Gianfrancesco Turano, l’Espresso 29/1/2016, 29 gennaio 2016
PROCURATORI DI STAR E DI GUAI
Hanno ragione entrambi i fronti. I presidentissimi della serie A, quando dicono che l’inchiesta di Napoli è il topolino partorito dalla montagna. I magistrati, quando tentano di entrare nella montagna dell’economia criminale del calcio. L’operazione "Fuorigioco" e le perquisizioni del 26 gennaio dicono quello che tutti sanno. Gli agenti sportivi servono tre padroni: i clienti calciatori, i club e, naturalmente, se stessi. Compravendite, prestiti con o senza diritto di riscatto, fringe benefits. Non c’è momento del rapporto economico fra società e giocatore che non sia intermediato dai procuratori.
I sequestri di martedì scorso servono a portare nuovi elementi a sostegno di un’indagine partita nel gennaio del 2012 e fondata su una serie di operazioni di mercato che sono prescritte (a partire dal 2008-2009) o, in larga parte, rischiano di esserlo prima che si arrivi a una sentenza di primo grado contro una platea di inquisiti eccellenti. «Fuffa», dice il proprietario del Napoli Aurelio De Laurentiis. «Vicenda solo tributaria», minimizza Nicolò Ghedini per conto del milanista Adriano Galliani. «Claudio Lotito indagato? Non ci risulta nessuna notifica», è la risposta standard di Gian Michele Gentile, l’avvocato del patron laziale che è sotto inchiesta anche a Milano per l’affare Infront insieme a Galliani. In un ipotetico consiglio di Lega, non c’è dubbio che la mozione "ce la caviamo con una multa" sarebbe sottoscritta anche dagli altri proprietari, in carica o scaricati, del grande carrozzone calcistico: Edoardo Garrone, ex Sampdoria, Igor Campedelli di Cesena e Olhanense (Portogallo), Aldo Spinelli (Livorno), Enrico Preziosi (Genoa), Tommaso Ghirardi e Lillo Foti, protagonisti dei fallimenti di Parma e Reggina, gli ex Siena Giovanni Lombardi Stronati e Massimo Mezzaroma, Luigi Corioni del Brescia e Sergio Cassingena del Vicenza. C’è chi, a margine del calcio, è finito in arresto per truffa, come il presidente della Ternana Francesco Zadotti, legato al re delle discariche romane Manlio Cerroni. E c’è chi se n’è appena andato ad Abu Dhabi, come Gian Luca Nani (ex Brescia, Westham Utd e Watford), nominato dirigente dell’Al Jazeera a dicembre.
Alcuni sono stati tirati in ballo nell’indagine per qualche migliaio di euro. Altri hanno evaso per milioni di imponibile. Sono soprattutto le star dell’area di rigore, come gli ex interisti Diego "el Príncipe" Milito (1,5 milioni di euro) e Hernán Crespo (4,4 milioni di euro dal 2009 al 2012).
Fuffa di sicuro no. Ma l’operazione Fuorigioco, per i documenti che si possono esaminare a oggi, lascia l’impressione di un bel tiro in porta finito a pochi centimetri dall’incrocio dei pali. L’aspetto tributario è dominante, com’è ovvio in un’inchiesta per evasione fiscale e false fatture. E il meccanismo è semplice per quanto può esserlo un meccanismo di tipo fiscale trattato sul campo della giustizia penale. In sostanza, le prestazioni degli agenti dei calciatori non sono pagate esclusivamente dai clienti, come accade con attori e scrittori.
Sono pagate anche dai club. In questo modo, i costi delle società di calcio aumentano. I profitti, che sono tassabili, diminuiscono o svaniscono e il piatto dell’Erario piange. En passant, il regolamento della Federcalcio vieta all’agente di agire sia per il datore di lavoro sia per il dipendente. Quello che si fa nelle separazioni consensuali, con un solo avvocato che si occupa di entrambi i coniugi, nelle trattative del pallone rappresenta conflitto di interessi.
Per aggirare il divieto, gli agenti risultano consulenti o mandatari delle società e non del calciatore. Gli effetti possono essere comici. Quando Germán "el Tanke" Denis è andato in prestito dall’Udinese all’Atalanta nel 2011-2012 né l’attaccante argentino né il club di Antonio Percassi hanno trattato per mezzo di un agente. Ma la squadra bergamasca ha pagato 500 mila euro alla Abridge Sa "per il trasferimento dei diritti federativi e patrimoniali". Che dietro l’argentina Abridge ci fosse l’argentino Leo Rodríguez, ex centrocampista atalantino non proprio memorabile e procuratore ufficiale di Denis, è tutto tranne che un caso.
Dove osa l’inchiesta napoletana è proprio sulle mediazioni all’estero. Oltre a un buon numero di indagati eredi di grandi dirigenti italiani, da Alessandro Moggi, figlio di Big Luciano, a Luca Percassi figlio di Antonio presidente dell’Atalanta, al residente monegasco Federico Pastorello, figlio di Giambattista ex presidente del Verona, c’è un breve elenco di società estere che hanno avuto il compito di incassare commissioni milionarie.
Per conto dei procuratori? O magari c’è stata qualche retrocessione, in senso non sportivo ma finanziario, di parte della provvigione a chi l’ha pagata?
Gli investigatori delle procure e del fisco cercano da anni prove di quello che si può solo intuire. Ossia, il calcio business non è affatto una roulette russa dove i presidenti giocano con cinque colpi nel tamburo mentre il binomio calciatori-agenti fa la parte del leone mandando in rovina i bilanci. Il calcio business è una torta che, soltanto in Italia, può valere oltre 200 milioni di euro di commissioni all’anno. E molte si perdono in paradisi societari.
Oltre alla Abridge di Rodríguez, le carte della Procura napoletana e della Guardia di Finanza citano altre quattro società di diritto estero.
La più nota è il colosso Haz sports agency, che non si limita a rappresentare campioni ma investe nei club e direttamente nella proprietà dei giocatori, come l’ex Inter e Roma Guillermo Burdisso, nonostante la pratica sia vietata da molte federazioni calcistiche.
Haz è stata costituita da Fernando Hidalgo, Gustavo Arribas, entrambi argentini, e dal procuratore israeliano Pini Zahavi. Gente di peso. Zahavi ha intermediato l’acquisizione del Chelsea da parte dell’oligarca russo Roman Abramovich. Arribas è stato appena nominato direttore dell’Agencia federal de inteligencia, i servizi segreti di Buenos Aires, dal neopresidente argentino Mauricio Macri, già numero uno del Boca Juniors. Hidalgo è stato coinvolto nell’inchiesta di Napoli come rappresentante di Crespo, passato dal Chelsea all’Inter, e di Milito, venduto dal Genoa al club dei nerazzurri milanesi. Grazie alla Haz Hidalgo ha operato per i calciatori e per il club simultaneamente, aiutando i due bomber a dichiarare di meno.
Il Napoli è sotto esame per avere trattato con tre società schermo. La prima ha un nome italiano e inequivocabile (Oro Azzurro) e ha sede in Argentina. È servita ai procuratori di Ezequiel Lavezzi, Luis Rossetto e Alejandro Mazzoni, per evadere le imposte. Quando "el Pocho" è passato al Psg è subentrato Moggi junior che ha dimenticato di contabilizzare una fattura da 3,1 milioni di euro.
Oro Deportes è invece servita a Mazzoni e Rossetto nel ruolo di agenti di Cristian Chávez, calciatore trasferito per 1,3 milioni al Napoli da un club cileno (Rangers de Talca) che non l’ha mai tesserato e mai visto. Il transfer di Chávez, che in realtà giocava per il San Lorenzo de Almagro, il club di papa Francesco, ha fatto aprire una doppia indagine fiscale in Argentina e in Italia con lo scopo di bloccare le triangolazioni fra società. È qui che milioni di euro svaniscono senza lasciare traccia, se non sui conti dei fortunati e ignoti beneficiari.
Infine nei documenti giudiziari figura la Mewsette. Questa società di diritto olandese è stata utilizzata dal versatile agente con domicilio a Bergamo Rodríguez per portare nel club di De Laurentiis il difensore Ignacio Fideleff. A fronte di un quinquennale da 1,7 milioni netti all’anno, l’ex del Newell’s Old Boys ha giocato quattro partite in azzurro. Poi è stato trasferito in prestito al Parma prefallimentare di Ghirardi, quello che faceva girare più contratti in Lega che noccioline sulla gradinate del Tardini. Totale in Emilia: una partita. Solo nella sessione di calciomercato in corso, il Napoli è riuscito a cederlo in via definitiva al Nacional di Asunción in Paraguay.