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 2016  febbraio 03 Mercoledì calendario

ARTICOLI SU GRILLO A TEATRO DAI GIORNALI DEL 3 FEBBRAIO 2016  


ALBERTO MATTIOLI, LA STAMPA –
Teatro o non teatro, questo è il problema. Beppe Grillo si rimette a dare spettacolo (i maliziosi diranno che non ha mai smesso), ma non si capisce se rinunci al suo doppio lavoro come capopopolo. Intanto il dilemma è già un perfetto soggetto teatrale e infatti il nuovo show s’intitola «Grillo contro Grillo», cioè, stando alla promozione, «una storia di schizofrenia. Di un uomo diviso fra due identità. Quelle di comico e di politico».
Tant’è, ieri sera gran debutto al Linear Ciak di Milano, un capannone di periferia subito preso d’assalto: 1950 biglietti venduti su duemila, se non è tutto esaurito poco ci manca. Difficile capire se la folla sia tutta pentastellata o ci sia anche chi vuole (ri)vedere il Grillo delle origini, quello che faceva ridere. Diciamo che, a occhio, c’è un sessanta di grillino e un quaranta di pubblico «normale», appassionato di teatro o forse solo curioso. I primi si distinguono dall’aspetto arrabbiato e perché non riescono a trovare il loro posto in platea. Tutti sono felicissimi che anche i detestati giornalisti, i pennivendoli della casta, debbano farsi l’estenuante coda sotto la pioggia per passare i controlli di sicurezza. Passa anche, senza fare la coda, il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, che però non scioglie l’arcano. Grillo molla il M5S o no? «Stasera parliamo di futuro. È il movimento che ha Grillo come garante ma cammina sempre di più sulle sue gambe».
Finalmente si inizia, con una mezz’ora di ritardo. In scena, due Grillo, uno in carne e ossa, l’altro in video, uno comico in maniche di camicia e l’altro politico in giacca e cravatta. E poi via di monologo, «perché ho bisogno di capire chi sono, solo che invece di andare dallo psichiatra ho fatto venire qui duemila persone». Ma senza rinnegare la storia pentastellata: e allora si inizia con l’elenco dei deputati e degli eurodeputati eletti, «tutta gente onesta», ovviamente, anche se nel frattempo un po’ se ne sono andati: «Abbiamo diciotto sindaci, a meno che non ne abbiano mandato via qualcuno. Forse sono rimasti in tre».
E gioca su questo doppio Grillo: «Come ho fatto a creare un movimento che forse è il più grande d’Italia? Non lo so, in realtà io scherzavo». E allora la via d’uscita da questa schizofrenia è ripartire dall’inizio, la giovinezza a Genova, i primi lavori nel porto («Rubavano tutti, compresa la Finanza e naturalmente io»), le canzoni del cabaret contro tutto e tutti, la Chiesa, lo Stato, i borghesi, «rubate» - ancora - a Brel o, più modestamente, a Duilio del Prete, come quella che canta con la chitarra.
«La mia vita è sempre stata giocata su una battuta», racconta. Poi la scoperta dell’impegno, che lui racconta come fosse quella dell’acqua calda: «In scena parlavo di diossina, e tutti mi chiedevano: ma perché bestemmi?». Intanto è sceso in platea, fra la gente, rivolgendosi direttamente al suo popolo in estasi: «Tu! Stai attento! Sei del Pd, lo so». Compare l’ologramma di Casaleggio, l’uomo che rivelò la Rete al suo profeta: «Io non sapevo neanche cosa fosse, un blog».
Alterna le barzellette alle prediche, le grida ai sussurri, le battute alle battaglie, i ricordi alle profezie, naturalmente catastrofiche, la classe media che sparisce e il signore atterrito puntato in platea: «Sei Ncd, vero. Lo sento, ti fiuto». La gag più divertente, quando Grillo esibisce un grillo caramellato, lo mangia, poi chiede un volontario «grillino vero» e lo fa mangiare anche a lui: «Prendi il mio corpo». I temi sono quelli soliti, non leggeri né lievi: «Vi annoio», chiede lui. Un po’ sì. Applausi, in ogni caso. Gran finale ambiguo, sulle note della «Gazza ladra»: «Dobbiamo cambiare questo Paese, ognuno deve fare la sua parte. Io osservo, guardo, ma non sono andato via», boh. È stato un comizio o uno show, teatro o politica? La vera notizia è che non c’è differenza.

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EMANUELE BUZZI, CORRIERE DELLA SERA  –
Clima da grande attesa e lunghe code ( per via dei controlli meticolosi) all’ingresso, Beppe Grillo torna a teatro per uno show comico — «Grillo vs Grillo», otto date per ora in calendario tra Milano e Roma — e richiama una folla «no logo»: nessuna bandiera, nessuna maglietta del Movimento. Tra la folla, un po’ defilati, si palesano anche i volti dei Cinque Stelle. C’è Gianroberto Casaleggio, che dribbla le domande dei cronisti, e Luigi Di Maio che commenta con un semplice «Non penso» alla domanda se Grillo si stia defilando dalla politica. Poi aggiunge «il futuro è un movimento che ha come garante Grillo, ma che continua a camminare sempre più sulle proprie gambe». Il colpo d’occhio è da tutto esaurito o quasi.
Poi si presenta Grillo. Un ologramma, il politico. E da il via al suo mini-comizio. «Siamo 163 parlamentari, ne abbiamo mandato via qualcuno: sono rimasti in due». Cita nani e ballerine e finge di venir accusato per le battute. E qui entra in gioco il suo alter ego. «Sono stato 5-6 anni con questo sdoppiamento di personalità» dice il vero showman. «Ma non si può pensare che uno possa restare con questa dicotomia». «Io non ci pensavo a diventare un leader, come ho fatto a creare un Movimento che è diventato il primo partito politico italiano? Io scherzavo», ironizza.
Lo showman ripercorre tra battute sui portuali e sulla Finanza. Canta — un brano di Duilio Del Prete — e continua a ribadire che «la sua vita è sempre stata giocata su una battuta in più o in meno», come quella sui socialisti che gli è costata la cacciata dalla Rai. Fino all’incontro con Casaleggio (anche lui sul palco in versione ologramma), che punta sul blog e vuole una legge — dice Grillo — «per sterminare i cormorani».
Poi il fondatore del M5S parla della sua visione di società: «il lavoro salariato sta scomparendo» dice per spiegare il reddito di cittadinanza, finanziato con l’«Iva al 50% sui consumi». Per Grillo questo è lo spettacolo che sancisce «il passo di fianco» dal Movimento, che segna il suo ritorno all’attività di showman. Un ritorno, in realtà, pianificato da tempo. La svolta del leader sarebbe pian piano maturata due anni fa con il progressivo affermarsi di alcuni parlamentari come nuovi volti dei Cinque Stelle. A segnare il cambio di ruolo, come una sorta di staffetta, la presenza in sala alla «prima» di Luigi Di Maio.
Emanuele Buzzi

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MATTEO PUCCIARELLI, LA REPUBBLICA –
Rieccolo qui Beppe Grillo, impegnato nella sfida più difficile: quella contro Beppe Grillo, perché «sono stato binario per cinque anni, il comico non deve dare certezze, il politico sì. Mi devo purgare di questa dicotomia, mi dovete aiutare...». La prima del suo nuovo show (“GrillovsGrillo”) per poco non registra il tutto esaurito, al Linear Ciak del Corvetto restano vuote una trentina di poltroncine.
Il pubblico pagante non sembra quello militante che riempiva le piazze del Grillo politico. Non si vede una bandiera o una spilletta dei Cinque Stelle e per entrare tocca passare dal metal detector. Gianroberto Casaleggio si siede in ventesima fila, non proferisce parola: con il comico genovese si conobbero proprio dopo uno show, a Livorno, nel 2004. Il delfino designato Luigi Di Maio invece è con la fidanzata due file dietro ancora, si concede qualche selfie ma senza perdere l’aplomb: «Grillo resta garante, ma è vero che il movimento cammina sempre più con le proprie gambe», dice.
Crociata contro le auto che inquinano e la finanza: “Abbiamo svenduto tutto”
Il nuovo spettacolo del comico nonché politico parte con la nostalgia e la malinconia. L’infanzia in un quartiere popolare di Genova, le prime canzoni e gli spettacoli. Poi la folgorazione ambientalista, pensando a «una nuova economia per riprogettare il mondo». E dopo l’altra folgorazione ancora, per i computer che fino a poco tempo prima spaccava con la mazza durante gli spettacoli: “Incontrai questa persona, Casaleggio. Mi disse “apri un blog, costa 250 milioni”, io lì per lì salutai. Poi mi spiegò il concetto di feedback e cominciai a vedere che c’era qualcuno dall’altra parte, arrivavano i commenti uno dietro l’altro...».
La nuova crociata del comico (o politico?), in realtà un evergreen della sua carriera, è contro le automobili. Che inquinano, che rubano spazio, che sono pericolose, eppure «passiamo tre mesi l’anno della nostra vita a lavorare, pensare, leggere riguardo alle nostre macchine». Riconversione e riqualificazione delle città e dell’industria: «È venti anni che parlo di energia». E poi il lavoro: «È finito quello salariato, i robot sostituiscono gli umani. Cosa succederà adesso, avete qualche idea? Serve un reddito universale incondizionato. Chiunque nasce deve averlo». Qui riecco il politico, in versione più anticapitalista che mai: «Serve liberare le nostre vite dai mercati. Come si finanzia un reddito per tutti? In Corea e in Brasile già si fa...». Passaggi contro le banche, contro “le direttive che arrivano da lontano e che hanno sostituito i diritti”, contro la perdita di sovranità, contro “i fondi esteri che si comprano qualsiasi cosa in Italia, abbiamo svenduto qualsiasi cosa”. Su Expo fa autocritica: «Pensavo fosse un casino, invece comincia a dare un po’ d’impulso». Sul M5S dice: «Come sono riuscito a fare questo movimento che forse è il primo movimento italiano? Io scherzavo!». E poi aggiunge: “Cominceremo una fase nuova, non sono andato via, sono tra voi, dobbiamo cambiarlo questo Paese».
La dicotomia di Grillo, quella di cui diceva di volersi liberare, alla fine sembra essere la miglior malattia possibile che potesse capitare a Grillo. Che può permettersi di fare il visionario e sferzare le storture della tecnologia senza dover per forza rendere conto del difficile fare politica, giorno per giorno, del suo movimento. «È un’arca di Noè, costruita prima che cominciasse a piovere. E ancora oggi ci prendono per pazzi», chiosa il comico. La platea ride molto, ma a tratti le denunce di Grillo inquietano e cala il silenzio. È la dicotomia dello spettatore.

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SEBASTIANO MESSINA, LA REPUBBLICA
Quando era un comico in crisi si trasformò in un politico, adesso che è un politico in crisi Beppe Grillo vorrebbe tornare a essere un comico, e dopo aver tramutato le risate in voti prova a fare il miracolo al contrario. Rivela di essere prigioniero «da cinque, sei, otto anni, di questo sdoppiamento della personalità, vivo un dualismo aberrante, sono diventato binario come un computer».
Grillo confessa sorridendo di sentirsi depresso, «solo che i depressi di solito vanno da un estraneo e lo pagano, io invece ho preferito far venire qualche migliaio di estranei da me, e farmi dare pure qualcosina». Vorrebbe scendere dal podio e risalire sul palcoscenico, il comico che volle farsi leader, ma anche se si somigliano, il teatro e la politica non sono vasi comunicanti, piani intercambiabili dove basta uno schioccar di dita a convertire i followers in spettatori paganti e i “mi piace” in applausi.
Per lo spettacolo che ieri sera è stato battezzato in un teatro alla periferia di Milano il titolo giusto sarebbe stato “Beppe Grillo is back”, se lui non se lo fosse giocato per il tour del 2011, quando ancora la gente andava a vederlo perché faceva ridere. “Grillo vs. Grillo”, Beppe contro Beppe rende però alla perfezione il combattimento del comico diventato politico per lo sdoppiamento della sua identità e la separazione consensuale del comico dal politico. Operazione diametralmente opposta a quella che gli riuscì magnificamente tre anni fa, quando il suo “Tsunami tour” riempiva le piazze di italiani che andavano a sentire il Grillo comico e tornavano a casa pronti a votare per il Grillo politico, uno spettacolare esempio di comunicazione politica che ebbe la sua apoteosi in piazza San Giovanni, dove lui contò 800 mila spettatori, il pubblico più numeroso (non pagante, purtroppo) che avesse mai avuto.
Poi però, quando l’anno dopo tentò di fare il bis con “Te la do io l’Europa”, il miracolo non si ripetè, e anzi il flop nelle urne fu anticipato da quello nei teatri (la prima nazionale, annunciata per settimane da maxiposter al PalaCatania (5000 posti), fu rapidissimamente dirottata al Metropolitan (1780 poltrone) quando arrivarono le prime cifre dello sbigliettamento). Grillo, che non aveva ancora subìto il bruciante sorpasso di Renzi, coltivava il sogno di unire i due mestieri, e orgogliosamente chiedeva 30 euro per un “comizio a pagamento”, lui che aveva sdegnosamente rifiutato i milioni dello Stato. E credeva davvero che gli elettori pentastellati non vedessero l’ora di trasformarsi in spettatori paganti, perciò il comico popolava i suoi racconti satirici con i personaggi favolistici che s’era inventato il politico - “Gargamella”, “l’ebetino di Firenze”, “Rigor Montis” e “il nano” - e sostituiva le battute con i grafici e le tabelle che documentavano inconfutabilmente “i successi dei nostri ragazzi”. Ora, sarà stato per i 30 euro del biglietto, sarà stato perché non si rideva più come una volta, ma molte poltrone rimasero vuote, e a lui scapparono - involontariamente - battute rivelatrici. «Signori - disse nella tappa di Verona che bei ricordi che ho qui. Quando facevo gli spettacoli dentro l’Arena, a pagamento, che meraviglia! ». Quelle due paroline, «a pagamento », devono essere rimbalzate a lungo nei suoi pensieri, se ora riprova a staccare biglietti, scrutando la platea per capire quella differenza che ancora oggi Berlusconi non ha capito: quella tra elettori votanti e spettatori paganti. Lo sforzo è palese, sin dal racconto dei suoi esordi, «quando rubavo le battute a Pippo Franco», cerca in sala «quelli del Pd, perché non ne posso piú di questi grillini» (scherza), ma gira e rigira torna sul reddito di cittadinanza e sull’aliquota Iva al 50 per cento. «Vi divertite?», domanda al pubblico, colto anche lui dal dubbio che non sia poi così facile, resuscitare il comico divorato dal politico.

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MRIO AJELLO, IL MESSAGGERO –
Cabaret, tecnologia, psicoanalisi. Beppe prova a reinventarsi in "Grillo vs Grillo", lo show con cui dovrebbe tornare all’antico e allontanarsi dalla militanza e dalla leadership. «Non sono andato via, dobbiamo ancora cambiare l’Italia», dice alla platea. Ma nella malinconia con parla dei suoi esordi e di tutta la sua vita da comico,si avverte che sta preparando la exit strategy da capo partito. Affiora una fragilità da attore che sembrava sparita. Dice agli amici prima di entrare in scena a Milano: «Ho bisogno di riconquistare la mia libertà di artista. Ma se in sala vedo soltanto gente normale, e non i nostri attivisti a 5 stelle che mi fanno sentire a casa, chiamo i giornalisti e annuncio che sciolgo il movimento». Scherza, naturalmente. Ma niente paura: in platea sono tutti grillini a godersi il loro idolo voglioso di cambiare registro perché la politica lo diverte sempre meno e fare il comico gli porta più soldi. Qualcuno grida: «Parlaci male di Renzi». E lui: «Di chi?». Ma subito dopo, l’incipit é questo: «Italiani il nostro movimento é un capolavoro!!!!». E autoironico: «Siamo entrati in 140 in Parlamento. E siamo rimasti in due....». C’è il suo ologramma politico che parla su uno schermo, e dice: «La democrazia ormai é insapore come un’orata di allevamento». E Beppe in carne rossa é dolente: «Ma come posso continuare a vivere in questo sdoppiamento tra politico e comico? Voglio tornare ad analizzare la realtà come prima....». Esempio: «A dire liberamente che la casa di Sanremo é bruciata perché sono esplosi gli zigomi al botulino di Garko». I due Grilli dialogano: «Io non volevo diventare leader, ho solo scherzato», motteggia uno. E poi ripete spesso questo schema: da politico dico una cosa e s’arrabbiano alcuni, ne dico un’altra e si arrabbiano altri.... Che fatica, che travaglio fare il capopopolo. Questa difficoltà esistenziale sembra proprio che la viva sinceramente. Molla? Dice di no, eppure....
In platea c’è Gianroberto Casaleggio con la sua scoppola, laconico come sempre: «Qui si parla di futuro, quindi di politica». Controlla che tutti i posti siano occupati, perché un po’ del ricavato serve anche a finanziare il movimento. Fioccano i selfie dei fan con Casaleggio, e quando lui incontra Pietro Ricca - il ragazzo che gridò "puffone" a Berlusconi al palazzo di giustizia e passò i guai per questo - si parlano così: «Come va?», «Benino, compatibilmente con il fatto che questo é un Paese di m....». Anche Di Maio é omaggiato dai presenti: «Bravo Luigi, sei arrivato senza scorta». Ancora raffiche di selfie.
Riempire la platea non é stato facile, da 20 a 50 euro i biglietti. Alla fine Beppe ce l’ha fatta anche se non c’è il sold out. Parte lo show. Ma da subito si capisce che il nocciolo della questione resterà aperto. Che cos’é Grillo ormai, un politico che si é annoiato dei 5 stelle o un comico che sta tornando al vecchio mestiere? Proprio perché la questione resta irrisolta, non decolla lo spettacolo "Grillo vs Grillo", il leader contro il fool, il capo partito contro il clown. Ricalca con l’aggiunta della tecnologia e dell’interazione il canovaccio dei trascorsi successi - ma qui non c’è la regia di Giorgio Gaber come in "Buone notizie" (1990) o la potenza televisiva degli show a "Fantastico" o il boom del 1986 contro i "socialisti ladri" che gli costò due anni di esclusione dalla Rai - e racconta storie, canta canzoni, fa autobiografia. Ma la corda pazza risulta irrimediabilmente appesantita dall’esperienza a 5 stelle.
Evita la propaganda, e però spogliarsi di tutto, delle campagne elettorali trascorse e di quelle ancora da affrontare, tra amministrative adesso e politiche nel 2018 o prima, non é impresa facile. In platea comunque si divertono, ma neanche tanto. «Mandatemi affanculo», grida il mattatore. E la folla: «Fanculoooooo». Ripropone le tirate ecologiste di sempre. «Le bistecche non le fanno più le mucche ma ce le facciamo noi con la stampante di casa». E così via. Ma ecco a uno in prima fila: «Sei del Pd, io lo so che sei del Pd....». E i grillini? «Uno mi ha detto sono un attivista non simpatizzante. E io: cioè? Voto grillino ma tu mi stai sui coglioni». E ancora: «Le macchine? Basta con il predominio dell’automobile». Queste cose Grillo le aveva già dette un milione di volte. Le risate del pubblico non sono tante. E in questo show non si produce, ammesso che nei vecchi spettacoli di Grillo sia accaduto, quella che Aristotele nella "Poetica" chiamava la "catarsi comica". In "Grillo vs Grillo", Beppe sembra consapevole però di una cosa, che é sempre stata chiarissima agli antichi comici. Ossia che la verità della satira é istantanea. Mentre la verità della politica si manifesta sui tempi lunghi e costa fatica, noia e continui sforzi per difenderla e per riaffermarla. Le due veritá non possono convivere molto a lungo, e tantomeno accasarsi in un partito o in un movimento. Sará per questo che Grillo - il cui manager sta proponendo a Rai1 il gran rientro nella tivvú nazional-popolare con un nuovo spettacolo - vorrebbe in prospettiva tornare ad essere il commediante che i politici li critica ma non aspira a prenderne il posto. Aristofane gli avrebbe detto di fare così da subito, Beppe lo sta finalmente capendo ed é più difficile, però, riacciuffare adesso la libertà perduta.
Mario Ajello