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 2016  gennaio 13 Mercoledì calendario

ASSAD, DA INCENDIARIO A POMPIERE _

Bashar al-Assad nel settembre scorso ha passato la soglia dei 50 anni e dal luglio 2000 è Presidente della Repubblica araba di Siria. Dalla primavera 2011 la sua autorità è stata contestata in modo massiccio e senza precedenti in ampie zone del Paese. Oggi è un simulacro di quella ereditata dal padre Hafez, per 30 anni padre-padrone della Siria e a capo del sistema clanico-politico più longevo del Medio Oriente arabo.
Poche ore dopo le stragi parigine del 13 novembre. Assad ha ripetuto il suo «ve l’avevo detto». Nell’autunno 2012, quando la rivolta popolare anti-governativa si era ormai militarizzata e radicalizzata in senso islamico, il raìs di Damasco affermò che chiunque avesse tentato di destabilizzare il potere avrebbe trasformato il Paese in un nuovo Afghanistan. Dal 2013. quando l’organizzazione dello Stato islamico (Isis) ha fatto il suo ingresso ufficiale nel nord ed est siriano, da più parti si parla di “afganizzazione” o “somalizzazione” della Siria. Un Paese sempre più frammentato, diviso in zone d’influenza gestite da signori della guerra spesso affiliati a potenze regionali.

Assad aveva in parte ragione. Non perché sapeva leggere il futuro, bensì perché stava applicando uno dei fondamenti della dottrina politica paterna: esercitare pressione su chi minaccia il proprio potere, prima mostrando gli effetti negativi della destabilizzazione della Siria, quindi proponendosi come alleato imprescindibile per ricostituire la stabilità e la sicurezza nella regione. Con diverse amnistie promulgate dal 2011 al 2013 nel quadro delle “riforme”, il Presidente ha liberato dalle carceri migliaia di criminali comuni e fondamentalisti islamici, prima usati dai servizi di sicurezza di Damasco In funzione antiamericana nell’Iraq post Saddam Hussein e poi rimessi in prigione a partire dal 2006-07. Tra questi sono circa 10 i jihadisti e qaedisti che ancora oggi figurano a capo di gruppi armati che si dicono parte delle “opposizioni” anti-regime ma che di fatto gestiscono in maniera mafiosa porzioni di territorio fuori dal controllo governativo. Tra i fuoriusciti delle carceri di Assad ci sono anche esponenti dell’ala siriana dell’Isis.

Lo stesso leader libico Muammar Gheddafi nel 2011 aveva avvertito i leader occidentali che le carceri di Tripoli erano piene di “terroristi» (alcuni addirittura reduci dalla prigione Usa di Guantanamo) e che avrebbero infestato l’Europa. Analogamente, prima di essere impiccato il deposto Presidente iracheno Saddam Hussein aveva chiamato i suoi fedelissimi al jihad armato contro gli invasori dell’Iraq, adoperando una retorica “sunnita“ insolita per chi aveva tenuto in pugno il Paese in nome del laicismo. Non è certo un caso se numerosi attuali luogotenenti del “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi, leader iracheno dell’Isis, sono stati per anni esponenti di spicco dell’esercito iracheno e dei servizi di controllo di Saddam.

A differenza di Gheddafi e Saddam Hussein, Assad è ancora vivo. Ed è ancora formalmente al potere. Il Presidente siriano ostenta un sorriso fiducioso da quando alla fine di settembre scorso i Russi e gli Iraniani, da decenni alleati strategici della Siria, sono intervenuti militarmente e in maniera diretta a sostegno delle linee di difesa lealiste minacciate in quelle aree da fazioni delle opposizioni e non dall’Isis. La “Siria di Assad” – da Damasco alla costa passando per Homs – è in piedi grazie all’interesse condiviso di Mosca e Teheran di mantenere i rispettivi affacci sul Mediterraneo.

Gli Assad provengono da una località dell’entroterra di Latakia, sulla costa mediterranea. E appartengono alla comunità alawita, branca dello sciismo e di cui fanno parte anche altri clan che da circa mezzo secolo partecipano alla gestione del potere. Nonostante la crescente polarizzazione

Sopra. Le forze leali al Presidente siriano Bashar al-Assad. Il conflitto interno al Paese è Iniziato nel 2011. quando alle prime rivolte pacifiche II Governo siriano ha risposto con una repressione durissima. Sotto. Un membro dell’Esercito siriano libero (Esl), composto da soldati disertori delle forze armate siriane.

confessionale in corso in tutta la regione (“sunniti contro sciiti”), la forza degli Assad non si è basata esclusivamente sui legami clanico-comunitari. Per lunghi anni, almeno fino ai primi 2000, il loro potere è stato caratterizzato da una discreta partecipazione, a livelli medio alti, di esponenti di comunità sunnite. cristiane, druse e ismailite delle zone rurali e suburbane.

Bashar al-Assad non era l’erede designato al trono della Repubblica siriana. Secondogenito di Hafez, era cresciuto all’ombra di Basel, primo figlio del defunto raìs e sin da giovanissimo descritto come “dotato di carisma“ e “perfetto per una carriera militare di successo”. Già ufficiale d’alto rango nella tristemente nota Guardia repubblicana siriana, Basel era sul trampolino di lancio per succedere al padre quando, a gennaio 1994, si schiantò con la sua auto sulla strada dell’aeroporto di Damasco. Morto in un “oscuro incidente“, Basel fu proclamato immediatamente “martire” dalla propaganda ufficiale.

La sua scomparsa costrinse Hafez a richiamare Bashar in patria. Il secondogenito era da mesi a Londra per completare la specializzazione in oftalmologia, Nella capitale britannica rimase poco più di un anno. Il periodo londinese servì però molto al futuro Presidente per costruire la sua immagine di “modernizzatore" e “aperto all’Occidente”. L’icona di Bashar “riformista” aveva all’epoca sedotto molti Siriani e numerosi osservatori occidentali. Ed è stata in seguito rafforzata dal matrimonio, a novembre 2000, tra Bashar e la giovane Asma al Akhras, figlia di un medico sunnita di Homs trapiantatosi nei Regno Unito e di una funzionaria dell’ambasciata siriana a Londra.
Il credito mediatico e politico che l’Occidente, e in particolare Francia e Usa, riponevano negli Assad cominciò a erodersi dall’autunno 2004. La crisi siro-libanese spinse Bashar a cercare un maggior sostegno russo e iraniano. Porzioni significative della sua sovranità economica e politica iniziarono cosi a essere cedute a Mosca e soprattutto a Teheran Bashar non ha le stesse doti del padre nel gestire il potere. Stretto tra pressioni esterne e una crisi socio-economica interna e di fronte a una nuova ondata di dissenso seguita alla “Primavera di Damasco” del 2000-01 repressa, con decine di intellettuali finiti in carcere, il giovane raìs reagì con scarsa flessibilità diplomatica e affidandosi sempre più a esponenti delle strutture paramilitari e di sicurezza, in mano a membri della famiglia.
Dal 2007 la sua base di potere interna si riduce sempre più. E il regime si è mostrato incapace di cooptare, come un tempo, i diversi poteri locali. La tempesta delle proteste arabe del 2010-11 ha colto Bashar in una posizione di maggior debolezza rispetto al passato. Il sostegno cruciale russo e iraniano alla repressione governativa, messa in atto sin dai primi giorni di manifestazioni (da allora a oggi oltre 250mila Siriani sono morti), ha consentito al raìs di rimanere a Damasco e di essere persino eletto nel 2014 “Presidente della Repubblica” fino al 2021. Ancora oggi la sua figura è legata al futuro della Siria. Chi lo sostiene afferma che Assad è un attore fondamentale per la “lotta al terrorismo” dell’Isis e di altri gruppi estremisti. I suoi detrattori ne chiedono invece la rimozione come condizione per l’avvio di una reale transizione politica, per una genuina riconciliazione tra Siriani e per togliere a jihadisti e qaedisti uno dei pretesti maggiori della loro azione criminale in Siria

Lorenzo Trombetta
(Ph D.) e studioso di Siria contemporanea e corrispondente da Beirut per Anso e Limes per Siria e Libano