenti a Bertolaso e gli lancia la sfida. Non si ritira neanche Francesco Storace, forte dei sondaggi: «Se Bertolaso è il candidato alle primarie, sono contento - racconta al telefono diversamente, è solo il candidato dei tre, non il mio, e perderà». E per intuire il clima, ecco la “prima” al vetriolo del suo “Giornale d’Italia: «Berlusconi punta su Bertolaso, campagna elettorale col codice penale». Chi in Fi si era schierato con Marchini ora raddrizza il tiro. Tace il solo Tajani. Non Gasparri: «Abbiamo detto quel che dovevamo, abbiamo sperato fino all’ultimo di evitare la frammentazione, ma adesso bisogna sostenere Bertolaso senza recriminazioni». E Francesco Giro: «Ottima candidatura, con lui andiamo al ballottaggio». Tutto possibile «grazie a un prodigio di Berlusconi» ricorda Deborah Bergamini. Cavaliere che ieri sera era già al fianco di Stefano Parisi a Milano per una prima cena di autofinanziamento. A inizio settimana il vertice dei tre leader per ufficializzare tutti i candidati.
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GIOVANNA VITALE, LA REPUBBLICA 13/2 –
LE COINCIDENZE sono da rara congiuntura astrale. I due uomini che più lavorarono fianco a fianco per la riuscita del Giubileo del 2000, potrebbero ora ritrovarsi avversari nel bel mezzo di un nuovo Anno Santo, straordinario e perciò imprevisto, indetto da papa Francesco con dieci anni d’anticipo rispetto a quello ordinario. In ossequio alla profezia di Rutelli, che giusto qualche giorno fa scherzava: «Vedo che i candidaci sindaci sono un po’ tutti i miei: Giachetti è stato mio capo di gabinetto in Campidoglio, Bertolaso mio vice-commissario al Giubileo, chi ci manca ancora? ». Un oroscopo che solo la sconfitta di Roberto ai gazebo del centrosinistra potrà smentire. Oppure il complicarsi del processo “Grandi rischi bis” che, a partire dal 4 marzo, giusto due giorni prima delle primarie, vedrà Guido sul banco degli imputati.
Destini che tornano dunque a incrociarsi, quelli dei due (ex) Rutelli boys. Su fronti opposti, però. Perché se tre lustri addietro Giachetti e Bertolaso contribuirono assieme, uno dal Campidoglio, l’altro dalla struttura commissariale voluta dal governo, alla riuscita di un evento considerato un successo organizzativo planetario — in grado tra l’altro di regalare a Roma profondi interventi di riqualificazione, grandi opere ancora oggi strategiche (dal sottopasso sul lungotevere vaticano al parcheggio del Gianicolo) e la pianificazione di appuntamenti giubilari quali la giornata mondiale della gioventù a Tor Vergata — dal 6 marzo potrebbero essere costretti, l’un contro l’altro armati, a menar fendenti. In una gara per l’ingresso al ballottaggio che, se il consenso grillino resisterà ai livelli attuali, sarà garantito a uno solo de due.
I toni tuttavia, fanno ben sperare. «Bertolaso», ha commentato Giachetti la nomination per il centrodestra, «è una persona che conosco, competente, ci ho lavorato insieme e ne apprezzo tutte le qualità». Durerà?
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FAUSTO CARIOTI, LIBERO 13/2 –
Il primo articolo di Libero sulle prossime elezioni comunali romane è apparso il10 ottobre2015. Titolo:«Al centrodestra- Tafazzi rischia di sfuggire Roma». Motivo: «Manca ancora un candidato unico, solo Berlusconi può trovarlo». Insomma, già quattro mesi fa non era difficile indovinare come sarebbe andata a finire: Alfio Marchini da una parte, il candidato ufficiale del centrodestra dall’altra e grillini e Pd pronti a incassare i dividendi della sciagurata spaccatura. Guido Bertolaso conosce la città, è abituato a fronteggiare le emergenze (e Roma è un’emergenza continua) e soprattutto non è mai stato candidato per nessun partito, condizione ormai indispensabile per presentarsi agli elettori con qualche credibilità. In circostanze diverse sarebbe stato il candidato perfetto. Oggi invece non lo è, per almeno tre motivi. Il primo sono i suoi guai giudiziari. L’ex capo della Protezione civile è accusato di omicidio colposo e lesioni nel processo Grandi Rischi bis, che ricomincerà a marzo, e di corruzione nel processo per gli appalti del G8. Almeno il primo di questi due procedimenti si basa su un impianto surreale,ma siccome la verità processuale segue logiche proprie una condanna non è da escludere.Quando il rischio che questa possa essere inflitta a Bertolaso a poche settimane dal voto è stato fatto presente a Berlusconi, il Cavaliere si è illuminato: «Vorrà dire che faremo tutta la parte finale della campagna elettorale contro la malagiustizia». Purtroppo, ai romani del chiodo fisso di Berlusconi importa poco: dopo i disastri della giunta Marino, le loro preoccupazioni sono tutte per i tombini intasati e la proliferazione delle pantegane. Il secondo problema è la presenza di un concorrente che si rivolge ai suoi stessi elettori. Marchini è in pista da anni, ha l’appoggio di alcune sigle di centrodestra e probabilmente anche quello occulto di un pezzo di Forza Italia. Pure se corre da solo è accreditato del 10-12% dei voti. A Roma, messi insieme, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega valgono tra il 20 e il 23%dei voti. La morale è che Marchini e Bertolaso promettono di cannibalizzarsi a vicenda. Al resto provvederà Francesco Storace, candidato della destra tradizionale.Nessuno di loro appare in grado di arrivare al ballottaggio. Infine - terzo problema - il nome di Bertolaso puzza di ripiego. Non è un mistero che Salvini gli preferisse Marchini, ricevendo in cambio da Bertolaso il seguente complimento: «Salvini odia Roma ». E lo stesso Bertolaso pochi giorni fa si era chiamato fuori dalla partita con toni che parevano definitivi. Si sono viste partenze migliori e alleanze più credibili. La candidatura di Bertolaso riafferma l’egemonia di Berlusconi sul centrodestra e ammazza in culla un possibile leader nazionale come Marchini, e questo farà contenti molti (incluso Matteo Renzi). Ma rischia di essere pagata a caro prezzo.Ameno che Ignazio Marino, candidato sindaco oggi quotato attorno al 10-12%, non tolga al candidato del Pd e a quello del M5S abbastanza voti da fare il miracolo. Ma se la speranza del centrodestra si chiama Marino, motivi per festeggiare non se ne vedono.
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GIUSEPPE MARINO, IL GIORNALE 13/2 –
Se è vero che un uomo si giudica dai suoi nemici, Guido Bertolaso ha le carte in regola per piacere agli elettori romani di centrodestra. Per chi ha il cuore che batte da quella parte, aver litigato ferocemente con l’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio è una medaglia. Accadde ai tempi della crisi dei rifiuti di Napoli del 2006. Il leader dei Verdi boicottò il piano di Bertolaso per riaprire le discariche necessarie a tamponare il disastro e lui si dimise da commissario per l’emergenza. Altra medaglia: lo scontro con l’archistar «de sinistra» Massimiliano Fuksas, un gentiluomo che vedendo l’ex capo della Protezione civile entrare in un ristorante cominciò a inveire e finì alle mani con un altro avventore. Anche nello schieramento che lo candida a sindaco di Roma non sono tutti suoi amici: nel 2014 Berlusconi gli chiese di riorganizzare Forza Italia. Lui rifiutò perché voleva prima uscire dai processi, ma nel partito erano già emersi i mal di pancia.Normale dialettica, forse. Ma questione anche di carattere: Bertolaso è un tipo deciso, uno che quando è ora di far marciare le cose non guarda in faccia a nessuno. Il prototipo di «uomo del fare» per cui Berlusconi stravede. E se è vero che è con il Cavaliere che la sua stella ha raggiunto la massima magnitudo, la sua carriera pubblica decolla grazie a Francesco Rutelli, che lo chiama come vice commissario per il Giubileo del 2000. Grandi eventi, da sempre, dunque, anche con la sinistra, Prodi incluso.Nel 2001, lavorando con Rutelli, aveva preparato un piano per il G8 di Genova. Quando tornò al governo Berlusconi, poco prima del disastroso vertice, scrisse a Gianni Letta: «Avete scelto le persone e le strategie sbagliate». Non c’era tempo per cambiare le cose, ma Letta se ne ricordò e lo chiamò alla Protezione civile. L’incarico, durato nove anni, che l’ha reso famoso. Un uomo per tutte le emergenze, lo sguardo severo fisso, parte della divisa da «civil servant» come il maglione blu con lo stemma dell’Italia. Berlusconi lo chiama su tutti gli scenari più complicati e lui risponde puntuale. Grazie a Bertolaso, tornato commissario ma senza più Pecoraro Scanio tra i piedi, dopo 58 giorni di fuoco Berlusconi potrà dichiarare chiusa la fase critica della nuova emergenza rifiuti: «Napoli torna una città occidentale». Bertolaso sarà da allora sempre in prima fila tra terremoti, alluvioni e grandi eventi: i 150 anni dell’Unità d’Italia, il G8 dell’Aquila, gli appuntamenti sportivi. Quando c’è da risolvere una grana vera, quando c’è davvero da far funzionare una macchina complessa, il governo si affida a lui. E il suo potere cresce di conseguenza. Nel 2008 viene nominato sottosegretario, comanda prefetti, muove l’esercito, alle sue dipendenze, scrive Panorama, ci sono «31.447 vigili del fuoco, 9.300 guardie forestali, 68.134 guardie di finanza, circa 120 mila carabinieri e 110 mila poliziotti». Troppo potere, troppa fama per durare. E infatti arrivano i guai: prima il processo per aver rassicurato la popolazione dell’Aquila prima del terremoto poi, soprattutto, l’inchiesta «gelatinosa» sulla Cricca degli appalti, quella di Anemone, l’imprenditore che gli avrebbe pagato un appartamento a Roma e garantito i favori sessuali di una massaggiatrice in cambio di appalti. Bertolaso è sdegnato, se ne va per difendersi: «Sono stato a capo della Protezione civile fino a quando l’ho deciso io. E ne sono uscito come ho deciso io: a testa alta e con le pezze al culo», sbotta.Inizia il calvario delle inchieste, cui ora sperano di appigliarsi i suoi avversari, anche se ne resta ben poco. Bertolaso è certo di uscirne pulito entro giugno, ed ecco perché è pronto di nuovo alla battaglia. Ha 66 anni, due figlie, una laurea in medicina e un master in malattie tropicali preso a Liverpool e consolidato con tanta esperienza in scenari difficili, dall’Indocina all’Africa. E lì che è tornato quando è uscito dai radar: il primo amore, la lotta contro ebola, gli ospedali di frontiera. Che Roma sia malata è sicuro. Il cardiochirurgo non è servito a molto. Forse è l’ora di un altro specialista.
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FERRUCCIO SANSA, IL FATTO QUOTIDIANO 13/2 –
Come San Gennaro. Mancava il miracolo. Era il 2009 quando la fama di Guido Bertolaso raggiunse l’apice. All’Aquila, nei giorni del terremoto, appena compariva attirava folle che neanche Barack Obama al G8. Indice di gradimento al 60 per cento! Bertolaso era quasi diventato un sostantivo: l’uomo che “risolve problemi” per dirla alla Tarantino. Poi il crollo, le inchieste a raffica. L’italianissima parabola del salvatore che in poche ore diventa “ladrone”. Il ritiro in Africa. Ma alla fine il miracolo: meglio di Lazzaro, sarà il candidato sindaco di Roma del centrodestra. E pensare che appena una manciata di giorni fa aveva detto no per la malattia di un famigliare. Ieri il dietro-front con toni da candidato: “Sono onorato della proposta che Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni mi hanno formulato. Grazie al miglioramento della mia adorata nipotina, accetto la sfida… per migliorare la vita dei romani, per ridare decoro e prestigio a una città in condizioni di emergenza. Per amore di Roma, per la sua storia e per il rispetto che i romani meritano”.
Tipo complesso, Bertolaso: lineamenti e fisico da uomo di scrivania, ma sicurezza incrollabile e modi asciutti. Il curriculum: 56 anni, figlio di un generale di Squadra Aerea pluridecorato, nasce medico esperto di malattie tropicali. Lavora per la Farnesina e per l’Unicef, compie missioni in Africa. Poi la chiamata della politica come Capo Dipartimento della Protezione Civile. A volerlo è il Governo Prodi. Quindi la parentesi del Giubileo con l’etichetta di uomo di Francesco Rutelli. Un anno dopo rieccolo alla Protezione Civile, voluto, però, dal governo Berlusconi. Un crescendo. Si occupa dell’epidemia di Sars (malattia respiratoria), frane a Cavallerizzo, rifiuti in Campania (di nuovo voluto da Prodi), area archeologica romana e terremoto in Abruzzo. Arriva perfino ad Haiti per il terremoto. Le canta a tutti, anche agli Stati Uniti e si becca una risposta pepata da Hillary Clinton. Ma piovono inchieste.
Tutte le colpe adesso sono sue: è indagato per una consulenza da 25mila euro del gruppo Anemone a sua moglie. Gli attribuiscono i massaggi a luci rosse al Salaria Sport Village (lui ha sempre negato). Indagato anche per le bonifiche per il G8 della Maddalena, la commissione Grandi Rischi in Abruzzo, i bagni chimici dell’Aquila. Lui se ne va, torna medico in Africa. Sudan, non una passeggiata: “Abbiamo curato mille bambini per malaria celebrale, non tutti ce l’hanno fatta”, racconta. E gli anni di gloria, gli infortuni: “Davvero pensate che sia stato la reincarnazione di Satana o Belzebù? Ho commesso migliaia di errori e dato credito a chi non lo meritava. Ma facevo tante cose e sono fatto così”. Una dopo l’altra arrivano le archiviazioni e lui torna nei talk show. Manca un passo: la politica. Ieri l’ha compiuto. I sondaggi lo danno al 23 per cento (Grillo al 30, Pd al 26 e Marchini al 16). Sarebbe andato bene a destra come a sinistra. Come Beppe Sala e Stefano Parisi a Milano.
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MANUELA PERRONE, IL SOLE 24 ORE 13/2 –
L’intesa c’era sin dal mattino ma è stata ufficializzata nel tardo pomeriggio con una richiesta congiunta Forza Italia-Lega-Fratelli d’Italia: è l’ex numero uno della Protezione civile, Guido Bertolaso, il candidato sindaco del centrodestra nella capitale. Il nome che mette fine al caos in cui la coalizione era precipitata. Il diretto interessato si è detto «onorato» e ha replicato a stretto giro: «Accetto la proposta per amore di Roma, per la sua storia e per il rispetto che i romani meritano». Ma anche «per ridare decoro e prestigio a una città ormai ridotta in condizioni di emergenza». Il pressing di Silvio Berlusconi, dopo il veto di Giorgia Meloni su Alfio Marchini e il pasticcio Rita Dalla Chiesa, ha dunque funzionato. Vincendo le resistenze di Matteo Salvini, preoccupato all’inizio dal possibile effetto boomerang delle due inchieste giudiziarie a carico di Bertolaso che Berlusconi si è affrettato a giudicare «non solo infondate ma ridicole», dicendosi sicuro che «non saranno un ostacolo»: quella per corruzione sugli appalti del G8 alla Maddalena e il rinvio a giudizio per omicidio colposo nel processo “grandi rischi bis” per il terremoto dell’Aquila. Riserve che il Carroccio ha sacrificato sull’altare della compattezza del centrodestra. «Uniti si vince» è il mantra, ripetuto da Giovanni Toti, governatore della Liguria e consigliere politico di Berlusconi.
«Guido Bertolaso è il miglior sindaco che Roma possa desiderare per risollevarsi dalla situazione in cui è stata ridotta dall’amministrazione del Pd e della sinistra», chiarisce Berlusconi. «È un uomo del fare». Alla fine a ricompattare la coalizione è stato ancora una volta lui, il Cavaliere, esasperato dallo stallo e convinto che con Bertolaso si possa arrivare al 40%, dunque al ballottaggio, e scongiurare la consegna di Roma al M5S. L’ex funzionario, medico, classe 1950, aveva tentennato nelle settimane scorse sia per ragioni personali (la nipotina malata in cura a Londra, ora in via di miglioramento) sia per le perplessità che il suo nome aveva suscitato. Ricuciti i dissapori, ha deciso di scendere in campo. Una scelta che Giorgia Meloni ha benedetto, annunciando che sarà capolista nella lista Fdi-An e ritirando il nome di Fabio Rampelli: «Bertolaso potrà far uscire la capitale dall’infinita emergenza».
La mossa del centrodestra è anche la pietra tombale sulle primarie, invocate invano dalla Destra di Francesco Storace (anche lui candidato) e dai Conservatori e Riformisti di Raffaele Fitto, che oggi confermano il loro sostegno a Marchini in un evento pubblico. Ed è a Marchini che guardavano con favore anche molti big di Forza Italia. Come Maurizio Gasparri, che ancora ieri, prima dell’ufficializzazione della candidatura, commentava: «Non abbandono la speranza di una soluzione di convergenza. Bertolaso ha un punto debole, Marchini si candida lo stesso e così Storace. È rischioso non presentarsi con un candidato unitario. Bisogna assumersi la responsabilità dei veti». Critiche che Fdi respinge al mittente ribadendo le ragioni del no a Marchini: troppo vicino al centrosinistra, troppo gradito ai centristi di Alfano.
Nel giorno in cui sono tramontate le primarie del centrodestra, hanno invece preso il volo quelle del Pd: ieri è partita la corsa dei sei candidati che si sfideranno il 6 marzo (Roberto Giachetti, Roberto Morassut, Stefano Pedica, Domenico Rossi, Gianfranco Mascia e Chiara Ferraro, la ragazza autistica 24enne). Con un tetto di spesa di 30mila euro e l’impegno alla rendicontazione puntuale.
Con Bertolaso, vicecommissario per il Giubileo del 2000 ai tempi di Rutelli sindaco (mentre Giachetti era capo di gabinetto), la partita a Roma entra nel vivo. Tutte le carte, tranne quelle del M5S, sono scoperte. Marchini reagisce con fair play: «La nomina di Bertolaso è un fatto positivo perché rende tutto più chiaro per i cittadini. Sarà sicuramente un’avvincente campagna elettorale». Diverso il tono di Matteo Orfini, commissario del Pd romano e presidente del partito, che saluta la scelta con un tweet al vetriolo: «In bocca al lupo a Bertolaso. Un risultato lo ha già raggiunto. È la prima volta in vita sua che fa una gara».
Manuela Perrone
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ERNESTO MENICUCCI, CORRIERE DELLA SERA 8/2 –
«Come va? Non bene, grazie...». Guido Bertolaso, ex capo della Protezione civile, per un bel pezzo uno degli uomini più potenti d’Italia prima di finire affondato dalle vicende giudiziarie (il terremoto a L’Aquila, il G8, il Salaria Sport Village e i rapporti con Diego Anemone), si trova a Londra e fin dalla prima risposta al telefonino appare seccato.
Bertolaso, che succede?
«Che purtroppo ne ho già lette troppe di illazioni, polemiche, stronz...».
Si riferisce alla sua rinuncia alla candidatura da sindaco di Roma?
«Ecco sì, proprio a quella».
Lei ha scritto a Silvio Berlusconi, parlando di motivi personali. Ce li può spiegare?
«Con piacere, così facciamo chiarezza. Da 27 mesi sono felicemente nonno di una bambina che vive con mia figlia e mio genero a Londra».
Congratulazioni e auguri. Cosa c’entra con la politica?
«Giovedì scorso, appena uscito da una trasmissione televisiva, mia figlia mi ha informato che mia nipote doveva essere ricoverata urgentemente in ospedale».
Cos’ha la piccola?
«Una malattia rara, che fortunatamente abbiamo preso in tempo. La situazione è sotto controllo, è fuori pericolo. Ma io sono partito di notte e ora sono qua, dove resterò per tutto febbraio. Sono distrutto da questa situazione. E, come sapete, sono anche medico, abituato a guardare avanti...».
È questo il vero motivo per il quale non si candida?
«Ho scritto a Berlusconi, l’ho informato che non me la sentivo. Sono una persona seria: non voglio far perdere tempo a nessuno».
Prima si era detto disponibile...
«Ero pronto a impegnarmi per la mia amata città. Lei è romano?».
Dalla nascita.
«E allora avrà visto in che stato è ridotta: mi sarei occupato di rifiuti, di strade, del degrado. Ma avrei dovuto avere la testa sgombra».
Non sono stati i suoi avvocati a consigliarla?
«L’ho sentito: Bertolaso ha paura, era nell’aria che lasciasse perdere... Sciocchezze: devo ancora affrontare due processi, ma ho già avuto 5 archiviazioni e il procedimento più importante è in fase conclusiva. Non ho nulla da temere».
La concorrenza con Alfio Marchini non c’entra?
«Macché. Nel centrodestra non erano neppure tutti d’accordo su di lui».
E allora dipende dal veto posto da Salvini su di lei?
«Salvini odia Roma, non pen so che qualcuno ne dubiti. Gli fa comodo puntare su un candidato debole come Marchini, che non cambierà le cose».
E perché al leader leghista farebbe comodo questo scenario?
«Ma le pare che Salvini voglia che Roma rinasca, che diventi una capitale anche culturale e che superi Milano in tutte le statistiche?».
Come vede il Pd?
«A Giachetti voglio bene, ma non so se ce la farà. Morassut ha seguito e poi D’Alema e gli altri si schiereranno con lui, se non altro per dare fastidio a Renzi».
Gliel’ha chiesto Berlusconi di ritirarsi dalla sfida?
«No, anzi ha insistito fino all’ultimo. Spero di non avergli creato problemi, che si trovi una convergenza».
Per il Campidoglio si voterà a giugno. Sarebbe disponibile per un incarico, da vicesindaco o assessore?
«Mi ero messo a disposizione per prendere sulle mie spalle il futuro della città: avevo già pensato a una squadra, a dei programmi precisi. Ora mi ritiro in silenzio: sono scomparso da sei anni, non ho bisogno di poltrone. Faccio il medico in Africa, il nonno. Aspetto la conclusione dei processi, poi vedremo nel futuro».
Parlava di programmi. Cosa avrebbe fatto da sindaco?
«Roma da Caput Mundi non è più nemmeno Caput dell’Italia... La città è sporca, la prima cosa è togliere la spazzatura dalle strade. Poi i trasporti. Terzo, i quartieri: la smetterei di parlare di periferie».
E la squadra? Un nome?
«Non voglio mettere in imbarazzo nessuno, ma c’erano una serie di persone fuori dai partiti pronte a impegnarsi solo perché glielo avevo chiesto io... Peccato».
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IL MESSAGGERO 12/11/2015 –
In occasione della piena del Tevere del 2008, «la situazione era così critica che stavamo valutando di minare ponte Sant’Angelo». A parlare, davanti ai giudici dell’ottava sezione del tribunale di Roma, è Guido Bertolaso, l’ex capo della Protezione Civile coinvolto nell’inchiesta sugli appalti del G8. Il maltempo che colpì Roma nel dicembre 2008 provocò un’ondata di piena del fiume. Gli ormeggi di alcuni barconi e pontoni che solitamente stazionano sul fiume si ruppero e una motonave e quattro pontoni si incagliarono sotto le volte di ponte Sant’Angelo.
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BERTOLASO Guido • Roma 20 marzo 1950. Medico. Dal 2001 al 2010 capo del dipartimento della Protezione civile. Sottosegretario con delega all’Emergenza rifiuti in Campania nel Berlusconi IV. Commissario straordinario per diverse emergenze, tra cui: il terremoto dell’Aquila, le aree marittime di Lampedusa, la bonifica del relitto della Haven, il coordinamento delle attività connesse alla presidenza italiana del G8 del 2009, ecc. Il 10 febbraio 2010 fu raggiunto da un avviso di garanzia per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti del G8 del 2009, previsto prima all’isola della Maddalena e spostato poi all’Aquila. Per questo motivo rimise tutti gli incarichi nelle mani del premier Berlusconi, che però respinse le sue dimissioni. Andò in pensione l’11 novembre 2010.
• «Figlio di un generale dell’Aeronautica. Laurea in Medicina. Sognava di viaggiare e voleva “curare gli ultimi del mondo”. Il relatore della sua tesi gli disse: “Lei è un idealista, avrà tante delusioni”. Reagì come fa sempre: lavorando più di prima. Prese il master a Liverpool in Malattie tropicali, e partì volontario: Algeria, Tunisia, Burkina Faso, Mali. Dal ’77 al ’79. Nell’80 lo chiamò la Farnesina: “Lei è un esperto di malattie tropicali? Ci sarebbe da gestire un ospedale italiano in Thailandia”. Quando arrivò lì, l’ambasciatore lo guardò imbarazzato: “Ma lei è un ragazzo...”. Aveva 30 anni, salì su una campagnola Fiat con una mappa in tasca, e al confine della Cambogia il medico thailandese che lo accompagnava gli indicò una risaia ridendo: “Quello è il tuo ospedale”. Costruirono 4 padiglioni e ci restarono due anni. Il giorno che se ne andò portò via il suo tricolore: “Era finito per errore in una discarica. Lo recuperai con le mie mani”. Nel ’97 fu chiamato da Francesco Rutelli per il Giubileo. Lavorò con lui fino alla primavera del 2001, e in quella veste aveva preparato un piano per il G8 di Genova. Quando vinse Silvio Berlusconi, prima del vertice, scrisse due righe a Gianni Letta: avete scelto le persone e le strategie sbagliate. Troppo tardi per rimediare, ma Letta se ne ricordò e lo chiamò alla Protezione civile» (Pierangelo Sapegno).
• «Basta un allarme e Bertolaso, commissario ad acta, diventa il grande regista del set Italia. Ai suoi ordini 31.447 vigili del fuoco, 9.300 guardie forestali, 68.134 guardie di finanza, circa 120 mila carabinieri e 110 mila poliziotti. E poi gli aerei: 15 Canadair, 4 elicotteri S.64, un A 109 e un altro Ab 169. Più due aerei da trasporto» (Stella Pende).
• Nominato nel 2006 commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania (al posto del bassoliniano Corrado Catenacci), aveva ottenuto da Prodi un decreto per l’apertura delle discariche di Serre, Terzigno, Savignano Irpino e Sant’Arcangelo Trimonte (11 maggio 2007). Dopo averlo emesso però il governo, pressato dalle proteste della popolazione locale, lo corresse al punto di svuotarlo da ogni effetto. Bertolaso si scontrò in particolare con il ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio sull’apertura della discarica di Serre. Pecoraro invocava, a sostegno del suo no, la vicina oasi del Wwf e poco dopo ottenne che al posto di Serre si indicasse come sito Macchia Soprana e Bertolaso si dimise. Fu sostituito dal prefetto Alessandro Pansa.
• Nominato sottosegretario nel maggio 2008 («Che nessuno pensi che cumulo i due stipendi. Per me è un privilegio e lo faccio volentieri, ma gratis, come feci all’epoca quando fui nominato commissario per l’emergenza»), dopo 58 giorni Berlusconi poteva dichiarare : «È finita l’emergenza rifiuti, Napoli torna una città occidentale». Grazie alla riapertura delle discariche di Savignano Irpino e Sant’Arcangelo Trimonti, alla collaborazione di alcune regioni del Nord e all’accordo con la Germania, per la quale sono partiti rifiuti per decine di migliaia di tonnellate, Napoli è tornata pulita, pronta per un piano a lungo termine con termovalorizzatori e impianti per la produzione di cdr (combustibile derivato dai rifiuti).
• «Da giovane medico volontario nei campi profughi dell’Indocina a Palazzo Chigi. Due luoghi agli antipodi per la stessa missione: salvare il mondo povero o salvare Napoli dalla monnezza. Ha vinto tutte le battaglie, eliminato i nemici politici, incassato il riconoscimento del popolo italiano e del suo diretto rappresentante (Berlusconi). Nelle sue mani una concentrazione di poteri senza precedenti: esercito ai suoi ordini, prefetti di ferro che scattano come reclute, Palazzo Chigi costantemente mobilitato, l’intera macchina della Protezione civile in pugno. Ora non ci sono più alibi, a parte la magistratura. Discariche, differenziati e termovalorizzatori in trenta mesi. E poi diventerà San Guido per tutti» (Mariano Maugeri).
• Sfiorato dall’inchiesta su presunti illeciti nello smaltimento dei rifiuti della Campania quando, nel maggio 2008, venne arrestata (domiciliari) la sua ex vice, Marta Di Gennaro, nel 2009 è stato indagato nell’inchiesta “Rompiballe”, uno dei filoni d’indagine più complessi sul disastro rifiuti a Napoli. L’accusa: concorso in truffa per lo smaltimento dei rifiuti (Mes 4/2/2009).
• Nel febbraio 2010 fu coinvolto nello scandalo degli appalti del G8 previsto alla Maddalena, poi sposato all’Aquila. «Tutto ha inizio con l’arresto, da parte dei carabinieri del Ros di Roma su ordine della magistratura di Firenze, di Angelo Balducci, ex collaboratore di Bertolaso e della Protezione civile. (…) Oltre a Balducci sono finite in manette altre tre persone: Fabio De Santis, ingegnere, provveditore alle Opere pubbliche della Toscana e successore di Balducci come “soggetto attuatore” delle opere per il G8, Mauro Della Giovampaola e Diego Anemone, imprenditore romano. Sarebbero in particolare tre, secondo quanto risulta dall’ordinanza del gip di Firenze, gli appalti collegati ai presunti casi di corruzione a loro contestati: gli interventi per il G8 alla Maddalena, la ristrutturazione degli impianti del Foro Italico per i mondiali di nuoto 2009 e il completamento dell’aeroporto internazionale dell’Umbria S. Egidio di Perugia in vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Il gip contesta ai quattro la corruzione continuata in concorso: in cambio degli appalti avrebbero ottenuto mobili, cellulari, soggiorni in hotel (solo per Balducci), ristrutturazioni di immobili privati e altri benefit. Dieci le persone indagate (…) L’inchiesta, coordinata dal procuratore Giovanni Ferrara e dal sostituto Sergio Colaiocco, vuole fare luce su rapporti d’affari e legami più o meno diretti tra Balducci, suoi familiari e le società di costruzione che avrebbero dovuto trasformare l’ex base Nato in un villaggio a cinque stelle, in occasione del vertice, prima che venisse trasferito a L’Aquila. (…) Tutto sarebbe partito da un’intercettazione telefonica disposta nell’ambito di un’altra indagine della procura del capoluogo toscano, relativa alla trasformazione urbanistica dell’area di Castello a Firenze, che ha coinvolto tra gli altri Salvatore Ligresti e due ex assessori della vecchia giunta comunale. In quell’inchiesta il costruttore di origine siciliana, presidente onorario di Fondiaria Sai, è indagato insieme con il suo braccio destro Fausto Rapisarda, con gli ex assessori comunali Graziano Cioni (sicurezza sociale) e Gianni Biagi (urbanistica), con due architetti progettisti. Per tutti l’ipotesi di reato formulata è concorso in corruzione. Ed è proprio uno dei due architetti indagati per la vicenda di Castello, il fiorentino Marco Casamonti, l’anello di congiunzione con Angelo Balducci, ex vice del capo della Protezione civile e attuale presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici. (…) Per ospitare nel 2009 alla Maddalena il G8 dei Grandi – poi spostato a L’Aquila a causa dell’incompatibilità tra lo sfarzo della Costa Smeralda e il terremoto abruzzese – sono stati spesi in meno di un anno (dal luglio del 2008 al maggio 2009) fondi pubblici per 327 milioni di euro: la somma è stata in gran parte utilizzata per ristrutturare l’ex Arsenale militare abbandonato da decenni e ridotto a discarica di amianto e idrocarburi. Gli interventi realizzati sono stati più volte oggetto di polemiche, ma sono stati “difesi” di recente dal capo della Protezione civile Guido Bertolaso. “Quei soldi non sono stati buttati – disse Bertolaso incontrando i giornalisti sull’isola –. “Le strutture nate per ospitare i Grandi saranno l’occasione per il rilancio turistico, economico e anche occupazionale – spiegò – non solo della Maddalena, ma dell’intera Gallura. Alla Maddalena è stata fatta innanzitutto la più grande bonifica di sempre, che ha permesso di trasformare un luogo che era ‘una fogna’ in qualcosa che sarà occasione di vanto per l’isola”. (…)» (Cds 10/2/2010).
• «L’imprenditore romano Diego Anemone, finito in manette per essere ritenuto il presunto corruttore del sottosegretario Guido Bertolaso e altri pubblici ufficiali per favoritismi negli appalti di alcune grandi opere, tra cui il G8 alla Maddalena, si sarebbe dato da fare per “organizzare una ‘cosa megagalattica a base di sesso’ in favore del Bertolaso”. Anemone si sarebbe attivato per “raccogliere denaro contante anche attraverso canali insospettabili, quali tale don Evaldo Biasini che, dal contenuto delle conversazioni intercettate, risulta occuparsi di opere di beneficenza in Africa”. Lo scrive il gip di Firenze nella sua ordinanza, sulla base dei testi di alcune intercettazioni. (…) Secondo la ricostruzione del gip di Firenze, Anemone avrebbe deciso di organizzare una “mega festa” per Bertolaso subito dopo averlo incontrato nel settembre del 2008 per comunicargli un aumento dei costi previsti per l’esecuzione delle opere del G8. Dal testo dell’intercettazione emerge che la festa, alla fine, era stata rimandata “ad altra occasione”. Il 21 novembre del 2008 Bertolaso è al telefono con Rossetti, gestore del centro benessere Salaria sport village. Bertolaso chiede a Rossetti di avere “il solito”, “quella brava”. “Sono Guido, buongiorno... Sono atterrato in questo istante dagli Stati Uniti, se oggi pomeriggio, se Francesca potesse... Io verrei volentieri, una ripassatina”. “Perfetto”, risponde Rossetti. “Perché so che è sempre molto occupata... siccome oggi pomeriggio sono abbastanza libero, ti richiamo tra un quarto d’ora”. (…)» (Rep 11/2/2010). Bertolaso ha respinto tutte le accuse e si è sempre dichiarato innocente.
• «(…) Questo medico laureato a Liverpool specializzato in catastrofi ha inanellato successi incredibili prima del tonfo finale. Non si conoscono le sue opinioni politiche, anche se l’inizio della sua carriera coincide con la nomina alla Protezione civile decisa dal governo Prodi. Si dice che fosse molto amico di Rutelli, sicuramente nella sua biografia c’è stata molta Dc. (…) Se iniziò con Prodi, deve la sua fortuna a Silvio Berlusconi. (…) Non poteva partire meglio la nuova avventura di governo del Cavaliere che vedeva nel capo della protezione civile l’interprete più autentico della sua filosofia del fare. Poi venne il terremoto dell’Aquila e anche qui la coppia Berlusconi-Bertolaso stupì il mondo con una organizzazione dei primi soccorsi che apparve a molti impeccabile. Il capo della Protezione civile si tolse anche alcuni sassolini nelle scarpe quando polemizzò con il vulcanologo titolato Enzo Boschi a cui addossò la colpa, del tutto infondata, di aver ignorato la minaccia sismica. I suoi apologeti dicono che fu sua l’idea del G8 a L’Aquila, togliendo a La Maddalena l’onore dell’incontro fra i Grandi. Sembrava Nembo Kid, l’uomo di scrivania che di fronte ai cataclismi si trasformava e nella sua tenuta blu metteva riparo ai disastri della natura. Le porte della politica si stavano spalancando. La destra lo considerava candidato virtuale alla Presidenza del Lazio o degli Abruzzi, Berlusconi lo nominava sottosegretario, con Gianni Letta formava il club romano che sembrava fare da contraltare alle invasioni barbariche di Bossi e del professor Tremonti. L’uomo sembrava invincibile, una vera risorsa del paese, un modello di funzionario pubblico moderno. Attorno a lui intanto si costruiva qualcosa di grande e, come vedremo, di terribile. La sua Protezione civile usciva dal tran tran dei grandi rischi per diventare la più grande agenzia pubblica italiana. Altro che Cassa del Mezzogiorno, altro che partecipazioni statali. L’affare erano le opere, tutte, maestose o piccole, strade o auditorium, caserme o case per gli sfollati, Sardegna o Toscana. (…) Nelle mani di Bertolaso si concentrava un potere immenso e spesso incontrollato. Non poteva durare. E non è durato. Prima in Campania, poi in Sardegna, poi a L’Aquila, infine a Roma si ammassavano i fascicoli giudiziari con il suo nome. Quando fu inquisito la prima volta ci fu un’ondata di incredulità tanto la buona fama aveva consolidato l’immagine dell’uomo delle emergenze. Poi vennero le accuse sulle imprese amiche, su una parentopoli affaristica, infine non mancarono le voci su massaggiatrici a sua disposizione h24 e su appartamentini per il sollazzo. Sono tutti procedimenti in corso nei quali Bertolaso si sta difendendo con puntigliosità. Ma un’altra débâcle incombeva su di lui. Era la dannazione italiana delle promesse mancate, degli obiettivi falliti, dei problemi incancreniti. Quelli dell’Aquila sono ancora in situazione d’emergenza e la ricostruzione è di là da venire, Napoli si è riempita di “monnezza” e quella gente che si era rassicurata alcuni mesi fa con le sue parole è tornata in strada inferocita. L’uomo delle cose in grande non si è fatto mancare neppure la grande gaffe. Berlusconi dopo il terremoto di Haiti pensò che fosse arrivato il momento di cantarle chiare all’America e mandò nell’isola il capo della Protezione civile a sistemare le cose. Bertolaso gli credette sulla parola e disse frasi sgarbate e incaute sul sostegno Usa suscitando un finimondo e una protesta formale di Hillary Clinton. (…) La stella di Bertolaso mandata in orbita da Berlusconi è diventata cadente assai rapidamente» (Peppino Caldarola) [Rif 6/11/2010].
• «Sono stato a capo della Protezione civile fino a quando l’ho deciso io. E ne sono uscito come ho deciso io: a testa alta e con le pezze al culo» (Romana Liuzzo) [Pan 12/11/2010].
• Nell’ottobre 2011, ospite a Matrix, dichiarò di essere stato «massacrato per due anni dai mezzi d’informazione che si sono inventati di tutto»: «Appalti in cambio di soldi o sesso. Questo gli contestano i magistrati. Ma Bertolaso è sicuro di riuscire a dimostrare che le accuse non reggono, che i suoi rapporti con il costruttore Diego Anemone sono sempre stati limpidi: “Anemone dalla Protezione civile non ha mai avuto un contratto, un appalto, mai una trattativa privata con me”. È un fiume in piena anche quando entra nel merito delle contestazioni: “I soldi da Anemone per i pm li avrei presi davanti ad un ispettore della pubblica sicurezza, un uomo che ha fatto per 20 anni la lotta alla mafia e che è stato mio capo scorta quando ero sottosegretario. Ma malgrado lui abbia testimoniato che è venuto con me e che non è successo niente, ancora in questi giorni hanno scritto che avrei preso la mazzetta da don Bancomat. E io avrei incontrato Anemone in un ufficio davanti al mio caposcorta con Anemone che mi dice ‘sai, i costi sono aumentati’ e avrei preso non so che mazzette”. (…) Litri di inchiostro sono stati spesi per parlare della casa di via Giulia pagata da Anemone dove Bertolaso soggiornò per un periodo. “Quando ho avuto problemi con mia moglie e sono uscito di casa – è la spiegazione – non volevo che lei pensasse che mi volessi rifare una vita altrove, allora mi rivolsi al cardinale Sepe che mi mise in un collegio di Propaganda Fide con i seminaristi. Il problema è che venivo chiamato ad ogni ora della notte per le emergenze e questo portava scompiglio. Così, dopo due mesi, Sepe mi consegnò le chiavi di via Giulia dicendomi che la casa era di Francesco Silvano, presidente del Bambin Gesù”. Il capitolo dei massaggi a luci rosse l’ex capo della Protezione civile lo liquida ricordando che gli stessi magistrati – che mai hanno interrogato la massaggiatrice in questione, quella che gli avrebbe fatto “vedere le stelle” alludendo al suo mal di schiena non ad altro – sul punto hanno fatto retromarcia» (Patricia Tagliaferri) [Grn 16/10/2011].
• «È un megalomane con il complesso di far del bene. Per le responsabilità che ha avuto, la fama che si è creato, non avrebbe mai dovuto vendersi per 50 mila euro. Quella era la sua tariffa: 50 mila euro, ogni volta» (così Francesco Maria De Vito Piscicelli, imprenditore edile noto per l’intercettazione in cui lo si sentiva ridere con il cognato dopo il terremoto in Abruzzo, ora collaboratore di giustizia, descriveva Guido Bertolaso a Corrado Zunino) [Rep 20/10/2012].
• A giugno 2012 la Corte dei conti, sempre in relazione alle spese del G8 sardo, gli contestò un danno erariale di 40 milioni di euro.
• Nell’agosto del 2012 Malcom Pagani lo intervistò per il Fatto Quotidiano: «“Mi hanno descritto come il braccio armato di Berlusconi, ma non faccio parte di nessuna casta, loggia o associazione, né conosco nomi e cognomi di chi a destra mi ha voluto sparare alle spalle. Ma è successo, le ferite restano e la mia famiglia ne paga ancora le conseguenze”. La cricca esisteva? “Assolutamente no. Esistevano rapporti inopportuni tra funzionari dello Stato e imprenditori. ‘Cricca’ però si rivelò un termine geniale”. Secondo i magistrati perugini lei ne faceva parte. “La mia estraneità a quel sistema è talmente evidente che in aula, nell’arco di una settimana, se si troverà un giudice bravo, ne sarò fuori”. (…) Al telefono, al gestore del Salaria sport village, lei dice: “Se oggi pomeriggio Francesca potesse, io verrei volentieri… una ripassata”. “Se andate sul mio sito internet ad ascoltare quella registrazione, potete facilmente sentire che non si dice mai ‘ripassata’, ma ‘rilassata’. Francesca è un’ottima fisioterapista e una madre di famiglia”. Secondo il Gip di Perugia lei ottenne favori sessuali in cambio di agevolazioni e appalti forniti ad Anemone. “Cosa ci voleva a fare un’irruzione e beccarci con i preservativi per terra? A interrogarla?: ‘Senta un po’ Francesca, ma lei a Bertolaso cosa faceva? La fisioterapia o qualche altro gioco strano?’. Perché non è mai stata sentita? Ma si fanno così le indagini? Ci deve essere una spiegazione”. (…) Che rapporti aveva con Angelo Balducci, presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici? “Un caro amico. Non ho mai avuto il sospetto che rubasse”. (…) Molti suoi processi rischiano la prescrizione. “È la madre di tutte le battaglie. La respingerò. Si va a processo. Ho il diritto di sapere cosa sono stato. Qualcuno me lo dovrà pur dire”. (…)» (Malcom Pagani) [Fat 5/8/2012].
• L’indagine sugli appalti del G8 e dei “Grandi eventi”, nata a Firenze, è stata prima trasferita a Perugia e poi a Roma. Nel settembre 2013 Bertolaso è stato rinviato a giudizio insieme con Angelo Balducci, Diego Anemone e altre quindici persone: «La principale accusa mossa a Bertolaso è quella di corruzione poiché nella veste di pubblico ufficiale avrebbe favorito Anemone in cambio di denaro e favori» (L’Huffington Post 27/9/2013).
• Sposato con Gloria Piermarini, due figlie, Olivia e Chiara.