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 2016  gennaio 28 Giovedì calendario

Notizie tratte da: Donatella Di Cesare, Heidegger & sons. Eredità e futuro di un filosofo, Bollati Boringhieri, Torino, 2015, pp

Notizie tratte da: Donatella Di Cesare, Heidegger & sons. Eredità e futuro di un filosofo, Bollati Boringhieri, Torino, 2015, pp. 150, euro 13

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Heidegger che non varcò mai l’oceano era il filosofo del movimento refrattario al movimento. Curioso che quando Gadamer, suo allievo, nel 1968 si imbarcò sulla Queen Elizabeth «scrisse al maestro quasi per giustificarsi di quella traversata».

Martin Heidegger avrebbe tanto voluto traslocare su una stella: «Nur auf einen Stern zugehen, und sonst nichts».

«La parola tedesca per l’appartenenza proviene da Heidegger ed è Zugehörigkeit – all’interno risuona Hören che significa “ascoltare”».

«Nella Berlino di fine Settecento, che concedeva agli ebrei cittadinanza, Rahel [Varnhagen, ndr], la “piccola Levin”», sulla cui vita Hannah Arendt scrisse un libro, «sapendo di non poter contare su una bellezza erotica, aveva puntato sulla sua straordinaria capacità di ascoltare, e nel 1790 aveva inaugurato il primo “salotto” nella sua mansarda. I nomi della Berlino colta non tardarono a bussare alla sua porta».

Hanna Arendt, l’allieva per eccellenza di Heidegger, scrive: «nessuno sa tenere una lezione come sai farlo tu, e neppure prima di te nessuno è stato capace di farlo». [lettera a Heidegger del 26 luglio 1974]

In Germania le società intitolate a un filosofo sono molto diffuse, ce n’è una per Kant, una per Hegel, una per Schelling, una per Wittgenstein, e via a seguire. Ma nel 2011 quella più estesa al mondo, con migliaia di iscritti dai cinque continenti, è proprio la Heidegger-Gesellschaft.

Il linguaggio del filosofo è stato ‘rappato’ da Thomas Pigor. Il suo brano dal titolo Heidegger ritma così: «Vi heideggero indietro verso l’inizio, verso la domanda sul senso, sul senso del senso, sul senso dell’essere…». Il ritornello poi fa: «Hannah, Hannah», colei che con Heidegger, si sa, formò la coppia più celebre del Novecento.

La Hütte, la baita dove Heiddeger soleva ritirarsi, «appare isolata, su un pendio scosceso; intorno svettano abeti antichi. Interrompe quell’austerità un fontanile ricavato dal tronco di un albero; il getto d’acqua sgorga da una colonna di legno sormontata da un dado a forma di stella. È lo Sternwürfel, il “dado stellato” che domina nella poesia di Paul Celan Todtnauberg». Ha scritto Heiddeger: «Quando, nel profondo della notte invernale, una violenta tempesta di neve avvolge la baita, copre e vela tutto, allora è il tempo della filosofia». [Paul Celan, poeta di origine ebraica che campò al nazismo ma in seguito, per l’ orrore che ne maturò, si suicidò.]

Heidegger scrive che la filosofia è Heimweh, «nostalgia», e un «impulso a essere ovunque a casa».

Thomas Bernhard, forte dell’avversione verso il filosofo tedesco, nella commedia Alte Meister ironizza: «Heidegger, sulle cui orme si sono mosse le generazioni della guerra e del dopo guerra, […] me lo vedo sempre seduto sulla panchina davanti a casa sua nella Foresta Nera».

Bernhard definisce Heidegger Frauenphilosoph: il «filosofo delle donne».

Emmanuel Levinas, il filosofo francese di origini ebreo-lituane autore di Être Juif, tra i primi allievi e tra i primi critici di Heidegger in un’intervista degli anni Novanta confessa: «Penso a Heidegger mio malgrado».

Heidegger «a lezione era solito ammonire: Hier wird nicht geheideggert! – “Qui non si heideggereggia!”».

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Il padre di Heidegger era capace di stare in silenzio per ore e ore. A perturbare la loquela del fratello Fritz, invece, ci pensò la balbuzie. Fu nel severo e rigoroso collegio cattolico, il Konradius, che per il giovane «un difetto, prima appena percettibile, diventò una balbuzie incontrollata».

Negli stessi giorni in cui esce Essere e tempo muore Johanna Heidegger, è il 3 maggio 1927. Il filosofo depone una copia del libro appena stampato sul letto di morte della madre.

Heidegger muore all’età di 87 anni nella notte tra il 25 e il 26 maggio 1976. «Credendolo soltanto svenuto», ricorda la nipote Gertrud, «la nonna mi chiamò, ma io mi resi conto che era morto e tentai di consolarla».

Sulla pietra tombale di Martin Heidegger c’è una stella e non la consueta croce.

Elfride affida alla nipote una chiave che apre una cassa che contiene un carteggio, quello che rivelerà un Heidegger «inedito, tumultuosamente disperso in un vortice di amanti, travolto in un turbinio di passioni». «Sul momento non compresi il valore di quel lascito», scrisse Gertrud, «mi resi conto soltanto della fiducia illimitata che lei riponeva in me come nipote e come donna».

Heidegger era solito appellare la moglie Seelchen, anima.
«Non c’è animo che possa far fronte alla presenza dell’altro che d’un tratto irrompe nella nostra vita. Un destino umano si dà a un altro destino umano, e il servizio dell’amore puro è mantenere desto questo darsi come il primo giorno». [Hannah Arendt]

Hermann Heidegger nel giorno del 112° anniversario della nascita di Elfride, il 3 luglio 2005, rivela quanto segue: «Nato nel 1920, figlio legittimo di Martin e Elfride Heidegger, a soli quattordici anni venni informato da mia madre che il mio padre naturale era il dott. Friedel Caesar, suo amico di gioventù e padrino, morto nel 1946».

Quando Heidegger parla di Vertrauen, fiducia, intende «la forza di dire di sì a ciò che è celato e a ciò che, nella sua velatezza, lasciamo indiscusso», e aggiunge: «Questo è stato allora il mio sì ¬– quando mi hai detto di Hermann [il figlio non suo, ndr]». La stessa fiducia che il filosofo decenni più tardi, considerata la sua «vita affettiva multiforme», reclamerà per sé.

«L’amore – osserva Heidegger – trasforma la gratitudine nella fedeltà verso noi stessi e nella fiducia incondizionata verso l’altro».

Il 13 novembre 1954 Heidegger scrive alla moglie: «la mia natura è più scissa della tua; e non ho argomenti per dimostrarti che non posso fare a meno di vivere nell’éros, affinché quel che è in me creativo, e che avverto ancora irrisolto e ultimo, abbia almeno una forma preliminare e incompleta».

Elfride è una moglie esausta quando dopo oltre quarant’anni, il 28 giugno 1956, tuona: «So bene della tua impresa, del fuoco di cui hai bisogno, e anche questa volta mi sono sforzata di vedere ciò che ti rende felice e lei come la dispensatrice. Ma continua a riempirmi di disperazione che tutto debba essere legato non solo alla “menzogna” – ma all’abuso più crudele della mia fiducia […]. Tu dici e scrivi sempre che sei legato a me – ma qual è questo legame? Non è amore, non è fiducia, nelle altre cerchi la “terra natìa” [Heimat] – ah Martin – come mi sento dentro – e questa gelida solitudine».

«Per essere eredi occorre saper attraversare tutto il lutto per la propria radicale mancanza». [M. Cacciari]

Herman Heidegger già dal 2007, in un paio di interviste, accennò agli Schwarze Hefte, i Quaderni neri. «Secondo il dettato del padre, avrebbero dovuto essere pubblicati al termine dell’opera completa della Gesamtausgabe».

I Quaderni neri sono rilegati di tela cerata corvina.

«Sarebbe necessario che un giorno», scrive Heidegger nei Quaderni neri, «si riflettesse, almeno una volta, sul mio anti-cristianesimo. […] Non sono cristiano, semplicemente perché non posso esserlo. E non posso esserlo perché, cristianamente parlando, non ho la grazia».

«Heidegger, […] annota nei quaderni gli avvenimenti storici, quasi si trattasse a volte del commento a una notizia recente o a un articolo giornalistico».

Heidegger nei Quaderni neri: «Si saccheggiano i miei scritti senza neppure rifletterci».

«I quaderni politicamente più rilevanti sono quelli scritti tra il 1939 e il 1948 – cioè i volumi 96 e 97 della Gesamtausgabe». Più di venti i riferimenti che, nel volume 97 dei Quaderni neri, Heidegger dedica a Sein und Zeit: «Il solo pensiero della mia vita che mi resta fedele «è “essere e tempo”».

Hermann Heidegger fece pubblicare un appello per recuperare i due quaderni che mancavano all’archivio di Marbach, quello del 1931/32 e quello del 1945. Sul sito dell’editore, www.klostermann.de, si pregava chiunque li avesse di restituirli. Si scoprì poi che a custodire quello del 1945 era Silvio Vietta, il figlio di Dorothea Vietta, l’«amata» di Heidegger. Si sa che il filosofo chiese che le sue lettere fossero seppellite con lei: «Appartengono solo a Dorothea».

Hermann Heidegger definisce «”osservazioni marginali” i passi antisemiti contenuti nei Quaderni neri».

Molti hanno fantasticato su cosa Jacques Derrida, filosofo francese morto nel 2004, avrebbe potuto pensare dei Quaderni neri. Probabilmente avrebbe detto: «capita spesso, che dopo aver parlato “per lui”, io parli “contro di lui”, nello stesso libro, e senza immaginare che sia proibito! E che si debba scegliere: essere “pro” o essere “contro”».

«Non ho letto i Quaderni neri», scrive Jünger Habermas in una mail indirizzata a Donatella Di Cesare. «Sebbene all’inizio sia stato un filosofo significativo, a partire dal 1932/33 Heidegger è stato un nazista del tutto triviale [ein ganz tivialer Nazi] che, dopo il 1945, non ha preso le distanze, neppure con una frase, né in pubblico, né in particolare di fronte ai suoi studenti, da un errore politico che ha avuto conseguenze inusitate. Perciò considero un errore filosofico (!) il tentativo di interpretare metafisicamente il suo antisemitismo e attraverso una sublimazione [Sublimierung] sottrarsi così ai nostri molto usuali confronti politici e morali. Fra l’altro sono convinto che in questo Gadamer darebbe ragione a me». [15 gennaio 2015]

Fritz per decenni ricopiò i manoscritti del fratello Martin, l’unico di cui si fidava. Intervenne su decine di migliaia di pagine «per correggere il testo, per renderlo più leggibile, dove era ingarbugliato, ma anche per annotare al margine le sue osservazioni – come nei Quaderni neri o nei Contributi alla filosofia».

Fritz al fratello Martin disse: «Gli americani avranno già da tempo installato un gigantesco supermercato sulla luna, prima che tu verrai capito – nella faticosa beatitudine [Müh-Seligkeit] del pensiero – e prima che tu stesso vorrai davvero essere capito».

Degli americani Heidegger diceva: «prendono lo stato di nullità come promessa per il futuro, dato che riducono tutto a nulla nella parvenza della “felicità” di tutti. Nell’americanismo il nichilismo raggiunge il suo culmine […]. Non prima del 2300, all’incirca, potrà esserci di nuovo Storia. Allora l’americanismo si sarà esaurito nel tedio del suo vuoto. Fino a quel momento l’uomo continuerà a compiere insospettati pro-gressi del nulla, senza riconoscere lo spazio di questa sua corsa, e cioè senza superarlo».

«Heidegger, a partire dall’inverno del 1938, cominciò a temere per la sua opera, portò tutti gli inediti a Meßkirch in due grandi scatole di metallo. La sera, terminato il lavoro in banca, dove era impiegato, Fritz ricopiava tutto con la macchina da scrivere. Quando terminò, una parte dei manoscritti fu depositata in una cassa di sicurezza della banca. Dopo il bombardamento aereo del 22 febbraio 1945, fu lo stesso Heidegger a recuperare i manoscritti dall’edificio distrutto. Dato che era ossessionato dalla possibilità che, per via della guerra, la sua opera andasse perduta, già nel settembre del 1944 aveva sepolto, con l’aiuto del fratello e del nipote, tutti i manoscritti degli inediti sotto la torre della chiesa di Bietingen. Da lì, dopo il 1945, furono portati a Friburgo e poi consegnati all’archivio di Marbach».

È un Heidegger innamorato quello che «gira per le vie di Heidelberg, dove Arendt si è trasferita, nella speranza di imbattersi in lei improvvisamente». «Hannah, che spezza l’ordo amoris del filosofo, che irrompe con i suoi occhi neri e malinconici, il suo impermeabile sgualcito, le sue richieste precise».

«La situazione precipita nell’inverno del 1933. Girano voci sull’“antisemitismo militante” di Heidegger. Allarmata, Arendt chiede spiegazioni. Lui risponde “calunnie”. La parola Jude, ebreo, compare, però, per la prima volta nella corrispondenza – che si interrompe».

Quattro parole chiave, a partire dai Quaderni neri, entrano nel lessico del filosofo tedesco: «Jude, das Jüdische, Judentum, Judenschaft [Ebreo, ciò che è ebraico, ebraismo, ebraicità o comunità degli ebrei]».

Heidegger definisce l’Ebreo weltlos, ovvero privo di mondo.

«L’Ebreo è letteralmente la pietra d’inciampo che Heidegger incontra sul suo cammino lungo la storia dell’Essere».

«Gli ebrei», scrive Heidegger, «grazie al loro talento espressamente calcolante, “vivono” già, più a lungo di tutti, in conformità al principio della razza».

Nel Mein Kampf Hitler scriveva: «la dottrina religiosa ebraica è in primo luogo un metodo di mantenere puro il sangue dell’ebraismo».

«V. mi raccontava oggi che Heidegger, quando si aspettava di essere epurato come hitleriano, gli aveva mostrato un mucchio di manoscritti dicendogli: “Se i tedeschi mi fanno questa ingiuria, brucerò tutta la mia opera inedita!” che è, pare, la più interessante» [M. Eliade]

La filosofa Hannah Arendt, di origini ebraiche, «durante e dopo la guerra continua a leggere gli scritti di Heidegger. In privato e in pubblico prende posizione contro di lui: lo definisce un “potenziale assassino” e dichiara che la sua filosofia non va presa sul serio». [Lettera di Arendt a Jaspers del 9 luglio 1946]

«Cinque lustri / un tempo lungo, assai lungo, / il tempo che ci ha nascosti / nella sua confusione / l’uno all’altro/ ti ha ingiunto di andar via / mi ha lasciato errare». [Martin Heidegger per Hannah Arendt cinque poesie]

Nel 1960 Hannah Arendt scrive a Heiddeger: «Noterai che il libro [Vita activa, ndr] non reca nessuna dedica. Se le cose, fra noi, fossero andate per il verso giusto, ti avrei chiesto di potertelo dedicare; […] ti deve quasi tutto». In realtà, «Heidegger non vide mai la dedica in versi che Arendt aveva appuntato su un foglietto, ritrovato nel suo lascito, insieme alla lettera: Re Vita activa: la dedica di questo libro è stata tralasciata. Come avrei potuto dedicarlo a te, il fidato, a cui ho serbato, e non serbato fedeltà, sempre nell’amore».

Per il massmediologo Gernot Böhme ciò che ci interessa «non è tanto il contenuto dei Quaderni, quanto la strategia della loro pubblicazione». Heidegger ha dimostrato «di possedere uno spiccato senso per la comunicazione pubblica e l’uso dei media».

Il motto «borghese-accademico “penso, dunque sono” lascia il posto a […] “muoio, ma non subito, e farò qualcosa di memorabile nel tempo che mi resta». [J. Sloterdijk]

Il cognome del filosofo Heidegger è «Heid-egger – uno che giunge in una terra incolta, in una landa, e la erpica». Composto da «Heide, al maschile “pagano”, al femminile “landa”, [e, ndr] dall’altro suo verbo Eggen, “erpicare”, cioè coprire, dopo l’aratura i semi interrati, per proteggerli».

Heidegger scrive: «La “pubblicità” è ciò che vi è di più fragwürding [equivoco, ndr] nell’ambito della “società attuale”». [lettera a Kästner del 26 ottobre 1966]
I tratti distintivi della pubblicità: «piattezza planetaria dell’opinare, del discorrere, dello scrivere». [M. Heidegger]
«Nella dittatura della totalità, dove gli opinion maker sono sportivi e cantanti, non c’è posto, né soprattutto tempo, per il pensiero. Il “letterato” della pubblicità fa credere al suo pubblico di aver a lungo riflettuto su quel che scrive, in modo che, leggendo i suoi articoli, il pubblico si convinca di “pensare”; ma il letterato, a ben guardare, non ha fatto altro che utilizzare il “pre-pensato” della pubblicità, in un circolo che si reitera consolidandosi». [M. Heidegger]

«Il giornalismo assoluto anestetizza la paura del pensare, assurta oggi a stile». [M. Heidegger]

I giornalisti «sono degli sbirri della pubblicità e come sbirri sono i funzionari del potere». Inoltre, «il giornalismo è un fenomeno essenziale di quest’epoca di notte del mondo». [M. Heidegger]

«La politica – scrive Heidegger – non ha più nulla a che fare con la pólis».

«Il bolscevismo, chiamato anche “giudeobolscevismo”, è per Heidegger la realizzazione ebraica del comunismo, è un messianismo secolarizzato».

«I “sovvertimenti” sono forme apparenti di “radicalismo”». Per Heidegger «tutto ciò che è “rivoluzionario” è necessariamente ancora (come mero rivolgimento) troppo “conservatore”».

«Ogni “rivoluzione” non è mai abbastanza “rivoluzionaria”». [M. Heidegger]

«L’odio incontenibile è un modo per non separarsi mai, e per essere, anzi, sempre vincolati». [M. Recalcati]

«‘Comprendere’, come dice Primo Levi, non vuol dire giustificare».

«Agostino ha detto una volta: amo significa volo ut sis: ti amo – voglio che tu sia, ciò che sei».

«Ogni cupa svolta del mondo ha tali diseredati, cui non appartiene il passato né ancora il futuro prossimo». [R. M. Rilke]

«Heidegger fu insomma una sfida per tutti noi». [H.-G. Gadamer]