Jenner Meletti, Affari&Finanza – la Repubblica 9/11/2015, 9 novembre 2015
MICOPERI, DA SUEZ ALLA CONCORDIA E L’ONU DICEVA: “EROI I VOSTRI SUB”
Ravenna
«Due figli e 190 nipoti. Per la precisione 194». Si presenta così il signor Micoperi, alias Silvio Bortolotti, classe 1945. Lo strano nome di questa società fu letto per la prima volta da quasi tutti gli italiani sui pontoni e sulle navi officina arrivate al Giglio nel gennaio 2012 dopo il naufragio della Costa Concordia. «Sì, su quell’isola siamo riusciti a ridare onore alla marineria italiana. Per la prima volta al mondo una grande nave non è stata demolita sul posto ma rimessa in galleggiamento e portata al cantiere di demolizione. Ma vorrei parlare subito della ‘nostra’ scuola. In qualche modo, vedrà, interessa anche il Giglio». Scuola paritaria San Vincenzo De Paoli, periferia di Ravenna. «Tre anni fa mi dicono che la scuola dove vanno le mie quattro nipoti sta chiudendo per mancanza di fondi. Io dico: con la scuola io ed i miei figli non abbiamo avuto un buon rapporto, speriamo nei nipoti. E allora ‘adotto’ i 190 bambini della San Vincenzo, dalla materna alla terza media. Un preside in pensione, Enrica Giovannetti, mi dà una mano preziosa. Per farla breve, in questa scuola adesso si fa ‘il gioco delle lingue’ già a due anni, con l’inglese e lo spagnolo, a tre anni si inizia con il russo. Si fa musica, con pianoforte, chitarra, flauto e poi il violino. Lo sport non manca: palestra, rugby, vela, equitazione… ». Parlerebbe per ore, della sua scuola. «Il rugby aiuta a fare squadra, il russo è la lingua del futuro perché l’Europa ora deve guardare a Est, a questi popoli così simili a noi per cultura, arte, cibo…». Un grande parco di trenta ettari, nella pineta ravennate. Fagiani che corrono e voli di colombacci. In pochi minuti trovi anche i funghi per il risotto. Il cuore della Micoperi è qui, dove gli ingegneri hanno preparato e guidato il progetto per il recupero della Costa Concordia. Un teatro all’aperto con 1.200 posti, una mensa con chef da guida Michelin. «Se stai bene lavori anche bene. Questo vale per tutti, nella Micoperi». Una sede operativa a Ortona che si sta trasformando in un campus di ricerca, un’altra in Messico. Millecinquecento dipendenti, 900 dei quali in Italia. Massimo fatturato nel 2013, con 400 milioni di euro. «Con il recupero della Costa Concordia il nome Micoperi è stato conosciuto in tutto il mondo. Se vendessi caramelle, avrei avuto una pubblicità enorme e un boom del fatturato. Ma noi siamo specializzati in Offshore dell’industria Oil & Gas, con trasporto e installazioni di piattaforme e moduli, posa di sealine, cavi, ispezioni, riparazioni, costruzione di terminal marini, porti, recupero di relitti. I nostri clienti non badano alla pubblicità in tv. Ti chiedono quanto costa posare tubi sotto un oceano, in quanto tempo puoi fare il lavoro. Con il petrolio a 40 dollari al barile, l’Offshore è fermo in tutto il mondo. Noi riusciamo a lavorare ancora, anche se meno, perché siamo l’unica impresa al mondo completamente autonoma. Facciamo tutto noi, dal progetto alla costruzione. Non facciamo subappalti e così comprimiamo i costi. E soprattutto, in attesa della ripresa, ci diamo da fare con nuove iniziative». Gli uffici di Ravenna sono un piccolo museo. C’è una medaglia delle “United Nations” che celebra il lavoro della Micoperi – e della Smit olandese – per la bonifica del canale di Suez dopo la guerra del 1956. «Questi italiani – scrive il generale R.A. Wheeler, rappresentante del segretario generale delle Nazioni Unite – sono dei mostri. Ho visto i palombari immergersi per quattro ore in un’acqua melmosa per tagliare lamiere di 10 centimetri e uscire dall’acqua, mettersi a cantare, fumare una sigaretta e tornare sott’acqua per quattro ore». La Micoperi (Minio Contivecchi Per Recuperi) nasce nel 1946 a Cagliari. Prima operazione il recupero (sembra un segno premonitore della futura operazione al Giglio) dell’incrociatore Trieste, affondato durante la guerra alla Maddalena. Con palloni e serbatoi di acciaio lo scafo rovesciato sul fondale viene raddrizzato, rimesso in galleggiamento e venduto poi alla Spagna. L’operazione Suez offre alla Micoperi una visibilità internazionale. Gli uffici vengono portati a Milano, la sede operativa a Ortona. Si specializza in varo di tubazioni in mare, sollevamenti, escavazione piattaforme. Agli inizi anni ’80 conta 2.400 dipendenti ma arriva la crisi petrolifera e la società viene abbandonata dagli stessi soci. Il governo decide il commissariamento, perché l’impresa è di “interesse strategico nazionale”. «Io la scopro nel 1992 – racconta Silvio Bartolotti – a Ortona, dove ero andato a cercare lavori per la mia azienda, la Protan, di verniciatura industriale. Aveva 36 dipendenti e non aveva commesse». Vicenda complessa, l’acquisizione. Tira e molla fra il signor Bartolotti e i commissari poi la “proposta indecente”. «Ho fatto un progetto industriale e una proposta di acquisto per 20 miliardi di lire, da pagare in quattro anni. Piccolo particolare: i miliardi non li avevo. Ma vede, quando mi dicono che sono stato bravo, io rispondo che nella vita ci vuole anche fortuna. Quello bravo, comunque, è stato Lui”. E indica il cielo con un dito. «Per farla breve, alla fine del quarto anno, dovevo pagare 10 miliardi e ne avevo solo 2,5. Una funzionaria di Carimonte, alla vigilia dell’ultimo giorno utile, mi disse: domattina avrà i 7,5 miliardi nel conto corrente. Ci fidiamo di lei». Mestiere duro ma ben pagato, quello degli uomini Micoperi. Un comandante di nave arriva a 7.000 euro al mese, un direttore di macchina a 6.000, un marinaio fra i 2.500 ed i 3.000. I sommozzatori fanno il lavoro più difficile ma partono da 8.000 euro al mese e arrivano anche a 15.000, quando ad esempio stanno in “saturazione” nel “tubo”, una macchina di acciaio che mantiene le stesse atmosfere che si trovano a 70 o 100 metri di profondità. Il futuro della Micoperi è nel grande campus – cantiere di Ortona. «All’Expo di Milano abbiamo presentato i nostri ultimi progetti. Stiamo lavorando a una nuova pala per l’energia eolica con turbina da 10 megawatt che potrà essere costruita in cantiere e portata direttamente in mare e che avrà un costo di circa la metà rispetto alle altre. Nel campus si stanno studiando le microalghe, per il settore farmaceutico, l’alimentazione umana, la lotta biologica in agricoltura». Ma c’è ancora un lavoro da finire, al Giglio. «Stiamo mantenendo la promessa. Dicemmo: nessuno si dovrà accorgere che qui c’è stato il naufragio della Concordia. Abbiamo già tolto dai fondali 25 mila tonnellate di cemento, 100.000 metri cubi di materiali usciti dalla nave, tutte le piattaforme. Ora stiamo raccogliendo la polvere di cemento rimasta sui fondali. Ecco, ricorda che avevo parlato di un collegamento fra la scuola San Vincenzo e il Giglio? Vogliamo portare l’esperienza ravennate anche sull’isola. Oggi i ragazzi se ne debbono andare in continente alla fine della terza media. Dal prossimo anno ci sarà invece un biennio delle superiori, e presto l’intero quinquennio. Investire nell’educazione: per l’isola questo è un giusto risarcimento».
Jenner Meletti, Affari&Finanza – la Repubblica 9/11/2015