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 2015  novembre 18 Mercoledì calendario

CAROLINA: «IL CALCIO HA BISOGNO DELLE DONNE, NON VICEVERSA»

«Appena sono scesa dall’aereo a Teheran, mi hanno messo una coperta in testa. Le donne non possono girare a capo scoperto e giocare a calcio senza hijab (approvato dalla Fifa per i Paesi islamici nel 2012, ndr ) è vietato. Ho accettato di allenare con il velo. Poi mi sono chiesta: è meglio devastarsi di botulino e lifting o indossare il burka?».
A Carolina Morace, 51 anni, nata a Venezia e globetrotter per natura, le sfide sono sempre piaciute. Soprattutto quelle rotonde, capaci di attraversare il cielo della piccola storia contemporanea del calcio femminile — ma non solo — come un traversone. Ce la ricordavamo prima in tutto (105 gol in azzurro in 153 presenze, due finali europee, 12 scudetti, 12 volte capocannoniere in A, allenatrice di una squadra di calcio maschile: la Viterbese di Luciano Gaucci in C1) e la ritroviamo agli antipodi, Perth (Australia), con la vocazione immutata. Pioniera, fino in capo al mondo. È appena tornata dall’Iran dove, da istruttrice di primo livello della Fifa, ha insegnato movimenti, schemi e ripartenze a un gruppo di donne che non possono apprendere dagli uomini né andare allo stadio per vederli giocare né indossare maglia e calzoncini, sia pure «da maschio» come l’Italia (l’abbigliamento è una battaglia che Carolina ha combattuto quando sedeva sulla panchina che oggi è di Antonio Cabrini), né abbracciarsi con troppa enfasi dopo un gol. «Ho grande rispetto per le regole altrui, ma il primo giorno, con il velo, per il caldo mi sono sentita male in campo».
È stata in Giappone, Giordania, Corea. Presto decollerà per Johannesburg, Sudafrica. Insegnare calcio, dopo averlo predicato in parastinchi, è il mestiere che esercita per la Federcalcio mondiale in piena crisi («Chiunque venga eletto spero avrà la stessa attenzione di Blatter per il calcio femminile: per noi ha fatto tanto») e quando non viaggia è d.t. dell’Athena Floreat Fc a Perth, squadra maschile della lega di B. «Mi sono trasferita da due anni — racconta, diretta e mai ruffiana, l’avvocato Morace (laurea in giurisprudenza nel ’98) —. In Italia non avevo più lavoro. Una collega mi convinse ad aprire un’Academy per ragazze. Oggi alleno con metodologia europea, seleziono ragazzi e poi li porto a fare provini in Italia».
La sua eredità di atleta, enorme, è oggi negli scarpini delle giocatrici di Cabrini, cui Tavecchio, tra uno scivolone e l’altro, sta offrendo un futuro. «Le gaffe non le fa solo Tavecchio, cui va riconosciuto il merito di aver scosso l’ambiente: mai come quest’anno la Figc si sta muovendo per gettare basi per il calcio femminile. La Fiorentina ha acquistato il titolo: speriamo che altri club di A la seguano. Siamo in ritardo di 15 anni, in Iran hanno il calcio nelle scuole e noi no, però qualcosa si muove. Quando diedi le mie dimissioni a Carraro le condizioni erano molto diverse…». Qualcosa è rimasto immutato: «Si continua a dare priorità a tecnici uomini, anche senza il nostro passato. È scandaloso. Cabrini invece ha il nostro background: ci può stare». La soluzione è nelle alleanze bipartisan: «Il movimento delle donne ha bisogno degli uomini, e viceversa. Lo dicono i numeri. Il bacino di ragazzi ormai è stato esplorato. Se riusciamo a pescare tra le bambine, cambia tutto. L’unico modo per abbattere i paragoni è alzare il livello di tutti, tecnici e atlete».
Carolina for president (ad averne il coraggio).