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 2015  novembre 28 Sabato calendario

ERI FORTE PAP


[Graham Hill]

Mi considero fortunato ad aver avuto come padre una leggenda, un eroe nazionale e una celebrità internazionale. Ovunque vada, ancora oggi, trovo qualcuno che mi ricorda la sua vita e i suoi successi. Non ci sono dubbi sul fatto che Graham Hill, mio padre, sia stato un uomo davvero incredibile.
È famoso soprattutto per aver vinto due campionati del mondo di F.1 e rimane il solo pilota ad aver conquistato anche la 24 Ore di Le Mans e la 500 Miglia di Indianapolis, unico detentore finora della cosiddetta “Tripla corona” dell’automobilismo da corsa. Se a questo aggiungiamo le 5 vittorie nel GP di Montecarlo, tutte negli Anni 60, credo si possa dire che ha ottenuto discreti risultati nel suo campo… Ma Graham Hill non è stato solo un numero di vittorie. È stato anche stile. Il modo in cui ha vissuto la sua esistenza e il modo in cui affrontava tutto, danno l’idea dell’uomo. Non ha mai avuto la minima intenzione di lasciar passare un giorno della sua vita senza viverlo al massimo e alla sua maniera. Suo padre, cioè mio nonno, ricordava con orgoglio a quelli che non apprezzavano ciò che Graham stava facendo che forse era meglio se glielo andavano a dire in faccia, di persona. E auguri di buona fortuna... Ho incontrato persone, suoi amici, che mi hanno confessato di avergli voluto bene come a nessun altro, lasciando intendere che lui era riuscito a vivere una vita che potevano solo immaginare. Ma di riflesso aveva regalato loro grandi emozioni, mostrando cosa era possibile raggiungere se solo ci si provava. Credeva in cuor suo che niente fosse impossibile. Il suo messaggio era sempre lo stesso: se ci provi puoi non farcela, ma se non ci provi non saprai mai se ci saresti riuscito. Non aveva alcuna paura di fallire. Molta gente è spaventata dall’idea di fare una brutta figura. Non Graham Hill. Sapeva che poteva uscirne, a seconda del risultato, come uno sciocco o come un eroe. Ma non aveva remore se, per provarci, rischiava qualche imbarazzo. E se questo faceva divertire le persone, meglio ancora. Avrebbe vinto, dentro di sé, comunque fosse andata a finire.
Era duro. Poteva essere caustico ai limiti dell’umiliante verso chi riceveva le sue osservazioni o rimproveri se la situazione lo richiedeva. Nell’inseguire un obiettivo, si aspettava il 100% da tutte le persone coinvolte e ovviamente anche da se stesso. Era un leader, ma in un modo che andava oltre ciò che poteva essere ovvio per un pilota da corsa. Non mollava mai. Mai. E allo stesso tempo gli piaceva scherzare: «Se non ce la fai al primo tentativo, lascia perdere!», diceva. Proprio lui, immaginate!
Poteva mantenere il classico contegno britannico alla perfezione, in modo impeccabile, in ogni situazione. Ma il Principe Ranieri di Monaco aveva visto giusto quando l’aveva descritto come qualcosa di diverso dal tipico British Man. Spesso era molto caloroso. Ranieri lo definì generosamente come un tipo “mediterraneo”. Papà non è mai stato freddo, troppo fiero o arrogante, in nessuna circostanza. Odiava essere pomposo. Sapeva stare bene “con le persone più semplici” e allo stesso tempo “con i re”, come dice Kipling nella sua poesia. E questo è un dono dello spirito. Capiva le situazioni in un modo così profondo da far pensare che questo potesse succedere solo alle persone che vivono sul filo della catastrofe. Non era religioso ma diceva che se si fosse trovato da solo su una zattera in mezzo al mare, senza una speranza visibile di essere salvato, avrebbe cominciato a pregare. Credo non si sia mai aspettato di ricevere un trattamento speciale o privilegiato ed era convinto che ognuno fosse padrone e artefice del suo destino. Il fato non è qualcosa su cui abbiamo il controllo. Non per lui.
Stargli vicino era un gran divertimento e aveva un fantastico senso dell’assurdo. Venne eletto Speaker dell’anno – per i discorsi che si tenevano al termine delle cene ufficiali – in più di un’occasione. Così come “uomo in cravatta” dell’anno e “uomo più elegante di Gran Bretagna”. Si faceva confezionare i vestiti a Savile Row. Era un tipo sofisticato, che conosceva bene quali posti alla moda frequentare. Anche un dandy, se vogliamo. A tutt’oggi la gente non smette di ricordarmi il suo esilarante discorso alla premiazione dopo aver vinto la 500 Miglia di Indianapolis nel 1966. Disse che la cosa che lo rendeva più orgoglioso, riguardo al suo debutto sull’ovale più famoso del mondo, era aver costretto gli organizzatori a mettere le porte alle toilette. Alcune questioni sono più importanti delle vittorie...
A papà sarebbe piaciuto moltissimo vedermi correre e diventare campione del mondo di F.1. E avrebbe adorato veder correre anche suo nipote Josh, mio figlio, che è arrivato fino alla F.3. Dopo che morì pensai: sono stato fortunato ad averlo conosciuto, dunque cosa ho perso? È stato solo qualcosa di guadagnato. Mi ha dato tutto ciò di cui ho bisogno per stare al mondo. Mi ha regalato la giusta attitudine per affrontare la vita. Mi ha trasmesso anche l’amore per l’ingegneria e la scienza. Entrambi amavamo le missioni nello spazio. Mi venne a svegliare, tirandomi giù dal letto, per vedere Neil Armstrong passeggiare sulla Luna. Viaggiavo insieme a lui sul suo aeroplano. Amava volare. Per lui era scienza pura in azione.
L’incidente fu una tragedia che troncò sei vite e sconvolse altrettante famiglie. Ma sono passati quarant’anni. È arrivato il momento di ricordare l’eredità di un uomo incredibile. Più divento vecchio più provo rispetto per lui. Personaggi come Graham Hill non ne fanno più. Purtroppo.

Damon Hill non ha ricevuto alcun compenso per l’articolo che ha scritto. La cifra è stata devoluta alla Down’s Syndrome Association, di cui l’ex pilota è patron nel Regno Unito. Per chi desiderasse fare un’offerta, il sito cui fare riferimento è www.downs-syndrome.org.uk.