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 2016  gennaio 09 Sabato calendario

MISSIROLI, IL MISSILE D’ITALIA

Nella Nazionale campione del mondo a Berlino 2006 il ct Marcello Lippi schierava tre ragazzi di Calabria: Rino Gattuso, Simone Perrotta e Vincenzo Iaquinta. Nel piccologrande Sassuolo di Eusebio Di Francesco ci sono altri tre calabresi, colonne portanti del club del signor Confindustria Giorgio Squinzi: il genio ribelle Mimmo Berardi, il bomber letterario Sergio Floccari e poi il gigante buono (191 centimetri) e uomo-mercato Simone Missiroli. Il “Missile” fin dai tempi delle giovanili della Reggina, la squadra del cuore e della sua città dove è nato 29 anni fa. Una famiglia di sportivi i Missiroli: papà Battista calciatore della Reggina - «lui faceva tutta la fascia» - e poi allenatore, madre e sorella giocatrici di basket. Una carriera partita a razzo quella di Simone, esordio in maglia amaranto in Serie A a 18 anni, («primo gol a 19, contro la Samp a Marassi, ma perdemmo 3-2», ricorda) e protagonista dell’«Impresa»: la salvezza della Reggina condannata per illecito sportivo al pesantissimo handicap di partenza del meno 11.

Cominciamo da lì, stagione 2006-2007: la grande cavalcata con Walter Mazzarri alla guida della Reggina.

«Un maestro di campo e di vita Mazzarri, così come Di Francesco e Donadoni che ho avuto a Cagliari. Quell’anno alla Reggina disputai 25 partite e per me è stato come vincere lo scudetto... Sembrava impossibile, all’inizio erano 15 punti da scontare, ovviamente ci davano per spacciati e invece riuscimmo a salvarci e a conquistare il 14° posto. Una squadra fantastica con Rolando Bianchi e Nicola Amoruso che realizzarono una valanga di gol e fino a gennaio uno straordinario Leon che adesso è cittadino onorario di Reggio Calabria».

Una città che attualmente è fuori dal grande calcio.

«Dopo i fasti della società del presidente Lillo Foti è un momento difficile per la Reggina, la mazzata è stata nel 2011, sconfitti ai playoff perdemmo il treno per tornare in A. Ora la serie D è una punizione eccessiva per la gente e la passione di una comunità che vive da sempre di sport, calcio e pallacanestro in primis. Consoliamoci con la Viola Basket in A2».

A Sassuolo invece gongolano per la squadra più “nazionale” della Serie A: Di Francesco schiera una formazione per 9 undicesimi composta da italiani.

«È un bel messaggio quello che stiamo dando da diversi anni. I troppi stranieri nel nostro campionato secondo me non sono un problema, basta avere quelli bravi. E comunque un ragazzo nato e cresciuto in Italia se ha le qualità prima o poi emerge e si impone comunque».

Missiroli è uno di questi, partito presto, ma esploso forse un po’ tardi?

«Ognuno ha il suo processo di maturazione. Dopo la Reggina ho girato, Treviso, Cagliari poi sono tornato a casa e infine eccomi qua a Sassuolo dove i primi sei mesi in B, con Pea in panchina, furono complicati, ma con l’arrivo di Di Francesco ho cominciato ad ingranare e abbiamo vinto il campionato. Poi anche il primo anno di Serie A c’è stato qualche inghippo, ma quando è scattata la molla, non mi sono più fermato. Il mister mi ha trovato la giusta posizione in campo e adesso mi pare che i risultati si vedano...».

Il “Missile” appetito dai grandi club può giocare anche centrale di centrocampo davanti alla difesa, alla Pirlo, anche lui transitato dalla Reggina, stagione 1999-2000.

«Diciamo che all’occorrenza faccio il “Magnanelli” anche se quel ruolo lo interpreto in maniera diversa dal nostro capitano: io mi lancio molto in avanti e a riportarmi indietro per non lasciare buchi in difesa ci pensano le urla del mister - sorride mentre passa Di Francesco - ... Pirlo lo guardavo da bordo campo al Granillo e già si intuiva che aveva la stoffa del campione».

Lei ha previsto un futuro da campione anche per Berardi e Pavoletti (un ex ora al Genoa).

«Vero, mi è bastata la prima amichevole precampionato con l’Empoli di Sarri, due anni fa. Per me Berardi e Pavoletti hanno dei numeri superiori alla media. Le loro recenti espulsioni? Quella di Pavoletti è molto strana, a Berardi è capitato di perdere le staffe, ma c’è anche da dire che ad ogni partita subisce una quantità industriale di falli. Anche con me i difensori non sono teneri, ma è una questione di carattere, io incasso e riparto».

Il carattere a Berardi potrebbe costargli l’azzurro, Missiroli invece nonostante le prestazioni eccezionali dell’ultimo anno perché non è stato ancora chiamato dal ct Antonio Conte?

«Berardi merita di andare agli Europei assieme a qualche altro compagno del Sassuolo (Acerbi, suggeriamo noi, ndr). Per me finora i complimenti sono stati tanti e confesso che alle ultime convocazioni c’ho sperato... Se un giorno arriverà la chiamata sarò pronto, il mio gioco il ct lo conosce, sono uno che fa le cose semplici, poco spettacolo e molta sostanza, che poi è la filosofia del Sassuolo».

Nel 2016 siete ripartiti (Missiroli non giocava) con un pareggio contro il neopromosso Frosinone, domani a San Siro sfidate l’Inter capolista.

«Con le grandi finora ci esprimiamo meglio, lo dicono i numeri. Abbiamo battuto la Juventus con i 9 undicesimi della squadra di due anni fa quando ci siamo salvati all’ultima giornata. Vinto con Lazio e Napoli, pareggiato con Fiorentina e Roma e all’Olimpico eravamo passati in vantaggio... Battere l’Inter sarebbe il massimo, sono milanista pur essendo cresciuto in una famiglia di juventini».

Undici punti in cinque scontri diretti con le big, unica sconfitta proprio contro quel “piccolo diavolo” del Milan di Mihajlovic.

«Con il Milan abbiamo perso, ma siamo rimasti in dieci. I rossoneri sono in difficoltà, però andrei piano con i giudizi affrettati, ricordatevi la Juventus di inizio campionato, adesso è lì nel mucchio che se la gioca per lo scudetto».

A quando un Sassuolo in lizza per il tricolore?

«Già mantenere la classifica attuale (6° posto) sarebbe un successo. La nostra forza è lo spirito della “squadra famiglia”, tutti uniti per migliorarci e migliorare: in due anni siamo passati dal 17° al 12° posto, ora entrare tra le prime dieci sarebbe un mezzo scudetto».

Oltre il calcio per Missiroli c’è la lettura e il cinema.

«Un film che mi ha cambiato la prospettiva è stato I cento passi, la storia di Peppino Impastato. Nel 2015 mi ha colpito Anime nere, tratto dal libro di Gioacchino Criaco, racconta uno spaccato molto duro della Calabria ostaggio della ’ndrangheta molto duro. Ma la malavita non è una piaga solo del Sud, il problema è culturale e alla mia e alla nuova generazione spetta il dovere di curare la ferita aperta».

Il “Missile” scende in campo anche nel sociale?

«Con il Sassuolo siamo attivi con molte progetti solidali. Personalmente con l’amico Francesco Cosenza - gioca centrale difensivo nel Lecce - organizziamo aste benefiche e cerchiamo di dare una mano alle associazioni di ragazzi calabresi che hanno bisogno del nostro aiuto».

Altruista in campo, attento al prossimo fuori: segni di un uomo mosso dalla fede?

«Ci sto pensando...».