Paola Jadeluca, Affari&Finanza – la Repubblica 11/1/2016, 11 gennaio 2016
LAKSHMI MITTAL, IL RE DELL’ACCIAIO CHE FA L’INDIANO SUGLI IMPIANTI ILVA
Ancora si parla del matrimonio di sua nipote Shristi Mittal, figlia del fratello, anche lui nel business di famiglia, avvenuto a dicembre del 2013 a Barcellona. Costo totale 82 milioni di dollari. Ma è per sua figlia, Vanisha, che a suo tempo non aveva badato a spese. Lakshmi Mittal, il re dell’acciaio, potenziale acquirente dell’Ilva di Taranto, per la cerimonia ha scelto il Palazzo di Versailles e il banchetto si è tenuto nel celebre Jardin de la Toulerie. Nozze regali, è il caso di dirlo. Neanche Bernard Arnault, dal suo impero parigino del lusso di Lvmh, è arrivato a tanto. Per il matrimonio di sua figlia Delphine, avvenuto un anno dopo quello di Vanisha, si è accontentato, si fa per dire, di Château Cheval Blanc, a Saint-Émilion, vicino Bordeaux, Una località che, indubbiamente, fa sognare gli appassionati di vino di tutto il mondo. Ma la magione, che è anche la residenza estiva della famiglia, non ha nulla di sfarzoso. La gente del posto ha ricordato per anni l’arrivo di jet e celebrity da tutto il mondo. Ma Laksmhi Mittal ha fatto molto di più: ha riscritto la storia, riportando ai tempi moderni l’eco dei fasti dell’Ancient Regime, quando Luigi XIV monarca assoluto regnava da Versailles e sempre qui si erano sposati il suo Delfino, poi Luigi XV, e Maria Antonietta. Il senso della famiglia è molto forte per gli indiani, anche se, come nel caso di Lakshmi Mittal, vivono da anni a Londra. Lakshmi MIttal, 65 anni, tra gli uomini più ricchi dell’India, uno dei Paperoni in cima alle classifiche mondiali, con un patrimonio personale stimato da Forbes 2015 in circa 9 miliardi di dollari, non si risparmia per onorare al meglio cerimonie e tradizioni. Ma per il resto cerca per quanto più possibile di passare sotto silenzio. Tanto che alcune riviste di tendenza lo hanno immortalato su una spiaggia di Mykonos, famosa isola greca, tranquillamente seduto su una sdraio mimetizzato tra i comuni bagnanti: “Se la potrebbe comprare quest’isola”, evidenziano i titoli. Anche l’Ilva potrebbe comprarla senza batter ciglio. E infatti aveva manifestato il suo interesse già a settembre. Reuters riporta di incontri riservatissimi con il governo. Ma la vicenda del più importante polo siderurgico italiano s’era talmente ingarbugliata da rendere impossibile qualsiasi trattativa. A ridosso della Befana il ministro Federica Guidi ha dato finalmente il via all’esecuzione del programma di cessione dell’Ilva predisposto dai tre commissari Piero Gnudi, Corrado Carruba ed Enrico Laghi, che avrà una durata fino a 4 anni, e contestualmente l’avvio delle procedure per il trasferimento delle aziende che fanno capo alle società del gruppo della famiglia Riva, attualmente in amministrazione straordinaria. Un decreto lampo che ha riaperto tutti i giochi. E il nome di Mittal, anzi di ArcelorMittal, come si chiama il gigante dell’acciaio, è rispuntato. Lo scenario che si prospetta lascia spazio a diverse opzioni. Lo stesso ministro Guidi ha esplicitamente spiegato che la via prevalente è quella di un nocciolo privato cui andrebbe la maggioranza del capitale e poi di un possibile ingresso della Cassa depositi e prestiti con un ruolo minoritario. Ancora una volta il ministro Guidi ha incontrato anche altri partner industriali: Marcegaglia, Arvedi, Duferco, Amenduni. Più che di un singolo soggetto, si parla di una cordata. E questa ipotesi vede in prima fila Arcelor-Mittal in tandem con il gruppo Marcegaglia, uniti fin dall’autunno scorso in merito alla manifestazione di interessi sull’Ilva. Il settore dell’acciaio è in una fase congiunturale difficile. A livello globale si registra una sovrapproduzione e la domanda in calo. A parte il rallentamento dell’economia cinese, questo momento di debolezza secondo l’Ocse è dovuto a una combinazione di fattori, in particolare un’accelerazione degli investimenti cui ha fatto però da contraltare la riduzione dei margini di profitto. Anche il crollo del petrolio, e di altre materie prime, ha fatto registrare un impatto negativo sul settore, facendo crollare i prezzi in particolare nel segmento per le forniture dei tubi e delle condutture. In questo scenario è inevitabile una forte spinta alle aggregazioni, alle concentrazioni. E di nuovo si assiste alla ricerca di partner internazionali per ottimizzare economie di scala e il controllo della filiera, secondo quanto evidenziato dagli analisti di EY, Ernst&Young, in “Global steel 2015-2016”. Una fase di rivoluzione globale dove c’è chi chiude e chi cambia vento. Lo stesso gruppo italiano Marcegaglia ha messo in atto nuove strategie in vista di nuove partnership e delle trasformazioni necessarie per restare un protagonista dell’industria del futuro. L’India, però, va controcorrente: «La produzione e domanda di acciaio è esplosa negli ultimi 10 anni, trainata dall’industria automobilistica interna». racconta al telefono dall’India Sauro Mezzetti, membro del Comitato scientifico di Osservatorio Asia, nonché presidente della Camera di commercio Italia-India. Spiega Mezzetti:«La produzione è più che raddoppiata, le importazioni superano l’export e l’India è passata al secondo posto della classifica mondiale superando gli Usa, e subito dopo la Cina. Ora, anche sulla base di un mutato scenario politico, ArcelorMIttal sta di nuovo puntando sull’India». Mittal è indiano alla sua maniera. Le basi dell’impero di famiglia furono gettate infatti in Indonesia, tra le prime cosiddette Tigri dell’Asia. L’India, infatti, è ricca di miniere e materia prima, culla naturale per gli acciaieri. Ma il prodotto finito, per anni, è stato venduto e in molti casi anche lavorato all’estero. E cosi che Lakshmi, grande tradizionalista in famiglia, è diventato un uomo d’affari internazionali tessendo la rete di un business che oggi ha basi in Lussemburgo, Romania, Sudafrica, Polonia, Spagna, Algeria, Italia, Indonesia, Kazakistan, Bosnia ed Erzegovina, Repubblica Ceca e altri paesi ancora. Vive a Kensington, uno dei quartieri più esclusivi di Londra, nel Borgo reale di Kensington e Chelsea. Il quartier generale del gruppo, quotato su più piazze mondiali, è invece in Lussemburgo, ex paradiso fiscale. Il grande salto l’ha fatto nel 2006. Due anni dopo il fastoso matrimonio della figlia minore, ha infatti acquisito la rivale francese Arcelor, per 34 miliardi di dollari, una fusione che ha dato vita al numero uno al mondo dell’acciaio. Grande, ma non indenne ai colpi della congiuntura negativa, che ha inferto un rallentamento ai bilanci e profitti della società. Per questo Lakshmi sta rivedendo le sue strategie e si è messo a caccia di nuove alleanze. A partire dall’India. L’India di oggi è come la Cina di quindici- venti anni fa: ha fame di acciaio. Per questo nel 2015 Lakshmi Mittal ha stipulato un memorandum d’intesa con Sail, Steel authority of India - società nata negli anni 70, dopo l’indipendenza dal Regno Unito, per tirare le fila dell’industria dell’acciaio che, a a parte il gruppo Tata Iron and Steel, era stata completamente nazionalizzata, fulcro dei piani quinquennali di crescita basati sull’industria pesante, sul modello russo. Il tempo è passato, i governi sono cambiati. Nel 2014 ha preso il timone del paese Norendra Modi, eletto nella National Democratic Alliance, fautore della nuova era del Made in India, e che ha aperto le porte agli investimenti stranieri. Sail è oggi quotata ed è diventata uno dei principali player. Un alleato strategico per battersi alla pari con gli altri big, in testa Jsw, di Sajian Jindal, numero uno in India, che nel 2014 aveva presentato un’offerta per le acciaierie Lucchini di Piombino, poi vendute agli algerini. Si dice che l’idea gli sia venuta a Fasano, Brindisi, ospite illustre dello sfarzoso matrimonio della rampolla di Pramod Agarwal, magnate del ferro. Jindal si era interessata anche all’Ilva, ma poi le turbolenze burocratiche e giudiziarie avevano spento ogni interesse.
Paola Jadeluca, Affari&Finanza – la Repubblica 11/1/2016