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 2015  novembre 17 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - PUTIN E LA SICUREZZA IN ITALIA


PARIGI - La Francia ha chiesto un maggior coinvolgimento militare degli altri Paesi Ue nella lotta all’Is. E la risposta non si è fatta attendere. "La Francia ha chiesto aiuto e l’Europa unita risponde sì", ha detto l’alto rappresentante per gli Affari Esteri Ue Federica Mogherini, annunciando il sostegno "unanime" del Consiglio Difesa all’attivazione della clausola di difesa collettiva prevista dall’art. 42.7 del Trattato di Lisbona chiesta ieri da François Hollande, parlando davanti al Parlamento: "Siamo in guerra, chiediamo aiuto all’Ue".
Il presidente francese ha già comunicato i prossimi impegni, incontrerà Obama martedì 24 novembre e subito dopo, giovedì 26, Putin a Mosca. Con lui ha già ha parlato al telefono per stabilire un "coordinamento degli sforzi" contro lo Stato islamico, lo ha annunciato l’Eliseo. Nel frattempo il presidente russo ha già dato l’ordine: l’incrociatore ’Moskva’, che si trova nel Mediterraneo, coopererà da subito con le forze navali francesi "come alleato". Dovrà stabilire "contatti diretti" con le unità militari francesi in arrivo "a breve" nell’area, come la portaerei Charles De Gaulle, "per cooperare". Hollande vuole che la sua portaerei sia quanto più vicina al teatro siriano per "triplicare le capacità d’azione" dei caccia di Parigi.
François Hollande ha promesso di "distruggere" l’organizzazione jihadista e il suo "terrorismo di guerra", Vladimir Putin ha fatto altrettanto. L’esplosione dell’aereo russo - che ha provocato 224 morti - ora ha dei responsabili precisi: "Li perseguiremo ovunque essi siano e li troveremo in ogni angolo del mondo", ha detto il leader russo.
Aereo caduto, Putin: "Andremo a prendere i colpevoli e li puniremo"
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Dal cielo è partita l’offensiva francese, dal mare quella russa. Mosca ha avvertito preventivamente anche Washington, che ha confermato "un numero significativo" di raid russi contro l’Is a Raqqa. La Duma russa ha poi chiesto ai Paesi europei, del Nord America e del Medio Oriente di formare una coalizione anti-terrorismo come quella anti Hitler, si legge in una dichiarazione adottata dalla camera bassa del parlamento.
Il ministro della difesa Serghiei Shoigu ha aggiunto che Mosca ha cominciato, sempre oggi, ad usare in territorio siriano anche 25 bombardieri strategici a lungo raggio. I Tu-160 e Tu-95 hanno lanciato missili da crociera contro postazioni dei terroristi ad Aleppo e a Idlib. I Tu-22M3 hanno bombardato invece nelle province di Dayr Az-Zor e Raqqa. Inoltre, in concomitanza con i raid aerei russi, le truppe del governo di Damasco hanno lanciato un’offensiva verso Palmira e hanno "liberato" 80 centri abitati in un’area di circa 500 chilometri quadrati, ha confermato il capo di Stato maggiore russo, generale Valeri Gherasimov.
Proseguono frattanto il lavorio diplomatico e quello investigativo. Di siria e di lotta al terrorismo, il capo dello Stato francese ha discusso anche con il suo omologo iraniano Hassan Rohani che, dopo avere annullato la sua visita in Francia a seguito degli attentati: "L’Iran è pronto ad assumere qualunque iniziativa, anche a una cooperazione di intelligence con la Francia, contro i terroristi. In ogni parte del mondo".
Parigi, l’incontro Hollande-Kerry: "Uniti nella lotta all’Is"
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Ottenuto un ’ombrello’ europeo, Hollande ha ricevuto all’Eliseo il segretario di Stato americano, John Kerry, per discutere la "strategia comune nella lotta contro l’Is". Nel manifestare la sua solidarietà, Kerry ha definito i militanti di Daesh come "mostri psicopatici". "Sono convinto che nel corso delle prossime settimane Daesh sentirà una pressione maggiore. La avverte già ora", ha aggiunto il segretario di Stato Usa, ribadendo che "c’è una chiara strategia in atto contro l’Is che sarà sempre più efficace".
Sì al sostegno militare alla Francia, l’esperto: "Ma l’’Italia non è obbligata a intervenire"
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Più prudente la reazione del premier italiano Matteo Renzi: "Mettiamo in conto tutto, ma non si vince con le sole armi - ha detto - l’Italia è in tante partite però lo fa senza dichiarazioni roboanti. Noi abbiamo bisogno di un atteggiamento tipico del nostro Paese: più di soft power". Parigi, inoltre, non rispetterà gli impegni di bilancio europei. Lo ha annunciato il premier francese Manuel Valls, giustificando la richiesta "con la necessità di rafforzare la sicurezza a causa degli attentati del 13 novembre".
Il primo ministro David Cameron è intervenuto oggi ai comuni per tentare di convincere nuovamente i deputati della necessità di bombardare l’Is in Siria. "Credo fermamente che dobbiamo agire", ha detto il leader britannico ai parlamentari. "Il nostro paese è alle prese con una minaccia diretta e crescente e dobbiamo affrontarla, non solo in Iraq ma anche in Siria", ha proseguito Cameron. "Non possiamo, non dobbiamo aspettarci che gli altri si assumano la responsabilità e il rischio di proteggere il nostro paese", ha aggiunto. A fine estate 2013, Cameron non era riuscito ad ottenere il placet del parlamento per colpire in Siria.
La Commissione Ue intanto ha preparato una stretta sulle armi da fuoco, con standard comuni sia sulla disattivazione di quelle militari, che criteri Ue per l’acquisto e la vendita sul mercato legale. I provvedimenti saranno adottati domani dal collegio dei commissari e saranno presentate dal primo vicepresidente Frans Timmermans e dal commissario agli Interni Dimitris Avramopoulos ai media, prima della discussione, al consiglio Interni straordinario di venerdì, convocato dopo le stragi di Parigi. Alla riunione dei ministri Ue si parlerà anche della necessità di rafforzare i controlli alle frontiere esterne e del finanziamento ai terroristi.
Giornalista siriano da Raqqa: "Bombardamenti di notte, luce e acqua vanno e vengono"
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Su Raqqa piovono bombe. Si sono mossi nel buio della notte partendo dagli Emirati arabi e dalla Giordania. La risposta promessa dalla Francia ai sanguinosi attentati è stata affidata a dieci caccia. Rafale e Mirage 2000 hanno colpito insieme, per la seconda volta in 24 ore. E’ un raid simultaneo che non ha concesso tregua. Tutti gli obiettivi individuati nella roccaforte dell’Is nel nord della Siria sono stati "colpiti e distrutti". Raggiunti da almeno 16 bombe, non hanno lasciato più nulla di "un centro di comando" e di una "base di addestramento" dei jihadisti. I jihadisti di Baghdadi "fuggono come topi" e si "nascondono tra i civili", riferiscono gli attivisti anti-Is nella città. "Alcune donne sono andate sui balconi senza velo", in segno di sfida, aggiungono. La Francia proseguirà i raid anche "nelle prossime settimane", la Russia li aumenterà, "per fare capire ai terroristi che le conseguenze delle loro azioni sono inevitabili".
Hollande oggi ha anche annunciato davanti all’Unesco a Parigi che la Francia adotterà un "dirito di asilo" per le opere d’arte minacciate dallo Stato islamico. "Il diritto all’asilo vale per le persone ma l’asilo vale anche per le opere, per il patrimonio mondiale", ha dichiarato il presidente francese in occasione della 70esima conferenza generale dell’Unesco. Hollande ha spiegato che la disposizione figurerà in una legge sulla libertà della creazione che sarà esaminata dal parlamento francese.

ITALIA
ROMA - "Bisogna essere equilibrati e avere buon senso. Certo devi mettere in conto tutti i tipi di intervento, ma la sfida la vinci se riesci a vincere la sfida educativa, non semplicemente con le azioni militari". E’ intervenuto così il premier Matteo Renzi alla presentazione del settimanale Origami parlando della strage di Parigi e del riaccendersi dell’allarme terrorismo. Renzi definito l’attacco alla capitale francese "una aggressione alla nostra identità. "Sono molto prudente sulle parole. Capisco chi utilizza la parola guerra ma io non la uso. E’ evidente che l’attacco di Parigi è strutturalmente un attacco militare - ha spiegato - .E’ una gigantesca aggressione all’idea stessa della nostra identità".
Contro il terrorismo serve certamente una "reazione" militare, ma non è sufficiente e bisogna fare attenzione ad evitare una "Libia-bis". "Certo che ci vuole anche una reazione, è sacrosanto e comprensibile, e devi mettere in conto tutti i tipi di intervento. Ma la sfida la vinci se vinci la sfida educativa nei prossimi 20 anni. Le reazioni da sole producono la Libia-bis - ha spiegato Renzi - . Serve una soluzione, un accordo sulla Libia. Si può immaginare un maggior ruolo anche dell’italia nell’accompagnare un governo che si sia insediato in Libia".
Terrorismo, Renzi: "No a una Libia bis: reazione da sola non basta"
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Renzi ha poi affrontato alcune questioni di politica internazionale, in particolare la collaborazione con la Russia per difendere l’Europa dal terrorismo. Sì che possiamo fidarci di Putin. Sarebbe stato assurdo alzare una cortina di ferro tra noi e la Russia. Non possiamo immaginare di costruire l’identità dell’Europa contro la Russia - ha detto - .E’ assolutamente cruciale che anche Putin partecipi a questa fase".
Parlando dei rapporti Italia-Stati Uniti ha espresso gratitudine perché "se siamo tornati ai tavoli internazionali, che negli ultimi anni sono stati fatti senza l’Italia, è grazie a loro". "L’accordo perché a Vienna tornasse l’Italia è stato fatto grazie agli Usa molto più che grazie ai nostri amici europei. La nostra stella polare è il rapporto con gli Usa", ha detto il premier.
Terrorismo, Renzi: "Fidarsi di Putin? Si, assurdo alzare nuova cortina di ferro"
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Affrontando la possibilità di attacchi al nostro paese il premier ha aggiunto: "Nessuno di noi si può permettere il lusso di dire tranquilli non c’è pericolo: chi lo dice vive su Marte. Hanno colpito persino in Australia". "Nessuno può pensare di essere immune dal pericolo terrorismo". Il premier ha commentato anche le polemiche di questi giorni sul rapporto fra immigrazione e terrorismo. "Se dici ’chiudi le frontiere’, come alcuni hanno fatto in questi giorni, dovresti dire che lo fai per tenerli dentro, perché gli assassini nella stragrande maggioranza dei casi sono nati e cresciuti in Europa - ha aggiunto - . La minaccia viene da dentro".

IL CASINO GIURIDICO INTORNO ALLA RICHIESTA DI AIUTO DELLA FRANCIA
"La Francia ha chiesto aiuto e l’Europa unita risponde sì", assicura la responsabile della Politica estera comunitaria Federica Mogherini che, avendo al fianco il ministro francese della Difesa Jean-Yves Le Drian, annuncia il sostegno "unanime" del Consiglio di Difesa della Ue all’attivazione, per la prima volta dalla istituzione del Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre del 2007, della cosiddetta "clausola di difesa collettiva" prevista dall’art. 42.7, come richiesto dal presidente francese Francois Hollande a seguito degli attacchi terroristici a Parigi.

L’articolo 42.7 del Trattato di Lisbona implica l’obbligo dei Paesi membri di fornire aiuto e assistenza a uno Stato europeo vittima di un’aggressione armata sul suo territorio. La stessa Mogherini ha tenuto a precisare che la clausola "non richiede alcuna decisione formale da parte dell’Unione Europea" ed "evoca solamente assistenza bilaterale e non una missione di difesa comune" sotto l’egida della Csdp (Politica Comune di Sicurezza e Difesa). Parigi potrà ora chiedere a ciascuno Stato membro di contribuire, in vari modi (e non necessariamente con azioni armate), alle operazioni militari nelle quali è impegnata la Francia. E gli Stati membri si sono impegnati a rispondere, anche se non sono obbligati a farlo esattamente nei termini in cui viene posta la richiesta. Il ministro Le Drian conferma: "Il sostegno unanime della Ue, atto politico di grande ampiezza, ci permetterà nelle prossime ore di intrattenere i necessari bilaterali" con ciascuno Stato membro, con l’obiettivo di stabilire con precisione l’aiuto e l’assistenza che ciascuno è pronto ad apportare concretamente ai francesi. Aiuto che potrà concretizzarsi nel quadro dell’intervento militare francese in Siria, oppure su altri teatri perché, ha sottolineato Le Drian "la Francia non può essere dappertutto".
La Ue aiuterà la Francia: nella difesa dal terrorismo o nella guerra al Daesh?
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Al di là del convinto sostegno alla Francia e al dovere della solidarietà, non poche perplessità solleva, anche in Francia, l’uso che in queste ore viene fatto degli strumenti giuridici a disposizione della comunità internazionale per far fronte a un’emergenza terrorismo che il presidente Hollande in queste ore chiama "guerra". Per Gilles Kepel, le parole usate dal presidente Hollande "ricordano quelle impiegate da Bush nel discorso alla base della war on terror doctrine". Ovvero, l’ideologia dello "scontro di civiltà", che impone "nuove frontiere, vaghe e immaginarie, tra due aree culturali, islamica e occidentale", che "mette in discussione il sentimento di appartenenza della minoranza musulmana in Europa". Con l’effetto "paradossale", conclude il politologo e studioso dell’Islam, di "legittimare il processo di radicalizzazione individuale, conducendo all’estremismo e all’accettazione della violenza come modalità d’azione".

Nella sua dichiarazione, Federica Mogherini cita il discorso dello stesso Hollande al Congresso francese, facendo riferimento non a un attacco armato in senso stretto, quanto a un "attacco non solo alla civiltà europea, ma anche alle radici comuni". Così, per lo "scontro di civilità", si aziona una clausola del Trattato di Lisbona scritta pensando all’aggressione dall’esterno di uno Stato nemico, ma a seguito di azioni terroristiche portate da cittadini anche di nazionalità francese. Il rischio è dunque di creare il precedente di una lettura strumentale dei trattati, impugnabile un domani da altre entità statali in situazioni simili a quella francese ma ritenute politicamente diverse. Basti pensare a come cambia la prospettiva del diritto all’autodeterminazione dei popoli se si guarda all’Ucraina da Ovest o da Est. O alla stessa crisi siriana, con Assad che per l’Occidente è un dittatore, per chi lo sostiene un capo di Stato alle prese con "terroristi".
Sì al sostegno militare alla Francia, l’esperto: "Ma l’Italia non è obbligata a intervenire"
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Nel caso francese, il dubbio è alimentato dallo strumento individuato dall’Eliseo per chiedere aiuto: l’art. 42 del Trattato di Lisbona. Che al paragrafo 1 afferma: "La politica di sicurezza e di difesa comune costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune. Essa assicura che l’Unione disponga di una capacità operativa ricorrendo a mezzi civili e militari. L’Unione può avvalersi di tali mezzi in missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite. L’esecuzione di tali compiti si basa sulle capacità fornite dagli Stati membri".

Ed ecco la "clausola per la difesa comune" contenuta nell’articolo 42, al punto 7: "Qualora uno Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite". Ma l’articolo 51 della Carta Onu rappresenta l’eccezione al divieto dell’uso della forza fatto agli Stati membri, sancendo il loro diritto all’autodifesa davanti un aggressione armata portata dall’esterno da un’altra entità statale. Qui si parla di guerra, non di difesa dal terrorismo. Questo il dettato dell’art. 51 della Carta Onu: "Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale". Esistono attualmente divergenze in dottrina sul ricorso all’art. 51 in casi riguardanti non-State-actors, ma la prassi e la giurisprudenza sono abbastanza concordi nel farne un uso tendenzialmente fedele allo spirito della norma. Che peraltro prevede la risposta bellica come misura comunque transitoria fino a una decisione del Consiglio di Sicurezza Onu.

Proseguendo nella lettura della clausola del Trattato di Lisbona, si legge: "Gli impegni e la cooperazione in questo settore rimangono conformi agli impegni assunti nell’ambito dell’Organizzazione del trattato del Nord Atlantico (Nato, ndr) che resta, per gli Stati che ne sono membri, il fondamento della loro difesa collettiva e l’istanza di attuazione della stessa". Anche in questo caso, l’art. 5 del Trattato del Nord Atlantico, che contiene la corrispondente "clausola di solidarietà", prevede che se un alleato è vittima di un attacco armato, ogni altro membro dell’Alleanza dovrà "considerare quell’attacco come portato all’insieme dei Paesi Nato e adotterà le misure che giudicherà necessarie per portare assistenza all’alleato attaccato". Ancora una volta, la clausola fotografa l’intervento dall’esterno di uno Stato nemico, non atti terroristici. Storicamente, l’attivazione della clausola Nato è stata invocata solo una volta e non senza sollevare il dibattito: dagli Stati Uniti dopo l’11 Settembre, dopo aver individuato il mandante degli attentati alle Twin Towers nel santuario del terrorismo internazionale, l’Afghanistan dei talebani. Nel caso di Parigi, indicare quel mandante nello Stato Islamico significherebbe, paradossalmente, legittimarlo come entità statale.

Per fronteggiare nello specifico crisi derivate da atti di terrorismo, esiste un altro articolo del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, il 222, redatto non a caso dopo gli attentati di Madrid del 2004. Si attiva quando uno Stato membro della Ue "ritiene, dopo aver sfruttato le possibilità offerte dai mezzi e gli strumenti esistenti, tanto a livello nazionale che a livello di Unione, che la situazione oltrepassi manifestamente le capacità di reazione di cui dispone". Si fa riferimento, dunque, a una incapacità parziale di risposta che non è presente, ad esempio, nella clausola di solidarietà del Trattato Nato. Secondo l’art.222, l’Unione Europea mobilita allora "tutti gli strumenti pertinenti che possono meglio contribuire alla reazione di fronte alla crisi", strumenti "settoriali, operativi, strategici o finanziari", quindi "militari". Oltre a quella di rispondere a una richiesta di solidarietà in una prospettiva interna alla Ue, l’altra grande differenza rispetto alla clausola dell’art.42 punto 7, è che quella inquadrata nell’art. 222 ha ben altro profilo politico oltre che tecnico, perché la sua attivazione necessita del voto unanime dei capi di Stato e di governo nel Consiglio Europeo. Voto unanime da cui deriva l’obbligo di impegnare risorse finanziarie, di mettere a disposizioni le proprie polizie, i propri servizi segreti, con la possibilità di mettere a bilancio, voce "deficit", le risorse impiegate nello sforzo, come ha fatto capire lo stesso ministro dell’Interno francese Cazeneuve, chiedendo "comprensione" alla Ue.

L’attivazione della clausola prevista dall’art.42, punto 7 viene dunque utilizzata dalla Francia per ottenere l’impegno, finanziario e militare, dei partner europei che saranno coinvolti nei colloqui bilaterali, senza cercare una difficile unanimità in Consiglio Europeo, senza dover battere i pugni in Consiglio di Sicurezza, di cui è pure membro permanente, sperando che Russia e Cina non pongano veti. Ma la "conformità" alle altre basi giuridiche su cui poggia quella clausola, l’art.51 della Carta Onu e l’art.5 del Trattato Nato, non sembra rispondente a una "guerra" il cui nemico si chiama terrorismo. A meno, ancora una volta, di non considerare davvero "Stato" il Daesh.


francesco grignetti
roma
Contro il terrorismo islamista c’è un «fronte delle carceri» da tenere sotto controllo. I fondamentalisti, infatti, fanno spesso proseliti nelle celle, più che nelle moschee o sul web.
In Spagna è accaduto che sia stata sgominata una cellula islamista che progettava attentati e che era nata dietro le sbarre.
Immediatamente dopo gli attentati, anche in Francia è cresciuto il livello di controllo sulle carceri. E ne hanno parlato ieri al ministero della Giustizia, presente il ministro Andrea Orlando. La conclusione è che se serviranno più soldi per investigatori, tecnologie, e interpreti dall’arabo, i soldi arriveranno.
Il direttore dell’amministrazione penitenziaria, Santi Consolo, dopo gli attentati di Parigi ha già innalzato il livello di allerta nelle nostre carceri. Quello che accade tra i detenuti, specie quelli di religione islamica, ovviamente viene controllato da tempo.
Una nuova circolare, però, tre giorni fa è stata diramata a tutti i penitenziari: si chiede ai direttori, agli educatori e agli agenti della polizia penitenziaria la massima attenzione ai fenomeni di radicalizzazione tra i musulmani, specie quelli più sradicati dal tessuto d’origine e dalla famiglia.
I soggetti più fragili, quelli più sensibili all’indottrinamento dei fondamentalisti. Secondo la circolare vanno scrutati i comportamenti di ogni detenuto islamico - ce ne sono in carcere circa 8 mila - per verificare che non chiuda i rapporti con gli altri detenuti, con le famiglie, con gli imam autorizzati e con il resto del mondo, in un percorso di progressivo isolamento ed autoesaltazione.
Al contempo, proprio per evitare che la religione possa diventare uno schermo dietro cui si nascondono discorsi di propaganda per la Guerra Santa, e un argomento di vittimizzazione, nelle carceri italiane inizieranno ad entrare gli imam dell’Ucoii (Unione delle comunità islamiche in Italia). È fondamentale - annota Consolo - che la preghiera sia guidata da un vero imam e non da un detenuto qualsiasi. Attualmente sarebbero 52 le moschee di fortuna ospitate dalle carceri, dove in assenza di un vero imam si aprono pericolosi spazi di autogestione della preghiera.
Il tema è molto studiato a livello europeo. Giusto un mese fa a Bruxelles si è tenuto un vertice al massimo livello tra criminologi, ministri della Giustizia, magistrati e direttori di penitenziari sui modi di prevenire la radicalizzazione dei detenuti. In Italia, per esempio, si fa in modo che nessuno dei circa 100 condannati per terrorismo internazionale entri in contatto con i detenuti comuni.
«È documentata, però - racconta Donate Capece, direttore del sindacato autonomo Sappe - la radicalizzazione di molti criminali comuni, specialmente di origine nordafricana, che pure non avevano manifestato nessuna particolare inclinazione religiosa al momento dell’entrata in carcere. Si sono trasformati gradualmente in estremisti sotto l’influenza di altri detenuti già radicalizzati». Per impedire questi processi, il Dap chiede alla polizia penitenziaria di vigilare. Secondo il Sappe, invece, sarebbe necessario «sospendere il sistema della “vigilanza dinamica” che consente ai detenuti di stare molte ore al giorno fuori dalle celle, mischiati tra loro, senza fare nulla e con controlli sporadici ed occasionali».

LE DATE PERICOLOSE
Giubileo, partite di calcio e concerti. Sono questi gli eventi che vengono tenuti maggiormente sotto osservazione dalle forze dell’ordine dopo i sanguinosi attentati di Parigi. La capitale d’Italia è la città che concentra il numero maggiore di iniziative e quindi su Roma sono puntati tutti gli occhi.
ROMA
- A Roma in cima alla lista c’è la data dell’8 dicembre, quando l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro darà il via ufficiale all’Anno Santo. Ma molti sono i grandi eventi del Giubileo tenuti sotto controllo. Domenica 13 dicembre ci sarà l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Giovanni e di quella di San Paolo fuori le Mura. Il 20 dicembre, si celebrerà il Giubileo dei bambini degli oratori romani ed il 27 quello della Famiglia. Occhi puntati anche sull’1 gennaio 2016, giornata mondiale della pace e data dell’apertura della Porta Santa alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Dall’8 al 14 febbraio ci sarà l’esposizione delle spoglie di Padre Pio, uno degli eventi più attesi dell’Anno Santo. Attenzione elevata anche in occasione delle partite di calcio, sopratutto quelle dei tornei europei. Il 26 novembre la Lazio giocherà all’Olimpico in Europa League contro gli ucraini del Dnipro, mentre il 9 dicembre toccherà alla Roma scendere in campo in casa contro i bielorussi del Bate Borisov. Maggiori controlli anche per i concerti e gli eventi che richiamano a Roma folle numerose. Il 4 dicembre a Ciampino, a due passi dalla Capitale, è in programma il concerto degli Eagles of Death Metal, proprio la band che venerdì scorso si esibiva Bataclan. L’evento, fanno sapere gli organizzatori, è ancora in calendario anche se il gruppo sembra stia pensando all’annullamento del tour dopo i fatti di Parigi.
VALLE D’AOSTA
- In Valle d’Aosta i mercatini di Natale, il Capodanno di Courmayeur in diretta su Rai Uno e l’apertura delle stazioni sciistiche al Noir in festival sono i principali avvenimenti previsti che potrebbero essere considerati a rischio terrorismo.
PIEMONTE
- In Piemonte il 21 novembre il premier Matteo Renzi sarà alla Reggia di Venaria, al «Digital day», prevista la presenza di 1.600 innovatori. L’Oval Lingotto il 18 e 19 novembre ospiterà «Aerospace & Defence meetings 2015», convention internazionale per l’industria aerospaziale e della Difesa in Italia. Tre le date dei concerti della rockstar Madonna, il primo dei quali giovedì prossimo al PalaAlpitour di Torino, e sono tre i big-match in programma allo Juventus Stadium fino a fine anno.
FRIULI
- In Friuli Venezia Giulia venerdì 20 novembre a Palazzo Attems Petzenstein è fissata l’Assemblea plenaria della Conferenza dei presidenti dei Consigli regionali italiani; domenica 22 novembre al Teatro Giuseppe Verdi di Trieste la Premiazione della 47/a edizione della Barcolana; venerdì 11 dicembre l’apertura dell’Anno accademico Università di Trieste alla presenza del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco.
VENETO
- In Veneto sono due gli appuntamenti chiave: il 21 novembre Venezia festeggia la Madonna della Salute, uno degli eventi della tradizione religiosa e sociale cittadina; il 13 dicembre è prevista l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Marco per il Giubileo. Prevista nel pomeriggio una celebrazione religiosa con il patriarca di Venezia.
LIGURIA
- A Genova uno degli obiettivi a rischio attentati è la mostra «Dagli impressionisti a Picasso», in corso a Palazzo Ducale con opere arrivate dal museo di Detroit. Domani alle ore 18, lo storico israeliano Ofir Haivry tiene una conferenza su «Israele e il nuovo Medio Oriente: tra Isis, Iran e nuove nazioni emergenti».
EMILIA ROMAGNA
- A Bologna, martedì 17 novembre, allo stadio Dall’Ara di Bologna si gioca l’amichevole Italia-Romania, con calcio d’inizio alle 20.45. Secondo la Questura ci saranno misure di sicurezza «adeguate alle esigenze».
TOSCANA
- In Toscana è l’assemblea delle delegazioni parlamentari Nato, in programma a Firenze il 26 e 27 novembre, l’appuntamento attorno al quale si concentra la maggiore attenzione.
MARCHE
- A Loreto si celebra, dall’8 al 10 dicembre, la Festa della Venuta. Il 12 dicembre, per l’Anno giubilare, apertura della Porta Santa.
UMBRIA
- In Umbria attenzione concentrata su Assisi e in particolare sulle Basiliche di San Francesco. Atteso un grande afflusso di pellegrini e turisti per il Natale e per il Giubileo.
CAMPANIA
- Tra gli eventi principali in programma in Campania si segnalano la visita del capo dello stato Mattarella a Napoli il prossimo 20 novembre; l’ Assemblea degli industriali il 26 novembre. Sul fronte del calcio, tra i match più importanti in programma al San Paolo quelli contro l’Inter, il 30 novembre, e contro la Roma, il 13 dicembre.
BASILICATA
- Fino alla fine del 2015 non sono previsti avvenimenti a rischio terrorismo in Basilicata, dove la vigilanza è comunque continua in ogni manifestazione di rilievo. In prospettiva, un aumento della sorveglianza è previsto in vista del 2019, quando Matera sarà capitale europea della cultura.
PUGLIA
- In Puglia sotto controllo le feste di Capodanno che saranno organizzate nelle principali città e le partite di calcio tra cui il triangolare Milan-Inter-Bari che si terrà il 24 novembre al San Nicola.
SARDEGNA
- Domani mattina approda al porto di Cagliari la nave da crociera Rhapsody of the Seas, della compagnia Royal Caribbean. A bordo oltre 2.000 passeggeri, la metà inglesi e statunitensi. Sono previsti controlli dell’Unità antiterrorismo della Polizia.