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 2016  gennaio 11 Lunedì calendario

FCA, TRE ANNI PER DECIDERE IL DESTINO. IL NODO DEBITI RINVIA L’INTESA CON GM

Un mese per capire i prossimi tre anni. Il gennaio 2016 di Fca è un momento chiave nella storia della società. Le tappe in calendario erano tre. La prima, la quotazione di Ferrari con il completamento dello scorporo del Cavallino da Fca, s’è svolta il 4 gennaio a Milano. Ed è stata una prima occasione per definire tempi. obiettivi e ruoli nella società. I prossimi due appuntamenti sono al Salone di Detroit, questa settimana, per l’apertura dell’anno mondiale dell’auto, e a Londra a fine mese quando il cda di Fiat-Chrysler ritoccherà gli obiettivi industriali e di vendite del piano 2014-2018. I prossimi due appuntamenti sono al Salone di Detroit, questa settimana, per l’apertura dell’anno mondiale dell’auto, e a Londra a fine mese quando il consiglio d’amministrazione di Fiat-Chrysler ritoccherà gli obiettivi industriali e di vendite del piano 2014-2018. Quelli finanziari, ha già preannunciato Marchionne, «saranno invariati». Ma tempi di uscita dei modelli e volumi saranno rivisti: per tenere conto dei cambiamenti nei mercati e soprattutto della nuova road map della società. Perché la scelta di mantenere invariati i target di finanza potrebbe essere un indizio molto interessante per capire le mosse future del gruppo. Se davvero si fosse deciso di lasciar perdere l’ipotesi di fusione e dunque di andare avanti per conto proprio, si cercherebbe un equilibrio tra risultati di bilancio e obiettivi produttivi e industriali.
Se, al contrario, si continua a pensare a un merger, è quello sbocco che finisce per assegnare la priorità ai conti.
IL PIANO DEL 2014
Quello illustrato da Marchionne agli azionisti nel maggio del 2014 a Detroit aveva obiettivi finanziari ambiziosi. Prevedeva l’azzeramento sostanziale dell’indebitamento industriale che a fine settembre 2015 era a 7,8 miliardi di euro. Ipotizzava un aumento del margine operativo tra 8,7 e 9,8 miliardi. Per il 2015 Fca prevede un margine di 4,5 miliardi. I principali effetti finanziari della vendita Ferrari (come l’extrabonus di 2,5 miliardi) si vedranno nel bilancio 2016. Rispetto alle previsioni ci sono valori migliori (i ricavi, previsti nel 2016 a 104 miliardi e che si ipotizzano invece a 110 già nel 2015) e l’indebitamento che nel piano di due anni fa era previsto intorno ai 10 miliardi nel 2016 e che invece oggi è intorno ai 7.
I TEMPI DELL’ALFA
Quella che sta invece rallentando è l’uscita dei nuovi modelli. Soprattutto di quelli Alfa Romeo. La Giulia, modello d’attacco del rilancio del marchio, era prevista a fine 2015 e invece verrà lanciata nella prossima primavera. «Qualche mese di ritardo per le turbolenze dei mercati », ha spiegato Marchionne riferendosi all’andamento delle vendite in Cina. A questo va comunque aggiunta la difficoltà a lanciare una piattaforma in grado di superare tutti i test più severi in Europa e in America e destinata a diventare la base per tutti gli 8 modelli che dovranno uscire entro il 2018. «Cambieremo i tempi ma non il numero delle uscite», ha promesso Marchionne. Questo significa che tra metà 2016 e il 2018, in due anni e mezzo, dovranno uscire 7 modelli Alfa, in media uno ogni 4 mesi. E a questi si devono aggiungere i modelli degli altri marchi, come il suv della Maserati, il Levante, anch’esso previsto in primavera. Un vero tour de force.
INVESTIMENTI E GM
Dal 10 aprile scorso Marchionne ha posto agli analisti il problema della sovraccapacità produttiva: «Senza fusioni l’auto continuerà a bruciare 2 miliardi di investimenti a settimana ». Ma la fusione auspicata da Marchionne, quella con Gm, non si farà presto. La prima notizia di questo gennaio è infatti che a farla non sarà l’ad: «Io non ci sarò», ha annunciato a Milano il giorno della quotazione di Ferrari. Il fatto è che anche i fondi Usa favorevoli al merger preferiscono aprire il dossier della fusione Gm-Fca solo quando l’indebitamento di Fca sarà azzerato. Una road map sulla quale gli azionisti del Lingotto, a partire da John Elkann, non avrebbero opposto resistenza. Anche per non dare credito all’accusa che una parte degli analisti americani ha subito rivolto a Fca: «Vogliono il merger con Gm per risolvere i loro problemi». L’ad e John Elkann avevano risposto da Amsterdam all’inizio di dicembre: «Possiamo benissimo andare avanti da soli». Se l’obiettivo è quello di arrivare al 2018 nelle condizioni ideali per poter fare l’alleanza con General Motors, è chiaro che è soprattutto importante rispettare le promesse finanziarie del piano 2014. Con quali modelli e con quali volumi questo avverrà è importante ma non è il punto decisivo. Quel che conta è avere un buon risultato nel momento in cui gli avvocati delle due parti cominceranno la due diligence sui conti.
IBRIDO E PREMIUM
Al Salone di Detroit Fca presenta un modello ibrido plug-in del suo minivan che viene realizzato a Windsor, dall’altra parte del ponte che unisce la città dell’auto americana al Canada. «Dell’ibrido non possiamo fare a meno», ha ammesso lo scorso anno Marchionne, lasciando intendere che senza questa tecnologia sarà difficile nel medio periodo stare al passo con le norme sempre più rigide sulle emissioni in Usa. Parallelamente a questa innovazione (l’ad non ha mai fatto mistero della sua diffidenza verso le motorizzazioni elettriche per i costi molto alti di produzione) Fca cercherà anche in Usa di puntare sulla fascia premium. Così come il Lingotto sta provando a fare in Europa con Maserati e Alfa. Anche in questo caso l’obiettivo è aumentare i margini.
STABILIMENTI IN ITALIA
Le conseguenze delle modifiche al piano per gli stabilimenti italiani andranno valutate a fine mese dopo la conference call sui risultati del 2015. E’ anche possibile che nelle stesse ore, come previsto dagli accordi aziendali, il vertice di Fca incontri i sindacati firmatari delle intese con il gruppo. L’unico stabilimento che non dovrebbe subire conseguenze è quello di Melfi che lavora da mesi a pieno ritmo e produce 500X e Renegade. Il rilancio di Cassino e Mirafiori e il futuro di Pomigliano dipendono invece molto dai tempi di uscita dei modelli Alfa. Nello stabilimento laziale dovrà iniziare a marzo la produzione della Giulia. Entro il 2018 dovrebbero essere realizzati qui anche il suv medio del Biscione e un secondo modello di auto media, il vecchio segmento C. A Mirafiori invece sono in attesa del via libera il grande suv Alfa e l’ammiraglia del marchio. Se, come riferiscono le indiscrezioni di queste settimane, l’erede dell’attuale Panda dovesse tornare in Polonia, lo stabilimento gioiello di Pomigliano (il primo ad aver ricevuto la valutazione “gold” nella scala Wcm) potrebbe essere chiamato a realizzare i due modelli compatti che sostituiranno l’attuale Giulietta. Al momento solo ipotesi, nell’attesa di fare chiarezza tra poche settimane.
I NODI DA SCIOGLIERE
Il principale punto interrogativo riguarda i tempi della strategia Fca. Ipotizzare una lunga marcia di due anni e mezzo prima di giungere alla fusione con General Motors può sembrare un’operazione rischiosa per i ritmi abbastanza veloci dei cambi di scenario nel settore dell’automotive. Nessuno, fino a settembre scorso, poteva immaginare gli effetti profondi che avrebbe avuto, ad esempio, lo scandalo Volkswagen. Il secondo punto interrogativo riguarda l’indebitamento e le strade per abbatterlo. La via maestra è senz’altro quella della generazione di cassa legata al lancio dei nuovi modelli e all’aumento delle vendite. Ma se si arriverà a ridosso della scadenza del piano e il livello di indebitamento sarà ancora troppo alto, sarà necessario pensare di vendere qualche azienda del gruppo. La principale candidata continua ad essere Marelli anche se sull’argomento Marchionne continua a mantenere un atteggiamento prudente: «La Marelli non è venduta », ha risposto in conferenza stampa alla Borsa di Milano. Nella stessa occasione l’ad del lingotto ha escluso il futuro scorporo di marchi premium come Maserati e Alfa. Il secondo interrogativo riguarda il ruolo degli insediamenti italiani nel nuovo gruppo che nascerebbe dalla fusione. E’ chiaro che solo Alfa e Maserati riusciranno a garantire l’apertura di quattro stabilimenti su cinque e che in realtà l’andamento delle vendite dei due marchi deciderà i livelli occupazionali nella Penisola. L’ultimo nodo da sciogliere riguarda il ruolo di Marchionne. E’ abbastanza improbabile che davvero voglia «andare a fare il giornalista», come ha scherzosamente affermato nella conferenza stampa di Milano. In ogni caso, se anche decidesse di scrivere, non sarebbe quella la sua principale attività. Al momento dell’uscita di scena l’ad potrebbe avere più della quota dell’1,12 per cento di Fca che ha oggi. Convertendo le stock option potrebbe arrivare quasi al due per cento. Insomma potrebbe rimanere un azionista di peso al Lingotto e a Detroit. Inoltre potrebbe mantenere un ruolo di vertice a Maranello. Dove mostra di divertirsi sempre di più. A destra, il presidente di Exor e di Fca, John Elkann insieme a Sergio Marchionne, ad di Fca A sinistra, la Jeep, Renegade, un modello tra quelli più di successo in casa Fca Nel grafico in alto a destra, l’andamento del titolo Fca in Piazza Affari nell’ultimo anno. A fine mese la conference call sui risultati del 2005
Paolo Griseri, Affari&Finanza – la Repubblica 11/1/2016