Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  gennaio 11 Lunedì calendario

APPUNTI SU QUARTO E IL M5S PER CINQUANTAMILA

STEFANIA PIRAS, IL MESSAGGERO –

EMILIANO BUZZI, CORRIERE DELLA SERA –
Un braccio di ferro giunto al secondo atto e che sembra non essersi ancora concluso. Il caso Quarto è stato al centro ieri di una giornata convulsa che ha visto i Cinque Stelle divisi tra loro. Da una parte c’è il direttorio, che dopo il vertice sabato a Milano alla Casaleggio associati, ha chiesto un passo indietro a Rosa Capuozzo. Dall’altra la sindaca del comune campano, risoluta a rimanere al suo posto. Indiscrezioni parlano di contatti tra Luigi Di Maio e Capuozzo già nel corso della mattinata, con la richiesta da parte dei vertici M5S di lasciare l’incarico. La prima cittadina — forte anche del sostegno ricevuto da Federico Pizzarotti e Ferdinando Imposimato — non arretra, ma, anzi, rilancia. Nel pomeriggio posta su Facebook un video: «Non c’è nessuna intenzione di dimettermi», dichiara. «I voti della camorra ci fanno schifo», rintuzza. E ancora: «Abbiamo chiuso la porta perché il M5S chiude la porta ai tentativi di infiltrazione».
Il messaggio suona a dir poco indigesto ai vertici del Movimento, che decidono di non rilanciarlo e di ostracizzarlo sui social network. Sono momenti di grande tensione tra i pentastellati. Di lì a poche ore, infatti, è previsto un flash mob a Quarto in sostegno di Capuozzo. La decisione presa è e vuole essere un «gesto inequivocabile per sgombrare ogni dubbio» sulla trasparenza del Movimento e suona anche come «un atto di responsabilità» nei confronti dell’inchiesta di cui si attendono ulteriori sviluppi.
Così, a stretto giro di posta, i Cinque Stelle decidono di controbattere alla loro sindaca, chiedendone pubblicamente le dimissioni. Sul blog viene pubblicato un post a firma del Movimento. Nonostante le frizioni, c’è anche una difesa della sindaca: «Abbiamo preso consapevolezza di aver inflitto un grande colpo al malaffare. Non ci siamo piegati, non si è piegata Rosa Capuozzo», scrivono i pentastellati. Poi, però, si spiega la svolta: «Occorrono decisioni ferme per dimostrare che nessun infiltrato controllerà mai il M5S. E siamo pronti a tornare alle urne quando vi è il sospetto che qualcuno ci abbia provato», si legge. «Noi siamo il M5S e l’esempio vale più di qualsiasi poltrona — conclude il post —. Noi dobbiamo garantire il M5S tutto e per questa ragione chiediamo con fermezza a Rosa Capuozzo di dimettersi e far tornare ad elezioni Quarto». Lei, impegnata in piazza, replica con un «valuterò».
La scelta scuote la base dei Cinque Stelle, che si spacca. Sul web un gruppo di attivisti chiede un referendum, come Andrea Esposito («Perché lo dovete decidere voi se si deve dimettere o no?»). Altri, come Annalisa Taverna, sorella della senatrice Paola, scrivono: «Non sono d’accordo proprio per niente». Molti sostengono la decisione. Alessandro Di Battista su Facebook prova ad argomentare. «Sogno un Movimento che non fa distinzioni. Se al posto di un sindaco del M5S vi fosse stato un sindaco del Pd le avremmo chieste le dimissioni? Non chiedemmo le dimissioni di Marino (allora non indagato) perché stava amministrando anche grazie ai voti portati da alcuni arrestati del Pd?», domanda il deputato laziale. E risponde a chi critica: «Vi voglio bene ma il Movimento si difende con scelte dure, che mai nessuno aveva preso prima d’ora». Interviene anche Pizzarotti, che riprende la vicenda di Roma e punge i vertici Cinque Stelle: «Quando il Pd chiese le dimissioni di Marino, ci indignammo perché lo chiese il partito chiuso nelle segrete stanze. In quale stanza è stato deciso che il sindaco Capuozzo si deve dimettere? Quale discussione, e chi, ha portato a questa posizione?».

*****

EMILIANO BUZZI, CORRIERE DELLA SERA –
Poche parole per rompere il silenzio e respingere le critiche. Luigi Di Maio è laconico e provato dopo una giornata ricca di colpi di scena e tensioni. «Questo episodio mi ha fatto male all’anima. I voti delle mafie sono irricevibili anche quando non sono determinanti», dice il vicepresidente della Camera. Dietro la sua frase ci sono ore interminabili di trattative. Rosa Capuozzo, come sostengono fonti locali dei Cinque Stelle vicine alla sindaca, è stata informata costantemente dal direttorio delle intenzioni pentastellate. Dal supporto dei primi giorni (con i post sul blog) fino alle ultime concitate ore, che avrebbero visto l’intervento diretto di Beppe Grillo.
«Sono orgoglioso di far parte di questa comunità dove prima delle poltrone viene la coscienza», replica Di Maio motivando così il cambio di direzione dei Cinque Stelle. Sul web infuriano i dibattiti interni agli attivisti. Alcuni chiedono delucidazioni. «Ne usciamo a testa alta — controbatte l’esponente del direttorio —. Sia per aver avuto un sindaco che ha arginato i tentativi di infiltrazione, sia per aver mostrato che facciamo quello che diciamo. Le dimissioni di Rosa, che non è indagata sono un segnale di coerenza».
Di Maio entra anche nel merito delle scelte: «Il Movimento ha un garante che è Grillo», sottolinea. E spiega: «A decidere come sempre sono coloro che certificano le liste. Sono scelte relative ai comuni e a casi singoli. Solo che quando si dà il simbolo nessuno si chiede chi lo abbia deciso. Quando lo si toglie, nessuno lo ricorda». Un segnale chiaro, per rimarcare la voce del leader, ipotizzare uno scenario in caso di mancate dimissioni e sgombrare ogni dubbio su una eventuale deriva verticistica del direttorio.
Poi il vicepresidente della Camera lascia trasparire quello che sarà il mantra dei prossimi giorni: i Cinque Stelle si preparano a replicare all’affondo mediatico del Pd. «Il Movimento è a prova di bomba. In 5 anni abbiamo avuto un solo tentativo di infiltrazione e tra l’altro fallito. Il Pd ha inanellato in un solo anno 83 indagati», sbotta Di Maio. Che poi prende di mira direttamente il premier: «Mi fa piacere che il Pd abbia abbandonato il suo finto garantismo. Renzi e la Picierno, che protestava a Quarto, ora chiedano le dimissioni dei sindaci pd indagati». È l’inizio della controffensiva pentastellata. Indiscrezioni che trapelano da ambienti vicini al Movimento fanno sapere che molto probabilmente Di Maio già domani sarà presente in televisione e nelle prossime ore si attende un tam tam mediatico che rischia di inasprire lo scontro politico tra dem e Movimento. Ma, ovviamente, tutto è un sub judice alla scelta di Capuozzo.

*****

FULVIO BUFI, CORRIERE DELLA SERA –
Sindaca un po’ per caso, Rosa Capuozzo si è affezionata in fretta alla poltrona e ci resterà aggrappata fino alla fine, che oramai probabilmente sta per arrivare, perché tra le pressioni dei vertici del Movimento 5 Stelle e un’inchiesta giudiziaria tutt’altro che conclusa, le sarà difficile resistere a lungo. Dove è ora ci è arrivata per una serie di circostanze favorevoli, prendendo anche i voti di molti elettori del Pd, che combinò un pasticcio con l’autenticazione delle liste e finì estromesso dalla competizione elettorale. E lei, di professione avvocato, si è trovata a governare un paese dove il precedente consiglio comunale fu sciolto per infiltrazioni mafiose, e dove in passato successe che un candidato arrestato per questioni di camorra, continuò a fare campagna elettorale distribuendo mozzarelle in cambio di voti e alla fine ottenne preferenze a sufficienza per entrare in consiglio, se non avesse avuto l’impedimento del carcere. Da sindaco Rosa Capuozzo ha fatto soprattutto due cose: ha restituito alla città la proprietà del campo di calcio, e ha avviato l’appalto per l’affidamento della gestione del servizio fognario, che a Quarto è un servizio fondamentale, perché le fogne in gran parte si debbono realizzare, mentre oggi molte case, frutto di abusivismo edilizio, vanno avanti ancora con i pozzi neri.
Due provvedimenti di cui Capuozzo va fiera. Però lo stadio prima che arrivasse lei era gestito da una squadra che si chiamava Nuovo Quarto per la legalità, che aveva come presidente onorario il pm Antonello Ardituro (oggi al Csm) ed era un simbolo dell’anticamorra. Perso il campo, la squadra si è sciolta, non esiste più. E l’appalto per le fogne è andato a un consorzio capeggiato da una ditta colpita da interdittiva antimafia, ed è dovuto intervenire il prefetto a commissariarlo.
Ora lei, nel suo giorno più lungo, passato prima con gli elettori che hanno organizzato un flash mob a suo sostegno, e poi, fino a tarda sera, con assessori e consiglieri del suo gruppo, invita Grillo e Di Maio a una manifestazione anticamorra da organizzare a Quarto. Staremo a vedere se si farà mai.
Fulvio Bufi

*****

DARIO DEL PORTO E CONCHITA SANNINO, LA REPUBBLICA –
Lo schiaffo di Beppe Grillo arriva forte, ma non inaspettato. «Noi siamo il M5s e l’esempio vale più di qualsiasi poltrona. Noi dobbiamo garantire il M5s tutto e per questa ragione chiediamo con fermezza a Rosa Capuozzo di dimettersi e far tornare ad elezioni Quarto». Il leader dei pentastellati pubblica sul blog del Movimento la sua posizione, poi lo posta sulla pagina Facebook. Sono le 19, quando arriva l’inappellabile sentenza: ed è la replica al sindaco di Quarto, Rosa Capuozzo, che poco prima aveva lanciato su Facebook il video in cui, ancora una volta, escludeva qualsiasi passo indietro, rispondendo anche allo scrittore Roberto Saviano («Lo stimo, è un esperto, ma non mi ha chiamato, avrei chiarito»), ignorando le prese di distanza dei suoi vertici. Una mossa subito sconfessata da Grillo. «La strada dell’onestà ha un prezzo. E il prezzo è dover essere, sempre, senza eccezione alcuna, al di sopra di ogni sospetto», sottolinea il fondatore.
La giunta a cinque stelle della città flegrea (unica in Campania) si avvia dunque al capolinea con l’esplosione dell’inchiesta della Procura antimafia di Napoli, titolare il pm Woodcock con il procuratore aggiunto Filippo Beatrice, che vede indagato l’ex consigliere grillino Giovanni De Robbio (espulso appena prima dell’avviso di garanzia, ormai dimissionario). Gravi le accuse: voto di scambio aggravato dalla finalità mafiosa e tentata estorsione ai danni della Capuozzo, che però non ha mai denunciato quel ricatto, peraltro costruito intorno a una vicenda di abusi edilizi che avvolge la casa in cui abita. E’ metodo Marino su Rosa, denuncia però Federico Pizzarotti, il sindaco di Parma. Scrive: «Quando il Pd chiese le dimissioni di Marino, ci indignammo perché lo chiese il partito chiuso nelle segrete stanze. In quale stanza è stato deciso che la Capuozzo si deve dimettere? Quale discussione, e chi, ha portato a questa posizione? Rosa è stata interpellata o si è seguita la consueta modalità di un fredda distaccata comunicazione senza diritto di replica? Ho sempre promosso l’idea di un meetup nazionale, la politica è discussione e partecipazione. Che sia giusta o meno questa posizione, decisa da non so chi, non è stata discussa, e questo oggi forma un grande vuoto».
( d. d. p - co. sa)

*****

DARIO DEL PORTO, LA REPUBBLICA –
L’ultima istantanea la ritrae in piazza, stretta fra un gruppo di sostenitori che l’invitano a non mollare. Ma è sul web, che la sfida di Rosa Capuozzo corre verso l’epilogo. «Valuterò la richiesta di dimissioni, al momento non ho ancora deciso. No, non ho sentito Grillo», dice il sindaco di Quarto mentre sul suo blog il leader del Movimento 5 Stelle le ha appena notificato l’avviso di sfratto dall’amministrazione dell’unica città a guida pentastellata della Campania. A chi la incita ad andare avanti, Rosa risponde: «Continueremo a lottare su Quarto». Quindi invita i due big del Movimento, Roberto Fico e Luigi Di Maio, che proprio sulle sorti della sua amministrazione si sono confrontati duramente, «a partecipare a Quarto a una grande manifestazione contro la camorra». Ma gli eventi hanno lasciato il segno e la tensione di un assedio politico lungo diciotto giorni si fa sentire eccome. In serata, il sindaco riunisce gli assessori, i consiglieri di maggioranza e alcuni attivisti locali per un vertice in cui si valuta la richiesta di dimissioni arrivata dal vertice del Movimento. Una riunione drammatica, organizzata in casa di un consigliere comunale nella speranza di sfuggire ai cronisti. Con due sole alternative sul tavolo: resistere, o lasciare. La discussione va avanti fino a sera inoltrata, senza però arrivare a una sintesi. Solo qualche ora prima, Rosa aveva provato a uscire dalla trincea con un video postato su Facebook: «Devo essere chiarissima: non c’è nessuna intenzione di dimettermi. Ho il sostegno di tutto il Movimento, di tutti i cittadini di Quarto e le dimissioni non le ho prese in considerazione perché non ci sono i motivi», aveva detto rispondendo così anche a Roberto Saviano, che l’aveva invitata a fare un passo indietro. «La sua dichiarazione è frutto della lettura dei fatti descritti dai media, mi avrebbe fatto piacere una sua telefonata per poter chiarire». Seduta alla scrivania del suo ufficio in Comune, lo stemma della città alle spalle, Rosa Capuozzo aveva parlato per cinque minuti provando a scacciare le ombre determinate dall’inchiesta: «I voti di camorra ci fanno schifo», aveva ribadito. E ancora: «Ho sentito dire che i voti di Valeria Ciarambino (capogruppo del M5s nel Consiglio regionale della Campania, ndr) sarebbero in odore di camorra perché ha preso 5.000 voti a Quarto. Siamo al ridicolo. È tutta una strumentalizzazione mediatica». Uno scatto in avanti non concordato con i leader, che infatti la sconfessano subito dopo. Ma anche la spia del carattere tenace di questa avvocatessa divenuta sindaco a sorpresa, al termine di una campagna elettorale segnata dall’assenza delle liste di Pd e Forza Italia e costretta sin da subito a fare i conti con le peggiori insidie della politica di casa nostra: pressioni, ricatti, tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata. Una sfida su cui, adesso, sta per calare il sipario.

*****
ILVO DIAMANTI, LA REPUBBLICA –
IL M5S è, da sempre, coinvolto da polemiche. Dall’esterno ma anche dall’interno. D’altronde, è nella sua stessa natura. La natura di movimento sorto “in polemica” con i partiti “tradizionali”. E, per questo, fluido, e, al tempo stesso, refrattario all’istituzionalizzazione. Perché rischierebbe di omologarlo al sistema che esso contesta. Il prof. Paolo Becchi, in passato (presunto) ideologo del MoVimento, ha cancellato, nei giorni scorsi, la propria iscrizione proprio per questo motivo. Perché il M5s avrebbe accantonato la sua «diversità» fra i ricordi del passato. Senza guida, con Grillo ridotto a un «ologramma». Peggio: complice del governo. La stampella di Renzi, con cui si è accordato per l’elezione dei giudici costituzionali. Queste critiche, in effetti, non hanno scosso il MoVimento. Becchi, d’altronde, conta poco nel M5s. E la sua uscita polemica appare un tentativo di trovare un po’ di spazio mediatico, per non finire del tutto dimenticato. Tuttavia, la questione sollevata, al di là di tutto, è fondata. Soprattutto, in merito alla “normalizzazione”. Come altri partiti “normali”, il M5s, infatti, è scosso da tensioni e conflitti “personali”. A Bologna, Livorno, a Parma… Ma, prima ancora, proprio in questi giorni, è coinvolto in uno scandalo locale molto insidioso. A Quarto, dov’è accusato di essere stato “infiltrato” dalla camorra. Una sorta di “stella nera”, come ha suggerito ieri Roberto Saviano, su Repubblica.
Insomma il M5s sembra essersi svegliato, bruscamente, dal “sogno” che lo aveva trainato per molti anni. Eppure, le polemiche, interne ed esterne non sembrano averlo danneggiato. Fino ad oggi. Almeno, sul piano dei consensi. I sondaggi, condotti negli ultimi giorni (e per questo da valutare con molta prudenza, visto che si tratta di un periodo festivo), segnalano la tenuta del M5s. Non lontano dal Pd. Penalizzato dagli scandali bancari. Gli stessi sondaggi, peraltro, suggeriscono che, in caso di ballottaggio, come previsto dalla nuova legge elettorale, la competizione sarebbe incerta.
Come si spiega questo apparente paradosso di un M5s diviso, accusato da (ipotetici) ideologi e (reali) amministratori interni di essere divenuto un partito “normale” — come tutti gli altri — e, nonostante tutto, ”premiato” dagli elettori? La ragione più probabile è proprio questa. La fine dell’equivoco del “non-partito”, portabandiera dell’antipolitica. Perché, in realtà, il M5s era ed è un partito. Come tutti i soggetti politici che partecipano alle elezioni, con i propri candidati. Ed entrano, dunque, in Parlamento. Perché i partiti sono attori della democrazia rappresentativa. Che agiscono nelle Camere per conto dei “cittadini”. Certamente, il M5s si serve degli strumenti e dei metodi della democrazia diretta. Utilizza la Rete, promuove referendum. Ma si tratta di percorsi seguiti anche da altri soggetti politici. In sequenza inversa. In quanto utilizzano prima gli strumenti della politica tradizionale e quindi i new media. La stessa “politica dell’anti-politica”: è un argomento utilizzato da tutti gli attori politici. Ormai da anni. Con effetti diversi. Il M5s, sicuramente, con risultati migliori degli altri. Perché è più credibile. Mentre, gli altri partiti — storicamente consolidati — si sono deteriorati. Non solo dal punto di vista dei comportamenti, ma sul piano organizzativo. Hanno, cioè, perduto i tradizionali rapporti con la società, con il territorio. Il M5s, invece, è presente sul “terreno” immateriale della rete. Ma, ormai, anche su quello “materiale”. Visto che, sul piano elettorale, è distribuito in modo omogeneo in tutto il Paese. Mentre, in ambito locale, dispone di numerosi amministratori. Gli altri partiti sono “partiti” liquefatti, più che liquidi. Nella società e sul territorio.
Così se, come ho sostenuto altre volte, il M5s è una sorta di mappa della crisi rappresentativa, in questa fase ci permette di dare un senso diverso al clima d’opinione antipolitico e antipartitico. Che non esprime un cupio dissolvi. Un desiderio di distruggere rivolto ai “partiti in quanto tali”. Ma a “questi” partiti. Al modello che essi interpretano in questa fase. Dis-organizzati, a bassa intensità ideologica, non dico ideale. Ridotti a leader abili sui media e agili sui social, piuttosto che a mobilitare le piazze — e le masse. Il problema del M5s, per questo, è duplice. In primo luogo, la difficoltà di combinare questi diversi modelli. Di muoversi fra i media — vecchi e ancor più nuovi — e la piazza. Fra rete e territorio. Perché, se si considera la base elettorale, evoca davvero un partito di massa, tanto è trasversale. Però fatica a intrattenere un dialogo costante con gli elettori, visto che una parte ancora elevata di essi non ha familiarità con la rete. Inoltre, è difficile elaborare progetti e idee senza luoghi di riflessione e di elaborazione. A meno che tutto non si risolva e sia risolto nella figura di Casaleggio.
L’episodio di infiltrazione malavitosa denunciato a Quarto, per questo, potrebbe essere valutato in modo ambivalente. Conferma della “normalizzazione” del M5s. Oppure, al contrario, come conseguenza dell’eccessiva fluidità, che lo rende contendibile e controllabile dall’esterno. Da soggetti e organizzazioni di diversa natura. Anche poco sicura e rassicurante.
D’altra parte, però, il M5s non può rassegnarsi a diventare un partito. Magari migliore. Perché la “diversità” è nella sua biografia. E la “legalità” è nella sua scheda genetica. Allora, per citare Giorgio Gaber, occorre “Far finta di essere sani”. Cioè, di essere diversi. Un non-partito. A ogni costo. Per questo, nel blog di Beppe Grillo, sono state richieste ufficialmente le dimissioni di Rosa Capuozzo, sindaco di Quarto. Perché è a rischio la stessa identità del MoVimento. Protagonista della contro-democrazia (per citare Pierre Rosanvallon). La democrazia della sorveglianza. Il M5s, garante della legalità, degli altri e anzitutto propria, non si può rassegnare a episodi di corruzione. Non solo per ragioni etiche, ma politiche (ed elettorali). Diverrebbe un partito come gli altri. Ma molto più debole e precario. Perché ne imiterebbe i vizi, senza averne la storia né le radici.

*****

STEFANIA PIRAS, IL MESSAGGERO –
La giornata era cominciata all’insegna della resistenza per Rosa Capuozzo. Ed è finita a contare uno per uno i suoi 17 consiglieri di maggioranza per tentare in ogni modo di andare avanti e disobbedire a Beppe Grillo che ieri l’ha licenziata in diretta, via blog. Aveva compreso che a Milano, la Casaleggio associati, aveva già deciso per lei le dimissioni. Ma nonostante questo, ha deciso di rilanciare. Ha pubblicato un video su facebook che ha precisato «non è stato concordato con il Movimento, né a livello locale, né con i vertici nazionali» e ha ripercorso tutte le vicende amministrative finite nell’occhio del ciclone. E poi ha sistematicamente sbandierato sul suo profilo tutte le manifestazioni pubbliche di solidarietà ricevute nelle ultime ventiquattro ore.
Il primo a schierarsi dalla sua parte è stato il collega parmigiano Federico Pizzarotti, poi è arrivato il sostegno del giudice Ferdinando Imposimato che per difenderla ha smontato la richiesta di dimissioni piovuta dallo scrittore Roberto Saviano. L’autore di Gomorra aveva giudicato Rosa colpevole di «incapacità politica». Che poi è la stessa conclusione alla quale è pervenuto il direttorio cinque stelle sfiduciandola via blog. Ma lei non si è persa d’animo e si è presentata in ritardo in piazza, a Quarto, alla manifestazione organizzata per lei dagli attivisti 5 stelle. Mentre raggiungeva la folla ha appreso la notizia della richiesta di dimissioni arrivata sul blog.
Una comunicazione ragionata e fredda, in cui si riconoscono i toni del vicepresidente della Camera. Così nel tardo pomeriggio di ieri, a Milano decidono di premere «invio» e pubblicano il comunicato «Dimissioni, perché sì», una sorta di armistizio con gli avversari che ha due funzioni: la resa e l’avvertimento che, grazie al sacrificio di Rosa, la campagna elettorale per le amministrative non farà sconti e gli attacchi giudiziari dei 5 stelle diventeranno più feroci. Il post esordisce così: «La strada dell’onestà ha un prezzo. Il prezzo è dover essere, sempre, senza eccezione alcuna, al di sopra di ogni sospetto». Le presunte colpe della sindaca si leggono in controluce nel comunicato dove si ammettono tutti gli errori indicati dal Pd. «C’è il sospetto che alcuni voti fossero stati inquinati – si legge - Occorrono decisioni ferme per dimostrare che nessun infiltrato controllerà mai il M5S. E siamo pronti a tornare alle urne quando vi è il sospetto che qualcuno ci abbia provato». Tutta un’altra storia rispetto alle prime giustificazioni per cui i voti del consigliere grillino indagato non erano stati determinanti. Ecco perché il ragionamento a freddo termina chiedendo «con fermezza a Rosa Capuozzo di dimettersi e far tornare ad elezioni Quarto».
D’altronde era Luigi Di Maio che qualche settimana fa in un’intervista era stato lapidario: «Non sono a favore della presunzione d’ innocenza per i politici». E sebbene Capuozzo non sia indagata, Di Maio ha deciso che fosse meglio un passo indietro in vista delle prossime amministrative. Capuozzo ha incassato il colpo, è stata incitata dalla folla, con grande calore, a non dimettersi. «Continua a combattere» le hanno gridato. E lei di rimando: «Continueremo a lottare su Quarto». Poi, in un palchetto improvvisato, ha invitato pubblicamente Luigi Di Maio e Roberto Fico «a partecipare a una manifestazione a Quarto con tutto il Movimento 5 Stelle contro la camorra». Una manifestazione che non era in programma, una trovata che ha il sapore della sfida, dice chi le sta vicino, per guardare a quattr’occhi i colonnelli campani pentastellati che l’hanno accompagnata durante tutta la sua campagna elettorale, appena cinque mesi fa, e che poi non si sono più fatti vedere.
Stefania Piras

****

FRANCESCO MAESANO, LA STAMPA –
Il M5S prova a riprendersi la purezza. Da quando l’ombra della camorra si è stagliata sul comune di Quarto, Campania, l’unico obiettivo della leadership Cinquestelle è stato quello di provare a riprendersi i diritti sulla parola «onestà». Per farlo i vertici del Movimento hanno chiesto con durezza un passo indietro alla sindaca, Rosa Capuozzo, al termine delle ventiquattr’ore più dure per il direttorio dei cinque da quando è stato nominato.
Una giornata cominciata nella piazza principale di Quarto. Attivisti e cittadini, tutti riuniti per un flash mob, una manifestazione estemporanea, in favore di Capuozzo e della legalità. Tra i presenti anche i senatori campani del M5S Nugnes e Puglia. Per alcuni il segnale che il corpo politico dei Cinquestelle di stanza a Roma non era e non è unanime nel volere un passo indietro del sindaco.
Richiesta che invece le è stata recapitata a domicilio. Ieri infatti, mentre la piazza le chiedeva di restare, Roberto Fico la scongiurava di andarsene, prospettandole un’uscita onorevole con tanto di conferenza stampa tra lui e Di Maio. Era stato il vicepresidente della Camera pochi giorni fa a spiegare a Capuozzo che quella delle dimissioni andava valutata come un’ipotesi molto presente.
Lei, ai due membri del direttorio, ha risposto no, mettendo in moto il meccanismo di separazione dal Movimento. Nel pomeriggio, per spiegare ai cittadini la sua scelta di restare e per lanciare un messaggio interno ai Cinquestelle, ha pubblicato un video sulla sua pagina Facebook in cui sosteneva di avere «il sostegno di tutto il M5S, di tutti i cittadini di Quarto e le dimissioni non le ho prese in considerazione perchè non ci sono i motivi».
Casaleggio ascolta, si consulta con Fico e Di Maio e neanche un’ora dopo arriva il blog di Grillo a togliere alla sindaca ogni appoggio. «Dobbiamo dare segnali forti, coraggiosi, in totale discontinuità rispetto a quelli dati dai partiti. Occorrono decisioni ferme per dimostrare che nessun infiltrato controllerà mai il M5S. E siamo pronti a tornare alle urne quando vi è il sospetto che qualcuno ci abbia provato. Noi siamo il M5S e l’esempio vale più di qualsiasi poltrona. Noi dobbiamo garantire il M5S tutto e per questa ragione chiediamo con fermezza a Rosa Capuozzo di dimettersi e far tornare ad elezioni Quarto».
Unica alternativa al passo indietro «l’espulsione», spiegavano a stretto giro dai vertici. Nessuna trattativa e nessuna conta dei consiglieri in «stile Marino». «Valuterò la richiesta del Movimento di dimettermi. Al momento non ho ancora deciso. Oggi non ho sentito Grillo», ha replicato Capuozzo uscendo a salutare cittadini e simpatizzanti. Ma gli spazi per un’uscita onorevole erano ormai irrimediabilmente esauriti. Tanto che, dopo il bagno di folla, si è chiusa in una riunione con i suoi consiglieri per capire se e come provare ad andare avanti.
E al suo fianco si è schierato Federico Pizzarotti, che nei giorni scorsi aveva cercato di saldare un fronte dei sindaci Cinquestelle in supporto a Capuozzo: «In quale stanza – chiedeva ieri il primo cittadino di Parma – è stato deciso che il sindaco Capuozzo si deve dimettere? Quale discussione, e chi, ha portato a questa posizione? Rosa è stata interpellata o si è seguita la consueta modalità di una fredda distaccata comunicazione senza diritto di replica? Ho sempre promosso l’idea di un meetup nazionale, proprio perché la politica è discussione e partecipazione, è organizzazione e dibattito, è decisione, confronto e partecipazione. Che sia giusta o meno questa posizione, decisa da non so chi, non è stata discussa, e questo oggi forma un grande vuoto».

*****

GUIDO RUOTOLO, LA STAMPA –
Uno scontro disperato. Con lei, la sindaca pentastellare di Quarto, Rosa Capuozzo, che non intende dimettersi anche se poi, di fronte a una richiesta di dimissioni perentoria dello stesso Beppe Grillo che chiede nuove elezioni, apre dicendo che rifletterà sul passo da compiere.
Un epilogo politico, le (quasi) scontate prossime dimissioni del primo cittadino, dagli effetti clamorosi per le implicazioni che avranno sullo stesso Movimento dei Cinque Stelle, ma che non risolve comunque la vicenda giudiziaria che vede coinvolto un consigliere comunale, il primo degli eletti grillini con quasi mille preferenze, Giovanni De Robbio, accusato di tentata estorsione nei confronti dello stesso sindaco Capuozzo, e di voto di scambio con una famiglia di imprenditori legati al clan Polverino, i Cesarano.
La camorra, naturalmente, affolla di sagome sinistre il palcoscenico di Quarto. Gli appalti fanno gola a una criminalità che qui ha il segno di una organizzazione mafiosa. E la vicenda della squadra di calcio, della gestione del campo sportivo e dell’appalto per la manutenzione della rete idrica e fognaria sono i primi impegni della neonata amministrazione grillina - insediata l’estate scorsa - che si è mossa impacciata e senza esperienza.
Ma il sindaco, che pure è vittima della tentata estorsione del consigliere De Robbio - espulso solo una settimana prima che vi fossero le perquisizioni del pm John Henry Woodcock - è sul banco degli imputati per una omessa denuncia e soprattutto per un abuso edilizio che la rende poco credibile - e con lei i Cinque Stelle - a guidare una battaglia politica contro l’abusivismo.
Ieri, la sindaca ha tentato una disperata autodifesa con un messaggio sul web. Proponendo la sua ricostruzione dei fatti che non coincide con quanto sta emergendo dalla inchiesta del pm John Henry Woodcok.
Lei, ma anche i grillini, hanno sempre detto che hanno combattuto la camorra e che hanno espulso De Robbio quando si sono accorti della sua caratura diciamo politica divergente. «Le nostre - ha ribadito il sindaco ieri - sono state divergenze politiche».
In realtà, come emerge dalle intercettazioni, dalle stesse ammissioni a verbale del sindaco, e dall’esito delle perquisizioni della vigilia di Natale, De Robbio ricattava Rosa Capuozzo per via dell’abuso edilizio della propria casa.
Voleva la nomina a presidente del Consiglio comunale, De Robbio. È vero che il sindaco non si è piegata alla richiesta, e non ha accettato di condividere con lui le nomine di assessori e dei vertici della burocrazia comunale. Né ha accettato di privatizzare diverse attività affidate al settore pubblico. Ma quando giustifica De Robbio, che lasciava intendere di avere una foto che documentava l’abuso, come se fosse stato mosso da una preoccupazione che la vicenda diventasse di dominio pubblico, è consapevole di mentire?
Nel suo interrogatorio agli atti della inchiesta, infatti, emerge con chiarezza la consapevolezza del sindaco di essere ricattata. Ma lei non denuncia, non si muove, non chiede di cacciare il consigliere comunale fino a quando la situazione non precipita.
Stamani al Tribunale del Riesame il pm Woodcock discuterà le informative dei carabinieri e (forse) anche diverse dichiarazioni di testimoni o persone informate sui fatti, come il dirigente grillino Roberto Fico.
In questi giorni le indiscrezioni che non hanno mai trovato conferme, hanno ipotizzato di telefonate tra il sindaco e il presidente della Commissione di vigilanza Rai, Fico. E si aspetta di leggere gli atti per cercare telefonate compromettenti tra De Robbio e il suo referente nazionale grillino, Luigi Di Maio.
Molte attese andranno deluse, ma la sensazione è che la Procura di Napoli voglia avere quanto prima risposte convincenti dal sindaco, anche se ormai è prossima alle dimissioni.

*****

FRANCESCO MAESANO, LA STAMPA –
Salvata la faccia, ora Casaleggio dovrà gestire il ritorno delle tensioni interne alla sua creatura politica. Letta in controluce, la vicenda di Quarto che ha investito i Cinquestelle ha un lato tutto interno all’organizzazione politica del M5S che l’improvvisa accelerazione della cronaca di questi giorni ha un po’ nascosto.
Per chiedere al sindaco Capuozzo un passo indietro si è mosso il direttorio, cioè l’organismo di cinque deputati installato da Casaleggio e benedetto da Grillo per amministrare il Movimento. Eppure, a quella che in teoria sarebbe l’istanza apicale dei Cinquestelle, la prima cittadina di Quarto ha risposto ben due no. Uno venerdì sera e uno ieri pomeriggio. Evidenziando così l’originario e mai risolto deficit di rappresentatività di questa struttura che infatti, per veder riconosciuta la sua leadership, è dovuta tornare sul blog di Grillo per chiedere con forza le dimissioni. Smentendo, tra l’altro, la difesa del sindaco di appena poche ore prima.
Una serie di contraddizioni e inciampi che evidenziano come il direttorio, composto tra l’altro da soli deputati, non abbia la forza sufficiente per chiudere da sé le partite interne a causa di una strisciante ma costante opera di delegittimazione che parte proprio dai territori e trova sponde nazionali soprattutto in Senato.
Lasciando per un secondo da parte la convulsa questione di Quarto, è utile dare uno sguardo a quel che è successo con l’espulsione del sindaco di Gela. Il sindaco, per ora, è rimasto al suo posto, e la giunta fantasma ex-cinquestelle fluttua nello stallo politico. Un bel problema, soprattutto in chiave di voto amministrativo.
Su questa e altre contraddizioni Federico Pizzarotti intende giocarsi tutte le fiches politiche che gli sono rimaste dentro il Movimento. La sua ultima battaglia si chiama meet-up nazionale. Per come la immagina il sindaco di Parma sarebbe qualcosa di molto simile a una segreteria di partito votata al termine di un congresso, anche se Pizzarotti difficilmente userà questi termini.
Ieri il sindaco di Parma ha rilanciato questa ipotesi appena dopo l’invito ad andarsene rivolto da Capuozzo dal blog di Grillo. E intorno all’ipotesi di chiedere a Grillo e Casaleggio la costituzione di un meet-up nazionale si stanno già saldando due istanze: quella dei duri e puri, che hanno già espresso giudizi molto negativi sulla gestione dell’affaire Quarto, senza la trasparenza e senza passaggi sul blog. E i morbidi, quelli che invece vorrebbero una normalizzazione, almeno nelle strutture, del M5S.