Annachiara Sacchi, Corriere della Sera - La Lettura 8/11/2015, 8 novembre 2015
L’ABITO RITROVATO DELLA DAMA-BAMBINA
Il corpetto nasconde fili strategici: la dama, senza essere vista, poteva allentarli dopo i pasti. La scollatura è ampia ma non eccessiva, la falda a pieghe scende lungo la schiena, i ricami volteggiano sulla seta, una garza color avorio a motivi floreali impreziosisce i bordi. Torna a splendere l’ Andrienne di Palazzo Mocenigo, veste femminile di fine Settecento custodita dalla dimora-museo veneziana. Da martedì 10 novembre si sposterà (di un chilometro) in Calle del Ridotto, nello spazio del marchio Louis Vuitton che ne ha curato il restauro. La moda in mostra. Il capo del 1770-80 e, accanto, altri due abiti. Uno contemporaneo, in carta, tessuto dall’artista cinese Movana Chen, e uno disegnato dagli studenti del Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Dialogo tra epoche, generazioni, stili. Per una storia fatta di intrecci, forme e rappresentazioni del corpo. A Tale of Costumes , come il titolo dell’esposizione aperta dallo stesso giorno.
Conversazione silenziosa fra tre espressioni di alto artigianato, l’abito che diventa archetipo per i ragazzi del corso di Costume e punto di osservazione per il lavoro di Movana Chen. È suo il Travelling Dress , «scultura indossabile» datata 2012, le pagine dei cataloghi Louis Vuitton prima incollate, poi ridotte in lunghissime strisce trasformate in matasse e, infine, intrecciate come una maglia. La parola distrutta e ricomposta. Che rinasce e comunica con il corpo, che acquista un nuovo significato e mantiene quello originario, che racconta vecchie e nuove storie e si fa arte.
Il linguaggio è classico e contemporaneo, come quello usato dagli allievi del Centro sperimentale di Cinematografia di Roma coordinati da Maurizio Millenotti, due volte candidato all’Oscar per i migliori costumi di scena ( Otello del 1986 e Amleto del 1990, entrambi diretti da Franco Zeffirelli). Un laboratorio impegnativo, partito la scorsa primavera, in cui veniva chiesto di reinterpretare l’ Andrienne creando qualcosa di originale. «Il percorso intrapreso con gli studenti del secondo e terzo anno — racconta Millenotti alla “Lettura” — è stato molto intrigante. A partire dallo studio della moda del Settecento — considerato un abito informale, l’ Andrienne perse questa connotazione con la regina Maria Antonietta, che lo introdusse a corte — e delle sue influenze nelle epoche successive».
Riconosciuta l’importanza dell’ Andrienne (il nome deriva dalla commedia Andrienne di Baron, messa in scena per la prima volta a Parigi il 6 novembre 1703 dall’attrice Marie Carton Dancourt, che per l’occasione propose questo nuovo stile), la classe ha immaginato e disegnato alcune silhouette da giorno e da sera. «Fino ad arrivare — precisa Millenotti — all’abito di seta color avorio adatto a un red carpet . Anche se, con i giusti accorgimenti, potrebbe essere perfetto per una sposa».
Un capo moderno, non una semplice copia dell’originale. Anche per una questione di taglia: l’ Andrienne veneziano (che fa parte della collezione del Museo di Palazzo Mocenigo — Centro studi di Storia del tessuto e del costume), restaurato in tre mesi grazie al sostegno di Vuitton, con i suoi circa 150 centimetri di altezza e una «vita strettissima», potrebbe essere oggi indossato da una bambina di dodici anni.
Un piccolo preziosissimo abito dalle «irripetibili» broccature di seta che, con i suoi due compagni di viaggio, scatena nel visitatore innumerevoli spunti di riflessione. Intorno, sui muri dell’Espace Louis Vuitton di Venezia, l’esposizione è arricchita da oltre un centinaio di figurini del Settecento, dettagli e stili di una moda che da più di due secoli influenza il nostro modo di vestire, e da due video: il making of del laboratorio degli studenti del Centro di cinematografia e quello di Movana Chen mentre crea il Travelling Dress.
La mostra, gratuita, è aperta al pubblico fino al 31 marzo. Contemporaneamente a Roma, nello Spazio Etoile Louis Vuitton di piazza San Lorenzo in Lucina (l’ex cinema Etoile), A Tale of Costumes raddoppia con un omaggio al costume sartoriale nella storia del grande schermo: con la curatela di Laura Delli Colli, nella maison saranno proiettate testimonianze, immagini, sequenze, backstage tratte da titoli come Il racconto dei racconti (Matteo Garrone, 2015) e Youth. La Giovinezza (Paolo Sorrentino, 2015). In programma anche il filmato dedicato alla storia della Sartoria Tirelli, dal 1964 punto di riferimento per registi e costumisti. Infine, e solo nella giornata del 10 novembre, sempre all’Etoile di Roma saranno esposti, tra gli altri, gli abiti indossati da Romy Schneider in Ludwig di Luchino Visconti, da Valeria Golino in Amata immortale di Bernard Rose, da Margherita Buy in Magnifica presenza di Ferzan Özpetek, da Salma Hayek in Il racconto dei racconti.
Moda e macchina da presa, un legame indissolubile. Anche se Millenotti precisa: «Nel passato il cinema influenzava molto lo stile di tutti i giorni, soprattutto se ripensiamo alle pellicole degli anni Trenta, Quaranta, Cinquanta. Ora è la moda a ispirare molto più spesso le pellicole. I costumisti traggono ispirazione dai grandi stilisti di oggi per ricreare abiti magnifici».