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 2016  gennaio 08 Venerdì calendario

APPUNTI SULLA SAMPDORIA PER METRO – 

STEFANO ZAINO, LA REPUBBLICA 8/1/2016 –
Ha trionfato nel primo derby genovese da allenatore. Ora, l’ambizioso e perfezionista Montella, 41 anni, già nobile curriculum da tecnico più che emergente, si è messo in testa di fermare la Juve, 8 vittorie di fila, rientrata nel giro scudetto.
Può sognare la piccola Sampdoria?
«Piccola, ma in forte crescita. Con un gruppo ricettivo e ampi margini di miglioramento. Nel modo che dico sempre alla squadra: volare alto. Credere in quello che si fa e si vuole ottenere».
Facile parlare così dopo aver battuto il Genoa ed essere diventato un eroe della tifoseria blucerchiata.
«Mi volevano già bene prima, mi hanno concesso un’enorme apertura di credito. Il derby è stato sublimazione del rapporto: impresa emozionante, sofferta, meritata. Una gioia che ti porti dentro a lungo, ma devi saper gestire. Non puoi fermarti, bisogna continuare».
Alle porte la Juve. Come si ferma?
«È la favorita per lo scudetto, la più abituata a vincere. Ci vuole la gara perfetta, convinzione, sacrificio, grinta. Crederci sino in fondo. Non possiamo permetterci di giocare 70 minuti alla grande come con il Genoa, se molli un secondo, quelli ti fulminano ».
Con undici Cassano si sentirebbe più tranquillo?
«Cassano è uno e a me va benissimo. Non ho meriti nei suoi confronti, lo ha detto lui, ha perso 10 chili. Grasso come prima, non lo farei giocare nemmeno io. Si è rimesso in gioco, vorrebbe tornare in nazionale e per me è una manna. Il problema è di Conte, io dai suoi stimoli posso solo trarre vantaggi. Come uomo è maturato, da quando ci sono io, mai una “cassanata”. Ogni tanto deve essere se stesso. Quando va fuori giri, in campo sono dolori per gli avversari».
Lei ha anche Soriano ed Eder.
«Eder è insostituibile, 11 gol in 16 partite, fiuto della rete e lavoro sporco. Nessuno fa le due fasi come lui. Prenderlo sarebbe un affare, l’affare più grande lo facciamo noi se non lo vendiamo. Soriano ha imparato ad inserirsi e a segnare. Può crescere ancora molto. Vorrei tenermelo stretto ».
Invece c’è il mercato.
«Il presidente Ferrero mi ha dato garanzie, usciremo rafforzati. A volte a gennaio si peggiora. Mi accontenterei di rimanere come siamo e non sbagliare uno o due acquisti ».
Affidandosi poi al suo perfezionismo. Staff numeroso, ai raggi x gare, allenamenti, movimenti dei giocatori, singoli reparti, parto continuo di schemi. Bisogna essere così scientifici?
«Un allenatore deve vivere per il calcio. Con il mio staff stiamo al campo tutto il giorno, mangiamo qui. Ci piace conoscere ogni dato. Poi vanno interpretati. È calcio, non atletica».
Aiuta non avere a Genova la famiglia?
«Mi manca molto, distrazione necessaria. Avevo casa a Genova, l’ho subito riaperta, amo l’indipendenza. Ma vorrei con me mia moglie Rachele e i figli Maddalena ed Emanuele. Sono a Roma per scelta, a Firenze frequentavano la scuola francese, ora l’inglese, cambiare ancora li avrebbe confusi. Da settembre saranno qui: con la Samp ho altri 2 anni di contratto e voglia di crescere».
Perchè oggi si trascurano i vivai?
«Sbagliato. Ho cominciato con quello della Roma e in quei casi credo che l’allenatore debba essere prima di tutto un educatore. I genitori spesso sono un problema. C’è uno studio di un’università, più il genitore è disinteressato e più il giovane emerge. Avevamo fatto firmare un foglio: bene a scuola se vuoi giocare e ai padri è vietato fare i tecnici. Bisogna valorizzare il lavoro sul campo. Avevamo un problema con le luci, lo abbiamo illuminato con i fari delle auto. Così la società ha rifatto l’impianto».
Lei pacato, Ferrero vulcanico. Come fate ad andare d’accordo?
«Persona diretta come me. Si diverte a fare il presidente, usa la vetrina. In privato è diverso, pochi lo conoscono».
Non è però come i Della Valle.
«Con loro rapporto eccezionale, mi spiace sia finito male. Vorrei potermi chiarire, non sono mai riuscito a parlare né con Diego, né con Andrea, spero un giorno mi diano la possibilità».
Magari se la Fiorentina vincesse lo scudetto… «Deve crederci. Lotta a quattro, Juve, Inter, Napoli e Fiorentina. La Roma no, prende troppi gol».

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STEFANO ZAINO, LA REPUBBLICA 8/1/2016 –
Ovunque è stato ha lasciato un pezzo di cuore. Vincenzo Montella non rinnega le sue origini, «mi sento napoletano dentro», ma ama pure Empoli, conserva un buon ricordo di Catania, adora Firenze, «città a misura d’uomo e bellissima», ha casa a Roma, dove ora vive la sua famiglia, «perchè i miei due figli, Maddalena ed Emanuele, avevano già cominciato la scuola inglese, dopo quella francese a Firenze, troppi cambi potevano creare dei problemi, e con mia moglie Rachele abbiamo preferito che rimanessero lì con lei sino a giugno, anche se Dio solo sa quanto mi mancano tutti e tre», e dove gioca la squadra giallorossa, suo illustre passato, «un club per cui nutro grande affetto, ci mancherebbe non fosse così, dopo tante partite e tanti gol, uguale a quello per la Samp».
Montella, approccio pacato, modi sempre gentili, riflessivo, anche se da tecnico incredibile perfezionista, maniacale come tutto il suo nutrito staff, ha pochi nemici, dappertutto è ricordato con stima, senza rancore. Un po’ cittadino d’Italia, come molti professionisti del pallone, sostiene però che Genova, o forse, chissà, la Sampdoria, gli dà un qualcosa in più, «un posto in cui mi sento a casa e che mi spinge, forse, anche a scelte irrazionali. Ma la sintonia con l’ambiente è troppo forte, qui sento tutti molto vicini. E’ stato così da calciatore, da tecnico è capitato ancor prima che mi vedessero all’opera. Mi volevano tutti e io non avevo mai allenato la Samp, un’incredibile stima, un’enorme apertura di credito. E poi il sostegno dopo le tre sconfitte iniziali, un supporto che mi ha fatto incredibilmente piacere, mi ha spinto ad andare avanti senza esitazioni. Un segnale che si fidavano di me, del lavoro mio e dei miei collaboratori».
Facevano bene, si potrebbe dire, perchè ora è l’allenatore che ha vinto il derby, ancora di più eroe, ancora di più osannato. Un’impresa che lo ha reso felice, «sono gioie che ti porti dentro a lungo», ma che non lo distoglie nemmeno per un attimo dal suo percorso e dalla sua ambizione, «perchè devi imparare a gestire certe felicità, non ti puoi fermare, bisogna continuare, insistere ». Anche perchè alle porte c’è la Juve, che lui, dopo 8 successi di fila, sogna di poter fermare. Si è calato subito sul pezzo, del resto cosa ci si può aspettare da un allenatore che assieme al suo staff vive tutto il giorno a Bogliasco, che lì consuma pure la pausa pranzo, con un ristorante di Bogliasco che porta il cibo al “Mugnaini” in appositi scatoloni. All’inizio qualche tifoso sgranava gli occhi. E lui: «Tutto normale, niente perdite di tempo. Un allenatore non riposa, vive per il calcio. Con i miei collaboratori ci comportiamo come in un ufficio. Otto ore e in mezzo un break per mangiare». Forchetta e coltello per staccare la spina, in un circuito che per il resto prevede intense sedute sul campo con la squadra, ma anche riunioni tecniche a tavolino, con lo studio scientifico delle partite, dei singoli allenamenti, dei movimenti di tutti i giocatori, dei vari reparti, e con il parto continuo di schemi. Un perfezionista che da tempo ha fatto innamorare il presidente Ferrero, anche se lui sbandiera pure qualche diversivo. «In attesa della mia famiglia, distrazione necessaria, so divertirmi anch’io, vado a teatro a vedere Salemme, qualche concerto, qualche film d’azione al cinema. Però nel calcio di oggi c’è almeno una partita al giorno. E io devo vederle tutte».
Per aggiornarsi e con i suoi collaboratori cercare contromisure all’avversario. Convinto che tanto lavoro sarà premiato, anche per la bontà del gruppo a disposi- zione. «E’ estremamente ricettivo. In una cosa mi ha stupito, ha molta più personalità di quanto credessi. Bisognava solo tirarla fuori. In questo momento non avrebbe senso sbandierare obiettivi, un posto meglio dell’anno scorso (n.d.r sesti), un punto in più (n.d.r 57). Però una cosa è certa, siamo in grado di migliorare molto la nostra classifica. E dobbiamo farlo». Senza paura del mercato che verrà, «Ferrero mi ha dato garanzie, usciremo rafforzati », lustrando i propri gioielli, «Cassano ci esalta, Eder è insostituibile, Soriano sta diventando terribilmente concreto», e i futuri protagonisti, «vedrete che progressi Carbonero e Muriel». Ha sempre considerato unici i tifosi della Samp, «mi hanno commosso quando mi applaudirono a fine gara, da tecnico della Fiorentina avevo vinto tre a zero», e speciale vuole essere il suo regalo. «Ho 2 anni e mezzo di contratto e tanta voglia di crescere con questa squadra. Che non ho sbagliato a scegliere. Mai pentito, nemmeno all’inizio, nemmeno per un attimo. Sono venuto qui per imparare e migliorare. Decolleremo insieme». Come tutti gli Aeroplanini che si rispettano.

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STEFANO ZAINO, LA REPUBBLICA 7/1/2016
L’autoradio di una macchina posteggiata davanti al cancello del “Mugnaini” da dove escono i giocatori spara l’inno della Samp a tutto volume. “Ogni partita una festa sarà” afferma una delle sue strofe, se poi la gara è una vittoria del derby vuoi mettere che tipo di festa può essere? E’ un godimento assoluto, i tifosi blucerchiati lo sanno bene, i duecento che ieri pomeriggio si sono presentati a Bogliasco ne sono perfettamente consapevoli. Ma quella musica che si percepisce nitidamente anche a distanza e che sale nell’aria ormai buia fa capire che anche i giocatori sono consci di cosa significhi il successo, tanto è vero che non hanno problemi a lasciarsi andare. Autografi, selfie, fotoricordo? Questa volta, nel giorno dopo la stracittadina, c’è di più. Qualche giocatore, su tutti Eder, balla persino, si mischia alle danze dei sostenitori, condivide con trasporto l’esultanza.
Del resto lui è uno degli eroi dell’impresa. Montella ha ragione, è stato un successo di squadra, tutti a lui sono piaciuti e si è mostrato indulgente pure con Correa e Muriel, che non sono certo entrati nella contesa con il sacro fuoco. Ma l’Aeroplanino, stratega di un gioco collettivo, non si arrabbierà se in molti sostengono che è stata soprattutto la vittoria dei tre tenori, Cassano, Eder e Soriano, elementi certamente diversi, ma ugualmente decisivi con le loro giocate. Il barese ha confermato la sua ascesa, ha disputato la miglior partita della sua seconda vita in blucerchiato e a tratti, mettendo il piedino in tutti i gol, ha ricordato il Fantantonio dei bei tempi. A fine gara era talmente felice che si è pure concesso, cosa rara per lui, alle telecamere: «Mi sono rimesso in gioco - ha affermato - e ora sono contento, perchè sto ritrovando la condizione fisica. A chi mi dava per finito dico che non capisce niente di calcio: io a 33 anni faccio ancora la differenza. Durante le feste mi sono messo a correre e ho perso un chilo: se vuoi raggiungere degli obiettivi devi sacrificarti. L’ho capito adesso, forse se lo avessi capito a 20 anni era meglio, ma va bene così. Sto vivendo una nuova vita: in Italia, oltre a me stesso, l’unico che fa divertire è Totti. La nazionale? Ho poche possibilità, so che è quasi impossibile, ma voglio giocarmi le mie carte». Per la felicità di Montella, che lo invita a provarci. Perchè a lui un Cassano così fa comodo ed è pronto a riconoscergli tutti i meriti: «Si è ricostruito da solo, con il sacrificio. Io non c’entro nulla». Gli ha solo dato fiducia, ma di questo il barese gli è riconoscente.
Poi c’è Eder, la nuova bandiera e qui il discorso si fa spesso. Perchè l’Inter bussa alla sua porta e la gente doriana teme di perderlo. La fortuna blucerchiata è che Ferrero tiene duro, «per portarlo via ci vogliono tanti soldi», e che i nerazzurri non hanno un euro da spendere. A Milano affermano: prestito gratuito con obbligo di riscatto a giugno. Se la Samp accetta, è un suicidio. Preso sicuramente molto male dai tifosi. Eder comunque dice: «Fare gol al Genoa è sempre bello e questo, dei miei tre, è quello che conta di più, perchè ci ha aiutato a vincere». In più c’è una precisazione su una battuta (forse infelice) fatta a caldo, quando era intervistato assieme a Soriano: «Stavo scherzando, gli ho detto che se il Valencia sborserà 15 milioni per il suo cartellino, con quei soldi la società pagherà gli stipendi a tutta la squadra, ma era solo una battuta, e l’ho anche sottolineato subito, perché alla Samp ci pagano con regolarità. Se qualcuno pensa di destabilizzare l’ambiente manipolando alcune dichiarazioni si sbaglia, siamo felici e al presidente Ferrero dobbiamo solo dire grazie per tutto quello che fa per noi. Ora c’è la Juve, con l’entusiasmo che abbiamo, può scapparci una nuova impresa ».
A firmarla potrebbe essere di nuovo Soriano, primo capitano blucerchiato a realizzare due gol in un derby. «Una delle gioie più belle di sempre. Bellissima la prima rete, ho rischiato, mi è andata bene. Il merito va condiviso con Cassano e i suoi assist straordinari. Abbiamo dato ai tifosi una gioia immensa. Il futuro? Le voci non mi toccano». Anche se sono spesse. Perchè si parla di un assalto del Valencia, oltre al Borussia Dortmund, più del Napoli o del Milan. C’è una clausola rescissoria di 15 milioni di euro, ma attenzione, perchè all’estero hanno soldi e fanno sul serio.
Ai tifosi non resta che aggrapparsi a Ferrero. Che su Cassano scherza: «Ora il cibo lo guarda, ma non lo mangia. E’ un cavallo di razza e Montella è il fantino giusto per esaltarlo». Ma non su Eder e Soriano: «Io non voglio vendere nessuno, ripetere l’errore dell’anno scorso con Gabbiadini. Comunque se desiderano i miei gioielli, ci vogliono tantissimi soldi. Perchè la bottega della Samp è molto cara». E qualcuno, spera, con la saracinesca chiusa. Aperta solo per farci entrare Immobile in prestito, oltre ai due obiettivi annunciati: un centrale di difesa e un esterno sinistro.