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 2016  gennaio 22 Venerdì calendario

L’ODIO PLURALE FEMMINILE


Premessa. Tra l’andata in stampa di questo articolo e l’uscita in edicola potrebbero succedere cose che non osiamo immaginare. Tra gli attacchi di Parigi e la stesura di questo articolo siamo state testimoni di brutti litigi nella vita e sui social network, di ferocia televisiva o comunque multimediale, di picchi di ostilità-aggressività-violenza verbale e non, di cui non si pensava si fosse capaci nel mondo occidentale presunto evoluto, presunto civilizzato, presunto, poi, democratico. “Ovunque in Europa ci sono muri della mente, e diventano più alti ogni giorno”, ha scritto poco tempo fa lo storico britannico Timothy Garton Ash. Le fondamenta di quei muri, a pensarci, c’erano già.
Svolgimento. Fino a una quindicina di anni fa (va bene, fino all’11 settembre 2001; se c’è una data spartiacque, per le speranze euroamericane di vita pacificata e confortevole e risoluzione progressiva dei conflitti, è quella) si pensava che gli odi fossero in remissione. Leader mondiali discutevano di Terza Via tra capitalismo e comunismo; finirono a Firenze, mangiarono un’ottima cena cucinata da Gianfranco Vissani, l’intera faccenda sembrò più che altro una presa in giro; a rifletterci in seguito, fu un segnale di inadeguatezza nell’analisi e nella progettazione; e di leggerezza, chissà. Il fanatismo religioso sembrava potesse essere contenuto grazie al multiculturalismo delle città e dei Paesi illuminati (in gita a Parigi, turiste lettrici di Daniel Pennac giravano per la plurietnica Belleville come fosse un parco a tema). Gay e madri singole e laici convinti e i rari ginecologi italiani non obiettori non venivano trattati male, quasi sempre. Ora è un’altra storia. Oramai ognuno di noi odia apertamente qualcuno. Spesso, non ha remore a dire – a volte a giustificare – cose orribili. È una nuova frontiera delle pari opportunità: le donne che lo fanno sono attive e visibili. Ci sono alcune categorie a tutti ben note di femmine odiatrici. A volte si sovrappongono. A volte, vivaddio, no. Tra loro ci sono:

La xenofoba
In un mondo in cui sempre più si diffida del diverso da sé, si tende a socializzare con/abitare vicino ai propri simili, si coltivano spauracchi e si distorcono tragedie, la signora che fino a qualche tempo fa si sarebbe, un pochino, contenuta, esterna come un’opinionista da programma del pomeriggio affiliata al Ku Klux Klan. Se benestante e poco realizzata, ritiene di fare la propria parte nella guerra al terrore bullizzando la sua colf che viene dal Sud del mondo. La controlla, confida alle amiche i suoi sospetti su soprammobili rotti e segrete affiliazioni jihadiste. In sua assenza per ora la chiama con epiteti razzisti (la mamma della xenofoba aveva una colf calabrese e la chiamava “l’araba”; non parlava di scontro di civiltà ma di sospetta coltivazione del basilico nelle vasche da bagno calabre; sembravano pregiudizi innocui, ma una cosa tira l’altra). La xenofoba si trasforma rapidamente in una Santanché condominiale o rionale. Una Santanché con elementi da Alberta Sordi, va bene. Invoca ronde e armi da fuoco per motivi di sicurezza; raramente partecipa. Preferisce fare un gran tifo guardando i talk show.

La politicamente polarizzata
È inferocita anche quando è moderata. Ci sono, per dire, odiatrici renziane o della ex minoranza Pd. Si azzuffano sulle piattaforme digitali con salviniane e sostenitrici dei 5 Stelle, e con i maschi di simile sentire. Come i maschi di tutte queste specie, come tutti ormai in Italia, non discute più. Non ascolta le opinioni di chi non è d’accordo con lei. Invece, come si dice a Roma, imbruttisce. Insulta, aggredisce chi difende punti di vista anche lievemente diversi, mette in cattiva luce (eufemismo) l’avversario usando ogni mezzo, incluso l’aspetto fisico, le disgrazie, i legami personali, i retaggi familiari e regionali. Combatte come un uomo, viene trattata come una squinzia. A un certo punto, viene fatta oggetto di battute e gesti volgari, digitali e non, in Parlamento e fuori. A quel punto chi era già d’accordo con lei s’indigna, altri dicono che non aveva capito, che si scherzava. Passano due giorni (o due minuti) e succede a un’altra.

La sentinella seduta
Devota, seppure, a volte, peccatrice (come è capitato all’imputata vaticana Francesca Immacolata Chaouqui), tende a non partecipare a manifestazioni pubbliche; come il Family Day o le improvvisate delle Sentinelle in Piedi, che si mettono a leggere libri nelle piazze per impedire leggi sulle unioni civili o cose del genere. Anzi del gender. Farnetica di una teoria che non esiste (esistono i “gender studies”, sull’identità sessuale in senso ampio, e sono studi); usa il termine “gender” al posto di “finocchio”. Non al posto di “lesbica”, ritiene non vadano nominate. Si compiace quando qualche sindaco dell’Isin (Imbecill State in Norditalia) ritira dalle scuole libri in cui i piccoli personaggi hanno due papà o due mamme, o si dichiara contro i Gay Pride. Ringalluzzita da ordinanze comunali e ordini del giorno regionali (in Lombardia, per dire), si sente in diritto di dichiarare in pubblico che a lei i gender “fanno schifo” e non dovrebbero potersi avvicinare ai minorenni. Le gender, che la incontrano nella vita o nella “timeline”, a quel punto, la odiano. E le dicono cose terribili. Sarebbe meglio farle scherzi cretini, francamente.

L’invasata a tutto campo
Vorrebbe incontrare un terrorista musulmano gay con due gemelli per farlo a pezzi. O un sottosegretario piddino per metterlo alla gogna. O una parlamentare dei 5 Stelle per farla stuprare da tutti i dipendenti del suo elettrauto di fiducia. O almeno, così dice. Qualcuno ha provato a farla ragionare, co il dialogo, lo yoga, i racconti sui pogrom. Inutilmente. I più sensati la evitano; temono di doverla evitare per i prossimi anni, in effetti.

L’odiatrice gattamorta
Ormai riconoscibile, spesso oggidì in carriera, è passivo-aggressiva e non attacca direttamente. Asseconda le peggiori pulsioni degli odiatori a cui si appoggia, capi, compagni, eccetera. È stata in prima linea – cantando Tu scendi dalle stelle dentro di sé, a imitazione di Maria Stella Gelmini – nella difesa del Natale contro il preside-mostro-laicista-antivaloricristiani della scuola di Rozzano. È difficile da aggredire o accusare di aggressioni odiose; è più perniciosa di altre. Lo sarà anche quando la stagione dei grandi odi sarà finita, se mai finirà.