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 2016  gennaio 24 Domenica calendario

STORIA DI PETER, SCI, FAMIGLIA E CALCIO

Peter Fill è l’uomo tranquillo, il velocista atipico. Non è uno da rischi folli: «Se non sono sicuro non tiro a tutta nemmeno in allenamento». Non dà mai l’impressione di essere a limite, con quello stile pulito e deciso. Come nella vita: ha sposato Manuela, la fidanzata di sempre che a maggio gli regalerà il secondo figlio. Ha sistemato casa. Tutti i pezzi sono andati a posto.
GULASCH Peter è tifosissimo della Juventus, gioca a tennis e si è appassionato al golf. Ha lo stesso giro di amici di quando era bambino. Insieme giocano in una squadra che si chiama Gulasch perché, dicono loro, è fatta con gli scarti. Peter è il jolly, gioca quando manca qualcuno, in tutti i ruoli meno che da portiere (l’altezza non lo aiuta). E nel 2007, da difensore tosto, fece arrabbiare Mutu per un tackle deciso in un amichevole.
RIMANDATO «Il talento senza disciplina e come un’automobile senza benzina» è il suo detto. Con lo sci non è stato colpo di fulmine, Peter ha cominciato a 3 anni. Erano in 12 allievi di Frida Senoner e Peter fu l’unico a non superare il corso di Natale, fece ripetizioni per tenere il ritmo dei compagni. Si è appassionato più tardi, quando ha cominciato a vincere le prime gare. L’esplosione è arrivata dopo il ritiro della sorella maggiore Sarah (la minore si chiama Betti), che per anni l’ha lasciato in ombra: «Batteva anche i maschi, ci rimanevo male quando tutti dicevano che era forte». Per lo sci ha lasciato la scuola dopo la terza media, si è costruito un mestiere imparando a fare il meccanico da uno zio («Se non sfondo con lo sci farò il meccanico o l’allenatore» diceva agli amici).
FAMIGLIA Il legame con la famiglia è strettissimo. Peter ama raccontare la storia del nonno, morto presto dopo la guerra. Di papà Luis che fu costretto a lasciare la scuola dopo le elementari per crescere gli altri fratelli, delle sveglie all’alba dei genitori per gestire un ingrosso di frutta e verdura. E quando papà Luis nel 2011 ha rischiato la vita per una pancreatite, Peter non la finiva più di piangere dopo aver conquistato il bronzo in combinata ai Mondiali di Garmisch: «Questa medaglia è per lui, in questi mesi sono stato più in ospedale che ad allenarmi. Spero si riprenda».
TALENTO Difficile spiegare perché Peter Fill da Castelrotto abbia raccolto, in termini di successi, molto meno di quello che il suo talento prometteva. Il cugino di Denise Karbon (le mamme sono sorelle, il papà di Denise, Arnold, è stato suo maestro e ancora oggi gli dà consigli) si annunciò con un oro in superG ai Mondiali juniores del 2002 e grazie a questo titolo partecipò alle finali di coppa del Mondo ad Altenmarkt: finì 12°, felice e dispiaciuto. Si era lasciato dietro di solo un centesimo il suo idolo, Lasse Kjus, il campione che lo metteva in soggezione e a cui non riusciva nemmeno a parlare. In camera aveva appeso la cartolina con dedica del norvegese: «Vai piano sugli sci quando sei con questo vecchio signore». E per anni è rimasto fedele alla stessa marca di sci perché era quella di Kjus .
PRECOCE E’ entrato in squadra da ragazzino, sicuro dei suoi mezzi. Spesso si è scontrato con i vecchi che scambiavano per presunzione la sua sicurezza. Peter non chiedeva consigli ai vecchi in ricognizione, sceglieva le sue linee senza confrontarsi coi compagni, faceva di testa sua. Sicurezza che non ha perso. «Era logico che prima o poi ci sarei arrivato» diceva dopo aver raccolto il miglior risultato sulla pista dietro casa, quarto nella discesa in Gardena, un mese fa. «E non dovete aver paura quando cado, sono sempre in controllo» ripeteva dopo aver perso uno sci nella discesa di Santa Caterina Valfurva. Il suo volo più spettacolare rimane il salto mortale sulla Streif nel 2013, quando vinse Paris. L’infortunio più grave gli capitò in allenamento, nell’estate 2009 in Argentina. Un gigantesco strappo muscolare al quadricipite destro, fu operato per riattaccare il tendine al pube con un gancio, perché si era staccato dall’osso. Fu una rincorsa per poter partecipare a Vancouver, senza successo: in superG finì fuori proprio in vista del traguardo.
GRANDE Ieri ha chiuso i conti con Kitz. Nel 2006 ci si mise Hermann Maier, gli finì davanti nel superG sulla Streif, per 5/100. Dieci anni dopo, alla gara numero 302 di coppa del Mondo in carriera, ha avverato il sogno di ogni discesista. «Sono diventato grande, ho una famiglia che si sta allargando. E’ tutto a posto, posso pensare solo allo sci». I conti tornano, prima o poi .