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 2016  gennaio 29 Venerdì calendario

IL MALE CHE NON PASSA. MESINA ACCUSATO DI ESTORSIONE

e USURA –
«Io sono un bandito che rispetta regole precise. E nel corso della vita ho organizzato solo rapine e sequestri. Ho compiuto un unico omicidio ma quello era un omicidio giusto: dovevo vendicare mio fratello». I suoi comandamenti, Graziano Mesina li ha rispettati soltanto nella prima parte di una lunghissima carriera criminale. Dopo 37 anni e mezzo di carcere (in 17 penitenziari diversi), ha rinnegato tutti i principi di quella che lui stesso aveva definito «un’etica criminale».
L’inchiesta
Quando era giovane odiava la droga ma dal 2013 (nove anni dopo la grazia) è tornato in carcere per aver gestito un traffico di stupefacenti. Ora, a 73 anni, è di nuovo indagato, stavolta per usura ed estorsione. Ha prestato 40 mila euro a un ristoratore di Sassari e poi ne ha preteso diecimila in più. Usura, secondo i carabinieri. «Un reato ignobile», come l’avrebbe definito lui. La nuova inchiesta svela una seconda identità criminale dell’ex imprendibile del Supramonte e racconta dei suoi strani rapporti, stavolta con un alto dirigente del Banco di Sardegna.
Il funzionario, anche lui indagato, è stato l’intermediario tra l’ex bandito e il presidente di una squadra di basket giovanile, figlio di un noto avvocato con gloriosi trascorsi tra politica e sport. Per iscrivere la sua formazione al campionato, Marco Milia aveva bisogno di 40 mila euro e per questo aveva chiesto aiuto a un amico dirigente di banca. I soldi erano arrivati velocemente, ma l’imprenditore immaginava che a prestarglieli fosse stata la banca. A sua insaputa, invece, aveva contratto un debito con l’ex latitante.
La riscossione
E per scoprirlo ha dovuto attendere che Mesina facesse partire l’operazione di riscossione del debito. Con i soliti metodi duri.
Il ruolo di mediatore ai limiti del lecito, a Graziano Mesina è sempre piaciuto. Ha trattato con spietati sequestratori, ma anche con uomini dei servizi segreti e persino con i magistrati. Ha favorito la liberazione (a suo dire anche il pagamento del riscatto) di Farouk Kassam e negli anni scorsi ha anche aiutato Berlusconi ad acquistare un terreno sulle spiagge di Olbia. Su quei 500 ettari un vecchio pastore pascolava le sue pecore e non voleva cedere, ma l’intervento di Grazianeddu (ricompensato con 300 mila euro) era stato utile per convincerlo a cedere.
Il business
«Un latitante come me è il coperchio giusto per tutte le pentole». E di pentole Grazianeddu ne ha coperte tante. L’inchiesta del 2013 ha svelato che la sua ricaduta criminale è stata meno onorevole - per i suoi canoni - delle scorribande compiute ai tempi delle 9 evasioni. Uscito dal carcere è diventato una guida turistica: ha scoperto che la droga poteva essere molto redditizia e si è messo a capo di una grande organizzazione. Ma senza trascurare il primo amore: i sequestri. Due, secondo la Dda, studiati nei minimi dettagli.
Il primo arresto di Graziano Mesina nel 1958: a 16 anni. Aveva sparato ai lampioni di Orgosolo. Da allora è stato accusato di reati di ogni genere e anche corteggiato per scendere in politica. Qualcuno gli ha persino proposto di organizzare e guidare una rivoluzione socialista in Sardegna, ma lui voleva solo i soldi. I sequestri non li ha mai negati, ma con una precisazione: «Non ho trattato male gli ostaggi e nessuno mi ha chiesto il risarcimento». Non ha mai rapito donne e bambini e il giorno che un possidente venne catturato con il figlio piccolo, Mesina lo fece accompagnare alla stazione e gli pagò il biglietto per tornare a casa.
Il presidente della Repubblica Ciampi, nel 2004, ha creduto che si fosse redento. Emilio Pazzi, capo della Criminalpol negli anni dell’Anonima, disse: «Ognuno deve vivere nel proprio habitat naturale, quello di Mesina è il carcere».