Rita Fatiguso, Il Sole 24 Ore 8/1/2016, 8 gennaio 2016
LA LUCIDA FOLLIA DI ZHOU XIAOCHUAN
Sono ore difficili, queste, per il governatore della Banca centrale Zhou Xiaochuan. La sua decisione di insistere sul deprezzamento dello yuan proprio quando le Borse sono alle corde suscita sentimenti contrastanti, agli operatori disorientati sembra priva di ogni logica, davvero l’ultima cosa da fare in un simile frangente con i listini in bilico e le contrattazioni che chiudono a mezz’ora dall’avvio.
Non solo. Mentre la Commissione che vigila sulla Borsa ha riconfermato l’editto che vieta alle blue chip di disfarsi delle azioni, la Safe, braccio armato della Banca centrale per la valuta estera, ha imposto ad alcuni istituti di congelare il trading crossborder per evitare fughe di capitali.
Se si aggiunge il pantano in cui sono ancora invischiate le initial public offerings per le quali si parla di possibili riforme dai contorni ancora non chiari, il quadro è drammatico. Il sistema è imballato.
La Borsa è ferma, i nuovi arrivi latitano, le banche straniere non possono far nulla. Siamo davanti a un mercato congelato, mentre il governatore ogni giorno ormai lima il valore del renminbi con l’unica idea di attirare capitali stranieri sulla piazza cinese attraverso una serie di misure studiate a lungo.
C’è chi parla di lucida follia e chi arriva a paragonarlo a Nerone che suona la lira davanti a Roma in fiamme. Dove sia finita la prudenza di Zhou Xiaochuan non è ben chiaro, di certo dai vertici del partito è arrivato un chiaro segnale di utilizzare la valuta come grimaldello per aprire alla Cina le porte dei mercati mondiali e accelerare la conversione del renminbi ben prima del fatidico 2020.
I contraccolpi, come si è visto, sono terribili, i mercati non si aspettavano questa ulteriore mossa, la speculazione organizzata sulle valute è rimasta spiazzata.
Sul fronte interno, per mettere in sicurezza il Paese, al governatore non resta che usare l’estintore dei divieti. La richiesta di accorciare i tempi – lo ha ammesso due giorni fa lo stesso presidente Xi Jinping, che le riforme vanno accelerate – implica compromessi ai quali Zhou certamente è allergico. Eppure, per come è strutturata la Cina oggi, la strada è segnata e su quella si deve procedere.
Da quando dieci mesi fa Zhou ha dovuto chiedere coram populo al direttore del Fondo monetario internazionale l’inserimento del renminbi nel basket delle monete per il calcolo dei diritti di prelievo, per lui non c’è stata pace. Non si è più fermato. Questa mutazione genetica della Cina è un dato di fatto che il mondo, nel bene e nel male, dovrà imparare ad accettare.