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 2016  gennaio 19 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - A DEPRIMERE LE BANCHE SONO ANCHE I CONTRASTI TRA ROMA E BRUXELLES


REPUBBLICA.IT
ROMA - "L’Italia, sempre più aperta e attrattiva per gli investimenti internazionali. Con grandi aziende globali che non fanno più mordi e fuggi come in passato, ma hanno deciso di puntare sul nostro Paese, di scommettere sul suo futuro", "la risposta migliore a chi, forse impaurito da questo nuovo protagonismo italiano, preferirebbe averci più deboli e marginali, come purtroppo è spesso accaduto in passato. Se ne facciano una ragione: l’Italia è tornata, più solida e ambiziosa".
Lo scrive su Facebook il premier Matteo Renzi, firmando un post che ha evidentemente in Jean-Claude Juncker e nella Commissione Ue l’oggetto del suo attacco polemico. Che giunge il giorno dopo le gravi affermazioni riportate da non meglio precisate fonti Ue, secondo le quali la Commissione non avrebbe autentici interlocutori a Roma. Un giudizio altamente lesivo della credibilità internazionale del governo Renzi, difeso con decisione dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni: "L’Italia ha un governo nel pieno dei suoi poteri".
Ma la nuova uscita del presidente del Consiglio è a sua volta attaccata duramente dal tedesco Manfred Weber, presidente del gruppo popolare europeo (Ppe): "Quando vediamo che l’Italia non è disposta ad aiutare la Turchia se non in cambio di una contropartita - ha detto Weber intervenendo alla plenaria di Strasburgo - tutto ciò va a svantaggio dell’Europa, della sua forza e della sua credibilità. Renzi sta mettendo a repentaglio la credibilità europea a vantaggio del populismo".
L’Italia è l’unico Stato Ue a bloccare apertamente l’accordo su uno schema di ripartizione tra Commissione Ue e Paesi membri del contributo da 3 miliardi di euro da destinare alla Turchia perché si adoperi a bloccare un flusso di profughi dalla Siria diretto soprattutto in Germania e nel nord Europa. Schema che ad oggi prevede un contributo dal budget europeo di un miliardo, mentre gli altri due dovrebbero arrivare dagli Stati membri, mentre l’Italia spinge perché i 3 miliardi arrivino tutti dal budget europeo e inoltre chiede di sapere in che modo saranno spesi. Anche perché all’Italia, alle prese con l’emergenza Libia e col contrasto alle organizzazioni criminali dietro il traffico di esseri umani nel Mediterraneo, la Ue non ha staccato alcun assegno, limitandosi a spingere, non senza trovare resistenze, per una ripartizione dei migranti ospitati nei centri d’accoglienza italiani tra i Paesi membri.
Weber, in sostanza, spiega l’atteggiamento del governo italiano come una strategia per vedersi riconosciute dalla Commissione Ue elasticità e flessibilità sui conti pubblici, anche per una gestione dell’emergenza migranti che sta mettendo a serio rischio anche il trattato di Schengen e la libera circolazione all’interno dell’Unione.
A Strasburgo, è stata Patrizia Toia, capodelegazione degli eurodeputati Pd, a replicare a Weber, ribaltando i ruoli. "La credibilità dell’Europa l’ha messa a rischio chi, come Weber e i suoi amici, hanno voluto un’austerità ideologica che ha messo i cittadini in difficoltà e ha aumentato le diseguaglianze. Noi vogliamo solo lavoro e agenda sociale. Noi - ha rincarato Toia - abbiamo a cuore l’Europa di oggi e il suo futuro. Per questo vogliamo risposte adeguate. Vogliamo per esempio che si faccia ciò che si dice sull’immigrazione, che si vada avanti sulla flessibilità per la crescita e il lavoro. Vogliamo insomma un’Europa più solidale e più progressista. Abbiamo vinto le elezioni su un progetto di rilancio, non di messa in discussione dell’Europa. E vogliamo essere semplicemente coerenti con questi impegni e con queste premesse".
Questi gli ultimi sviluppi di una polemica a distanza che impegna Roma e Bruxelles ormai da settimane, con Renzi a chiedere alla Ue di non essere solo un pacchetto di regole, di cambiare passo e di mettere da parte una politica economica votata alla sola austerità e dall’altra parte il presidente della Commissione Juncker e il suo vice Dombrovskis a ricordare quanto l’Italia stia usufruendo di molteplici forme di flessibilità, quanto il debito pubblico italiano sia un elemento di rischio per la tenuta dell’Unione, che la stessa flessibilità è condizionata al completamento delle riforme e, ulteriore nota polemica sottolineata da un irritato Juncker, quella flessibilità non si deve a Renzi ma è stata adottata dalla Commissione.
Richiami a cui Renzi continua a rispondere a tono su Facebook. Tra le "aziende globali che hanno deciso di puntare sul nostro Paese", il presidente del Consiglio cita "Cisco, i cui vertici ho incontrato questa mattina a Palazzo Chigi, in occasione dell’annuncio di una serie di investimenti strategici qui da noi che valgono 100 milioni di euro per i prossimi tre anni. E’ il primo dei due giganti - aggiunge il premier, che posta anche una foto - cui avevo accennato nella mia ultima eNews che guardano all’Italia come a un Paese solido, che ha futuro e che, finalmente, favorisce chi vuole creare opportunità destinate a restare, a creare impresa, lavoro, innovazione. E’ importante che questo avvenga sul fronte della digitalizzazione, della formazione, della creazione di start-up innovative, della ricerca. Ma anche della trasformazione digitale di settori di eccellenza della nostra economia come il manifatturiero e l’agroalimentare, entrambi simbolo del made in Italy e della nostra qualità nel mondo".
Insomma, scrive ancora Renzi, "la risposta migliore a chi, forse impaurito da questo nuovo protagonismo italiano, preferirebbe averci più deboli e marginali, come purtroppo è spesso accaduto in passato. Se ne facciano una ragione: l’Italia è tornata, più solida e ambiziosa. Con tanto lavoro ancora da fare - questa settimana sarà
decisiva per la trasformazione della pubblica amministrazione e per un altro passo avanti della riforma istituzionale - ma anche con la consapevolezza che ce la stiamo mettendo tutta e che le grandi realtà internazionali, come oggi testimonia Cisco, tornano a scommettere su di noi".

CAMBIO AMBASCIATORE
ROMA - Sarà il vice ministro allo Sviluppo Carlo Calenda il nuovo rappresentante dell’Italia a Bruxelles al posto dell’ambasciatore Stefano Sannino. La nomina verrà formalizzata in Consiglio dei ministri. Per Sannino dovrebbe prospettarsi il "trasferimento" a Madrid.
Le polemiche. Sannino era l’ambasciatore italiano presso la Ue nominato a Bruxelles da Letta. Per Renzi era troppo morbido: prima di Natale il premier aveva deciso di sostituirlo, un anno prima della scadenza. Ma la scelta di passare ad una linea più aggressiva non piaceva a tutti nelle istituzioni italiane, dove in molti pensavano che in Europa la strategia dei toni alti alla lunga non avrebbe pagato. Era stato proprio l’ex premier Enrico Letta all’epoca a farsi portavoce di questa sensibilità dichiarando che "cambiare ambasciatore perché troppo europeista è un’ipotesi che mi fa inorridire".

Renzi ha deciso comunque di cambiare, ha provato con l’attuale ambasciatore di Mosca, Cesare Maria Ragaglini. Poi la scelta è caduta su Calenda, per la prima volta un non diplomatico coprirà il ruolo di rappresentante italiano alla Ue. Il fatto che sia un politico per Renzi è una garanzia in più nel perseguire il suo braccio di ferro con Bruxelles.

Secondo alcune indiscrezioni, l’incarico di viceministro dello Sviluppo dovrebbe essere assegnato a Teresa Bellanova, attuale sottosegretario al ministero del Lavoro.

La scheda. Calenda, al ministero dello Sviluppo, era titolare del cosiddetto dossier Cina, ovvero la pratica per l’eventuale riconoscimento dello status di economia di mercato della Cina. Porterà dunque a Bruxelles questa sua esperienza su un tema tra i più importanti dell’agenda politica dei prossimi sei mesi per la Commissione. Secondo alcune indiscrezioni, l’incarico di vice ministro dello Sviluppo potrebbe andare al sottosegretario al Lavoro e alle Politiche Sociali, Teresa Bellanova (Pd).
Viceministro dello Sviluppo Economico anche nel Governo Letta, Calenda è nato a Roma nel 1973 ed è laureato in Giurisprudenza con indirizzo diritto internazionale.

Dal 2004 al 2008 è stato prima Assistente del Presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo, con delega agli Affari Internazionali, e poi Direttore dell’Area Strategica Affari Internazionali di viale dell’Astronomia. Durante il suo incarico ha seguito lo sviluppo e l’implementazione di missioni internazionali, incontri istituzionali e attività di business tra imprese. Ha lavorato sui principali dossier relativi al commercio e agli investimenti internazionali. Ha seguito numerose delegazioni di imprenditori all’estero e sviluppato azioni di penetrazione economica nei principali mercati mondiali, tra cui India, Cina, Brasile, Russia, Emirati Arabi Uniti,Tailandia, Kazakhstan, Serbia, Romania, Bulgaria, Egitto, Turchia, Algeria, Tunisia, Marocco, Israele,
Sudafrica, Messico.
Prima di assumere l’incarico in Confindustria è stato responsabile marketing di prodotto e programmazione per Sky Italia, responsabile relazione con le istituzioni finanziarie e responsabile Customer Relationship Management della Ferrari.


ILVA
MILANO - La Commissione europea ha dato il via libera a un’indagine approfondita per sospetti aiuti di Stato all’Ilva di Taranto. L’avvio della procedura è stato approvato dal Collegio dei commissari durante la riunione di oggi e verrà formalmente annunciato domani. Le norme Ue sugli aiuti di Stato prevedono che l’avvio di un’indagine non comporti subito una valutazione definitiva sulla compatibilità dell’aiuto; in questo caso, in particolare, non sarà deciso il recupero immediato dei fondi stanziati, complessivamente pari a circa 2 miliardi.

L’indagine, però, permetterà di accertare se il denaro stanziato in varie forme (prestiti, bond, garanzie) per sostenere l’Ilva abbia finalità di riqualificazione ambientale: se così fosse, gli aiuti sarebbero giustificati e non sarebbe necessario richiederne la restituzione. Ufficialmente la Commissione europea è trincerata dietro i soliti "no comment", ma domani il commissario per la Concorrenza, Margrethe Verstager, illustrerà la questione nel dettaglio: nel mirino dell’Antitrust comunitario sono finiti, in particolare, gli aiuti pubblici da 300 milioni di euro deliberati a dicembre.

Come detto, in base alla legislazione in materia di aiuti di Stato, il settore siderurgico può usufruire di varie categorie di aiuti di Stato ma per favorire il conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 (i finanziamenti devono essere a favore di ricerca, sviluppo e innovazione, alla formazione e all’occupazione e aiuti volti a promuovere la tutela dell’ambiente). E per Bruxelles l’ultimo pacchetto di aiuti non rispetterebbe queste regole e rischierebbe di essere contrario alle regole Ue.

Alexander Winterstein, portavoce dell’esecutivo comunitario, si è limitato a ricordare che sull’Ilva "c’è un file aperto", e quando verranno prese decisioni "queste verranno rese note, come sempre avviene". L’Ilva è inoltre all’attenzione della Commissione europea sulle questioni ambientali: nell’ottobre scorso, un’associazione ambientalista ha denunciato il rischio di incompatibilità con le regole Ue della misura - prevista nella legge di stabilità - in
base alla quale l’Ilva può contrarre altri 800 milioni di prestito con la garanzia dello Stato da aggiungere ai 400 già accordati a marzo. Peacelink ha sollevato la questione della violazione delle regole della concorrenza, e anche su questo la Commissione intende fare chiarezza.



BORSA
MILANO - La Bce prova a tranquillizzare i mercati: non c’è nessun faro specifico sull’Italia. La richiesta di informazioni aggiuntive sui crediti deteriorati (non performing loan, Npl) avanzata alle banche italiane dall’unità di vigilanza della Bce (Ssm) "è una pratica di supervisione standard" e ha riguardato anche diverse altre banche della zona euro, ha spiegato un portavoce dell’Eurotower. La notizia, bissata dalle precisazioni dell’Abi, è accolta con sollievo anche dal Tesoro: "La Bce è intervenuta opportunamente per chiarire che la richiesta di informazioni inviata ad alcune banche italiane è stata inviata a molte altre banche dell’area euro ed è una prassi standard", sottolinea in una nota il ministro Pier Carlo Padoan. Per il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, "non è in corso un attacco all’Italia" e non c’è "nessun motivo concreto dietro il calo delle banche", ma solo volatilità.

Le precisazioni arrivano all’indomani degli scossoni di Borsa che hanno abbattuto le quotazioni di Mps, Banco Popolare, Bper, Unicredit, Bpm e Ubi. A queste banche, la Bce ha inviato un questionario per far luce sul livello di sofferenze nei loro bilanci, oltre che sulle politiche per la loro gestione. Si tratta, d’altra parte, di una delle ’priorità’ che l’Eurotower ha indicato per il 2016 tra i suoi ’obiettivi programmatici’ e l’istituzione della task force relativa era già nota da inizio anno. Sui mercati, la notizia ha fatto più che altro da miccia perché molti investitori istituzionali cedessero titoli delle banche italiane, preoccupati anche dalla tensione Roma-Bruxelles, che si aggiunge ai ritardi nel lancio della ’bad bank’ nazionale. Non a caso, il settore bancario è rimasto sotto pressione (con Mps a nuovi minimi storici) anche dopo l’uscita della Bce. Milano chiude ugualmente in recupero, dopo una mattinata in altalena: Piazza Affari segna +1,04%. Resta comunque attardata rispetto alle altre Borse europee: Francoforte +1,5%, Londra +1,68% e Parigi +1,97%. Wall Street tratta in rialzo, in accordo con il Vecchio continente: quando chiudono le Borse Ue, il Dow Jones aggiunge lo 0,75%, lo S&P500 sale dello 0,45% e il Nasdaq dello 0,4%.

Dalla Cina sono arrivate le conferme di un rallentamento economico ormai in atto da diversi trimestri; gli investitori hanno reagito - come spesso, paradossalmente, accade - scommettendo sull’intervento di Pechino per dare una spinta alla crescita. La seconda economia al mondo ha diffuso il dato definitivo del 2015: lo scorso anno il Pil è salito del 6,9%, il livello più basso dal 1990, quando le sanzioni internazionali per la repressione di piazza Tienammen schiacciarono la marcia del Paese asiatico. Il dato, sulla cui veridicità molti osservatori esprimono perplessità, non è comunque lontano dal +7% indicato dal governo. Inferiore alle attese, invece, è stata la produzione industriale di dicembre, che è cresciuta ’solo’ del 5,9%. A stretto giro, da Dow Jones è arrivata la notizia che la Banca centrale cinese ha annunciato l’intenzione di iniettare liquidità per 600 miliardi di yuan nei mercati finanziari cinesi, quasi 84 miliardi di euro ai cambi attuali.

La Borsa di Shanghai ha superato di slancio (+3,2%) il dato sulla crescita, sperando come detto nelle misure di rilancio. In azione, scondo quanto riporta Bloomberg, ci sarebbero stati anche gli ormai famosi fondi di matrice governativa, che avrebbero acquistato titoli per tenere alto l’umore dei mercati. Forte progresso anche per la piazza di Shenzhen, con l’indice in progresso del 3,57%. Chiusura in lieve progresso per la Borsa di Tokyo, che inverte la rotta nella seconda metà della seduta, dopo i dati cinesi secondo le attese: il Nikkei risale sopra 17mila punti grazie a un saldo positivo dello 0,5%.

Il fronte delle materie prime rimane caldo, con l’attenzione concentrata sull’andamento del petrolio. Il greggio, che aveva recuperato terreno in Asia, torna contrastato a New York. Quando in Europa terminano le contrattazioni, il Wti scivola in area 29 dollari al barile, mentre il Brent riesce a risalire in area 29,4 dollari. La situazione del greggio mette sotto pressione i bilanci delle grandi compagnie petrolifere: la francese Total ha lanciato un ’profit warning’, un allarme sui risultati finanziari. Ha infatti tagliato del 20% le attese di utili per quest’anno. Per di più l’Agenzia internazionale dell’energia ha detto che i prezzi potrebbero scendere ancora e ha rivisto leggermente al ribasso la domanda per il 2016. L’oro è poco mosso: il lingotto con consegna immediata è stabile in area 1.086 dollari l’oncia.

L’euro chiude in leggero apprezzamento sul dollaro sul filo di quota 1,09, mentre contro lo yen si assesta a quota 128,3. Dal fronte macroeconomico si registrano indicazioni importanti dalla Germania, con il calo dell’indice Zew a gennaio a quota 10,2 da 16,1 di dicembre, mentre l’inflazione a dicembre è calata dello 0,1% mensile a dicembre, mentre su base annua l’incremento è dello 0,3%. La media del 2015 è così dello 0,3%, il livello più basso dal 2009. I prezzi costituiscono un parametro importante per l’attività della Bce, che si riunisce giovedì e ha il mandato di riportare l’inflazione vicino al +2%: nell’Eurozona quelli di dicembre sono saliti dello 0,2%. Negli Stati Uniti, invece, il settore immobiliare registra una fiducia inferiore alle attese; il deficit federale, secondo le stime, batterà le previsioni di agosto e a fine 2016 salirà fino a 544 miliardi di dollari. Il Fondo monetario internazionale ha aggiornato le stime di crescita, tagliando quelle globali. In lieve calo lo spread fra Btp e Bund tedesco: il differenziale di rendimento torna a quota 100 punti base, per un rendimento del decennale italiano all’1,55%.

SOLE24ORE
Giornata di rialzi per le Borse europee, in scia al recupero di Shanghai (+3,2%) e di Tokyo (+0,5% dopo quattro ribassi di fila). Il FTSE MIB di Piazza Affari ha chiuso a +1,04% una giornata volatile. Nella prima parte della mattinata l’indice era scivolato in rosso penalizzato dalle vendite sui bancari. Wall Street a circa due ore dalla chiusura ha girato in territorio negativo, sotto la pressione del calo del prezzo del petrolio e di alcune trimestrali che hanno ricevuto un’accoglienza contrastata dagli investitori. Il Dow Jones perde lo 0,24% a 15.951,31 punti, il Nasdaq cede lo 0,91% a 4.447,87 punti mentre lo S&P 500 lascia sul terreno lo 0,40% a 1.872,70 punti

Nel corso della giornata le vendite si sono concentrate in particolare su u Banca Mps, Banco Popolare e Unicredit che hanno chiuso in forte passivo (su tutte il -16% di Mps dopo il -14% di ieri). In serata la Consob ha prorogato il divieto di vendite allo scoperto sul titolo fino a giovedì, visto che il titolo ha superato la soglia del -5% (-14,4% a fine giornata).
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andamento titoli
FTSE MIB 1.04%
Bca Mps -14.37%
Banco Popolare -6.30%
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Il tema è sempre quello dei crediti deteriorati, nodo confermato dal rapporto mensile diffuso oggi dall’Abi. I prestiti in sofferenza delle banche italiane in rapporto agli impieghi hanno raggiunto infatti il livello massimo da vent’anni. In rapporto agli impieghi, infatti, le sofferenze lorde (oltre 201 miliardi come già indicato dalla Banca d’Italia) risultano pari al 10,4% in novembre, il valore più elevato dell’ultimo ventennio. Il rapporto a fine 1996 aveva raggiunto il 9,9 per cento. L’Abi ricorda che prima dell’inizio della crisi globale (fine 2007) il rapporto tra sofferenze lorde e impieghi era del 2,8 per cento.

Non hai poi deluso (e di questi tempi e una notizia) il dato sul Pil cinese del 2015, cresciuto del 6,9% in linea con le attese. Si tratta in ogni caso del dato peggiore dal 1990, da quando sostanzialmente la Cina è entrata nel mercato mondiale con le sue esportazioni di prodotti low cost.

In rialzo lo spread BTp-Bund che si riporta sotto i 110 punti, complice la tensione che nelle ultime sedute ha colpito il settore bancario italiano, tra i principali detentori del debito pubblico italiano (rendimenti dei bond dell’Eurozona). Sul mercato valutario l’euro scambia sotto 1,09 dollari (cambio euro/dollaro e convertitore di valute).

MOGHERINI

Il fastidio del premier
per Mogherini considerata
ormai “fuori controllo”
La rottura risale al mancato invito al vertice sulla Siria E dopo che Lady Pesc ha difeso Juncker è sceso il gelo

Francesca Schianchi

Il primo sintomo di rottura risale a settembre. L’occasione, un vertice a Parigi che incluse i capi della diplomazia francese, inglese e tedesca, più l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Federica Mogherini. Italia esclusa, ufficialmente perché si parlava di Iran, e noi non abbiamo fatto parte del gruppo che ha portato avanti i negoziati sul nucleare: ma si finì per allargare il discorso anche a Libia e Siria, argomenti su cui anche Roma ha parecchio da dire. Il premier Renzi si infuriò moltissimo: è in quel momento che molti beninformati individuano la prima, seria, forse irrecuperabile crepa nel rapporto tra Lady Pesc e il presidente del Consiglio.

L’ultimo incidente
Una scossa non isolata, a prova di rapporti non più idilliaci tra i due, anzi lentamente deteriorati dai tempi in cui lui la pescò dalla corrente di Franceschini per inserirla nella segreteria del Pd e decantare pubblicamente «la lucidità» del suo lavoro, tanto da battersi con determinazione per averla prima come ministro degli Esteri e poi ai vertici della Ue: nei giorni scorsi, il nuovo incidente, sulle parole della Mogherini nel suo duello con il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, a giudizio di Renzi troppo poco in difesa dell’Italia. «Mi sono sembrate un eccesso, mi hanno ricordato il detto “fatta la festa, gabbato lo santo”», si è spinta a dire ieri una renziana della prima ora come l’eurodeputata Simona Bonafè, «molti dei suoi colleghi che dovrebbero rappresentare l’Europa quanto lei non perdono occasione per difendere gli interessi nazionali» (sottinteso: lei no). Salvo poi cercare di ridimensionare la portata delle frasi in serata, quando da Forza Italia qualcuno fa due più due e le sintetizza con un brutale: Renzi ha mollato la Mogherini.
«I canali con il governo italiano sono aperti, funzionano, ci sono costanti scambi e il lavoro comune con il governo italiano funziona», minimizza la Mogherini da Bruxelles le tensioni di questi giorni. Che a mille chilometri di distanza, però, a Roma, diverse fonti non si danno la pena di smentire: solo che, a seconda del punto di vista, cambiano i torti e le ragioni. Chi conosce bene lei, e da tempo la stima, sottolinea quanto sia delicato il suo ruolo, e quanta la necessità di mantenere una giusta distanza dall’Italia che le dia autorevolezza e credibilità come commissario europeo, e non solo italiano: cosa che, dicono a Bruxelles, è riuscita a fare lavorando sodo e costruendo un ottimo rapporto con Juncker. Anche a costo di dire, come ha fatto venerdì scorso, mandando appunto su tutte le furie Renzi, che «è stupido creare divisioni in seno all’Europa».
Tra chi è più vicino al premier e al governo, invece, si sottolinea quanta strada lui le abbia consentito di fare, sponsorizzandola in un’ascesa folgorante, motivo per cui si aspetterebbe maggiore solidarietà e impegno nel fare sponda: «Non le si chiede tanto, ma almeno un po’ più di coordinamento col governo italiano», sospira chi conosce la questione. «Arrivata in Europa, ha sentito la “brezza dell’altitudine”», secondo un parlamentare esperto di esteri.
Se i rapporti fra i due non sono più intensi come all’inizio, c’è il sottosegretario Sandro Gozi a garantire il collegamento. Inevitabile e necessario ancora per molto tempo: lei è destinata a rimanere in carica fino al 2019. Oltre la scadenza di questo governo.
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