Giampaolo Visetti, Affari&Finanza – la Repubblica 11/1/2016, 11 gennaio 2016
TUTTI CI CONTANO MA LA CINA DEVE INNANZITUTTO SALVARE SE STESSA
Crescita giù fino al 6,3%, esportazioni in calo, consumi fermi, inflazione sotto il 3%, boom dei prestiti bancari, disoccupazione in aumento, yuan svalutato sul dollaro. È il ritratto dell’economia cinese 2016, stilato da una quarantina di economisti stranieri. La conclusione è che Pechino frena ancora ma tiene e che, nonostante lo scoppio a catena della bolla nelle sue Borse, può contribuire a non lasciar spegnere il motore della crescita globale. Con un doppio punto interrogativo: la tenuta del Pil Usa nell’anno elettorale e l’irrisolta crisi del debito europeo. Lo stallo Ue potrebbe sottrarre alla Cina un altro punto di Pil: quanto basta per farla scendere sotto la soglia estrema della sicurezza sociale e per spingere il mondo in una crisi peggiore di quella alle spalle. L’anno che verrà, nel bene e nel male, si apre però ancora una volta sotto il segno del Dragone, a cui tutte le potenze economiche affidano le speranze di ripresa. Il punto, per la prima volta, è che anche marciando alla massima velocità Pechino non avrà più la capacità del passato di generare crescita all’estero. Strategie dunque da rivedere e soprattutto necessità di riforme tempestive dei modelli di sviluppo. Se nel 2016 la Cina dovrà prima di tutto salvare se stessa, l’Occidente è chiamato a non demolire il maxi-mercato asiatico e le due parti sono obbligate a collaborare per evitare che la catena tra offerta e domanda di beni si spezzi. Il 2015 si è chiuso infatti in un clima di allarme: aumento del costo del lavoro in Cina, diminuzione dell’export verso Usa e Ue e consumi in calo a livello globale. La domanda è se i nuovi mercati basteranno ad alimentare le invecchiate economie con il segno più, concentrate in Oriente, a cui resta la missione di riaccendere quelle esauste in Occidente. Per quanto riguarda la Cina la scommessa sono le riforme. Gli investimenti pubblici, oltre metà del Pil, promettono una «performance mista», sospesa tra maggiori spese per infrastrutture, ma pure eccesso di capacità e debiti elevati di abbattere. La fiducia delle imprese private così si deteriora: solo il 47% prevede maggiori entrate, rispetto al 93% degli ottimisti del 2012. Per fare in modo che nel 2016 la Cina tenga davvero, occorrono dunque due condizioni: l’Europa deve vedere la ripresa con le sue forze e Pechino deve accelerare la transizione verso un’economia realmente di mercato. Una sfida sul filo, in cui basta che un giocatore s’infortuni perché tutti perdano la partita. Il presidente cinese Xi Jinping: la Borsa di Shanghai ha avuto un disastroso debutto nel 2016 ma tutto il mondo spera ancora nella locomotiva cinese.
Giampaolo Visetti, Affari&Finanza – la Repubblica 11/1/2016