Bernard Guetta, la Repubblica 15/11/2015, 15 novembre 2015
PUNITI PERCHE’ SIAMO GLI UNICI A LOTTARE DAVVERO CONTRO IL TERRORE
Questa tragedia onora la Francia. È un onore di cui avremmo fatto volentieri a meno, noi francesi. Siamo in lutto, storditi da questo bagno di sangue, consapevoli che altri potrebbero seguire, naturalmente terrorizzati di vedere la guerra colpire Parigi con un attacco che avrebbe potuto essere dieci volte più sanguinoso di così se i kamikaze fossero riusciti a portare a termine i loro piani anche allo Stade de France, dove il presidente della Repubblica assisteva a una partita. Ma almeno sappiamo che siamo sotto attacco perché la Francia, insieme alla Gran Bretagna, è il solo paese europeo ad avere una Difesa degna di questo nome. Perché non c’è più nessun altro paese dell’Unione a contrapporre le sue armate al jihadismo, dopo che i britannici, che contrariamente a noi commisero l’errore di seguire George Bush in Iraq, si sono ritirati sulla loro isola.
Perché la Francia è in prima linea nella lotta contro i fanatici del jihad in Mali, in tutto il Sahel e perfino in Nigeria, e siamo in prima linea da soli, senza gli Stati Uniti e senza il resto dell’Europa. Perché la nostra aviazione colpisce direttamente i campi di addestramento di Daesh in Siria, là dove vengono addestrati questi miserabili imbecilli in cerca di un senso alla loro esistenza, la cui missione è cercare di piegarci venendo a seminare morte nei nostri quartieri, in questa Francia dove spesso e volentieri sono nati e di cui parlano la lingua. Sono ragioni più che sufficienti per colpirci, ma ce n’è un’altra, più fondamentale ancora.
Daesh è con le spalle al muro. Grazie al coordinamento fra i combattenti curdi e gli aerei da guerra schierati dalla coalizione arabo-occidentale contro i jihadisti, Daesh in questo momento è sotto la minaccia di un accerchiamento a Mosul, la grande città irachena di cui ha fatto la propria piazzaforte dopo averla atrocemente straziata. Mosul non sarà riconquistata in un giorno, perché non sarebbe concepibile accrescere le sofferenze della sua popolazione massacrandola di bombardamenti. La guerra contro Daesh purtroppo non può essere totale, però progredisce, in modo lento ma solido. Lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, Daesh, questa alleanza fra sunniti fanatici ed ex ufficiali di Saddam Hussein che ambisce a creare uno Stato sunnita a cavallo di Iraq e Siria, non solo ha dovuto rinunciare a proseguire la sua offensiva dell’estate 2014, che minacciava seriamente di far cadere Bagdad. Ormai deve far fronte a una nuova sfida, perché da quando i russi hanno capito che mantenere al potere Assad sarà impossibile, a Vienna ha preso il via un processo di pace.
È tutt’altro che semplice. Nulla ci garantisce che avrà successo, ma tutte le potenze, mondiali o regionali, interessate a questo conflitto, oggi cercano un compromesso che passerebbe per la trasformazione della Siria in una federazione che garantisca tutela e rappresentanza politica a tutte le comunità e un equilibrio fra l’influenza iraniana e quella saudita, fra il campo sciita e quello sunnita. Se questo compromesso venisse trovato (e non è più impossibile), Daesh si ritroverebbe solo di fronte al mondo. Il pericolo, per Daesh, è così grande da spiegare l’attentato contro l’aereo di turisti russi che sorvolava il Sinai, l’attentato di Beirut contro Hezbollah e adesso queste carneficine a Parigi. Daesh vuole intimidire la Russia seminando terrore, far pagare agli alleati libanesi di Assad il loro intervento in Siria e seminare il caos in quel Paese nemico che è la Francia. È tutto pensato attentamente, perché l’opinione pubblica russa teme un nuovo Afghanistan, Hezbollah si impegna in Siria solo controvoglia, sotto la pressione dei loro padrini iraniani, e la Francia è fragile. Non è assolutamente indebolita quanto credono i francesi, ma il suo presidente batte tutti i record di impopolarità, il Fronte nazionale continua a crescere e paralizza tutti gli altri partiti e larghe fette dello scacchiere politico, a destra come a sinistra, contestano il rifiuto di François Hollande di sostenere un mostro contro l’altro, Bashar al-Assad contro Daesh.
La Francia è impegnata in un difficile sforzo per riportare in equilibrio i suoi conti pubblici. Si appresta ad accogliere la Conferenza sul clima. La Francia è impegnata in battaglie dall’esito incerto, e il sogno di Daesh sarebbe di aggiungervi tensioni interne reali, sollevando l’opinione pubblica contro le sue comunità musulmane. Hanno visto giusto. Hanno mirato bene. Non è un caso che i luoghi attaccati, lo stadio e il decimo e undicesimo arrondissement, siano dei posti dove tutti stanno gomito a gomito. Ma se la Francia accusa il colpo, risponde.
(Traduzione di Fabio Galimberti)