Notizie tratte da: Sidney Gotlieb, Io, Hitchcock, Donzelli, 418 pagine, 32 euro, 9 novembre 2015
LIBRO IN GOCCE NUMERO 83
(Io, Hitchcock)
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UN UOMO PLACIDO DIETRO I THRILLER DI HITCHCOCK –
Topi. Quando il cinema era agli albori, per ottenere dalla star un’espressione angosciata, le raccontavano storie tristi o liberavano dei topi ai suoi piedi.
Nozze. Peter Lorre si sposò con Celia Lovsky durante le riprese de “L’uomo che sapeva troppo”. «Peter doveva sposarsi prima di partire perché doveva portare la futura signora Lorre con sé, e le norme a Ellis Island sono talmente rigide per cui due fidanzati non possono recarsi insieme in America sulla stessa nave senza rischiare uno scandalo immotivato, ritardi con le autorità addette all’emigrazione e, a volte, accuse di “depravazione morale”. Così diedi a Peter due ore di libertà nel mezzo di una scena. Il matrimonio era al Municipio di Caxton. Peter saltò sulla macchina così com’era, con il trucco e con un’orrenda cicatrice tracciata sulla sua fronte con il collagene, un astringente che raggrinzisce la pelle. Non aveva il tempo di levarsela e se l’avesse tolta non avrebbe avuto il tempo di rimetterla».
Rutto. «Il giorno che chiesi ad Alma di sposarmi, lei era distesa nella cuccetta superiore della cabina di una nave. La nave ondeggiava in modo violento, come Alma, che soffriva il mal di mare. Stavamo tornando a Londra dalla Germania, dove avevo appena finito di girare un film. Alma era la mia assistente. Non potei essere troppo poetico perché temevo che nelle penose condizioni in cui si trovava Alma avrebbe pensato che stavo parlando del soggetto di un film. Ad ogni modo, lei emise un grugnito, fece di sì col capo e ruttò. Fu una delle mie scene più belle – un po’ debole nel dialogo, forse, ma meravigliosamente orchestrata e per nulla enfatica».
Alma. «Alma sa molte cose – troppe – di me. Ma non le racconta in giro. Lei sa che, per essere un orco autore di thriller, sono un placido sempliciotto senza speranza. Lei sa che a casa, invece di leggere gialli, mi metto a progettare una cassettiera, che mi vesto in modo classico e che amo le cravatte a tinta unita, che in una stanza preferisco i colori squillanti a quelli cupi. Lei sa che condivido l’amore per la vita semplice, ma che la mia inclinazione per i giochi di parole tremendi rende difficile vivere al mio fianco».
Buio «Devo confessare che mi spavento facilmente. Appresi ciò quando avevo quattro o cinque anni. Mi ricordo che quella notte mi svegliai di soprassalto. La casa era immersa nell’oscurità e nel silenzio. Mi sedetti nel letto e cominciai a chiamare mia madre. Non mi rispose nessuno, perché non c’era nessuno. Tremavo di paura. Ad ogni modo, trovai il coraggio di alzarmi e, devo aggiungere, di ispezionare la casa. Giunsi nella cucina, illuminata in modo sinistro. Il mio tremore continuava ad aumentare. Al tempo stesso, ero affamato. Aprii la dispensa della cucina, nella quale trovai della carne fredda, e cominciai a mangiare e a piangere. Non riuscii a calmarmi fino a che i miei genitori non furono rincasati. Mi spiegarono che erano andati a fare una passeggiata perché pensavano stessi dormendo. Da quel giorno, vi sono due cose che non sopporto: stare da solo al buio e mangiare carne fredda».
Thriller. Quando nel 1936 gli chiesero di spiegare «perché i thriller hanno successo», Hitchcock teorizzò: «Perché andiamo al cinema? Per vedere la vita riflessa sullo schermo, certo, ma che tipo di vita? Naturalmente, non il tipo di vita che viviamo tutti i giorni, oppure la stessa vita ma con una differenza; la differenza consiste in sconvolgimenti emotivi che chiamiamo, per convenienza, “brividi”. La nostra natura è tale che dobbiamo subire tali “scuotimenti” per non diventare inattivi e simili a molluschi; ma, d’altra parte, la civiltà ci ha protetti e riparati in modo tale che è molto difficile vivere questi brividi in prima persona. Perciò dobbiamo viverli in modo artificiale e il cinema rappresenta il miglior mezzo per questo scopo...».
Solo «Oltre ai poliziotti, ho il terrore di rimanere solo».
Donne. La giornalista Barbara J. Buchanan chiese ad Alfred Hitchcock: «Perché lei odia le donne?». Replica di lui: «Non è esattamente così. Ma indubbiamente penso che non siano attrici brave quanto gli uomini».
Giorgio Dell’Arti, Il Sole 24 Ore 9/11/2015