varie, 29 gennaio 2016
NEMICI
«Per migliorare c’è bisogno di nemici e critiche, di nuove sfide» (Pep Guardiola, allenatore del Bayern Monaco).
AZZARDO «Il calcio è un gioco: scegli come giocare le tue carte, poi tutto è un azzardo. Non c’è un modo giusto o sbagliato: sbagliato sarebbe se Mancini e Sarri una mattina si svegliassero e volessero fare il contrario di quanto fatto prima. Come se Guardiola improvvisamente dicesse: da oggi si gioca solo palla lunga» (Estebian Cambiasso, centrocampista dell’Olympiacos ed ex dell’Inter).
DRIBBLING «Chi non ama il dribbling, non ha simpatia per il calcio. Il mio modo di giocare è questo: non mi sento perseguitato, né bersaglio dei calci dei difensori avversari» (Neymar, attaccante brasiliano del Barcellona).
SOSTANZA «Per il momento l’Inter ha puntato tutto sulla fisicità, l’esperienza, la malizia. Ma è costruita con dei mediani come Melo, Medel, Kondogbia, e fa il calcio che deve fare, di sostanza. L’anno scorso ha sofferto in fase difensiva e ha cercato di rimediare: ci sta. Finora ha risolto molte partite col talento di quelli davanti» (Alberto Zaccheroni, allenatore del Pechino Guoan).
TURCO «Aiuto! Non capisco nulla, studiare il turco è veramente difficile. Mi servo delle app per memorizzare i vocaboli per sopravvivere e parlare attraverso gli infiniti e i verbi non declinati: il minimo sindacale. Aggiungerei che non conoscere la lingua mi aiuta a non avere rapporti con la stampa: non capisco, quindi non leggo nulla. Meno male…» (Gigi Datome, giocatore di basket, da questa stagione al Fenerbahçe).
VECCHIO «Io ho fiducia in me stesso. Non è qualcosa che svanisce così in fretta. So che voi la vedete in modo diverso, perché pensate che io sia vecchio. Non è un problema per me» (Roger Federer, tennista, dopo aver perso in semifinale all’Australian Open contro Nole Djokovic).
LEOPARDO «Sono romagnolo, sono cresciuto nel mito di Pantani: non potevo non appassionarmi al ciclismo. Ero molto legato a Marco. Avevamo creato la Loggia del Leopardo, una combriccola di amici che indossava un cravattino leopardato come segno distintivo. Marco l’ha fatto alla partenza di Cesenatico nel ‘99 e tutti gli chiedevano il motivo. Ci faceva rimorchiare un sacco...» (Marco Melandri, pilota di motociclismo).