Alberto Statera, Affari&Finanza – la Repubblica 18/1/2016, 18 gennaio 2016
CREDITO INDAGINE PARLAMENTARE DALL’ESITO GIÀ NOTO
Si fa? Non si fa? Come si fa? Il governo ha fin qui traccheggiato un po’ sull’istituzione di una commissione parlamentare per lo scandalo delle quattro banche saltate. Ma “si farà”, ha garantito Matteo Renzi. E il senatore renziano Andrea Marcucci ha presentato un disegno di legge per l’istituzione di una commissione bicamerale d’inchiesta e non d’indagine. Una differenza fondamentale perché la commissione d’indagine si limita ad ascoltare autorità del settore e, dopo mesi e mesi di lavori, redige una relazione che in genere rivela ben poco e finisce a prendere polvere negli scaffali parlamentari. Tra l’altro, sul sistema bancario sta già lavorando da più di un anno la commissione Finanze del Senato. La commissione d’inchiesta ha invece gli stessi poteri della magistratura ordinaria, talvolta ostacolandone l’attività, per trasformarsi quasi sempre in una sorta di processo politico che veicola verità propagandistiche di parte raccolte poi in relazioni di maggioranza e di minoranza. Le esperienze del passato insegnano, con le commissioni d’inchiesta Moro, Mitrokhin, voluta fortemente da Berlusconi per pubblicare il suo “Libro nero sul comunismo”, Sindona, P2 e altre. Un anno di tempo per i lavori, prevede il senatore Marcucci e addirittura quindici anni “retrospettivi” sui quali indagare “per valutare la condizione del sistema nel suo complesso e verificare l’efficacia delle attività di vigilanza e controllo”.
A parte il benservito anticipato al governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e al presidente della Consob Giuseppe Vegas, che saranno in scadenza, se la commissione nascerà davvero così si tratterebbe di un’inchiesta-monstre sul potere tout court in Italia, notoriamente un paese “bancocentrico”. Ci piacerebbe che i grandi scandali finanziari venissero finalmente alla luce in ogni dettaglio, dalla Parmalat all’Antonveneta, dalla Banca 121 al Monte dei Paschi, dalla Popolare di Milano nella gestione Ponzellini all’Unicredit, quando fu silurato Alessandro Profumo con lo zampino della vecchia P2, fino alla Vicenza e a Veneto Banca. Ma chi può credere davvero che questo parlamento e questa politica, che del potere finanziario sono vassalli, vogliano aprire armadi stipati di scheletri? Magari. Ma se si vuole veramente fare un servizio a quello che viene definito il “parco buoi” dei risparmiatori e alla stabilità del paese, invece di far finta di ripulire la finanza italiana con strumenti inadeguati, sarebbe forse più urgente verificare lo stato attuale del sistema. Tanto più che le piccole banche in sofferenza, dopo le quattro andate in malora, sono ancora 37 (talvolta amministrate da chi non ha né onorabilità né competenza) e anche alcune delle più grandi non godono di ottima salute, oberate da più di 200 miliardi di crediti “ammalorati”. La crisi di fiducia dei risparmiatori nel sistema bancario-finanziario è già manifesta con l’inizio dell’esodo dai conti correnti. A novembre, probabilmente con destinazione-materasso, sono defluiti dalle banche 11 miliardi di euro, un calo del 6,1 per cento in un solo mese. Non sarà un’inchiesta parlamentare che – ci si può scommettere – provocherà un pandemonio populista a restaurare rapidamente la fiducia. Chissà allora se Renzi non farebbe meglio a lasciare che sia la magistratura ordinaria a fare in fretta il suo mestiere. a.statera@repubblica.it Il premier Matteo Renzi Ha promesso un’inchiesta parlamentare sul sistema bancario
Alberto Statera, Affari&Finanza – la Repubblica 18/1/2016