Sebastiano Vernazza, SportWeek 9/1/2016, 9 gennaio 2016
SE È IL PALLONE A FREGARE IL MAFIOSO
Sabato scorso Tg2-Dossier ha riproposto l’inchiesta su Matteo Messina Denaro, reportage andato in onda a ottobre in prima battuta. Chi se l’era perso ha seguito con interesse l’approfondimento sul latitante più ricercato d’Italia, capo della mafia trapanese e, secondo alcuni, nuovo leader di Cosa Nostra, successore di Totò Riina e Bernardo Provenzano al vertice della cupola. Un criminale di alto livello, accusato di numerosi omicidi, capace di movimentare milioni di euro attraverso società gestite da prestanome, e di cui non si possiede una foto recente. Tra le altre cose il reportage ha rievocato l’episodio a sfondo calcistico della primavera del 2010: un informatore rivelò ai carabinieri che nel maggio di quell’anno Messina Denaro entrò allo stadio Barbera per assistere a Palermo-Sampdoria, con tanto di maglietta rosanero addosso. Vero o falso? Difficile stabilirlo con certezza, verosimile diciamo: Messina Denaro non è un patito di pallone – anche se pare sia molto bravo alla PlayStation –, ma uno stadio gremito può essere un buon posto in cui passare inosservati. Il “fatterello” del boss alla Favorita ci ha ricordato la vicenda di Sante Pollastri, il bandito amico di Costante Girardengo, primo campionissimo del ciclismo. Pollastri venne arrestato a Parigi, sul traguardo di una Sei Giorni. “Un bravo poliziotto che conosce il suo mestiere/ sa che ogni uomo ha un vizio che lo farà cadere”: così canta Luigi Grechi nella ballata Il Bandito e il Campione. Chissà che la storia non si ripeta con Messina Denaro.