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 2016  gennaio 17 Domenica calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 73

(Ucraina. Il Genocidio dimenticato)

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LA GRANDE FAME UCRAINA –
Kulaki. La collettivizzazione forzata che iniziò a fine 1929 con la guerra contro i kulaki, i contadini agiati russi e ucraini, i quali furono prima vessati in ogni modo e poi deportati in massa. Dopo la liquidazione dei kulaki, la superficie coltivata diminuì e il raccolto scemò. Le consegne fissate dal centro divennero quindi irrealizzabili. Ma nel generale clima di menzogna e di esaltata propaganda, la colpa venne imputata ai contadini, colpevoli di nascondere il grano e gli altri prodotti.
Ordine. «E chi ha firmato lo sterminio di massa? Sovente penso: davvero Stalin? Penso che un ordine del genere, da quando la Russia esiste, non c’era mai stato. Un ordine del genere non l’aveva mai firmato nessuno, non dico lo zar, ma neanche i tartari e neanche i tedeschi. E l’ordine era: uccidere per fame i contadini dell’Ucraina, del Don, del Kuban, ucciderli insieme ai loro bambini» (Vasilij Grossman, Tutto scorre).
Romanzo. Il romanzo di Grossman rimase a lungo la sola narrazione dettagliata della grande fame che si abbatté sui villaggi ucraini nel 1932-33.
Kulaki. Numero dei kulaki da inviare nei campi di concentramento secondo la direttiva del Politbjuro del 1929: 60.000. Da punire con la deportazione in territori remoti: 150.000. La delibera stabiliva anche le cifre per le singole regioni. All’Ucraina spettava la quota maggiore: 15.000 e 30-35.000.
Fame. La testimonianza di Viktor Andreevic Kravchenko, autore di I choose freedom, uscito nel 1947-48 con grande scalpore. Nel 1932-33 Kravchenko era un attivista bolschevico, inviato nei villaggi ucraini insieme ad altri compagni. Ecco cosa egli apprese dalla padrona di casa dell’isba dove fu alloggiato: «“Vi sono, a Petrovo, centinaia di persone sfinite dalla fame e ne muoiono non so quante ogni giorno. Certuni sono così deboli che non riescono nemmeno più a uscire di casa... Ogni tanto un carro percorre il paese e raccoglie i cadaveri. Abbiamo divorato tutto quello che ci capitava per le mani: cani, gatti, topi, uccelli. Domattina, quando farà giorno, vedrete che gli alberi non hanno più corteccia; abbiamo mangiato anche quella. Abbiamo divorato persino il letame dei cavalli”. Senza dubbio dovevo avere un’espressione incredula, perché ella si affrettò a riprendere: “Sicuro, il letame dei cavalli. Capirete, a volte ci si trovan dentro persino dei chicchi di grano intieri”».
Donne. Le donne si batterono in prima fila contro la ollettivizzazione, manifestando insieme con i loro bimbi e inducendo spesso i maschi a non cedere alle lusinghe e alle minacce di chi voleva costringerli a entrare nei colcos (le fattorie collettive). Nel villaggio cosacco di Staro-Scerbinskaja, per esempio, «le donne respinsero i tentativi di socializzare il bestiame mordendo le mani degli stallieri che tenevano le redini degli animali, mentre i bambini tiravano pietre ai collettivizzatori».
Bestiame. Negli anni tra il 1929 e il 1933 il numero complessivo di cavalli, bovini e suini scese nel complesso di circa la metà. Ancora più disastrosa fu la diminuzione del bestiame ovino (pecore e capre) che precipitò da 147,2 milioni di capi e 50,6. In quegli anni i contadini furono indotti, per necessità o disperazione, a disfarsi del bestiame sia per nutrirsi sia per timore che venisse sequestrato.
Cannibali. Il cittadino Havryljuk, di anni 36, e la moglie, contadini medi nel villaggio di Nove Misto, in Ucraina, che nel 1932 fecero a pezzi e divorarono i loro figli, un bimbo di 9 anni e uno di 2.
Giorgio Dell’Arti, Domenicale – Il Sole 24 Ore 17/1/2016