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 2016  gennaio 22 Venerdì calendario

APPLE A NAPOLI: UN PIATTO DI LENTICCHIE PER 500 MILIONI DI SCONTO FISCALE

Diciamocela tutta: in giorni in cui il crollo in borsa di Montepaschi autorizzava ogni cassandra a vaticinare i più foschi presagi – armageddon finanziari, corse agli sportelli stile Mary Poppins, eurocrati in grisaglia in picchiata su Roma come in un quadro di Magritte – questa cosa della Apple che ha deciso di insediare in Italia il suo centro di ricerca sulle app ci ha messo un po’ tutti di buon umore. La Apple. In Italia. A Napoli, poi.
E insomma, eravamo già pronti a issare il tricolore sul balcone, ad assumere la posa tipica da guascone di Rignano e per spernacchiare come nelle barzellette i francesi altezzosi, gli austeri tedeschi e l’Eurogruppo tutto. Non eravamo gli analfabeti digitali, quelli con la connessione internet più lenta di un treno regionale? Ebbene, siamo stati prescelti dall’azienda più innovativa del mondo. Tze.
Sarà il gufo che alberga in noi, ma presto lo stupore e l’orgoglio hanno ceduto il passo alla diffidenza. In effetti, siamo analfabeti digitali. E, a dire il vero, la nostra connessione internet è tra le più lente d’Europa. Allora, perché Apple ha insediato il suo centro di ricerca sulle app in Italia, a Napoli? Peraltro, questo investimento a quanto ammonterebbe? A quante persone darebbe lavoro? Non si sa.
Però si sanno altre cose. Ad esempio, che la Apple doveva al fisco italiano qualcosa come 880 milioni di euro di mancati pagamenti Ires, a causa di quella che in gergo tecnico si chiama “estero-vestizione” - vendo in Italia, fatturo in Irlanda, per i profani. Che lo scorso 30 novembre si è accordata col fisco italiano per pagarne solamente 318. E che l’Italia è l’unico Paese europeo che ha accettato un concordato fiscale con la multinazionale americana, abbandonando ogni pretesa nei suoi confronti.
A pensar male si fa peccato, certo. Ma il dubbio che quello di Apple sia stato un cadeau generosamente concesso al Paese che ha messo una pietra sopra alle furbate fiscali made in Cupertino viene. La speranza è che quel che centro di ricerca possa diventare davvero un importante vettore di sviluppo in una città che ha ne ha bisogno come l’aria e che non sia invece un “piatto di lenticchie” buono a farci titoli di giornale per un paio di giorni. Anche perché pare che alla Troika, le lenticchie, non piacciano granché.