VARIE 26/1/2016, 26 gennaio 2016
APPUNTI PER GAZZETTA - ROUHANI A ROMA
REPUBBLIA.IT
ROMA - "Preghi per me". La frase fa il tour delle prime pagine internazionali al termine dell’incontro tra papa Francesco e il presidente della Repubblica islamica d’Iran, Hassan Rouhani. A pronunciarla non è il Pontefice argentino, il cui invito a "pregare per me" è ormai familiare alle folle dei fedeli che lo hanno ascoltato in San Pietro e nel mondo. Questa volta è il suo ospite, leader del Paese islamico di fede sciita più grande del mondo, a rivolgergli la richiesta dopo un’udienza privata che Rouhani ha fatto precedere da un’altra importante dichiarazione. Scandita davanti agli imprenditori riuniti per il business forum Italia-Iran: "Il Corano invita i musulmani a proteggere per prima le chiese e le sinagoghe: questo significa tolleranza". "Spero nella pace", la prima frase attribuita invece a Francesco, dopo 40 minuti di colloquio riservato durante il quale, si apprende, il Papa ha invitato l’Iran a "promuovere soluzioni politiche per il Medio Oriente".
Vaticano, Rouhani incontra papa Francesco: "Preghi per me"
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Rohani, che si è intrattenuto anche con il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, accompagnato dal segretario per i Rapporti con gli Stati, monsignor Paul Gallagher, ha donato al Papa un tappeto persiano realizzato a mano nella città santa di Qom e un grande volume di miniature. Francesco ha ricambiato con una medaglia raffigurante San Martino. "Si toglie il cappotto per coprire un povero, un segno di fratellanza gratuita" ha spiegato al suo ospite, a cui ha offerto anche due copie dell’Enciclica Laudato si’ sulla protezione del Creato, in inglese e in arabo non esistendo una versione in Farsi. Congedandosi, il presidente iraniano ha chiesto al Papa "di pregare per me", aggiungendo: la visita in Vaticano "mi ha fatto un vero piacere" e "le auguro buon lavoro".
Vaticano: i doni del Papa a Rouhani
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Un bollettino diffuso in seguito dalla Santa Sede ha spiegato che durante l’udienza si è affrontato il tema dell’applicazione dell’accordo sul nucleare e "si è rilevato l’importante ruolo che l’Iran è chiamato a svolgere, insieme ad altri Paesi della Regione, per promuovere adeguate soluzioni politiche alle problematiche che affliggono il Medio Oriente, contrastando la diffusione del terrorismo e il traffico di armi. Al riguardo, è stata ricordata l’importanza del dialogo interreligioso e la responsabilità delle comunità religiose nella promozione della riconciliazione, della tolleranza e della pace". Evidenziati anche "i valori spirituali comuni" e il "buono stato dei rapporti tra Santa Sede e Repubblica Islamica dell’Iran", della "vita della Chiesa nel Paese" e "l’azione della Santa Sede in favore della promozione della dignità della persona umana e della libertà religiosa".
Vaticano: l’arrivo del presidente iraniano Rouhani
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Per il momento più atteso della seconda giornata del suo viaggio in Italia (ieri presidente iraniano ha incontrato al Quirinale il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e, in serata al Campidoglio, il presidente del Consiglio Matteo Renzi), Rouhani è arrivato in Vaticano con un seguito di 12 persone tra cui il ministro degli Esteri, l’ambasciatore e il vice ambasciatore dell’Iran presso la Santa Sede. Tutti uomini, unica presenza femminile una traduttrice. Dopo il passaggio al business forum, il corteo della delegazione iraniana, composto di una ventina di automobili scortate da moto e auto della polizia, si è portato presso la Santa Sede protetto da imponenti misure di sicurezza. Forze di polizia dispiegate nell’area adiacente al colonnato di piazza San Pietro e lungo tutta via della Conciliazione, completamente chiusa al traffico prima dell’arrivo di Rouhani, il secondo presidente iraniano a varcare il portone di Bronzo dopo Mohammad Khatami, che nel 1999, durante la sua visita in Italia, fu ricevuto in udienza da Giovanni Paolo II.
Terrorismo, Rouhani: "Per combatterlo servono sviluppo economico e culturale"
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"La chiesa, la sinagoga e la moschea devono stare una accanto all’altra. Anzi, dobbiamo preservare prima la chiesa, poi la sinagoga, poi la moschea. Questa è la cultura della tolleranza che ci insegna il Corano". La dichiarazione di Rouhani, chiarimento di sacre disposizioni coraniche troppo spesso strumentalizzate dal terrorismo e dure soprattutto con l’apostasia, non ha solo il valore di una apertura al dialogo con l’Occidente dopo gli anni dell’isolamento del regime di Teheran. E’ anche una risposta all’irritazione espressa dal rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, per le attenzioni riservate alla visita di Rouhani, che rischia di oscurare la Shoah (domani, 27 gennaio, la Giornata della memoria, ndr) "con la celebrazione dei negazionisti". Ma la negazione dell’Olocausto, è giusto ricordarlo, fu operazione tessuta dal predecessore di Rouhani, Mahmud Ahmadinejad, laico e conservatore. Rouhani, sin dal suo insediamento, ha lavorato per cambiare la percezione del suo Paese nella comunità internazionale, avendo come primo obiettivo quello di arrivare alla cancellazione delle sanzioni internazionali imposte all’Iran per il suo programma nucleare. Obiettivo raggiunto con lo storico accordo di Vienna del luglio scorso.
Altro obiettivo di Rouhani è rilanciare gli scambi commerciali e favorire gli investimenti esteri in Iran. Su Twitter, Rouhani ha annunciato che prossimamente Renzi ricambierà la visita recandosi in Iran per "dare impulso ai legami economici" tra i due Paesi. Al business forum, il presidente iraniano ha ricordato ancora le sanzioni: "Non servono a nulla, non portano da nessuna parte. L’Iran è il Paese più sicuro e stabile della regione. L’Iran non attaccherà nessun Paese e non entrerà nelle decisioni di alti Paesi. L’Iran si difende con forza, ha regolamenti affidabili e non mancherà ai propri impegni nei confronti di altri paesi, sia a livello pubblico che privato. Perché abbiamo sempre rispettato i nostri impegni internazionali. Siamo un popolo di grande cultura e civiltà, come gli italiani".
"Le condizioni interne al mio Paese, oltre alla sicurezza, sono davvero eccezionali - ha sottolineato ancora Rouhani -. Non serve spiegare che dopo anni di sanzioni ha potenzialità che devono realizzarsi. Oggi ci sono spazi vuoti da riempire in una economia decisamente emergente. L’Italia per noi ha un’importanza particolare, anche per la storica collaborazione. Gli iraniani conoscono la vostra cultura e le vostre imprese, e si fidano dell’Italia. La nostra economia è volta ad aumentare la forza occupazionale, da qui viene tutta l’importanza che vogliamo dare alle piccole e medie imprese e in questo ambito l’Italia ha davvero molto da dire".
All’invito di Rouhani ha risposto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. "Tantissime imprese italiane sono desiderose e pronte ad andare in Iran, anche il mio gruppo si sta preparando", ha dichiarato il numero uno degli industriali italiani, ricordando che il giro d’affari complessivo con l’Iran prima delle sanzioni toccava i 7 miliardi di export. "Un primissimo obiettivo è tornare a queste cifre - ha auspicato Squinzi - e penso che si possa andare avanti. L’Iran è un Paese affidabile con cui dobbiamo intensificare le relazioni anche per renderlo più aperto. L’Italia ha buone chance perché ha un rapporto storico e amichevole con Teheran". Un rapporto che, intensificato, secondo Squinzi potrebbe "dare una mano anche ai diritti umani".
CONTRATTI
MILANO - Il ritorno dell’Iran sulla scena internazionale, dopo la fine dei nove anni di sanzioni verso Teheran, è tra gli elementi alla base del calo del greggio: la ferma volontà persiana di recuperare una posizione centrale sulla scacchiera del petrolio alimenta il rischio di sovra-abbondanza dell’offerta di oro nero. Ma per l’Italia la distensione internazionale apre anche importanti prospettive economiche. Lo stop alle sanzioni potrebbe valere 3 miliardi di euro per le esportazioni italiane nel quadriennio 2015-2018, secondo quanto dettaglia la Sace in un report: "Se l’export italiano riuscisse a riproporre una crescita simile a quella osservata nel periodo pre-sanzioni (2000-2005), si raggiungerebbe infatti un livello di esportazioni superiore a 2,5 miliardi di euro nel 2018, tornando a un livello appena superiore al picco raggiunto nel 2005". Il Belpaese, nonostante il contraccolpo per l’embargo, è ancora il nono partner di Teheran. La meccanica è il settore trainante della presenza tricolore in Iran, con più della metà dell’export complessivo. I settori verso i quali si possono dirigere gli sforzi sono in primo luogo il petrolifero, ma anche l’automotive: l’Iran ha un mercato da 1,5 milioni di immatricolazioni, atteso in risalita sopra i 2 milioni. Attesi sviluppi per l’industria degli aerei: Teheran deve svecchiare la flotta e ha promesso l’acquisto di 400 velivoli. Hanno confermato ordini importanti, in concomitanza con la visita del presidente Hassan Rohuani, il gruppo Gavio, Danieli (5,7 miliardi di euro), Condotte d’acqua (4 miliardi) e la Pessina Costruzioni (cinque ospedali).