Edoardo Cavadini, Libero 14/11/2015, 14 novembre 2015
COLPITO AL CUORE IL MODELLO FRANCESE
Ancora una volta il modello francese è stato colpito al cuore. La convivenza basata sul multiculturalismo temperato dal trittico liberté-egalité-fraternité è finita soffocata dal fiotto di sangue di vittime innocenti. E atterrisce pensare che questo si sia verificato nemmeno a un anno dalla strage dei fratelli Kouachi e di Amedy Coulibaly nel cuore della capitale francese, fin sotto l’Arco di trionfo. Ma non sorprende, purtroppo, se si considera la fisionomia ormai trasfigurata della nazione. La Francia resta il Paese che ospita la comunità musulmana più grande dell’Unione Europea: oltre sei milioni di fedeli di Allah, circa il 10% della popolazione. E anche la città con la più alta percentuale, Marsiglia, con il 30-35%. I Paesi del Nord Africa hanno offerto il contributo maggiore: in testa gli algerini (1, 5 milioni) seguiti dai marocchini (un milione) e dai tunisini (350mila). Un paese, come si vede, colonizzato dai seguaci di Allah, con intere periferie nelle quali la gendarmerie ha paura di mettere piede. Non perché terre di nessuno ma perché ormai piccoli califfati retti dalla predicazione radicale degli imam, nei quali la legge dello Stato di Montesquieu è stata soppiantata dalla sharia. Delle enclave chiuse alle regole della convivenza civile che - per un grottesco spirito autolesionistico - i diversi governi hanno perfino certificato e legittimato creando le Zones urbane sensibiles e - peggio ancora - le Zones de sécurité prioritaires: interi territori sui quali lo Stato ammette di non avere pieno controllo, interi pezzi di banlieue di Parigi, Lione, Marsiglia, Lilla, Strasburgo strappati ai francesi e sotto il totale controllo delle comunità islamiche. Francia che non è più Francia. Fette di un Paese sequestrato, sottratto ai propri cittadini e terra di conquista per l’estremismo islamico in cui si abbeverano le generazioni dei figli delle ondate migratorie degli ultimi trent’anni, marginalizzati, disoccupati e per questo facili prede delle invettive di odio e suprematismo musulmano predicate nelle moschee. I numeri aiutano a capire la portata di un fenomeno che, se non arrestato, travolgerà definitivamente l’Occidente: dal 1968 al 2005, a Parigi, la percentuale di giovani di origini straniere è saltata dal 28% al 70%. Non tutti terroristi, ovvio, ma in gran parte permeabili alla propaganda digitalizzata e ipermediatizzata dell’Is. Un altro dato significativo passa per il tasso di natalità. La Francia, uno dei Paesi più popolosi d’Europa, è però inchiodata a un tasso di nascite bassissimo: ogni famiglia mette al mondo 1,8 bambini. Tutt’altra musica nelle comuinità musulmane francesi, all’interno delle quali la percentuale schizza oltre l’8. A fare alzare le antenne deve essere anche il tasso di devozione religiosa: mentre i nostri giovani stanno alla larga dalle chiese, il 30% della popolazione sotto i 20 anni frequenta regolarmente la moschea. Tutti elementi, questi, di un’equazione il cui risultato sarà che entro il 2027 - secondo alcuni studi - un francese su 5 sarà musulmano. Ancora numeri: la popolazione carceraria francese è composta al 70% da musulmani, con le prigioni - soprattutto quelle del sud, Marsiglia in testa - diventati veri e propri centri di reclutamento del terrorismo radicale. Basti pensare a Coulibaly, indottrinato all’odio occidentale dietro le sbarre a Fleury-Merogis, luogo nel quale è avvenuta la sua conversione all’islam. La politica, infine. Arrendevole quello nazionale, infiltrata quella locale. È di pochi giorni fa la notizia che per la prima volta un partito dichiaratamente islamico, l’Union des Democrates Musulmans de France (Udmf), creato dal cittadino francese di origini marocchine Nagib Azer, si presenterà alle elezioni regionali del prossimo dicembre nell’Iles de France, il dipartimento di Parigi violentata ieri notte dai macellai anticristiani, dopo aver raccolto le 200 firme necessarie. Uno scenario descritto con terrificante preveggenza da Michel Houellebecq nel suo romanzo «Sottomissione». Il cerchio adesso si chiude. Ma assomiglia a un cappio al collo. Il nostro.