Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  gennaio 29 Venerdì calendario

IL CALCIO SPORCO SCENDE IN AULA


CREMONA. Quel tè al gelsomino era molto dolce. E con uno strano profumo. Ma caldo, molto caldo. Lo bevvero volentieri i giocatori della Cremonese nella fredda domenica del 14 novembre 2010. Intervallo della partita con la Paganese, ultima in classifica, Prima Divisione. Uno solo preferì acqua minerale, il portiere Marco Paoloni. Avrebbero poi accusato lui di aver versato del Minias per addormentare i compagni. Gli effetti del potente sonnifero si scoprirono più tardi. La Cremonese perse, secondo i patti di Paoloni con l’Anonima Scommesse, cinque si sentirono male, un altro appena uscito dallo stadio finì con l’auto fuori strada. «Non avrei potuto scoprire nulla di questa frode sportiva, se non avessi potuto indagare per avvelenamento», racconta oggi Roberto Di Martino, capo della procura di Cremona.
Sono passati quasi sei anni, 150mila intercettazioni, ma solo 800 trascritte, 54 arresti della Mobile e del Servizio Centrale Operativo (Sco) di Roma. Ma il maxi-processo che spaventa il calcio italiano si avvicina tra venti contrari. Prima il cambio di sede a Brescia bocciato dal procuratore generale, poi alla Camera di Commercio, quindi il ministero:
niente soldi per collegare in audio e video due aule.
«Vorrei essere informato almeno il giorno prima», ironizza Di Martino. L’udienza preliminare per il rinvio a giudizio di 114 imputati è fissata: 18 febbraio, ci siamo. Duemila persone in arrivo tra calciatori, avvocati, interpreti per la mafia asiatica e quella dei Balcani, giornalisti, troupe tv anche dall’estero, alberghi completi fino a Brescia, polemiche per le poche auto di Radio Taxi srl, tra 7 e 11 in una città di 71 mila abitanti. Un piano per i tifosi, come negli stadi. Assenti solo i personaggi più famosi, tra quelli coinvolti: il capitano della Lazio, Stefano Mauri, l’allenatore dell’Udinese, Stefano Colantuono, gli ex calciatori Giuseppe Signori e Cristiano Doni. Mancherà anche Antonio Conte, commissario tecnico della Nazionale, numero 71 dell’elenco.
Niente clamore, ma rischia di essere a giugno l’unico Ct degli Europei in uno scabroso processo penale. Le accuse della procura di Cremona sono per tutti di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e alla frode sportiva. Conte ha già evitato l’interrogatorio in procura, dopo la fuga di notizie sulle due date.
«Per me è uno dei tanti», insiste Roberto Di Martino. Dopo la prima squalifica di 4 mesi per omessa denuncia, è finito nell’inchiesta Last Bet per le partite Albinoleffe-Siena e Siena-Novara. Né il pm Di Martino, né il gip Guido Salvini hanno replicato alle proteste sulla perquisizione della polizia all’alba in casa del Ct.
La sezione dello Sco diretta da Andrea Grassi ha ricostruito da Roma con il funzionario Marco Garofalo la rete delle scommesse con centrali in Serbia, Macedonia, Croazia, Slovenia e in Asia, dove si muove da Singapore il giro di Tan Seet Eng, bloccato a Malpensa dopo aver scaricato in Italia un chilo e mezzo di banconote. Di lui parla Hristijan Ilievski, macedone 50enne di Skopie, il pentito delle scommesse. Arriva in Italia, si costituisce, collabora con il pm e la Mobile di Guido Lo Presti.
Nel verbale del 29 aprile 2015 c’è molto spazio per Stefano Mauri e la partita Lecce-Lazio.
«Mostruoso» è il primo commento. Dopo le 150mila telefonate ascoltate dalla polizia, il giudizio di Roberto Di Martino sul calcio e la giustizia sportiva è netto. «Calcio, ma anche altro. Mostruoso. Ho appena indagato pure sul tennis chiedendo il rinvio a giudizio di Potito Starace e Daniele Bracciali. Leggo dai giornali particolari delle mie indagini in altre inchieste all’estero». Mostruoso, quindi? «Certo, per uno come me. Ho amato il calcio come tifoso della Sampdoria e ho amato il tennis. Piansi dopo la sconfitta della Samp a Londra nella finale di Coppa Campioni».
Venti maggio 1992, Londra.Vittoria del Barcellona per 1-0. Per Di Martino c’è solo disamore dopo la sua inchiesta. Possibile? «Una crisi di rigetto. Sdegno». Deluso anche perché la giustizia sportiva ha trascurato le indagini di Cremona.
«Io sono orgoglioso di aver sollevato il coperchio dalla pentola. Con il procuratore federale Stefano Palazzi ho un buon rapporto. Vede questa cravatta? Me l’ha regalata lui. Io in tempo reale gli ho trasmesso tutti gli atti. Se non sono stati sfruttati, pazienza. Io vado per la mia strada, loro per un’altra».
Riprende sempre più mesto. «Non è stata colta l’occasione. C’è una miniera nelle intercettazioni. Non volevo credere a quello che mi diceva la polizia. Si parla solo di partite da combinare. Il calcio è in una situazione grave. Almeno 300 partite sospette, abbiamo approfondito le indagini su 60-70. Una piccola parte quindi. Ma non potevo fare di più. Brava la Squadra Mobile di Cremona, decisivo l’apporto dei funzionari dello Sco, anche all’estero. Ma fatti gli arresti, com’era giusto, mi hanno salutato. La Questura sbobinava e ascoltava. Io sono rimasto solo, ho da poco avuto un sostituto, Ignazio Abadessa. Bravo, mi dà una grande mano. Per i nostri interrogatori occorrono anche 7-8 ore. C’è una signora che fa da assistente a me e ad altri due magistrati. E devo curare anche altri 2000 processi. Solo. Il ministero mi hanno lasciato solo».
Roberto Di Martino, 66 anni ad aprile, da otto è capo della procura di Cremona. Al limite del mandato, quindi. Non ci sarà al dibattimento, lo aspettano a Bergamo o a Brescia. Si fermerà solo per l’udienza preliminare, dinanzi al gup Pierpaolo Beluzzi, esperto di informatica. Ma le prospettive del processo sono oscure. Lo ammette il pm Di Martino: «L’associazione per delinquere può resistere alla prescrizione, ha tempi più lunghi. Ma le partite no. Il problema è un altro, più grave ed ampio. Riguarda i dirigenti, e non viene affrontato. Per noi è un ostacolo anche l’omessa denuncia, è un incentivo al silenzio, un invito all’omertà. Spiego meglio: un giocatore se non è coinvolto, ma ha visto o sentito qualcosa non dice niente a noi. Può chiarire tante cose, ma tace. Perché scatta subito la sanzione sportiva, la squalifica per omessa denuncia. Chi viene più a parlare? Venne Simone Farina, solo lui».
Ma il difensore del Gubbio è poi emigrato. In Italia porte chiuse. «Ed io?» ha un sussulto Di Martino. «Ho subito solo aggressioni. Oltre a ricevere un proiettile 7,65 per posta. Forse spedito da un parente di un calciatore. Chi si mette contro il calcio resta solo. E dire che ho indagato sul terrorismo, da Piazza Fontana a quello islamico, qui ho invece tutti contro. Ma so di aver fatto bene il mio mestiere».
Ha lasciato l’inchiesta il gip Guido Salvini. Teorizza: «È necessario per il futuro del calcio aumentare le pene ed elevare i tempi di prescrizione. Sono irrisorie le pene e prive di efficacia. La B è il campionato con più partite truccate. Diventa facile corrompere un giocatore, bastano 30-40mila euro. Prendete Albinoleffe-Piacenza. Due squadre poco note all’estero, ma che fosse falsata lo dimostra il giro di scommesse all’estero: 6 milioni e mezzo di euro».
Via anche lui, magistrato di valore, tra le indagini la strage di Piazza della Loggia. Ha idee chiare sul calcio, forse troppo. Da Cremona è saltato al terzo piano del tribunale di Milano. Per fare cosa? «Sono qui in parcheggio. Aspetto il mio posto di gip».
Antonio Corbo