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 2016  gennaio 13 Mercoledì calendario

VADO ALLA GRANDE


[Skin]

«La prima cosa che ho pensato è stata: Iman. Lui è stato un sacco di cose per tanti, ma prima di tutto è stato un uomo che ha avuto un vero e grande amore. Ho avuto la fortuna di conoscerli e vederli insieme: lui era un mito per me, ma lo è anche lei, la prima modella nera della storia della moda, la donna che ha detto al mondo che anche le donne di colore sono belle. Con loro le conversazioni non erano mai banali, ti lasciavano qualcosa su cui riflettere. E subito dopo aver pensato al dolore di sua moglie ho pensato a cosa era stato David Bowie per me come persona e come artista. Il suo giocare sulla bisessualità e renderla lecita, anzi desiderabile, e poi il suo modo di fare musica, immagine, video. Se non ci fosse stato Bowie con il suo coraggio la musica sarebbe molto più noiosa di quello che è».

Appeso alla porta della stanza d’hotel di Londra dove incontro Skin c’è un bellissimo abito bianco tagliato e bruciato. «Ah sì, quello. È il mio abito da sposa», mi dice come se facessero tutti questa fine i vestiti scelti per celebrare gli amori sbagliati.
Un anno fa è finito il suo matrimonio con Christiana Wyly, e quando l’ho incontrata nel luglio scorso mi aveva raccontato di aver accettato di partecipare a X Factor a scopo terapeutico: quell’impegno così inusuale e totalizzante l’avrebbe aiutata a uscire dal dolore. Evidentemente. però, l’elaborazione non era ancora compiuta: «È stata una mia idea bruciarlo e indossarlo nel video di Death to the Lovers, in fondo la canzone parla di me». Chiedo se non ha paura che Christiana ci rimanga un po’ male. «All’inizio ho pensato: questa è una cosa un po’ brutta. Subito dopo: fanculo, lo faccio lo stesso. Un artista che si preoccupa di non ferire, offendere, far arrabbiare mai nessuno è un artista che non sa fare il suo mestiere perché limita la sua creatività». Mentre me lo dice si sfila la fede e la appoggia su un tavolino: «Ho rimesso anche questa oggi per le riprese del video. Che strana sensazione».
La sua esperienza italiana è – almeno per il momento – finita, ma l’uscita imminente dell’album Anarchytecture degli Skunk Anansie (il gruppo di cui è voce e leader dal 1994) e la nuova campagna di Sisley di cui è protagonista la terranno ancora in circolazione dalle nostre parti, dove moltissimi si sono appassionati al suo modo materno di accudire le ragazze del talent e al suo «attacca», diventato il suo slogan («non ho mai capito perché ridevano tutti: attacca non è una parola italiana?») e oggetto di parodie, che l’hanno molto divertita: «Quando ho visto Crozza piangevo alle lacrime. Penso che se mi hanno imitata in tanti vuol dire che non sono stata indifferente, quindi lo prendo come un complimento».

Che bilancio fa di X Factor?
«È stato davvero interessante. Ho imparato molto sulla musica italiana, e anche tanto sul pubblico italiano. Da noi in Inghilterra le donne votano le altre donne, c’è il girl power, da voi gli uomini carini. Però date anche tantissima importanza ai testi, alle storie che una canzone racconta».
E dal punto di vista umano?
«È stata la cosa più dura che abbia mai fatto. Questa lingua difficilissima. Quando la gente mi incontrava per strada mi fermava per dirmi: Skin quella parola non si pronuncia così, ma così. Però alla fine il pubblico mi ha perdonata tanto, non so se in un altro Paese sarebbero stati così comprensivi. Ma a parte questo intoppo linguistico sono orgogliosa di me: ho fatto cazzate e cose giuste, ma ce l’ho fatta e forse il 2015 che era iniziato malissimo è diventato l’anno più bello della mia vita».
Il suo giudice preferito?
«Fedez. Siamo tutti e due ossessionati dal nostro lavoro. Era lui il mio avversario vero, perché abbiamo lo stesso modo di ragionare. Di Elio ho grandissima stima e con Mika sembrava di gareggiare con il Principe Azzurro di Walt Disney, così bello e pieno di charme. Rifarei X Factor solo con questo team di giudici».
Intanto è tornata a fare la modella.
«All’Università ho fatto la modella, prima ancora di diventare cantante. E sono contenta che me l’abbiano proposto anche ora, perché non sono una quattordicenne anoressica ma una donna di 48 anni, e perché la campagna non punta sulla bellezza fine a se stessa ma sul manifestare le diverse emozioni. Ho accettato perché mi piace l’idea di comunicare che anche io, come tutti, ho tante parti di me. Prima di X Factor la gente mi immaginava altissima e aggressiva, ma non sono né l’una né l’altra cosa».
Molte modelle dicono che il loro è un lavoro noiosissimo.
«Se è l’unica cosa che fai, certo che lo è. Anche io impazzirei. Ma siccome io ogni giorno faccio cose molto diverse non arrivo ad annoiarmi di nessuna e riesco ancora a pensare che sia un lavoro veramente divertente: è un mondo pieno di glamour, trucco e parrucco ti fanno bellissima. A me piace questa cosa perché tante persone pensano che io sia veramente brutta. È il mio modo di far vedere che sono anche figa».
Ma può una femminista come lei fare la modella?
«Ultimamente ci sono delle campagne davvero interessanti: penso a quella di Marina Rinaldi con la Arquette, una donna vera, che si batte per le altre donne come ha dimostrato con il suo bellissimo discorso la notte degli Oscar. Se fai vedere sempre un unico modello di femminilità, questo insulta le altre, ma se introduci nella moda le differenze, la cosa si fa interessante perché dimostra alle ragazzine che non c’è un solo modo di essere. Quando ero teenager io le modelle erano bianche, bionde e alte un metro e ottanta, solo Iman si distingueva. Ora le cose stanno cambiando».
Anche sul fronte età: come i suoi non credibili 48 anni.
«Sì quasi 49 e l’anno prossimo sono 50. È la prima volta che lo dico a voce alta. E non mi spiego come sia possibile. Io penso di essere in forma e soprattutto felice nella mia pelle. Se tutti riconoscessero che è questo ciò che conta e non l’età anagrafica, anche questa sarebbe una bella rivoluzione per l’immagine della donna».
Si è sempre piaciuta?
«Sono stata molto insicura fino al giorno in cui mi sono rasata i capelli. Quando l’ho fatto, più di vent’anni fa, mi sono guardata allo specchio e ho trovato me stessa».
Non le mancano mai i suoi capelli?
«Quando mi mancano li lascio crescere, ma dura poco: in un paio d’anni mi stufo. E credo di aver capito che quando me li faccio crescere e perché sono un po’ triste. Quindi per sapere come sto basta guardarmi la testa: se sono rasata allora vuol dire che tutto va alla grande».