Sergio Della Pergola, Limes: Israele e il Libro 10/2015, 17 novembre 2015
Tags : Demografia Ebraica • Ebrei
EBREI DI TUTTO IL MONDO CONTATEVI
[Note alla fine]
1. All’inizio del 2015, la popolazione ebraica mondiale era stimata in 14.310.500 persone [1]. La popolazione mondiale totale è stimata in 7,3 miliardi [2], dunque gli ebrei costituiscono meno del 2‰ degli abitanti del globo. [...] Nel 1945, dopo le tragiche perdite umane della seconda guerra mondiale e della Shoah, la popolazione ebraica era stimata in 11 milioni e ci sono voluti tredici anni per aggiungere un milione, arrivando a dodici [3]. Sono stati necessari invece quarant’anni per aggiungere un altro milione (da 12 a 13). Mentre dal 1970 e per quasi vent’anni l’ebraismo mondiale stagnava, una certa ripresa demografica si è registrata nei primi quindici anni del XXI secolo, riflettendo soprattutto l’incremento demografico in Israele. Ci sono voluti infatti altri quattordici anni per salire di un altro milione (da 13 a 14) e questa tendenza continua al momento attuale. La popolazione ebraica mondiale non ha recuperato le dimensioni che possedeva alla vigilia della seconda guerra mondiale (16,5 milioni) e ci vorranno diversi decenni perché ciò avvenga, se mai accadrà.
La demografia ebraica mondiale risulta dalla combinazione di due tendenze assolutamente differenti in Israele e nella diaspora. La popolazione ebraica di Israele è aumentata linearmente da circa mezzo milione nel 1945 (quando lo Stato d’Israele ancora non esisteva, ma c’era il mandato britannico sulla Palestina) a oltre 6,2 milioni nel 2015. La diaspora, da un dato iniziale di 10,5 milioni nel 1945, è stata abbastanza stabile fino ai primi anni Settanta, quando è iniziata una riduzione graduale fino agli attuali 8,1 milioni. Frattanto, la popolazione mondiale totale è più che triplicata; pertanto, malgrado una certa crescita demografica, l’aliquota relativa di ebrei nella popolazione mondiale è costantemente diminuita: dal 4,75‰ del 1945 all’1,98‰ attuale.
Le dimensioni e la composizione della popolazione ebraica riflettono la continua interazione di vari fattori che operano sia all’esterno che all’interno delle comunità. Per quanto riguarda i fattori esterni, l’ascesa e la caduta dei diversi paesi in termini di sviluppo socioeconomico, potere politico e livello di vita influenza fortemente la possibilità o anche la propensione degli ebrei, come di chiunque altro, a rimanere o a emigrare. Riflettendo gli enormi cambiamenti nell’equilibrio globale nel corso del XX secolo e nella prima parte del XXI, oltre l’83% degli ebrei del mondo attualmente vive in due paesi – Israele e Stati Uniti – e oltre il 96% è concentrato in soli dieci paesi. Nel 2015 le otto principali economie (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti) comprendevano circa l’89% di tutta la diaspora ebraica. Così, l’aggregato di pochi grandi paesi determina virtualmente dimensioni e tendenze dell’intero mondo ebraico. Il riallineamento continuo della geografia ebraica verso i maggiori centri di sviluppo economico e di potere politico fornisce un criterio affidabile per ulteriori interpretazioni e previsioni della demografia ebraica [4].
2. Delle tre possibili componenti di cambiamento demografico, due sono condivise da tutte le popolazioni: il bilancio nascite/decessi e il saldo migratorio. Il terzo fattore determinante è costituito dalle variazioni di identificazione o dai passaggi (adesioni e secessioni) da un gruppo a un altro e si applica solo alle sottopopolazioni definite da qualche specifica caratteristica simbolica, culturale o sociale, come è il caso per gli ebrei. I mutamenti di identificazione non influenzano la presenza fisica delle persone, bensì la loro volontà o capacità di identificarsi con un particolare gruppo religioso, etnico, o culturale. Alcuni di questi passaggi sono sanzionati attraverso una cerimonia formale, ma ciò non avviene sempre e le persone possono semplicemente decidere di identificarsi in modo differente. A volte ciò comporta la rescissione di legami con un’identità precedente, a volte si creano identità multiple.
Le definizioni della popolazione ebraica ovviamente hanno un impatto critico sui numeri. Uno dei problemi principali di molte stime prodotte da singoli studiosi o da varie organizzazioni ebraiche è la mancanza di uniformità nei criteri di definizione. Questo problema è ampliato quando si cerca di studiare la popolazione ebraica a livello mondiale, cercando di fornire un quadro coerente e uniforme per gli ebrei che vivono in ambienti istituzionali, culturali e socioeconomici molto diversi. Ai fini dell’analisi non è opportuno usare criteri di definizione diversi da paese a paese, anche se nella conduzione quotidiana degli affari delle comunità ebraiche di fatto tali differenze esistono. In un contesto culturale fluido, poroso e indeterminato come quello attuale, la possibilità di intraprendere uno studio valido e significativo del collettivo ebraico con l’uso di strumenti quantitativi solleva molti dibattiti. Le difficoltà principali riguardano le fonti di dati disponibili, le possibili definizioni alternative del collettivo ebraico e le tecniche di indagine messe in atto [5].
Lo studio di una popolazione ebraica (o di qualsiasi altra sottopopolazione) richiede la soluzione di tre problemi principali.
Primo: definire il gruppo oggetto della ricerca in base a criteri concettuali o normativi ottimali. Nel caso dell’ebraismo, che è un complesso multidimensionale (religioso, nazionale, culturale e sociale), questo non è compito semplice. La normativa rabbinica classica (halakhah) stabilisce che è ebreo chi è figlio di madre ebrea o si è convertito all’ebraismo secondo la procedura stabilita da un tribunale rabbinico. La realtà sociologica è molto più complessa, sfumata e soggettiva.
Secondo: identificare il gruppo così definito sulla base di strumenti che permettono di distinguerlo dal resto della popolazione. Se vi sono censimenti o altre fonti di dati ufficiali, l’identificazione è quella data spontaneamente dai rispondenti. In assenza di tali fonti, la tecnica migliore e molto costosa è quella di cercare aleatoriamente la popolazione ebraica attraverso un sondaggio di tutta la popolazione. Come alternative meno costose e più rapide (molto rozze dal punto di vista della qualità) l’identificazione è spesso eseguita attraverso elenchi dei membri di organizzazioni ebraiche (che sono quasi sempre incompleti), cognomi ebraici ritenuti tipici a partire da liste generali, zone di maggiore concentrazione residenziale, o altre procedure.
Terzo: raggiungere il gruppo attraverso interviste dirette, o per telefono o via Internet. Molto spesso nell’esperienza della ricerca sociale e contrariamente a quella che sarebbe una procedura ideale, la fase della definizione viene delegata alla fase dell’identificazione e quest’ultima è a sua volta delegata alle possibilità di lavoro sul terreno.
Risulta quindi chiaramente che lo studio quantitativo delle popolazioni ebraiche si basa principalmente su criteri di definizione operativi e non normativi. I suoi aspetti concettuali, lontano dalla pura teoria, dipendono fortemente dalla fattibilità pratica e logistica. Il fatto decisivo sta nella disponibilità delle persone a collaborare nello sforzo di raccolta dei dati. Negli ultimi anni, i tassi di cooperazione nelle indagini di opinione pubblica sono notevolmente diminuiti e di conseguenza il contenuto e la validità delle informazioni raccolte ne hanno sofferto. Nel nostro caso, i livelli di cooperazione in calo riflettono, tra le altre cose, anche l’affievolimento dell’identificazione ebraica di molte persone che fanno parte della popolazione indagata.
3. Tenendo presenti questi limiti, esistono cinque concetti principali di definizione sui quali si può costruire una seria base comparata nello studio della demografia ebraica.
Primo: la popolazione ebraica nucleo, nella maggior parte dei paesi della diaspora, comprende tutte le persone che interrogate in un sondaggio si identificano come ebree o sono identificate come tali da un altro intervistato nella stessa unità familiare o si dichiarano agnostici ma con genitori ebrei. Tale definizione ebraica di una persona riflette percezioni soggettive e in linea di massima si sovrappone, ma non necessariamente coincide, con halakhah o con altre definizioni normative vincolanti.
Secondo: la popolazione con genitori ebrei emerge dagli sviluppi più recenti della ricerca e comprende, oltre al precedente nucleo, due sottogruppi: coloro che non denunciano alcuna religione e dichiarano di essere in parte ebrei e coloro che dichiarano di non essere non-ebrei per nascita o per scelta personale, ma con uno o due genitori ebrei.
Terzo: la popolazione ebraica allargata comprende la somma degli appartenenti ai due gruppi precedenti, più tutti i componenti non ebrei (coniugi, figli eccetera) dell’unità familiare.
Quarto: la Legge del ritorno costituisce in Israele lo strumento per l’accettazione e l’assorbimento di nuovi immigrati e l’attribuzione immediata della cittadinanza e degli altri diritti civili. La legge si applica a ogni ebreo, figlio o nipote di ebreo e ai rispettivi coniugi, indipendentemente dalla loro identità ebraica o meno. Secondo l’attuale versione emendata, un ebreo è qualsiasi persona nata da madre ebrea o convertita al giudaismo che non abbia un’altra identità religiosa.
Infine, per lo meno concettualmente, si può definire l’insieme di tutte le persone i cui antenati siano stati ebrei, magari nell’antichità o all’epoca dell’Inquisizione.
[...] Partendo dalla popolazione nucleo di 14.310.500 persone nel 2015, se si aggiungono le persone che si dichiarano in parte ebree e i non-ebrei con genitori ebrei, si ottiene un aggregato globale stimato in 17.411.450. Con l’aggiunta dei membri non ebrei delle famiglie ebree, la stima allargata aumenta a 20.235.700. Infine, ai sensi delle disposizioni tri-generazionali e laterali della Legge del ritorno, si può arrivare a una stima approssimativa di 23.047.900. Gli Stati Uniti hanno una popolazione allargata significativamente maggiore rispetto a Israele (circa 10 milioni, rispetto a 6.576.700). La differenza tra il potenziale della Legge del ritorno e la popolazione ebraica nucleo può essere valutata in 8.737.400. Di questi, il 75,7% vive in Nordamerica, l’8,8% nell’Unione Europea, il 6,4% nelle repubbliche ex sovietiche, il 4,1% in Israele, il 3,6% in America Latina e l’1,4% in altri paesi.
4. Tra il 1948 e il 2015 sono avvenuti mutamenti molto significativi nella distribuzione della popolazione ebraica mondiale. [...] La rapida crescita della popolazione ebraica in Israele è evidente: da 650.000 (5,7% del totale mondiale) nel 1948 a oltre 6,2 milioni (43,4% del totale) nel 2015. Gli Stati Uniti sono passati da oltre 4,5 milioni (39,5% del totale) nel 1948 a 5,7 milioni (39,8%) nel 2015, mentre la popolazione nell’insieme degli altri paesi è diminuita da oltre 6,3 milioni (54,9% del totale) nel 1948 a 2,4 milioni (16,7%) nel 2015. I decrementi più significativi sono avvenuti nell’ex Unione Sovietica, in altri paesi dell’Europa orientale, nei paesi musulmani del Nordafrica e del Medio Oriente, nell’Africa subsahariana e in America Latina. Una sostanziale stabilità ha prevalso in Nordamerica e nel complesso dell’Europa occidentale. Aumenti significativi si sono verificati in Oceania, dove però la popolazione ebraica rappresenta meno dell’1% del mondo ebraico. Tutto sommato, nel confronto tra gli anni 2015, 2000, 1985, 1970 e 1948 l’ordine delle tre principali divisioni geografiche si è invertito. Nel corso del tempo la popolazione ebraica mondiale è diventata molto più concentrata geograficamente.
Il saldo netto delle migrazioni tra Israele e la diaspora è stato il principale fattore di trasformazione a livello globale tra il 1948 e il 1970 (con un numero significativo di migranti verso Israele dalle comunità europee dopo la Shoah, dal Medio Oriente e dal Nordafrica) e tra il 1986 e il 2000 (con l’esodo ebraico dall’ex Unione Sovietica). Il bilancio del movimento naturale in Israele, attraverso un significativo eccesso delle nascite rispetto ai decessi – e più recentemente delle conversioni all’ebraismo – è stato il principale fattore operante tra il 1971 e il 1985 e tra il 2001 e il 2015. Durante l’intero periodo 1948-2014 Israele ha avuto un saldo migratorio netto di 2,3 milioni di ebrei e ha aggiunto 3,26 milioni di ebrei attraverso l’eccedenza delle nascite (incluse circa 100 mila conversioni). Il saldo totale del movimento naturale della diaspora ha invece comportato una perdita netta di 450 mila persone, ma dal momento che fra il 1948 e il 1970 vi era stato un saldo positivo di 368 mila, il saldo negativo dal 1971 al 2014 ha comportato una perdita di 818 mila ebrei, oltre al saldo migratorio passivo con Israele.
Due paesi – Israele e Stati Uniti – rappresentano più dell’83% del totale mondiale; altri 17 paesi, ognuno con 18 mila ebrei o più, rappresentano un altro 15%, e altri 76 paesi, ognuno con popolazioni ebraiche sotto le 18 mila unità, rappresentano il restante 2%. [...]
La crescita della popolazione ebraica in Israele, anche se più lenta rispetto agli anni Novanta, riflette la combinazione tra una fecondità relativamente elevata (3,05 figli per donna ebrea) e una composizione per età relativamente giovane (27% sotto i 15 anni e solo il 12% oltre i 65). Questi due fattori demografici non sussistono contemporaneamente in alcuna altra popolazione ebraica al mondo, compresi gli Stati Uniti. A parte alcuni casi di crescita prodotti dalle migrazioni internazionali (come in Canada, Stati Uniti, Australia e fino a poco tempo fa in Germania), il numero degli ebrei nei paesi della diaspora tende a diminuire a ritmi variabili. Le cause di questa diminuzione sono tassi di natalità ebraica molto bassi, alte frequenze di matrimoni misti, una popolazione sempre più anziana che aumenta il tasso di mortalità e un equilibrio incerto tra le persone che si uniscono all’ebraismo rispetto a coloro che lo abbandonano in parte o completamente.
5. Oltre il 45% degli ebrei di tutto il mondo risiede oggi nelle Americhe: circa il 43% in Nordamerica. Il 44% circa vive in Asia, di cui il 43% in Israele. L’Asia comprende qui le repubbliche ex sovietiche, ma non le parti asiatiche della Federazione Russa e della Turchia. L’Europa, compresi i territori asiatici della Federazione Russa e della Turchia, rappresenta circa il 10% del totale. Meno del 2% degli ebrei del mondo vive in Africa e in Oceania.
Riflettendo la crescente concentrazione in pochi paesi, il 98,5% dell’ebraismo mondiale è rappresentato dalle 19 maggiori comunità ebraiche. Escludendo Israele, il 97,3% degli ebrei della diaspora vive in 18 paesi, di cui il 70,4% negli Stati Uniti. Oltre ai due principali centri (Israele e Stati Uniti) comprendenti ciascuno 5-6 milioni di persone, altri sette paesi hanno ciascuno più di 100 mila ebrei. Di questi, tre sono in Europa occidentale (Francia, Regno Unito e Germania); uno in Europa orientale (Federazione Russa); uno in Nordamerica (Canada); uno in Sudamerica (Argentina); uno in Oceania (Australia). Il predominio dei paesi occidentali nella distribuzione globale della popolazione ebraica è un fenomeno relativamente recente e riflette circostanze socioeconomiche e politiche relativamente più favorevoli alla presenza ebraica.
La crescita, o almeno la diminuzione più lenta, della popolazione ebraica nei paesi occidentali più sviluppati è accompagnata da un’aliquota maggiore di ebrei rispetto alla popolazione totale locale. Tale aliquota è fortemente correlata al livello di sviluppo del paese ospite. Nel 2015, la proporzione di ebrei sulla popolazione totale era di 749,4‰ in Israele (inclusa Gerusalemme Est e i residenti ebrei in Cisgiordania e sulle alture del Golan). La popolazione ebraica in Israele riflette ovviamente la sua posizione particolare nella percezione dell’identità ebraica, ma Israele è anche diventato un paese sviluppato e come tale attrae i potenziali immigrati. Gli ebrei rappresentavano circa il 18‰ della popolazione totale degli Stati Uniti; il 3,8‰ in media negli altri sette paesi con più di 100 mila ebrei; lo 0,8‰ in media negli altri dieci paesi con 18 mila o più ebrei; e quasi nulla nei restanti paesi, che costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione mondiale.
Per meglio illustrare la crescente convergenza tra presenza ebraica e livello di sviluppo socioeconomico di un paese, confrontiamo l’Indice di sviluppo umano (Hdi) per ogni paese [7]. L’Hdi è una misura composita del livello d’istruzione, di salute pubblica e di reddito in termini reali e fornisce un senso generale del contesto in cui vivono le comunità ebraiche, anche se non riflette necessariamente le caratteristiche reali dei membri di tali comunità. Dei 19 paesi elencati, sei sono inclusi tra i dieci con l’indice Hdi più elevato tra i 187 paesi classificati (Australia, Svizzera, Paesi Bassi, Stati Uniti, Germania e Canada). Altri quattro sono classificati dall’11° al 25° posto (Regno Unito, Israele, Francia e Belgio), altri quattro sono compresi tra il 26° e il 50° (Italia, Cile, Ungheria e Argentina), quattro sono tra il 51° e il 100° (Federazione Russa, Messico, Brasile e Ucraina) e uno (Sudafrica) occupa un rango inferiore (118°). Le comunità ebraiche presentano generalmente condizioni socioeconomiche significativamente migliori rispetto alla media della popolazione dei rispettivi paesi, ma ciò nonostante il contesto sociale generale di un paese influisce sulla qualità della vita di ogni individuo, ebrei compresi.
La configurazione geografica emergente comporta vantaggi per quanto riguarda le condizioni materiali e giuridiche della vita ebraica, ma può anche generare una mancanza di conoscenza o estraneità verso gli ebrei nelle società dei paesi meno sviluppati, che costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione mondiale e che votano negli organismi internazionali come le Nazioni Unite.
6. In Israele il più recente censimento risale al dicembre 2008 e ha dato una stima della popolazione totale di 7.419.100 persone, di cui 5.608.900 ebrei, 1.499.000 arabi, e 310.300 «altri» (senza affiliazione etno-religiosa), in gran parte membri di famiglie immigrate dall’ex Unione Sovietica. Dopo la seconda guerra mondiale la popolazione ebraica in Israele (allora ancora Palestina) raggiungeva poco più di mezzo milione [8]. Da allora e nel corso dei successivi settant’anni è aumentata di più di dieci volte a causa dell’immigrazione di massa e dell’elevato e stabile incremento naturale, accanto a una crescita parallela e ancor più elevata della popolazione araba in Israele.
All’inizio del 2015 la popolazione ebraica era cresciuta a 6.217.400, secondo la definizione nucleo. Questa, unita a 359.300 «altri», costituiva una popolazione ebraica allargata di 6.576.700 [9]. Negli ultimi anni, la componente principale della crescita della popolazione ebraica in Israele è stata l’incremento naturale. Nel 2014, 130.744 nascite – il dato più alto nella storia – e 35.911 decessi hanno prodotto un incremento netto di 94.863 ebrei. Il tasso di fecondità è leggermente aumentato a 3,05 figli per donna, il più alto fra i paesi sviluppati e doppio rispetto alla fecondità ebraica nella maggior parte delle comunità della diaspora. Questo riflette non solo le dimensioni familiari dei gruppi ebraici più religiosi, ma in misura maggiore il desiderio diffuso di bambini tra gli ebrei moderatamente tradizionali e secolari, soprattutto caratterizzati da mobilità socioeconomica ascendente [10].
L’immigrazione in Israele si colloca negli ultimi anni a un livello moderato rispetto ad altri periodi storici, mentre il livello dell’emigrazione in rapporto al numero degli abitanti è ai minimi storici. Le stime annuali dell’emigrazione da Israele, inclusi ebrei e arabi, variano da meno di 5 mila a 15 mila ogni anno, ben lontano dalle cifre molto più alte citate a volte nel discorso pubblico. Nel 2014, il numero totale di nuovi immigrati è risalito a 24.100, sotto la spinta di un forte aumento da paesi europei come la Francia e l’Italia (ai massimi storici) e dall’Ucraina, sotto l’impatto della guerra civile.
Il numero di convertiti all’ebraismo costituisce solo una piccola percentuale dei membri non ebrei delle famiglie ebraiche che vivono in Israele, soprattutto recenti immigrati dall’ex Unione Sovietica. Nel complesso, tra il 1999 e il 2014 83.200 persone sono state convertite dai tribunali rabbinici, inclusi alcuni non residenti permanenti in Israele. La maggior parte dei convertiti erano nuovi immigrati dalla comunità etiope dei Falash Mura (discendenti di ebrei convertiti in passato al cristianesimo). Solo nel 2008, e di nuovo a malapena nel 2011, i tribunali hanno convertito un numero di persone maggiore rispetto al numero di non ebrei che si sono aggiunti tramite immigrazione o nascita nel paese.
7. Il numero degli ebrei negli Stati Uniti costituisce una componente molto importante nella stima della popolazione ebraica globale e richiede un’attenta valutazione. In mancanza di dati di censimento, ci si deve basare su fonti alternative che sono oggi più abbondanti che in passato, anche se di qualità molto variabile [11]. Esistono tre strategie principali nello studio della popolazione ebraica negli Stati Uniti [12].
La prima, concettualmente migliore, consiste nel collegare l’una con l’altra le diverse stime disponibili attraverso una valutazione delle modifiche intervenute nei corso del tempo: nascite e decessi, migrazioni internazionali, cambiamenti d’identificazione (adesioni a, e secessioni dall’ebraismo). Alcune importanti ricerche basate su campioni nazionali di migliaia di famiglie ebraiche consentono una ricostruzione dettagliata della demografia degli ebrei americani, dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi. Dopo un forte incremento dalla cifra iniziale di 4,5 milioni e attraverso leggere oscillazioni, questo porta a una stima di 5,7 milioni di ebrei negli Stati Uniti nel 2015, che è quella adottata qui [13].
La seconda strategia è quella di stimare il totale nazionale a partire da una raccolta di stime delle popolazioni ebraiche in diverse località. Nel 2015 ciò ha fornito una stima di 6,8 milioni di ebrei, ma questo dato sconta il rischio di doppi conteggi, mancanza di sincronizzazione e qualità ineguale delle diverse fonti locali.
La terza e più recente strategia consiste in una meta-analisi dei sondaggi di opinione nazionali periodicamente effettuati da diversi enti pubblici e privati, ognuno dei quali comprende un piccolo sottocampione di ebrei [15]. Il risultato è una stima di circa 7,1 milioni nel 2015. Il limite di tale metodo sono i numeri estremamente limitati di ebrei inclusi in questi campionamenti generali (meno del 2% del totale), la copertura in eccesso degli ebrei e una maggiore disponibilità a rispondere nei sondaggi a causa del loro stato sociale più elevato e un più facile accesso attraverso telefoni plurimi (a linea fissa o cellulari). Inoltre, una proiezione basata sul numero degli adulti erra in eccesso, perché la proporzione di minorenni nella popolazione ebraica è inferiore a quella della popolazione totale e le unità familiari includono una certa percentuale di non ebrei che vengono conteggiati come parte della popolazione ebraica. Nessuna di queste due ultime alternative è stata progettata per determinare le dimensioni della popolazione ebraica a livello nazionale e quindi esse non costituiscono un’alternativa accettabile al primo metodo, anche se va riconosciuto che le strategie alternative forniscono una buona base per un lavoro di ricerca sulle caratteristiche della comunità ebraica [16].
Narrative concorrenti e approcci empirici non comparabili hanno dunque generato significative divergenze nelle stime della popolazione ebraica negli Stati Uniti, con uno scarto fra il massimo e il minimo di un milione e mezzo di individui. Ne derivano interpretazioni delle tendenze attuali e previste variabili tra rapida crescita, stabilità e lento declino, con implicazioni opposte a livello cognitivo e nella pianificazione dei servizi per le comunità [17]. La nostra stima della popolazione ebraica di 5,7 milioni nel 2015 si basa su una definizione dell’identità ebraica che esclude l’adesione ad altre identità concorrenti e tiene conto non solamente dell’immigrazione degli ultimi decenni, ma anche del forte invecchiamento causato dall’incremento nella frequenza dei matrimoni misti (58% attorno al 2010) e dalla conseguente riduzione della natalità ebraica. Va notato tuttavia che diverse organizzazioni ebraiche americane includono fra i loro potenziali aderenti una popolazione definita secondo criteri allargati.
8. Lt popolazione ebraica in Europa, stimata in 1.391.100 individui nel 2015 secondo la definizione nucleo, è sempre più concentrata all’interno dell’Unione Europea. Con i suoi 28 paesi, l’Ue ha un totale stimato di 1.093.900 ebrei (il 79% del totale europeo). Le ex repubbliche sovietiche in Europa al di fuori dell’Ue ospitano in complesso 257.200 ebrei (18%). Tutti gli altri paesi europei insieme, inclusa la Turchia, hanno 40 mila ebrei (3%).
Una transizione molto significativa è avvenuta con il passaggio del baricentro della popolazione ebraica dall’Europa orientale verso l’Europa occidentale dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la conseguente emigrazione verso Israele. Stati Uniti e Germania della stragrande maggioranza degli ebrei che vivevano lì. Quella di Francia è divenuta negli ultimi anni la maggiore popolazione ebraica in Europa seguita, a distanza, da quella del Regno Unito. La Germania ha attirato una notevole quantità di ebrei dall’ex Unione Sovietica, favorita anche da generosi aiuti offerti dal governo tedesco agli immigrati. Tuttavia, con la riduzione dell’aiuto pubblico questo flusso si è ridotto a un rivolo di adulti, cui si accompagnano alcuni arrivi più giovani da Israele. Oggi circa il 45% dell’intera popolazione ebraica della Ue risiede nelle due grandi aree metropolitane di Parigi e di Londra [18].
Le epocali trasformazioni politiche dalla caduta del Muro di Berlino alla fine dell’Unione Sovietica sono state seguite da mutamenti significativi nella struttura delle comunità ebraiche, con una presenza maggiore di organizzazioni ebraiche americane e israeliane: da Chabad al Joint, dall’Agenzia ebraica al Movimento riformato. Queste organizzazioni hanno svolto un ruolo importante nel rafforzare o addirittura nel creare ex novo la vita ebraica in Europa orientale nel campo della religione, dell’educazione, della cultura, dei servizi sociali e dell’appoggio ai bisognosi.
La rivitalizzazione della vita comunitaria ebraica può avere un certo impatto sulle tendenze demografiche, in primo luogo attraverso il rilancio di identità ebraiche a lungo sommerse e l’opportunità di una maggiore interazione sociale con altri ebrei, che a sua volta può portare alla formazione di nuove famiglie ebraiche. È anche notevole il risveglio di antiche e sopite identità ebraiche fra molte famiglie che risiedono in territori un tempo facenti parte dei domini spagnoli e in cui furono frequenti le conversioni ai tempi dell’Inquisizione. Ma la diffusa recessione economica e l’aumento delle percezioni di antisemitismo da parte delle comunità ebraiche in tutto il continente europeo hanno determinato una crescente insoddisfazione e uno stimolo all’emigrazione [19]. Nonostante il progetto unitario, l’Europa è molto più frammentata politicamente rispetto agli Stati Uniti, il che rende più difficile creare un’identità europea coerente.
9. La demografia ha prodotto una transizione di singolare importanza per la storia ebraica: il ritorno degli ebrei a una distribuzione geografica molto radicata nella loro patria ancestrale. Ciò riflette l’accresciuto potere di attrazione della società e dell’economia israeliane. Allo stesso tempo, la popolazione ebraica in Israele deve affrontare la significativa sfida demografica di una graduale diminuzione della sua posizione maggioritaria nei confronti della popolazione palestinese, sia entro i confini dello Stato di Israele sia su tutto il territorio tra il Mediterraneo e il fiume Giordano.
La recente dinamica della popolazione ebraica negli Stati Uniti e in molti altri paesi, che nella migliore delle ipotesi tende alla crescita zero, contrasta con quella di Israele, caratterizzata dalla persistenza di un significativo incremento naturale. Gli Stati Uniti peraltro continuano a costituire, sul piano culturale e socioeconomico, un grande e stabile centro di popolazione, potente, creativo e influente nella vita ebraica contemporanea. Nessun altro paese, inclusa l’Unione Europea nel suo complesso, possiede la stessa forza di attrazione e di innovazione. Gli Stati Uniti rappresentano una fonte primaria di nuove modalità di identificazione ebraica, sia come attaccamento esclusivo, sia in simbiosi con altre identificazioni alternative, attraverso un legame genealogico diretto con le generazioni precedenti o per associazione volontaria con altri ebrei. Questi modelli di definizione e di identificazione sempre più indiretti e individualisti, condivisi o respinti dagli ebrei di altri paesi, operano accanto e in una certa misura in concorrenza con i modelli familiari e di identificazione ebraici più conservatori, mutualmente esclusivi e demograficamente più trainanti che prevalgono in Israele.
Entrambe le modalità – quella americana-diasporica e quella israeliana-nazionale – tuttavia, generano echi diffusi in tutte le altre comunità ebraiche del mondo, oltre che potenti influenze reciproche. Il peso demografico complessivo delle altre comunità ebraiche a livello globale e in particolare in Europa sta gradualmente diminuendo, a parte la loro indubbia e persistente rilevanza culturale. Il mondo ebraico è diventato demograficamente più bipolare, ma anche più eclettico e transnazionale, a riflesso di tendenze generali diffuse nella società globale in cui viviamo.
Note:
1. S. DELLA PERGOLA, «World Jewish Population, 2015», in American Jewish Year Book 2015, a cura di A. DASHEFSKY, I. SHESKIN, Dordrecht 2015. Sprinter.
2. 2015 World Population Data Sheet, Population Reference Bureau, Washington, DC 2015, PRB.
3. S. DELLA PERGOLA. U. REBHUN, M. TOLTS, «Prospecting the Jewish Future: Population Projections 2000-2080», American Jewish Year Book, 100, pp. 103-146, New York 2000, American Jewish Committee.
4. S. DELLA PERGOLA, «Jewish Peoplehood: Hard, Soft and Interactive Markers», in Reconsidering Israel-diaspora Relations, a cura di E. BEN-RAFAEL, Y. GORNI, J. LIWERANT, Leiden/Boston 2014, Brill, pp. 25-59.
5. S. DELLA PERGOLA, «Measuring Jewish Populations», in Yearbook of International Religious Demography 201, a cura di B.J. GRIM, T.M. JOHNSON, V. SKIRBEKK, G. A. ZURLO, Leiden/Boston 2014, Brill, pp. 97-110.
6. R. GRAVISON, 60 Years to the Law of Return: History, Ideology, Justification, Jerusalem 2009, Metzilah Center for Zionist, Jewish, Liberal and Humanistic Thought.
7. Human Development Report, United Nations Development Programme, New York 2014.
8. R. BACHI, The population of Israel, Paris/Jerusalem 1977, Cicred/The Hebrew University and Demographic Center, Prime Minister’s Office.
9. Statistical Abstract of Israel, Israel Central Bureau of Statistics. Annual, Jerusalem, www.cbs.gov.il
10. S. DELLA PERGOLA, Fertility prospects in Israel: Ever below replacement level?, United Nations Expert Group Meeting on Recent and Future Trends in Fertility, New York 2009, United Nations Secretariat. Department of Economic and Social Affairs, Populalion Division.
11. GOLDSTEIN, «Profile of American Jewry: Insights from the 1990 National Jewish Populalion Survey», American Jewish Year Hook, 92, 1992, pp. 77-173; I.M. SHESKIN, A. DASHEFSKY, Jewish Populalion in the United States 2015», American Jewish Year Book, Dordrecht 2015, Springer; S. DELLA PERGOLA, U. REBHUN. M. TOLTS, «Contemporary Jewish Diaspora in Global Context: Human Development Correlates of Population Trends, Israel Studies, 11, 1, 2005, pp. 61-95; S. DELLA PERGOLA, «Jews in Europe: Demographic Trends, Contexts, Outlooks», in A Road to Nowhere?Jewish Experiences in Unifyin Europe, a cura di J. SCHOEPS, E. BEN-RAFAEL, Leiden/Boston 2010, Brill, pp. 3-34.
12. S. DELLA PERGOLA, «World Jewish Population, 2015», cit.
13. S. DELLA PERGOLA, «How Many Jews in the US? The Demographic Perspective», Contemporary Jewry, 33, 1-2. 2013, pp. 15-42; A Portrait of Jewish Americans: Findings from a Far Research Center Survey of U.S. Jews, Washington, DC 2013, Pew Research Center.
14. A. DASHEFSKY, I. SHESKIN, op. cit.
15. L. SAXE, E. TIGHE, «Estimating and Understanding the Jewish Population in the United States: A Program of Research», Contemporary Jewry, 33, 1-2, pp. 43-62.
16. H. HARTMAN, I.M. SHESKIN, «The Relationship of Jewish Community Contexts and Jewish Identity: A 22-Community Study», Contemporary Jewry, 32, 3, 2012, pp. 237-283.
17. S. DELLA PERGOLA, Jewish Demographic Policies: Population Trends and Opinions in Israel and in the Diaspora, Jerusalem 2011, Jewish People Policy Institute.
18. S. DELLA PERGOLA, «Jews in Europe», cit.
19. L. STAETSKY, J. BOYD, E. BEN-RAFAEL, E. COHEN, S. DELLA PERGOLA, L. DENCIK, O. GLÖCKNER, A. KOVÁCS, Perceptions and experiences of antisemitism among Jews in selected EU member states. London 2013, JPR/Institute for Jewish Policy Research; Discrimination and Hate Crime against JEws in EU Member States: Experiences and Perceptions of Antisemitism, Vienna 2013, European Union Agency for Fundamental Rights.