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 2016  gennaio 12 Martedì calendario

DELITTI USCITI SUL FOGLIO DEI FOGLI DEL 11 GENNAIO 2016


Marina Havrylyuk, 30 anni e sua figlia Katia, 4 anni. La donna da un paio d’anni viveva a Varcaturo, nel comune di Giugliano (Napoli) con la bambina e col marito Volodymir Havrylyuk, 40 anni, che non trovando un posto fisso per sfamare la famiglia si barcamenava facendo il muratore e lavorando in un vivaio. I coniugi, a detta dei vicini «a modo, tranquilli, più riservata lei, più socievole lui», non s’erano mai sentiti litigare. L’altra mattina chissà perché l’Havrylyuk prese un’ascia e con quella colpì la moglie e la figlia in tutto il corpo. Quindi vedendole stecchite in una pozza di sangue con un coltello si segò la gola, senza però riuscire a morire.
Mattina di sabato 9 gennaio in una casa in via Licola Mare a Varcaturo, Giugliano, Napoli.

Maikol Giuseppe Russo, 27 anni. Napoletano, grande e grosso, timido ma sempre sorridente, ragazzo per bene, vendeva calzini per strada e a Forcella, il suo quartiere, dove tutti lo chiamavano «il gigante buono». Sposato con Anita, due figli piccoli, per dare un futuro migliore alla sua famiglia aveva lavorato prima in America, come cameriere e lavapiatti in un ristorante, poi in Germania, in un’azienda di automobili vicino Stoccarda: guadagnava bene e mandava quasi tutto lo stipendio ai suoi, poi però la nostalgia aveva preso il sopravvento ed era tornato a Napoli dove con moglie e figli viveva nell’umile appartamento in cui abitavano anche i genitori Lina e Antonio e i tre fratelli più piccoli. Pur non avendo soldi si prendeva cura di uno zingarello di 7 anni di nome Babi che aveva i genitori in galera: per tenerlo lontano dai guai gli comprava da mangiare, gli procurava scarpe e vestiti. La sera di Capodanno era davanti alla caffetteria Splendore, dove lavora come barista il fratello venticinquenne Marco, quando da alcune moto cominciarono a sparargli addosso (morto prima di arrivare in ospedale). L’ipotesi è che sia stato ucciso per uno scambio di persona: assomigliava in maniera impressionante al camorrista Luigi Di Rupo, 24 anni, che mercoledì 5 gennaio, a Melito, cercò invano di sfuggire ai killer rifugiandosi in un bar.
Sera di giovedì 31 dicembre a Forcella, Napoli.

SUICIDI

P. C., 52 anni. Residente a Spelonga di Arquata (Ascoli Piceno), molto malato, era accudito oltre che dai familiari da un amico che talvolta restava con lui anche di notte. L’altra mattina l’amico uscì di casa per sbrigare certe faccende e allora lui legò una corda all’inferriata della finestra, l’altro capo se lo girò attorno al collo, e si buttò di sotto.
Dopo le 8 di mercoledì 7 gennaio a Spelonga di Arquata, Ascoli Piceno.

Giovanni Fangani Nicastro, 56 anni. Capitano dei carabinieri in servizio a Roma, sposato, una figlia di 20 anni, era rientrato con la famiglia a Messina per le vacanze natalizie. Da qualche tempo era assai angosciato perché sia sua sorella, sia la vecchia madre, erano malate. L’altra mattina, dovendo fare dei giri con la moglie, uscì prima di lei per andare a prendere la Fiat Croma ma invece di salire sull’auto tirò fuori la pistola d’ordinanza e si sparò un colpo alla tempia.
Mattina di giovedì 7 gennaio in via Osservatorio a Messina.

R. T., 47 anni. Residente a Lumezzane nel Bresciano, meccanico, sposato, due figli di 7 e 16 anni, l’altro giorno scese nel parcheggio sotterraneo del centro commerciale Arcadia, montò sul tettuccio della sua macchina, legò una sciarpa a un tubo del riscaldamento, l’altro capo se lo girò attorno al collo, e si buttò giù. Nessun biglietto.
Alle 14 di venerdì 8 gennaio in via San Nicola da Tolentino a Lumezzane, Brescia.

Pierluigi Di Punzio, 34 anni. Imprenditore edile, viveva a Torre Santa Susanna, nel Brindisino. Qualche tempo Federica Guzzo, 25 anni, mora, grandi occhi nocciola, labbra carnose, sua fidanzata da dieci, l’aveva lasciato e tutti in paese sapevano che lui, che diceva d’amarla alla follia, non si dava pace. Poi lei la scorsa estate s’era messa con Daniele Scredi, 28 anni, e allora il Di Punzio era impazzito dalla rabbia: perseguitava l’ex con telefonate, minacce, pedinamenti. La sera dell’1 gennaio, verso le 23, sorprese la coppia nella zona industriale di Torre Santa Susanna e, forse sconvolto dalla rabbia, con la sua auto s’andò a schiantare contro un pilastro di cemento. Uscì dalla macchina con in pugno un grosso coltello da cucina, si lanciò sulla ragazza infilandole la lama da diciotto centimetri più volte nella gola e nel torace, lacerandole il fegato. Lo Screzi si mise in mezzo per difenderla e si beccò diverse coltellate pure lui. Quindi Di Punzio scappò via a piedi, andò a prendere l’Iveco Daily del nonno, raggiunse un terreno di proprietà di famiglia in contrada Lu Bellu e, chiuso nel furgone, si diede fuoco. Il corpo, semicarbonizzato tra le fiamme che ardevano ancora, ritrovato verso le due del mattino. I due fidanzati, in ospedale in progonosi riservata (lei lotta tra la vita e la morte).
Intorno alle 23 di venerdì 1 gennaio a Torre Santa Susanna, nel Brindisino.