VARIE 25/1/2016, 25 gennaio 2016
APPUNTI PER GAZZETTA - LA COMMISSIONE UE CI BACCHETTA SUL DEBITO PUBBLICO
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MILANO - Le Finanze pubbliche italiane non rischiano una particolare pressione nel breve termine, ma in un arco di tempo un po’ più lungo il debito resta il grande fardello da affrontare. Lo scrive la Commissione europea nel rapporto sulla sostenibilità dei conti pubblici. Per l’Italia "nel complesso, non sembrano esserci rischi a breve termine di stress di bilancio", ma "la quota di non performing loans (le sofferenze, ndr) nel settore bancario potrebbe rappresentare una fonte importante di rischi di passività a breve termine", aggiunge Bruxelles. Oltre ai cosiddetti Npl (NON PERFORMING LOANS), altre variabili da mantenere sotto controllo sono le solite note: il debito lordo e netto e le necessità di rifinanziamento "indicano possibili sfide a breve termine".
Non si è fatta attendere la risposta italiana. Il rapporto sulla sostenibilità della Commissione europea "conferma ancora una volta che i conti pubblici italiani non presentano rischi nel breve termine e sono in assoluto i più sostenibili di tutti nel lungo termine", sostengono fonti del Ministero dell’Economia e delle Finanze. "Il pesante debito pubblico rende il paese più esposto in caso di shock esterni, per questo l’indicatore S1 ci classifica ad alto rischio", precisa via XX Settembre, "e per questo motivo il Governo ha programmato il debito in discesa nel 2016 per la prima volta dopo 8 anni consecutivi di incremento".
Il debito. Il capitolo del rapporto dedicato all’Italia segnala che il debito pubblico dovrebbe toccare l’apice nel 2015 al 133% del Pil, per poi calare al 130% nel 2017. Nonostante la diminuzione attesa, il debito resta la "principale fonte di vulnerabilità dell’economia italiana", visto che "limita la capacità del Paese a rispondere agli shock economici e lo lascia esposto al rialzo dei tassi d’interesse dei titoli di Stato, mentre la capacità di incrementare gli investimenti pubblici è limitata dal conto degli interessi, al 4,3% del Pil nel 2015". Possibili shock economici possono poi mettere a repentaglio il percorso di rientro del debito e gli economisti comunitari vedono l’11% di possibilità che il debito del 2020 sia ancora superiore a quello del 2015.
Il deficit e le sofferenze. Indebitarsi sul mercato, per il Tesoro, nonostante l’alto livello di stock pregresso, non è un problema significativo. Non preoccupa neppure Bruxelles, viste le caratteristiche di durata dei titoli di Stato e la ripartizione dei creditori tra domestici ed esteri. La Commissione riflette anche su quale sarebbe l’avanzo primario di bilancio (il surplus al netto della spesa per interessi) da mantenere per far scendere in fretta il debito: "Il debito italiano scenderebbe in modo più sostanziale" che nelle previsioni attuali "sino a quasi il 100% del Pil nel 2026", solo con un avanzo primario "significativamente più alto" di 1,3 punti rispetto alla previsione del 2,5% per il 2017, e precisamente pari "al 3,8% del Pil tra il 2017 e il 2026".
Quanto alle banche, proprio le sofferenze sono viste come un fattore di tensione nel breve periodo. Sofferenze circa le quali - da tempo - va avanti la trattativa Roma-Bruxelles per arrivare a una sistemazione, giunta in queste ore alla stretta finale.
Le pensioni. Bruxelles riconosce i grandi sacrifici chiesti agli italiani per mettere in sicurezza il sistema previdenziale. "Non ci sembrano essere rischidi sostenibilità" dei conti pubblici "nel lungo periodo, supponendo la piena attuazione delle riforme pensionistiche adottate in passato e a condizione del mantenimento della bilancia strutturale primaria al livello previsto dalla Commissione per il 2017 (2,5% del Pil) ben oltre quell’anno".
Gli altri Paesi. Il debito italiano non è certo l’unico elemento di "alto rischio" nell’ambito della Ue. Sono infatti undici le economie degli Stati membri che la Commissione ritiene siano di fronte a "rischi potenziali per la sostenibilità
delle finanze pubbliche elevati nel medio termine" (da qui a dieci anni). Oltre all’Italia si tratta di Belgio, Spagna, Francia, Croazia, Portogallo, Romania, Slovenia, Finlandia, Irlanda e Regno Unito. Grecia e Cipro, sotto piano di salvataggio, sfuggono all’analisi.
IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO
[Esplora il significato del termine: Continua a crescere il debito pubblico, che a ottobre è aumentato di 19,8 miliardi, salendo a 2.211,8 miliardi, sfiorando il record storico di 2.218,2 miliardi registrato a maggio scorso. Lo comunica Bankitalia nel Supplemento «Finanza pubblica, fabbisogno e debito». Nei primi dieci mesi dell’anno, il debito pubblico è aumentato di 75,9 miliardi. L’incremento del debito - spiega Bankitalia - è stato determinato dall’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (17,7 miliardi; 81,7 miliardi a ottobre del 2015; 69,4 nel corrispondente periodo del 2014) e dal fabbisogno del mese (2,1 miliardi). Con riferimento ai sottosettori, l’incremento del debito delle Amministrazioni pubbliche riflette sostanzialmente quello del debito delle Amministrazioni centrali (20,6 miliardi); il debito delle Amministrazioni locali diminuisce di 0,8 miliardi. Nei primi dieci mesi dell’anno, il debito delle Amministrazioni pubbliche è aumentato di 75,9 miliardi. L’incremento riflette il fabbisogno cumulato, pari a 45,3 miliardi, e l’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (35,3 miliardi); l’effetto complessivo della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione, del cambio dell’euro e degli scarti ha ridotto il debito per 4,7 miliardi. 15 dicembre 2015 (modifica il 23 dicembre 2015 | 11:36) © RIPRODUZIONE RISERVATA ] Continua a crescere il debito pubblico, che a ottobre è aumentato di 19,8 miliardi, salendo a 2.211,8 miliardi, sfiorando il record storico di 2.218,2 miliardi registrato a maggio scorso. Lo comunica Bankitalia nel Supplemento «Finanza pubblica, fabbisogno e debito». Nei primi dieci mesi dell’anno, il debito pubblico è aumentato di 75,9 miliardi.
L’incremento del debito - spiega Bankitalia - è stato determinato dall’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (17,7 miliardi; 81,7 miliardi a ottobre del 2015; 69,4 nel corrispondente periodo del 2014) e dal fabbisogno del mese (2,1 miliardi). Con riferimento ai sottosettori, l’incremento del debito delle Amministrazioni pubbliche riflette sostanzialmente quello del debito delle Amministrazioni centrali (20,6 miliardi); il debito delle Amministrazioni locali diminuisce di 0,8 miliardi. Nei primi dieci mesi dell’anno, il debito delle Amministrazioni pubbliche è aumentato di 75,9 miliardi. L’incremento riflette il fabbisogno cumulato, pari a 45,3 miliardi, e l’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (35,3 miliardi); l’effetto complessivo della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione, del cambio dell’euro e degli scarti ha ridotto il debito per 4,7 miliardi.
15 dicembre 2015 (modifica il 23 dicembre 2015 | 11:36)
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CALANO I MUTUI
A dicembre frena la domanda di prestiti da parte delle famiglie. A rilevarlo è l’ultimo barometro Crif dal quale emerge che, dopo 14 rilevazioni mensili in crescita, lo scorso mese ha registrato un’inversione di tendenza, con una contrazione delle richieste (prestiti finalizzati, ossia destinati all’acquisto di un determinato bene, e personali) del 4,1% rispetto allo stesso periodo del 2014. La situazione appare però più rosea considerando l’intero 2015: in base all’indagine, infatti, la domanda risulta in aumento del 5,9% rispetto al 2014, tornando al segno positivo dopo sei anni di continue flessioni che sono seguite alla crisi economica del 2008. Una performance, quest’ultima, che riflette il migliorato clima di fiducia da parte dei consumatori e riporta i volumi complessivi della domanda sui livelli del 2012. Pur restando ancora evidente il gap rispetto agli anni pre-crisi.
I dati sottolineano, inoltre, come l’andamento della domanda differisca a seconda della tipologia di prestito. Considerando l’intero 2015, ad esempio, il numero delle richieste di prestiti finalizzati è cresciuto del 12,1%, mentre per quelli personali la domanda si si è contratta dell’1,5% rispetto all’anno precedente. Stesso discorso per il mese di dicembre nel quale i finanziamenti personali hanno registrato un calo del 16,6% rispetto al corrispondente periodo del 2014, a fronte invece di una crescita del 2,7% di quelli finalizzati. A spingere la performance positiva di questi ultimi sono stati in particolare il segmento auto e moto e la componente relativa all’acquisto di beni e servizi come elettrodomestici, elettronica di consumo e articoli di arredamento.
Segnali incoraggianti arrivano dall’importo medio dei finanziamenti: nel 2015, quest’ultimo si è attestato a 7.767 euro (7.007 euro nel mese di dicembre), in crescita del 4,7% rispetto al 2014, ma ancora lontano (-16,2%) dall’importo medio registrato nel 2008 quando la crisi non aveva ancora fatto sentire i suoi effetti. Scendendo più nel dettaglio, per i prestiti finalizzati lo scorso anno l’importo medio richiesto è stato pari a 4.946 euro contro i 4.636 euro del 2014 (ma -25,1% rispetto al 2008). Mentre per i prestiti personali si è assestato a 11.624 euro contro i 10.749 euro del 2014 (anche in questo caso -7% rispetto al 2008).
Sul fronte della durata, invece, anche nel 2015 la classe preferita dagli italiani è stata quella inferiore ai dodici mesi. A presentare il maggior numero di richieste sono stati inoltre gli italiani tra i 45 e i 54 anni e quelli tra i 35 e i 44 anni (rispettivamente con il 25,8% e il 24,6% del totale).
Infine, dando uno sguardo alla domanda per regione, l’Emilia Romagna è quella che nel 2015 ha registrato l’incremento più consistente (+17,6% rispetto all’anno precedente), seguita dal Friuli Venezia-Giulia (+15,1%). All’estremo opposto della graduatoria si è piazzata invece la Valle d’Aosta, con una crescita decisamente più contenuta (+1,4%).