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 2016  febbraio 01 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - I SOLDI ALLA TURCHIA NON SARANNO COMPUTATI NEL CALCOLO DEL DEFICIT


REPUBBLICA.IT
MILANO - La Commissione europea chiarisce che il contributo richiesto agli Stati membri per complessivi 3 miliardi a favore della Turchia per l’emergenza rifugiati non rientra nel calcolo del deficit ai fini del Patto di stabilità e crescita, l’insieme di parametri Ue da rispettare quando si predispone il bilancio pubblico. La puntualizzazione ha come destinatario soprattutto l’Italia e la sua richiesta di flessibilità. Il premier Matteo Renzi, per tutta risposta, non fa nulla per non evidenziare, accanto alla notizia "positiva", il contrasto tra il burocratese dei ragionieri della Commissione che riescono a marcare distinguo contabili anche sul dramma umanitario in corso nel Mediterraneo.

"Noi italiani pensiamo che i migranti siano tutti uguali - premette Renzi parlando ad Abuja, in Nigeria, prima tappa del suo nuovo viaggio in Africa -. Non è possibile considerare le vite da salvare nel Mar Egeo diverse da quelle da salvare nel Mar Tirreno. Il fatto che le spese per salvare i bambini che navigano dalla Turchia alla Grecia siano fuori dal Patto di Stabilità è finalmente un fatto positivo. Pensare di considerare in modo diverso le spese per salvare i bambini eritrei che arrivano in Sicilia mi sembra assurdo e illogico. Solo una perversione burocratica può fare distinzioni tra le vite da salvare".

"A questo punto - conclude allora il presidente del Consiglio - noi daremo il nostro contributo alla Turchia per salvare esseri umani. E faremo ogni sforzo per salvare vite umane nel Mediterraneo: abbiamo salvato, e continueremo a farlo, migliaia di vite mentre l’Europa si girava dall’altra parte. Prima del patto di stabilità c’è un patto di umanità. Se poi vogliono aprire una procedura contro l’Italia, facciano pure: noi andiamo avanti. Per noi Europa significa valori e ideali, non polemiche da professionisti dello zero virgola".

La Commissione europea, sottolineando che la posizione di Bruxelles era nota già da dicembre quando fu raggiunto l’accordo tra i 28 Paesi membri, ha dato la sua, seppur indiretta, risposta ai dubbi italiani: "Il contributo da 281 milioni (la quota che tocca all’Italia, ndr) al fondo straordinario è già fuori dal computo" del deficit. Per quanto riguarda i conti tricolori, inoltre, Bruxelles ricorda che le decisioni sulla richiesta di flessibilità per fronteggiare le uscite legate ai migranti verranno prese a "primavera, caso per caso ed ex post, sulla base delle spese fatte". Su questo secondo versante, Roma chiede una maggiore possibilità di spesa pari allo 0,2% del Pil, circa tre miliardi di euro.

Sulla sottile linea dei bilanci, dunque, prosegue la vena polemica tra Bruxelles e l’Italia. Del ruolo di Roma nello scacchiere del Vecchio continente, Renzi è tornato a parlare nella sua e-news: "Le cose sono cambiate. Le riforme sono leggi e dopo tre anni di recessione è tornato il segno più nei fondamentali economici. Possiamo tornare a fare il nostro mestiere, dunque. E il nostro mestiere è guidare l’Europa, non andare in qualche palazzo di Bruxelles a prendere ordini", scrive. "L’Italia - dice ancora - per anni aveva un debito morale con le istituzioni europee, e io dico soprattutto con i propri concittadini, perché parlava di riforme che non riusciva a realizzare".

Già al termine dell’incontro con Angela Merkel venerdì scorso, Renzi aveva affrontato il nodo della flessibilità e dei fondi alla Turchia, auscicando auspicato una risposta in settimana sui margini di bilancio per le spese per i migranti. Ma un portavoce della Commissione ha tenuto a separare i due piani, ricordando che gli accordi su Ankara sono già stati presi e non hanno nulla a che vedere con le richieste italiane sui conti.

Una stilettata al premier che da Berlino aveva detto: "L’Italia è da sempre disponibile, ma stiamo aspettando che le istituzioni europee ci diano alcune risposte su dei quesiti che abbiamo formulato per le vie brevi, sul modo di intendere questo contributo e gli altri necessari all’immigrazione". Sulla flessibilità, poi, Renzi aveva insistito sulla necessità che le regole fossero uguali per tutti: "Chiediamo che le regole Ue che esistono siano applicate, non chiediamo nuove regole".

Per quanto riguarda la Turchia, la cifra stanziata dalla Ue è definita "iniziale" come a lasciare intendere che potrebbero seguire altre somme, ma condizionate al "bisogno e natura del finanziamento" e "saranno riviste alla luce dello sviluppo della situazione". Il calcolo dei contributi è
fatto in base al Pil di ciascun Paese: la Germania dovrebbe versare 534 milioni, la Gran Bretagna (che non ha voluto partecipare alla redistribuzione dei rifugiati già sul suolo europeo) 409, la Francia 386. L’Italia dovrebbe versare 281 milioni di euro, la Spagna 191 e l’Olanda 117.

FORMICHE
Matteo Renzi vola in Africa. Ci rimarrà da oggi fino a mercoledì, per incontrare nell’ordine i capi di Stato e di governo di Nigeria, Ghana e Senegal. Obiettivo: rafforzare la cooperazione economica e politica con un’area del mondo considerata strategica da Palazzo Chigi.

LA TERZA VOLTA

Dal suo insediamento, è la terza volta che il presidente del Consiglio si reca in quel continente. Nel 2014 fu la volta di Angola, Mozambico e Congo-Brazzaville. L’anno scorso di Kenya ed Etiopia. Una missione spiegata dallo stesso premier attraverso la consueta E-News: “Occorre uno sforzo diplomatico forte, continuo. Ma è cruciale anche investire con la cooperazione allo sviluppo e con gli investimenti. In questo senso l’Africa è decisiva: un continente ricco di opportunità che per troppo tempo la nostra politica ha fatto finta di non vedere. Per la terza volta in meno di due anni una delegazione di Palazzo Chigi scende sotto il Sahara (non era mai accaduto nei 70 anni precedenti), allo scopo di rafforzare il ruolo, l’amicizia, gli interessi, i valori dell’Italia…”. Roma, ha detto, “può giocare un ruolo se ha il coraggio di avere una strategia politica di ampio respiro. Non due battute buone per fare un po’ di demagogia in tv. Noi investiamo sull’Africa perché pensiamo che sia doveroso per il nostro posizionamento geografico e geopolitico. Se vogliamo combattere la povertà, sradicare il terrorismo, affermare valori condivisi l’Africa oggi è la priorità. E dopo anni di assenza, l’Italia ci deve essere”.

IL VIAGGIO

La missione di Renzi, spiega oggi La Stampa, “inizierà da Abuja, capitale della Nigeria, dove incontrerà il presidente Muhammadu Buhari. Una visita di quattro ore in cui si parlerà di lotta al terrorismo, ma anche di politica economica”. Il premier “volerà quindi ad Accra, dove incontrerà il presidente del Ghana”. Infine, scrive il quotidiano diretto da Maurizio Molinari, “Renzi volerà a Dakar, in Senegal, per incontrare il primo ministro Mohammed Dionne, il presidente della Repubblica del Senegal, Macky Sall” (nella foto con Renzi) e partecipare a un seminario finanziato dalla Cooperazione italiana e a un incontro all’università. Cooperazione e cultura – si rileva – sono gli assi su cui costruire la nuova politica di rapporti con Africa e Medio Oriente”. Ma anche (e forse soprattutto) di rapporti economici.

LE AZIENDE PRESENTI

A confermarlo, raccontava ieri Marco Galluzzo del Corriere della Sera, c’è la folta delegazione che accompagnerà Renzi. “Insieme al premier – si legge – dovrebbero arrivare rappresentanti di Confindustria, Ice, Cassa depositi e prestiti, Sace, Simest e una quindicina di grandi aziende italiane come Anas International, Cnh Industrial, Trevi, Ge Nuovo Pignone, Enel GreenPower, Italferr, Maire Technimont e Telecom e una delegazione di imprenditori e uomini d’affari aventi interessi in Africa subsahariana”.”Carlo Calenda, alcune settimane fa, nelle veste di viceministro allo Sviluppo economico” (oggi è rappresentante della nostra diplomazia a Bruxelles, ndr) – prosegue Via Solferino -, ha spiegato che gli sforzi economici e commerciali italiani andranno soprattutto verso quattro direttrici: produzione e distribuzione di energia, petrolio, gas e ferrovie”.

I NUMERI DI SACE

L’Africa sub sahariana, spiega in un recente report il gruppo assicurativo Sace, “è tra le regioni più dinamiche al mondo. Le opportunità di export e di investimento per le aziende italiane si concentrano nelle tre principali economie: Nigeria, Sudafrica e Angola. Ma spazi altrettanto interessanti si aprono anche in altri paesi, in particolare nella regione orientale, come nel caso di Kenya ed Etiopia”. Tutti terreni battuti da Palazzo Chigi. “L’export italiano verso questi Paesi – rimarca la società presieduta dall’ambasciatore Giovanni Castellaneta – ha mostrato un tasso di crescita medio del 8,4% dal 2010 al 2014, raggiungendo circa 3,7 miliardi di euro complessivi. Le previsioni Sace indicano una crescita media annua del 5,4% nei prossimi anni, per un export aggiuntivo pari a un miliardo entro il 2018″. Buone opportunità, sottolinea ancora, “attendono i nostri beni di investimento, dati i gap infrastrutturali da colmare nel settore dei trasporti e delle costruzioni. Le carenze nella produzione, trasmissione e distribuzione di energia saranno inoltre un traino per l’export di apparecchiature elettriche”. Proprio ieri, ha dato notizia l’Agi, Sace ha firmato con GE Oil&Gas un protocollo d’intesa: il gruppo assicurativo “supporterà le esportazioni di GE Oil&Gas per un ammontare che si stima possa raggiungere i 6 miliardi di dollari per il triennio 2016-2018 per progetti in vari continenti”, tra i quali l’Africa.

GLI ACCORDI

Nel solco di questo dinamismo economico, scrive Il Sole 24 Ore, “ad Accra, capitale del Ghana, Renzi dovrebbe concludere un accordo per la riattivazione della ferrovia occidentale, che il governo ghanese considera strategica per aumentare i commerci con i Paesi vicini. Il Ghana, dove a dicembre Carlo Calenda è stato per una missione preparatoria, è uno tra paesi più aperti dell’Africa agli investimenti esteri: nei primi otto mesi del 2015 l’export italiano è salito del 30%”. In Senegal, Renzi incontrerà, come detto, anche “il presidente della repubblica Sall, già incontrato a Palazzo Chigi nel novembre 2014. In quell’occasione si parlò, tra l’altro, del modo migliore per sfruttare il primo giacimento petrolifero off shore del Paese”. Mentre la Nigeria (dove ieri Boko Haram ha colpito nuovamente), rimarca ancora il quotidiano confindustriale, “non è solo un fronte di lotta al terrorismo e, anzi, rappresenta oggi il vero perno dell’espansione economica africana, con un Pil di 530 miliardi di dollari (superiore a quello del Sud Africa) pari a circa il 30 per cento dell’intera economia subsahariana”.

LA PRESENZA DI ENI

A fare la parte del leone nella presenza italiana in Africa è forse oggi il settore energetico, guidato dal colosso degli idrocarburi Eni. Da Expo a Milano, a ottobre scorso Paquale Salzano, Executive Vice President Direzione Affari Istituzionali del Cane a sei zampe, riassunse impegno e investimenti del gruppo nel continente. “Eni – disse – ha iniziato le sue attività internazionali in Africa più di 60 anni fa e opera oggi in 14 Paesi africani e impiega 11.500 persone, la maggior parte delle quali locali. È diventato il primo produttore di idrocarburi del continente, tra le compagnie internazionali, e rappresenta il 7% della produzione di idrocarburi in Africa”. La presenza del gruppo guidato da Claudio Descalzi in Africa, aggiunse Salzano, “continuerà anche in futuro” grazie a nuove scoperte, come “gli imponenti giacimenti di gas ritrovati in Mozambico” e “a Zohr”, in Egitto. Di particolare importanza “sono anche le attività locali e gli investimenti realizzati in particolare in Angola, Congo, Gabon, Mozambico e Ghana”, meta del premier, dove nel gennaio del 2015 “Eni e i suoi partner hanno raggiunto un accordo con il governo del Paese per sviluppare un progetto integrato oil&gas, che tra l’altro fornirà a partire dal 2018 gas competitivo al mercato domestico, alimentando centrali elettriche per più di 15 anni”.

IL SETTORE AGRICOLO

A generare attese è però anche un settore che gode di meno risalto, quello dell’agricoltura. Quest’anno, ha raccontato il 29 gennaio sempre il Corriere della Sera, nella 112esima Fieragricola in programma dal 3 al 6 febbraio a Verona si parlerà anche d’Africa, “a cui è dedicata la giornata del 5 febbraio prossimo, con workshop, seminari e incontri fra aziende italiane e buyer africani selezionati”. “Quel continente – ha spiegato il presidente di Veronafiere Maurizio Danese – ha un enorme capitale in termine di terre non ancora coltivate e arabili, e potrebbe sviluppare nel prossimo decennio uno dei sistemi agricoli più importanti”.