Antonella Scott, Il Sole 24 Ore 29/1/2016, 29 gennaio 2016
PUTIN E I SAUDITI IN GARA A CHI CEDE PER PRIMO
Abituati a sentir parlare la Russia - e la sua industria petrolifera - con una voce sola, quella dello Zar, i mercati hanno subito preso per buone le parole del ministro dell’Energia, Aleksandr Novak. Che in seguito a una riunione con le grandi compagnie petrolifere del Paese, avvenuta mercoledì a Mosca, ha confermato indiscrezioni che si rincorrevano ormai da qualche giorno: la disponibilità russa a discutere con i Paesi Opec - Arabia Saudita in testa - una riduzione concordata della produzione di petrolio, nel tentativo di riequilibrare il mercato e risollevare i prezzi. Riflettendo le pressioni e gli auspici dei petrolieri russi, Novak ha precisato che per ciascun Paese i tagli potrebbero arrivare fino al 5 per cento.
È davvero questa la volontà del Cremlino? L’apertura nei confronti dell’Opec costituirebbe una vera svolta per Mosca, che non ha mai voluto coordinarsi e tantomeno entrare a far parte del cartello dei produttori di petrolio in modo da salvaguardare la propria indipendenza, concentrata a non rischiare di perdere quote di mercato di fronte ai grandi rivali del Golfo.
Ogni volta che i russi hanno accettato di ridurre la produzione di petrolio, per compenso aumentavano le esportazioni. E ora, nella grande partita tra i primi due produttori al mondo, entrambi in difficoltà per questa insistenza del barile a buon mercato, sauditi e russi sembrano decisi ad attendere chi dei due “abbassa gli occhi” per primo, mostrandosi disponibile a tagliare. In attesa che Vladimir Putin si pronunci, le parole di Novak potrebbero essere state un’esca per forzare la mano a Riad, e indurla ad agire per rialzare i prezzi.
Come hanno fatto notare all’agenzia Reuters alcuni tra i partecipanti alla riunione con il ministro Novak, il primo tra loro era assente. A rappresentare la principale compagnia russa, Rosneft, c’era il suo chief financial officer, Svjatoslav Slavinskij, e non Igor Sechin, forse l’oligarca più vicino al presidente russo. «Senza di lui - è stato detto alla Reuters - nessun accordo è possibile. Si potrebbe illustrare il dibattito che abbiamo avuto in questo modo: andiamo avanti altri due anni con i prezzi a 35 dollari al barile senza far niente, oppure facciamo qualcosa per riportare i prezzi a 50? Abbiamo deciso che è meglio parlare con i sauditi».
Ma Sechin, famoso per le parole poco lusinghiere nei confronti dell’Opec, è sempre stato contrario all’idea di concordare tagli con il cartello. «Un’alleanza che non si addice a una superpotenza», è il suo pensiero, secondo una fonte sempre citata da Reuters. Ma c’è anche chi fa notare che molti dei giacimenti della Siberia occidentale - roccaforte di Rosneft - si stanno esaurendo, e altri hanno bisogno di investimenti per rilanciare la produzione. Concordare i tagli con l’Opec potrebbe essere per Mosca un modo per “mascherare” un declino già in atto.