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 2016  gennaio 19 Martedì calendario

IL MAGNIFICO DI FIRENZE


[Federico Bernardeschi]

Una terra bellissima, con tanti profili. C’è la Toscana dell’arte e della cultura, dei casolari in collina, di vino e olio, di mare splendido, ma c’è pure quella di confine, come la Carrara di Federico Bernardeschi. Una Toscana di mezzo, sorretta da un marmo che nel mondo ha seminato bellezze senza tempo. Il talento più puro dell’intero calcio italiano è nato lì il 16 febbraio 1994: figlio di Alberto – che da quando aveva 14 anni sega i blocchi nelle cave – e Paola, infermiera alla Opa, la nota “clinica del cuore” di Massa. Federico è come il marmo, incarna la sintesi tra stile e sacrificio. Nel suo modo di stare in campo c’è tutto: potenza, resistenza, velocità, classe, estro, determinazione, ferocia. La costanza eletta a regola, perché lui ha deciso di sfondare e ci sta riuscendo.
Ha già addosso gli occhi del Bayern, dove lo vorrebbe Ancelotti per la sua sfida bavarese, e del Barcellona. Un anno fa, prima che la Fiorentina riuscisse a blindarlo, la Juventus ci aveva provato e quasi era riuscita a rapirlo ai viola. Ma alla fine, anche per un senso di gratitudine che Federico ha espresso nei confronti della Fiorentina, ha detto sì al rinnovo. Ora sogna di diventarne un simbolo, sperando di vincere qualcosa in riva all’Arno, assumendosi anche la responsabilità di indossare la maglia numero 10 che fu di Antognoni e dì Roberto Baggio, paragonabile da queste parti per importanza alle opere del Corridoio Vasariano. Ma per Federico il viaggio è stato lungo.
Aveva 7 anni quando Stefano Cappelletti, allora osservatore dell’Empoli, adesso dirigente del settore giovanile viola, lo portò a vestire la maglia azzurra. Scuola calcio Ponzano, prelevandolo dall’Atletico Carrara. Per un bambino di quell’età, andare tre volte a settimana – allenamenti e partita – lontano da casa, non era uno scherzo. «Non c’è molto da dire» racconta con umiltà Stefano Cappelletti, «era un predestinato: impiegai pochissimo a rendermi conto che quel bimbo era un piccolo fenomeno. Dribblava tutti e andava in porta. Una punta esterna, senza discussioni».
Nei Pulcini dell’Empoli Federico trovò Daniele Rugani (altro ’94 preso da Cappelletti), arrivato a sua volta dall’Atletico Lucca: il destino per loro aveva già scritto tutto. Sarebbero stati indirizzati a una carriera di spessore. Ma dopo appena due anni, le strade si divisero: Daniele restò a Empoli, mentre Federico fu “sottratto” dalla Fiorentina al club di Corsi. Manovra storica perché in quegli anni, di solito, era l’Empoli a dettare legge nel mondo giovanile in Toscana. Qualche mese dopo Bernardeschi avrebbe ritrovato a Firenze il suo pigmalione, Stefano Cappelletti, sbarcato con la gestione tecnica di Pantaleo Corvino.
Federico, che da piccolo impazziva per Shevchenko, era un predestinato per lo sport in generale. Alberto e Paola si ricordano ancora quando lo portarono il primo giorno a nuoto: lo buttarono in vasca e senza sapere nemmeno dare una bracciata, staccò tutti i coetanei. Lo presero subito, ma il pallone ebbe il sopravvento. Vale lo stesso per lo sci, altro amore di Federico: nel vivaio della Fiorentina gli impedirono di proseguire perché troppo rischioso per l’attività agonistica. L’unica cosa che non tornava era l’altezza: un “nanetto” di 165 centimetri fino agli Allievi, quindi a 17 anni l’esplosione definitiva per arrivare al metro e 83 di ora, con una cilindrata da 75 chili.
È stata dura organizzare tutto, il percorso Carrara-Firenze non è un picnic: prima l’autostrada fino a Pisa, poi la superstrada FiPiLi (Firenze-Pisa-Livorno) fino al capoluogo. Mamma Paola, appena finito il turno in ospedale, si infilava in auto e partiva con il figlio. Babbo Alberto aspettava il fine settimana per separarsi da quei blocchi da centinaia di tonnellate, inseguendo Federico su ogni campo. Lo fa ancora oggi: non si perde una partita della Fiorentina, casa o trasferta. Lui un po’ più algido, Paola scatenata come un’ultrà e timorosa per ogni contrasto, forse anche per deformazione professionale...
Nel mezzo, la scuola: Federico ha finito regolarmente il liceo scientifico e un giorno, magari, penserà all’Università. Al momento, nella sua testa c’è spazio solo per il calcio, ma è sempre stato così: non si arriva per caso in alto, soprattutto in un mondo in cui le tentazioni si moltiplicano a dismisura, se non hai già coordinate precise nel cervello. Federico serio, determinato, intelligente, freddo: quando era capitano della Primavera viola, fu chiamato in sede, assieme agli altri compagni, per accettare la liberatoria di Mtv. Il club viola aveva deciso di fare un reality show sulla vita del settore giovanile: riprese al campo e durante il giorno. Bernardeschi fu l’unico a non firmare: «Vi ringrazio, ma voglio pensare solo al calcio» fu la risposta che spiazzò i dirigenti, ma contestualmente dette loro la consapevolezza di avere tra le mani una pepita d’oro.
In Primavera era nella rosa del 2011-12 che vinse 3-2 la finale di Supercoppa Italiana con la Roma. Ma nella stagione successiva le sue qualità crebbero tantissimo. A ricordarlo è Leonardo Semplici, adesso in testa alla classifica con la Spal in Lega Pro e in quel periodo tecnico di Bernardeschi: «Una volta terminata la crescita fisica, e non dimentichiamo che in un anno si alzò di una decina di centimetri, emerse il talento, anche se non ancora nella sua interezza. Lo spostai dalla trequarti alla fascia e lui mi ripagò. L’ho avuto due stagioni in Primavera, ma, quando lo rividi a Crotone, mi impressionò. Ora Federico ha potenzialità illimitate, può raggiungere traguardi ambiziosi con la Fiorentina e con la Nazionale, poi è un gran bravo ragazzo». Crotone in B. appunto: tappa decisiva della sua maturazione. In totale, 39 presenze e 12 gol.
Il viaggio di Federico era a buon punto. Se ne accorsero in due, prima Prandelli e poi Montella: il Ct azzurro aspettò che Di Biagio nell’Under 21 lo facesse esordire contro l’Irlanda del Nord e poi, dal 10 al 12 marzo, lo chiamò a Coverciano per uno stage, occasione per visionare giovani in vista della convocazione per i Mondiali brasiliani. Montella, invece, se lo portò in ritiro a Moena. Aveva sentito parlare benissimo di lui, ma voleva testarlo per una settimana insieme a Babacar, altro figlio del vivaio viola. Dopo due giorni, Vincenzo aveva già deciso: i ragazzi sarebbero rimasti in prima squadra.
Il debutto in Serie A per Federico giunse poco dopo, il 14 settembre 2014, al minuto 57 di Fiorentina-Genoa (0-0). Quattro giorni dopo, battesimo in Europa League e primo gol in viola: Fiorentina-Guingamp (3-0). La stagione era partita al meglio, ma all’inizio di novembre in allenamento saltò il malleolo: brutto incidente, recupero lungo. Famiglia, amici, fidanzata, Carrara: Federico ripartì da lì, dai suoi punti cardinali. Da una spinta interiore forte come il marmo, da una terra aspra, ribelle, ma con un cuore grande come il mare che sta lì sotto.
Ritorno in campo nel maggio 2015, esattamente contro l’Empoli, e primo centro in Serie A nell’ultima partita di campionato contro il Chievo. Fino a dicembre, nella stagione in corso, non aveva ancora messo a segno gol in Italia, mentre in Europa League – sommando le partite dell’annata passata – sono ben 5 i gol in appena 8 presenze. Il 26 novembre, poi, la prestigiosa doppietta al Basilea, una riproduzione delle due reti fabbricate in amichevole il 2 agosto a Firenze col Barcellona (2-1 ), col Franchi in piedi ad applaudire il numero 10 in una notte di grandi vibrazioni.
Paulo Sousa, demiurgo di una Fiorentina portatrice sana di bel gioco, lo ha imposto definitivamente. Crede in lui, lo considera un pilastro del gruppo. I viola sognano insieme alle grandi dell’alta classifica grazie anche alla maturazione di Federico. Conte lo segue con attenzione. «Bernardeschi» ha detto il Ct «è uno dei giovani più interessanti in circolazione. Sì, lo stiamo monitorando». Se la fortuna lo assisterà, regalandogli, una condizione fisica buona, in Francia sarà tra i 23 azzurri. Esterno a tutta fascia, senso tattico eccellente, sinistro al vetriolo, sterzate dentro il campo che strappano le difese avversarie: non gli manca nulla per prendersi la maglia dell’Italia. Conte è alla ricerca di gente affamata, Federico non è mai sazio.
Firenze gongola. È pazza di questo ragazzo, anche perché ormai da troppo tempo il vivaio non produceva un Fiore così bello. Firenze è la sua seconda casa, ma Carrara resta la prima: il mare d’estate, le abitudini di sempre, i ricordi del tifo allo stadio per la Carrarese, l’amicizia con il concittadino Buffon e le Alpi Apuane bianche di marmo, sentinelle della vita che scorre. Non è un 10 come Antognoni o Baggio, nemmeno come De Sisti o Rui Costa: Federico è un 10 come Bernardeschi, calciatore offensivo del terzo millennio, dentro a una generazione di italiani fantastici. Il viaggio continua.
Mario Tenerani