8 gennaio 2016
WEIMAR, LA REPUBBLICA DELLE COPERTINE DEL FUTURO
La Repubblica di Weimar intorno agli anni Venti era il luogo dove condurre la vita più dissoluta e divertente del tempo. Una sorta di western teutonico grondante di nuovi ricchi, spettatori, scrocconi e avventurieri. E coltissimi amanti dei libri – non necessariamente quest’ultimi differivano dagli altri. In questo clima di sfavillio e decadenza, magistralmente rappresentato nel film Dottor Mabuse di Fritz Lang, si sperimentavano le avanguardie. E la produzione editoriale visse un’età dell’oro di raro splendore. Ne è testimonianza il libro, incantevole, che raccoglie mille copertine fra le più interessanti di quegli anni: basato sulla ricca collezione di Jürgen Holstein, curatore del volume, ritroviamo un catalogo vertiginoso e modernissimo. Dai libri per bambini ai capolavori della letteratura che ancora oggi leggiamo, queste copertine sono un turbinio di energia e audacia. Nell’innovazione tipografica, così come nell’illustrazione e in quello che oggi chiamiamo graphic design, si specchiano i grandi temi dell’epoca: la conquista dell’aria con il volo; l’America emergente come grande potenza; il ruolo delle donne nella nuova società; la gioventù scampata alla prima guerra mondiale; la cultura ebraica; il cinema. Affiora il contesto estetico e culturale dell’epoca che abbraccia l’arco di tempo dal 1918 al 1933, la sua vivacità intellettuale poi calpestata e letteralmente bruciata dall’ascesa del nazionalsocialismo. In questo clima affiorano figure leggendarie dell’editoria (fra i tanti Samuel Fischer, Wieland Herzfelde, Ernst Rowohlt e i fratelli Ullstein) così come grandi artisti che prestavano il loro genio per disegnare, pensare e costruire queste cover (John Heartfield, Olaf Gulbransson, George Grosz, Frans Masereel e E.R. Weiß, solo per citarne alcuni). Il tutto fatto artigianalmente (il lettering disegnato a mano prima di esser gettato nel piombo, collages assemblati con forbici e colla): ed è impressionante come con queste tecniche che oggi consideriamo primitive abbiano comunque raggiunto risultati mozzafiato – l’abbondanza di capolavori prodotti è sconcertante.
Si prenda per esempio la copertina di Berlin Alexanderplatz di Alfred Döblin, disegnata da Georg Salter nel 1931, che riflette il caos della vita berlinese descritta in questo bestseller mondiale (una delle cover più copiate e riprodotte nella storia dell’editoria). Ma anche quella di Einbahnstraße di Walter Benjamin, del 1928: qui la modernità salta fuori dalla pagina (l’uso della fotografia per illustrare i libri risale a questi anni) con un fotomontaggio di Sasha Stone. O ancora la copertina di Alkohol di Upton Sinclair, libro tradotto in tedesco dal futuro Nobel per la letteratura Elias Canetti, che mostrava la marca di una bottiglia di whisky poi nascosta con un adesivo per via di una sentenza. Insomma, questo libro è un monumento non soltanto a un prodotto della cultura di Weimar (i libri e le loro bellissime copertine) ma anche a quella cultura stessa. Un repertorio dal quale emerge una vitalità inaudita, una ricca testimonianza di un’epoca, ma soprattutto una festa per i nostri occhi.