Lucio Luca, il venerdì 29/1/2016, 29 gennaio 2016
LA CORSICA CI CREDE MA NON SPARA PIÙ
BASTIA. Della stele di Alena non resta che un ammasso di vetri, quelli che hanno resistito al piombo dei proiettili: «Sbirri francesi», dice un contadino. «Del resto lì dentro ne sono morti due di poliziotti, deve essere per questo che la lapide non gli andava giù. E così una notte di settembre del 2014 hanno tentato di distruggerla. Ma per noi è una vittoria contro Parigi».
Una storia lontana nel tempo ma ancora viva nel cuore dei corsi. Nell’agosto di quarant’anni fa il politico e medico Edmond Simeoni, allora presidente dell’Azione per il Rinascimento della Corsica (Arc), fece irruzione con una dozzina di militanti in uno stabilimento vinicolo lungo la provinciale che porta a Bastia. Doveva essere un attacco dimostrativo. Simeoni e i suoi riempirono di scritte la facciata dell’azienda: «Fuori i coloni, la terra ai corsi». Si erano portati qualche fucile arrugginito e un paio di pistole, ma nessuno di loro pensava di usarle. La reazione dei francesi fu immediata e a dir poco imponente. Nell’isola vennero inviati più di mille uomini della Gendarmeria, con elicotteri e mezzi corazzati. L’assedio durò tre giorni. Poi ci fu il blitz dei poliziotti: la sparatoria, due agenti uccisi e un autonomista ferito gravemente. Simeoni si consegnò, in cambio chiese la libertà per i suoi uomini. Da quel giorno, per i corsi, è «l’eroe di Aleria».
A metà strada tra Porto Vecchio e Bastia sul versante orientale della Corsica, Aleria è ancora oggi il simbolo della battaglia che l’isola combatte da secoli contro i francesi.
Il 17 dicembre del 2014 il Fronte di Liberazione Nazionale Corso (Finc) ha annunciato la chiusura del lungo periodo di lotta armata. Dal 1976 c’erano stati omicidi, intimidazioni, attentati dinamitardi (più di diecimila), traffico di droga e speculazioni. La svolta pacifista ha funzionato: qualche giorno fa il Finc ha vinto le elezioni territoriali e conquistato il governo dell’isola.
Ma l’assedio di Aleria del 1975, l’occupazione di un’azienda agricola francese accusata di truffa e frodi da parte di un pugno di autonomisti, rimane una pietra miliare nella storia dell’isola della bellezza, Kallistè come la chiamavano i greci, un angolo di paradiso nel quale spesso le ragioni nazionalistiche si sono intrecciate con gli interessi di bande criminali.
Quarant’anni dopo anche Edmond Simeoni è un uomo diverso. Condanna la lotta armata: «Ha solo fatto danni e non ha risolto nemmeno uno dei problemi dell’isola». Ma di una cosa resta convinto: «L’operazione di Aleria era sacrosanta, bisognava far capire al nostro popolo che la Francia non poteva trattarci come una colonia qualsiasi, la violenza l’hanno voluta loro».
È una storia che comincia nei primi anni Sessanta, con le contestazioni contro le cattive condizioni economiche e il sottosviluppo dell’isola: «Nel 1967» racconta Simeoni, «abbiamo creato l’Unione del Popolo Corso, segnando l’inizio della lotta sul terreno. Qui non c’era democrazia, comandavano poche famiglie, appoggiate dei francesi che tolleravano clientele e frodi elettorali. Poi, nel 1973 c’è stato lo scandalo della Montedison che riversava nel Canale di Corsica i fanghi rossi, prodotti tossici per l’ecosistema del Mediterraneo e per le nostre risorse turistiche. Ci sono state manifestazioni, mi hanno arrestato, fui liberato solo dopo un lungo sciopero della fame. Nel frattempo le grandi imprese cementificavano la costa, costruendo centinaia e centinaia di alberghi. Insomma, si stavano mangiando la nostra terra, dovevamo reagire».
E così nell’agosto del 1975 Simeoni chiama a raccolta i vertici dell’Arc e propone un’azione simbolica: l’occupazione di uno stabilimento agricolo, il cui proprietario era stato appena condannato per frode vinicola. «Di fronte alla nostra rivendicazione, sicuramente illegale ma fondata, lo Stato ha reagito in modo spropositato. Per giorni ho trattato personalmente con i gendarmi. Fino a cinque minuti prima dell’irruzione. Uno dei loro capi mi disse che volevano solo intimorirci con la forza, che si sarebbe risolto tutto pacificamente. Io risposi che noi eravamo d’accordo, che in dodici contro mille non avremmo avuto altra scelta, che se fossero entrati nell’azienda senza violenza e senza armi ci saremmo arresi senza sparare un colpo. Purtroppo non andò così, come hanno dimostrato nel corso del processo tutte le registrazioni mostrate ai giudici. Per quasi un minuto hanno sparato contro di noi con armi automatiche, ci siamo difesi e due di loro sono morti. Non doveva finire così, Parigi sa bene di chi è stata la colpa»
Simeoni venne condannato a cinque anni di reclusione, un paio con la condizionale, e uscì dal carcere nel 1977. Nel frattempo, però, era nato il Fronte di Liberazione Nazionale della Corsica, un’organizzazione clandestina che negli anni moltiplicò gli attentati, colpendo soprattutto i simboli della cosiddetta «occupazione» straniera: alberghi, ville private, camping. In quasi quarant’anni le cronache hanno registrato anche più di duecento omicidi. Gente comune, militanti di clan rivali, avvocati. E il massimo rappresentante dei francesi nell’isola, il prefetto Claude Érignac, assassinato in una fredda serata di febbraio del 1998 davanti a un teatro di Ajaccio. «In tutte le lotte di emancipazione ci sono sempre movimenti riformisti e movimenti radicali» spiega Simeoni, «sarà la Storia a dire chi aveva ragione. La mia famiglia ha scelto la non violenza. Per questo siamo stati vittime di una sessantina di attentati. Certo, la Francia deve fare un esame di coscienza. Negli anni sono state arrestate centinaia di persone. Non ha cercato il dialogo, al contrario ha contribuito ad alimentare il clima di tensione con il nostro popolo».
Adesso, dopo la deposizione delle armi da parte del Finc, la situazione sembra migliorata. Parigi ha promesso un nuovo statuto che amplia l’autonomia della Corsica.
A Bastia è stato eletto sindaco Gilles Simeoni, figlio di Edmond, l’uomo forte degli autonomisti che adesso hanno anche conquistato la maggioranza in tutta l’isola: «La violenza nasce sempre da un’ingiustizia» dice Gilles Simeoni. «Il popolo corso ne ha subite tante, a partire dal tentativo di cancellare la sua storia, la sua lingua, le sue tradizioni. Sono passati diversi anni, viviamo un’altra era storica. La Corsica è cambiata, il mondo è cambiato, bisogna lottare ancora, ma con i mezzi della democrazia».
Una riflessione che riecheggia le parole di suo padre Edmond: «La deposizione delle armi da parte del Fronte di Liberazione Nazionale è un fatto molto importante, anche perché si colloca in un movimento generale partito dall’Ira in Irlanda del Nord e proseguito dall’Età nei Paesi Baschi. In Europa ci sono 96 regioni a statuto speciale, oltre 300 milioni di persone che vivono nel regionalismo o nel federalismo. La Scozia ha ottenuto il referendum, la Catalogna si batte per averlo, forse ci riuscirà anche Belfast. Siamo di fronte a un’evoluzione che rende la lotta molto più politica e non militare, non c’è spazio per la violenza che, anzi, ha finito col rallentare l’autodeterminazione dei popoli. Però l’Europa deve stare attenta, stare più vicina alla gente e meno alle banche, seguire le indicazioni che le avevano dato i suoi padri, da Altiero Spinelli a Robert Schuman. Altrimenti il rischio del ritorno alla lotta armata è concreto. E sarebbe un dramma per tutti».