Patrizia Feletig, Affari&Finanza – la Repubblica 11/1/2016, 11 gennaio 2016
INTELLIGENZA ARTIFICIALE OPEN SOURCE L’ALLEANZA DEI GRANDI PER LA TRASPARENZA
Roma
Intelligenza Artificiale per tutti. E’ l’approccio della neonata OpenAI, società non-profit nel campo della ricerca dell’intelligenza artificiale (AI) che si propone di seguire un approccio aperto, open source, per favorire la modalità di collaborazione tra comunità scientifica e sviluppatori di applicazione. La modalità ricorda un po’ quanto accadde all’inizio del millennio quando il genoma umano diventò un database disponibile online per consentire lo scambio di informazioni e far avanzare la ricerca biomedica. E in fondo, lo stesso è stato anche lo spirito di Internet all’inizio. Dietro al varo di OpenAI c’è Elon Musk, il vulcanico ingegnere e visionario miliardario dalle sfide coraggiose: le berline elettriche di lusso Tesla, i voli nello spazio di Space X, le superbatterie agli ioni di litio prodotti nella sua Gigafactory in Nevada. Un anno fa, l’imprenditore trentenne aveva firmato assieme al matematico e astrofisico Stephen Hawking e una dozzina di altri scienziati, un appello sui potenziali rischi dello sviluppo senza freni dell’AI. Questa volta Musk va oltre la crociata preventiva contro un’apocalisse per mano di reti neuronali attivate da algoritmi e avvia, assieme ad altri luminari dell’hi-tech, un’iniziativa concreta. OpenAI si colloca come un tramite tra ricerca scientifica e istituzioni, uno spazio indipendente di riflessione sulle intenzioni che muovono la ricerca prima ancora che sui suoi prodotti, di là da venire. OpenAI si propone di mettere a disposizione in modo trasparente e condivisibile da tutti, gli sviluppi compiuti nel campo della robotica, delle tecnologie di riconoscimento d’immagine, dei sistemi di interpretazione del linguaggio naturale, delle tecniche di apprendimento automatico, delle neuroscienze computazionali. Insomma tutti quei progressi nelle tecnologie che puntano a imitare il funzionamento del cervello umano con applicazioni che spaziano dalla finanza alla chirurgia, ai processi industriali, alla domotica, alla difesa. Tanti i settori che a vario titolo, sono coinvolti nella paventata quanto idolatrata rivoluzione dei robot intelligenti: dalle nanotecnologie alla microelettronica, dalle scienze dei materiali all’informatica. Costituiscono un vasto mercato trasversale in forte crescita. Sulla carta la missione è chiara, meno come si procederà per offrire l’accesso alle nuove tecnologie in modo sicuro per l’umanità. Open AI si focalizza sugli impatti positivi dell’intelligenza artificiale e sul monitoraggio di pericolose derive applicative. Un sistema di elaborazione delle informazioni a somiglianza della mente umana «potrebbe danneggiare la società se costruito o usato in modo scorretto specie se l’intelligenza cibernetica cadesse ostaggio dell’avidità di pochi», si legge sul sito di OpenAI. «Il nostro obiettivo è far progredire l’AI a beneficio dell’intera umanità senza vincoli finanziari». Dichiarazione d’intenti avallata da un investimento iniziale di quasi un miliardo di dollari. Nel manifesto programmatico di OpenAI ci sono diversi richiami alla roboetica, branca dell’etica improntata al rispetto dei diritti umani e alla libertà di scelta nello sviluppo della robotica. Si cerca di contenere i rischi di macchine smart che ragionano senza essere coordinate dall’azione umana. Ci vuole poco perché si trasformino in un’arma a doppio taglio. Prendete un’applicazione apparentemente innocente e provvidenziale per i ciechi come il dispositivo portatile OrCam. Trattasi di una smart camera montata su occhiali da vista che sfrutta la potenza della visione artificiale per riconoscere testi scritti e riferirli a voce attraverso un auricolare indossato dall’ipovedente. Ma la medesima esperienza di “attenzione aumentata” così com’è definita dalla start-up israeliana, potrebbe servire per decodificare in tempo reale informazioni visive e trasmettere queste immagini a un database centrale finalizzato, per esempio, a profilare e schedare chi viene visto tanto a un innocuo vernissage quanto a una manifestazione politica. Chiaramente con finalità diverse. Al fianco di Elon Musk si sono schierate personalità di spicco della Silicon Valley. C’è Sam Altman, fondatore di YCombinator un incubatore di aziende che ha lanciato alcune tra le startup di maggior successo: AirBnB, Dropbox, Stripe. Ha aderito come finanziatore Greg Brockman, ex-capo tecnologico di Stripe, start-up da 3,5 miliardi di dollari che ha sviluppato un sistema di pagamenti online per siti di e-commerce, concorrente a Paypal e di recente quotata al Nasdaq. Partecipano anche Peter Thiel, fondatore di Palantir e cofondatore di Paypal; Reid Hoffman, uno dei papà del social per professionisti LinkedIn, e Jessica Livingston, co-fondatrice di YCombinator. Sul fronte scientifico, si annoverano Trevor Blackwell, ingegnere informatico pioniere nei robot umanoidi e Vicki Cheung specializzata nella ricognizione vocale e co-fondatrice di Duolingo, consacrata nel 2013 la migliore App per imparare le lingue straniere gratis. A rinforzare le fila anche alcuni esperti di ricerca neuro-computazionale strappati a Google, Apple e Facebook. Tutte aziende che con varie declinazioni, sono diventate tra i principali laboratori di applicazioni di AI. La Google car senza conducente; Siri, l’assistente personale di Apple; il suo omologo M sul social blu all’interno del quale è molto attivo Facebook Artificial Intelligence Research (FAIR). L’attrazione di Facebook per l’AI è stata rilanciata giorni fa del suo fondatore il quale, tra i buoni propositi del 2016, ha inserito la creazione di un maggiordomo “simile a Jarvis di Iron Man” guidato da intelligenza artificiale capace persino di accudire Max, la baby rampolla Zuckerberg. A sinistra, un robot dell’ultima generazione.
Patrizia Feletig, Affari&Finanza – la Repubblica 11/1/2016