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 2016  gennaio 08 Venerdì calendario

LA LOGICA DELLO STOMACO

Il 2015 che si è appena chiuso verrà ricordato come l’anno in cui i populisti sono andati al potere in Europa. Rivendico la correttezza di usare questo termine, “populisti”. Il punto non è indicare chi sono, nome per nome. Il punto per poterne parlare è indicare cosa sono, indipendentemente dalla loro appartenenza. Populisti non sono coloro che si limitano a dire cose popolari, altrimenti non esisterebbe un leader politico in grado di sottrarsi a questa definizione.
No. Per essere veramente populisti oggi in Europa, bisogna compiere un piccolo salto in più. Bisogna dire cose che non solo risultino immediatamente popolari, ma tali da distorcere, sfigurare e amputare la realtà di fronte a persone prive degli strumenti per comprendere gli effetti della vostra devastante chirurgia. Populismo è una manipolazione costante delle persone e delle circostanze volta a parlare alla pancia degli altri – mai al cervello – per accalorarli, e generare una rendita di posizione. Se questa è la definizione, non importano le insegne sotto le quali vi trovate. Potere rientrare e uscire da questa categoria qualunque sia la vostra targa, qualunque logo sia impresso sul vostro biglietto da visita. In politica, nelle aziende, nelle assemblee di genitori di qualunque scuola italiana o europea.
Per questo dico che nel 2015 il populismo è andato al potere. Non mi riferisco alla vittoria di Syriza e del premier Alexis Tsipras in Grecia il 26 gennaio 2015, ufficialmente la prima forza definita “populista” a conquistare il governo in un Paese europeo. Per un curioso paradosso quello è forse il solo caso in cui il populismo ha dovuto fare un passo indietro. Ad Atene era arrivato concretamente al potere, quindi ben presto ha dovuto fare i conti con le costrizioni della realtà: i timori dei risparmiatori che ritiravano i loro soldi dalle banche, le casse dello Stato ormai vuote, le aziende paralizzate. A quel punto non serviva più a nulla la chirurgia verbale che mutila e amputa le circostanze reali fino ad aumentare la circolazione sanguigna nello stomaco di chi ascolta. Tsipras ha dovuto compiere un’inversione completa di rotta, i greci lo hanno capito e seguito nella direzione opposta.
Piuttosto, il populismo è andato al potere altrove. In molte altre parti di Europa dove non si è neppure votato. Gli è bastato esserci, urlare, gesticolare, sfigurare e amputare i fatti nella loro profondità, quindi crescere nei sondaggi. A quel punto gli altri hanno iniziato ad inseguirlo, imitandolo talmente bene che ai populisti vincere le elezioni non serviva neanche più. Avevano già creato il clima surreale che avevano promesso, trasformando interi segmenti del resto del panorama politico in loro discutibili emuli.

L’integrità del regno Unito. In Gran Bretagna, il premier David Cameron si è lasciato spingere dai nazionalisti dello Ukip a promettere un referendum sulla secessione dall’Europa che oggi minaccia l’integrità dello stesso Regno Unito (la Scozia non accetterebbe di uscire dalla Ue e si separerebbe da Londra). A Parigi, per tenere testa al Front National, il presidente socialista François Hollande è arrivato a vagheggiare una sorta di Guantanamo francese. Persino a Berlino certe posizioni del ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, hanno poco a che fare con la logica economica e molto a che vedere con la voglia di coprire il terreno di caccia di Alternative für Deutschland, il partito tedesco anti euro. L’elenco potrebbe continuare, avvicinandoci a casa nostra e al polverone sollevato da molti sulla pur seria crisi bancaria di fine anno.
La storia purtroppo insegna che chi insegue i populisti è destinato a dissimulare la natura assurda delle loro affermazioni, renderli normali, legittimarli. Alla fine, a farli vincere senza neppure passare dalle urne. Non è tardi per un soprassalto di fronte a questa strisciante messa in minoranza della logica e del coraggio, consumata a colpi di urla nei microfoni. Dipende da noi. Pretendiamo che chi ci parla, da qualunque posizione, parli al nostro cervello. Lo stomaco è lì solo per alimentarci, non per decidere del nostro futuro.