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 2016  gennaio 11 Lunedì calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 90

(Quando Roma era un paradiso)

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IL CARAVAGGIO SI RIVELÒ IN UN CAMINO –
Sfilata. Duff Cooper, ambasciatore inglese a Parigi, vedendo sfilare il giorno della liberazione i soldati francesi, commentò così: «In questa sfilata non solo non vedo nessuna bandiera inglese o americana. Non vedo nemmeno un po’ di gratitudine, ma solo francesi che si vantano molto pur avendo poco di cui vantarsi».
Cretini. Quando in Italia uscì “Roma città aperta”, furono in pochi ad andarlo a vedere e il film non piacque quasi a nessuno, ad eccezione di Fellini: «Mi fece un’impressione enorme, mi commosse, una proiezione che finì tra l’indifferenza generale di tutti quei cretini».
Film. «Si fa il film, certo, certissimo, anzi probabile» (i cinematografi del dopoguerra secondo Ennio Flaiano).
Falsi. Quando il grande Federico Zeri aveva qualche dubbio su un dipinto, telefonava a Pico Cellini: «Perché non vieni qua a vedere con quegli occhiacci tuoi?». Lo storico dell’arte sosteneva che Pico Cellini aveva la mirada fuerte.
Autentici. «Gli autentici Corot sono circa ottocento, di cui diecimila stanno in America».
Caravaggio. Quella volta che Pico Cellini, dovendo restaurare un quadro appartenente a una Caracciolo che secondo Longhi era un Battistello, si accorse che si trattava di un Caravaggio: «Era veramente uno splendore, ma aveva un fondo nero ancora poco convincente. Io intuivo che fosse un Caravaggio». Ma Longhi, riguardando il quadro, negò: «Si metta bene in testa che questa è una copia di un originale perduto». Cellini continuò a lavorare sul quadro finché, raschiando, non venne fuori un camino acceso. «Allora Longhi, che era veramente un uomo straordinario, non perse tempo a scusarsi: come entrò nel mio studio e vide il quadro restaurato disse: “Ha ragione lei, è Caravaggio». Si trattava de “La negazione di san Pietro”.
Peanuts. I fratelli Riccardi, che avevano iniziato come orefici da fiera, si misero poi a contraffare i bronzi. Erano in contatto con un curatore del Metropolitan, al quale avevano venduto un pezzo autentico, un piccolo balsamario a forma di testa di guerriero, protocorinzio. Il pezzo era piaciuto molto all’americano, che l’aveva comprato subito, e poi aveva detto: «Questi reperti sono belli, ma per un grande museo come il nostro non bastano, sono peanuts». Racconta Pico Cellini: «E così fecero guerrieri etruschi, due mammozzoni che erano un castigo di Dio, così falsi e così sproporzionati che gridavano vendetta».
Genio. «Era un grande pittore, adesso è solo un genio» (Braque su Picasso).
Giuda. Le istruzioni di Giorgio Franchetti su come trattare Mario Schifano che era passato dalla galleria della Tartaruga a quella della Sonnabend: «Fatelo entrare, chiudete la porta e poi dategli uno schiaffo sul viso, leggero, senza fargli male, accompagnato da queste parole: Giuda, vai via con i tuoi trenta denari».
Quadro. «Maestro, come dipinge?». «Se il quadro è piccolo, da seduto. In piedi, se è un quadro grande» (Gino de Dominicis agli intervistatori).
Roma. «…Più in là le alte chiome/dei Pini di Roma che/ispiravano la musica/di Ottorino Respighi, e/sotto i fusti vi pisciavano/i cani di Gabriele d’Annunzio» (Valentino Zeichen).
Giorgio Dell’Arti, Il Sole 24 Ore 11/1/2016