Adriano Buzzati-Traverso, L’Illustrazione Italiana 1/1951, 11 novembre 2015
ANCHE NEL 1950 TROPPI NATI IN ITALIA
[anno 78 – n°1 (3997) gennaio 1951]
Il prof. Adriano Buzzati-Traverso, reduce da un viaggio di studi negli Stati Uniti, parla del controllo delle nascite nel problema del nostro Paese alla luce delle sue recenti esperienze
Alla fine dell’anno si usa tirare i conti. Se guardiamo a ciò che è successo alla popolazione italiana nel corso degli ultimi dodici mesi non possiamo che rattristarci. Anche nel 1950 si è avuta una eccedenza di circa 400.000 nati rispetto ai morti. Quasi mezzo milione di bocche in più rispetto a un anno fa aggravano le nostre condizioni economiche e sociali. Su circa 300.000 chilometri quadrati di terra, in larga parte montuosa, debbono vivere oggi quasi 48 milioni di italiani con un reddito medio individuale ai poco più di centomila lire annue. Queste tristi condizioni continueranno per forza a peggiorare fin tanto che non ci decideremo a fare qualche cosa di serio per diminuire il numero delle nascite.
Quasi ogni giorno leggiamo sui quotidiani che questa o quella personalità politica ha detto che il problema del sovrappopolamento è uno dei più gravi ed urgenti del nostro Paese. Ma esse si limitano ad enunciare il problema come se attendessero la soluzione dal cielo. Nel caso più favorevole propongono una irrealizzabile emigrazione di massa per risolvere l’atroce questione; ma questa, l’emigrazione, anche se realizzabile, non produrrebbe alcun durevole beneficio, come vedremo fra poco. Rotta soltanto da qualche sporadico ed inascoltato grido d’allarme una funesta congiura del silenzio sembra pesare sulla più urgente necessità d’Italia: diminuire le nascite. Tacciono i due partiti maggiori, l’uno per rispetto agli insegnamenti della Chiesa, l’altro per seguire, senza riguardo agli interessi italiani, le direttive che guidano la politica demografica nel paese dei sovieti. Tacciono i partiti minori, non so se per l’incapacità a condurre una serrata analisi dei problemi d’oggi o per il timore di offendere i benpensanti. Tace l’opinione pubblica, la quale non sa a chi appoggiarsi per far sentire le proprie riconosciute necessità in questo campo. Eppure i dati degli annuari statistici sono a disposizione di tutti; essi sono eloquenti, paurosamente eloquenti e spiegano molti fatti altrimenti incomprensibili.
I fatti sono presto detti: l’Italia nel 1870 contava circa 26 milioni di abitanti; nel 1800 essi erano divenuti più di 32 milioni; nel 1915 esistevano nel regno più di 36 milioni di italiani e finalmente nel 1936, all’epoca dell’ultimo censimento, eravamo più di 42 milioni. Anche durante gli anni della seconda guerra mondiale la popolazione è aumentata, tanto che nel 1946 eravamo 45.776.000. Nel dopoguerra l’aumento è continuato: 334.000 unità si sono aggiunte nel corso del 1947, nel 1948 abbiamo battuto il triste record superando il mezzo milione, e negli ultimi due anni l’incremento demografico è stimato intorno alle quattrocentomila unità.
Si dice: dobbiamo riuscire a persuadere altri paesi ad accogliere come immigrati permanenti la nostra eccedenza di popolazione. Proprio in queste ultime settimane abbiamo letto parole in questo senso di De Gasperi, di Tarchiani, di Merzagora. Ma, vien fatto di chiedersi: è questa una vera soluzione del problema? La risposta è certamente negativa. Infatti possiamo guardare alla nostra esperienza in questo campo: anche nei periodi nei quali l’emigrazione è stata più intensa, come nei primi anni di questo secolo raggiungendo le 872.000 unità nel 1913, la crescita della popolazione non si è arrestata, anche nelle regioni meridionali da dove proveniva la maggior parte degli emigranti. E l’esperienza altrui insegna la stessa cosa, poiché per esempio la forte emigrazione dalla Gran Bretagna durante il secolo scorso verso terre dell’Impero non ha arrestato l’incremento delle popolazioni del Regno Unito. Forse non sarebbe impossibile persuadere altri paesi ad accogliere il nostro sovrappiù se potessimo dimostrare con i fatti che ci preoccupiamo davvero delle faccende di casa nostra.
La maggior parte dei paesi verso i quali vorremmo far affluire le nostre eccedenze ha già provveduto a regolare il proprio movimento della popolazione, così da non andare incontro ad eccessi di prolificità. Le varie società, cosiddette neomalthusiane, hanno svolto una benefica propaganda per regolare il numero dei figli corrispondentemente alle esigenze famigliari, alle possibilità economiche dei genitori. Le categorie socialmente più elevate di tutte le popolazioni, compresa la nostra, praticano questo controllo; si tratta di insegnare ad usare quei metodi anticoncezionali, che portano automaticamente ad una diminuzione nel numero della prole, ai meno abbienti. A Nuova York, per esempio, ho visitato la sede centrale della «Planned Parenthood Federation of America» la quale svolge da molti anni un’azione complessa intesa a dare consigli ai coniugi sul come regolare opportunamente il numero dei figli rispetto alle loro possibilità economiche, sul come distribuire nel tempo le nascite in modo che le condizioni della madre rimangano le migliori possibili, ed anche sul come superare i casi di sterilità quando genitori senza prole desiderano avere qualche bambino. Questa opera altamente umanitaria viene svolta attraverso una rete di cliniche distribuite nei vari Stati della federazione americana, alcune delle quali sono privale, mentre altre, in sei Stati, sono direttamente sovvenzionate dalle autorità governative. Fascicoli illustrativi vengono distribuiti gratuitamente, o a basso prezzo, così che tutte le categorie della popolazione possano ricorrere ai metodi anticoncezionali quando lo ritengano opportuno. Corsi di lezioni con proiezioni di film ed esercitazioni cliniche vengono regolarmente impartite a medici, infermieri ed assistenti sociali che affluiscono al «Margaret Sanger Research Bureau» per apprendere le più aggiornate tecniche antifecondative. Essi poi divengono altrettanti propagandisti di queste pratiche, entro gli Stati Uniti ed all’estero. Tenendo conto della frazione cattolica della popolazione americana, vengono distribuiti gratuitamente calendari per la individuazione dei periodi fecondi e sterili della donna. Dal momento che questo metodo, detto di Ogino-Knaus, è di complicato uso, la clinica nuovayorkese comunica direttamente alle interessate in quali giorni possono avere rapporti senza timore di gravidanza. La clinica distribuisce poi gratuitamente o a pagamento, a seconda delle condizioni economiche delle interessate, i vari tipi di mezzi concezionali. Questi sono tutt’altro che costosi e possono quindi trovare una vasta diffusione.
Da noi, come del resto in quasi tutti i paesi del mondo, è accaduto negli ultimi decenni che il controllo sulla mortalità si è fatto sempre più efficiente. Ma gli organi preposti alla sanità pubblica non si sono preoccupati abbastanza del problema di regolare la natalità corrispondentemente alla diminuita percentuale di morti.
Dal 1900 al 1920 morivano annualmente in Italia circa 700.000 persone, pur essendo la popolazione complessiva inferiore di più di tredici milioni alla attuale: oggi la mortalità è ridotta a circa mezzo milione all’anno. Come ho saputo recentemente dal professor A. Missiroli dell’Istituto Superiore di Sanità, l’Italia è oggi uno dei paesi d’Europa dove si muore di meno. Il sempre più largo uso di pratiche igieniche e l’estendersi dei controlli sanitari ha prodotto questo risultato di cui ci possiamo rallegrare; ma questa conquista può trasformarsi in una terribile sciagura per tutti se non provvediamo subito a limitare le nascite.
La necessità di ciò è sentita da tutti coloro che appartengono alle categorie più diseredate della popolazione, da coloro che essendo poveri, ignoranti, vivendo in ambienti sovraffollati e senza impianti igienici, non sanno come si fa a non avere figli pur mantenendo rapporti coniugali normali. I medici che frequentano questi ambienti spesso si sentono chiedere informazioni su questo problema, soprattutto dalle donne; ma essi, a norma di legge, non possono dir nulla. Non possono perché ancor oggi sono in vigore le funeste leggi fasciste che presero spunto dallo slogan «il numero è potenza». Per fortuna si vedono da più parti segni di comprensione in questo campo. A Napoli, per esempio, nel 1948, veniva pubblicato un fascicolo dal titolo «Controllo delle nascite» con istruzioni sui principali metodi anticoncezionali, per merito del movimento di Rivoluzione Libertaria. A norma dell’articolo 553 del Codice Penale, la Procura della Repubblica ordinava il sequestro dell’opuscolo e la Questura di Napoli denunziava gli autori ed il tipografo. L’8 maggio del 1950 il Tribunale di Napoli assolveva gli imputati perché «il fatto non costituisce reato», con una sentenza esemplare per umanità e comprensione delle esigenze d’oggi. I giudici hanno riconosciuto in questa pubblicazione lo stesso fondamento igienico sociale e la stessa giustificazione morale che, per il suo conformismo alla morale cattolica, ha ottenuto ad altre pubblicazioni di intento consimile l’imprimatur della Chiesa. Si vuole qui alludere ai vari fascicoli e libri usciti in questi ultimi anni in Italia che illustrano il cosiddetto metodo di Ogino-Knaus, il quale tende ad impedire il concepimento sulla base dei periodi fecondi e non fecondi della donna. Questo infatti, insieme con l’astinenza, è l’unico metodo giudicato «secondo natura» dalla Chiesa cattolica.
D’altra parte in alcune pubblicazioni recenti, come nel libro «Psicologia del Matrimonio» del dottor Dino Origlia, non si fa mistero dei principali metodi antifecondativi, i quali vengono ampiamente elencati e descritti. Ed infine i pochi articoli e conferenze tenute in Italia su questo argomento negli ultimi tempi hanno destato un coro di approvazioni in ogni settore della popolazione.
Il problema è troppo urgente perché si debba sottilizzare oggi sull’impiego di questo piuttosto che di quel metodo. Sappiamo che quello di Ogino-Knaus, approvato dalla Chiesa, non offre soddisfacenti garanzie di impedire la fecondazione se non per donne che abbiano cicli regolarissimi. Quando tale ciclo sia sempre di ventotto giorni l’uovo si libera dall’ovario intorno al quattordicesimo giorno, a partire dal primo giorno della mestruazione. Ammettendo che l’uovo possa rimanere vitale per un massimo di due o tre giorni, si ritiene che il concepimento non possa aver luogo dopo il diciottesimo o diciannovesimo giorno perché non esiste alcun uovo fecondabile. Dati statistici raccolti recentemente negli Stati Uniti mostrano che in queste condizioni ideali questo metodo dà una garanzia di poco più del novanta per cento. Ma purtroppo quando i cicli sono irregolari la sua efficienza resta enormemente diminuita. Ad ogni modo, propagandiamo pure il più possibile questo metodo, non essendovi opposizione da parte della Chiesa: anche se il singolo può talvolta rimanere deluso, la diffusione di questa pratica a tutta la popolazione provocherà certamente una diminuzione nella natalità media. Il metodo del diaframma o del dutch cap con pomata o gelatina spermicida garantisce la massima tranquillità ed infatti è il più diffuso nei paesi anglosassoni; altri procedimenti più antiquati stanno cadendo in disuso. Per fortuna però gli studi in questo campo continuano attivamente e pare che il dottor Karl Hartmann in America abbia scoperto un nuovo prodotto di efficacia assoluta e di facilissima applicazione: si tratterebbe di una pastiglia ad azione spermicida potentissima e non lesiva per le mucose. Speriamo che essa possa avere tanta importanza per l’umanità quanta ne ha la penicillina. Ma non stiamo ad aspettare il prodotto perfetto, in Italia. L’importante è dare inizio subito ad una campagna su scala nazionale, con o senza l’appoggio del governo, il quale dovrebbe almeno ripudiare le leggi fasciste in questo campo. L’importante è rendere il nostro paese cosciente del pericolo che corre e delle possibili soluzioni: ciascuno si metterà d’accordo con le proprie convinzioni ed userà l’uno o l’altro procedimento secondo la sua libera scelta.
L’alternativa è chiara: o ci mettiamo subito su questa strada, o il popolo italiano sarà condannato ad un avvenire di sempre maggiore miseria, di più gravi sofferenze, di lotte, di sciagure, al rifugiarsi nell’uso di metodi lesivi della integrità fisica, come l’aborto provocato o la sterilizzazione con intervento chirurgico. Questa non è apocalittica fantasia: possiamo rivolgere il nostro sguardo a Portorico, dove l’ignoranza, la malafede, la bigotteria opportunistica fanno sì che il sessanta per cento delle donne che partoriscono in clinica si fanno sterilizzare e commettono così un peccato mortale una volta sola.
Adriano Buzzati-Traverso