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 2015  novembre 07 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL PROBLEMA DI RIMPATRIARE DA SHARM DECINE DI MIGLIAIA DI PERSONE


REPUBBLICA.IT
Una bombola da sub esplosa in volo. E’, questa, una delle ipotesi su cui stanno lavorando i servizi segreti per spiegare le cause dello schianto dell’aereo russo precipitato in Sinai. Nella conferenza stampa del ministro dell’Aviazione civile del Cairo, non sono emerse novità di rilievo. Il volo, ha confermato l’esponente del governo, è durato 23 minuti e 14 secondi, il velivolo era ancora inclinato nella fase di salita, ed era già guidato dal pilota automatico. Si trovava a 4mila metri di altezza e viaggiava a 477 chilometri all’ora.
Sembra certo, dalla vasta area nella quale sono stati recuperati i pezzi dell’aereo, che l’aereo sia esploso in volo. L’unico elemento anomalo finora riscontrato in modo oggettivo, ha spiegato, è stato "un rumore sentito all’ultimo secondo delle registrazioni. Per capire la natura di quel rumore, bisogna aspettare l’analisi dello spettro delle onde fatto in un laboratorio specializzato".
Il governo, dunque, prende tempo. "La commissione - spiega il ministro - sta considerando tutti i possibili scenari che hanno portato allo schianto".
Uno di questi scenari, contempla anche l’ipotesi che sia esplosa una bombola da sub. Su quell’aereo, secondo fonti intelligence, si trovavano 50 bombole da sub, un fatto del tutto normale visto che il mare di Sharm El Sheikh è uno de paradisi delle immersioni subacquee.
Va detto che le valigie vengono caricate in un vano bagagli che è pressurizzato esattamente come la cabina passeggeri, quindi la bombola non può essere esplosa per differenza di pressione. Inoltre, poiché è tutta roba che deve andare in stiva obbligatoriamente, viene pesata all’imbarco quando si fa il check in. E la differenza di peso tra una bombola da sub piena e una vuota si nota sensibilmente.
Questo non esclude il fatto che sia esplosa effettivamente una bombola da sub. Ma carica magari di gas e con un mini-detonatore, il cui ritrovamento dei resti tra rottami sparsi in 20 km quadri è il classico ago in una moltitudine di pagliai. Bombola da sub che potrebbe aver passato i controlli solo grazie ad una complicità interna. Perché piena di aria compressa difficilmente sarebbe passata al controllo e sicuramente non sarebbe esplosa per cause del tutto "naturali".
Secondo la Reuters, la polizia egiziana sta riguardando i filmati delle telecamere presenti nell’aeroporto di Sharm per cercare riscontri alle varie ipotesi.
Comincia, intanto, il controesodo dei turisti di tutto il mondo per rientrare nei rispettivi Paesi. Le operazioni di imbarco si svolgono sotto il controllo dell’esercito egiziano. E’ programmato per le 17 di oggi (ora locale in Egitto) il volo easyJet che porterà i passeggeri italiani bloccati in questi giorni a Sharm el Sheikh a Londra Luton, per poi imbarcarli per Milano Malpensa. Sereni, sorridenti e consapevoli che adesso i controlli nello scalo di Sharm el Shekh siano più efficaci: questi gli stati d’animo percepiti tra i primi 120 passeggeri italiani in partenza.
Gli inglesi fanno sapere che faranno rientrare i loro connazionali entro dieci giorni: undici aerei di compagnie britanniche sono in attesa all’aeroporto di Cipro e potrebbero essere usati per riportare nel Regno Unito i turisti rimasti bloccati.
Sono 80.000 i turisti russi che si trovano in Egitto, per lo più tra Sharm-el-Sheikh e Hurgada, ma Mosca non sta pianificando un’evacuazione d’emergenza, malgrado la sospensione dei voli con l’Egitto decisa dopo lo schianto dell’Airbus della Metrojet nel Sinai. "Stiamo solo organizzando il loro rientro pianificato dalle vacanze", ha spiegato Oleg Safonov,
responsabile dell’agenzia federale per il turismo Rostourism. Finora un operatore turistico russo, Pegas Touristik, ha rimpatriato 1.200 turisti con sei voli speciali e si sta procedendo con gli altri rimpatri "in modo pianificato, ha aggiunto Safonov.

DA REPUBBLICA DI STAMATTINA
NICOLA LOMBARDOZZI
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
MOSCA.
Bomba non bomba, nuove notizie “top secret” arrivate al Cremlino hanno fatto crollare ieri mattina ogni fiducia sulla sicurezza egiziana. Per questo Vladimir Putin ha ordinato la sospensione immediata dei voli passeggeri russi su tutto il Paese nordafricano. E non soltanto sul poco sicuro aeroporto di Sharm el Sheikh da dove sabato scorso è partito l’Airbus russo esploso in volo con 224 passeggeri. Ma c’è di più. Brandelli di notizie, strappate al telefono a un riluttante premier britannico David Cameron, fanno adesso temere a Putin che tutti i 60mila russi in vacanza in Egitto siano intrappolati in una zona dove si starebbe preparando un altro grosso attentato contro di loro. «Facciamoli tornare subito a casa», ha ordinato il Presidente.
Non sarà facile. I russi sono sparsi tra i resort del Mar Rosso, il Cairo, Luxor e una miriade di altri centri turistici. Una speciale commissione dovrà coordinare il rimpatrio con aerei cargo civili e militari. Ma il caos è grande. Ieri la flotta di 29 aerei inviati da Londra a recuperare gli oltre 20mila britannici, rimasti a terra dopo il blocco ai voli della compagnia Easy Jet su Sharm el Sheikh, è stata costretta in gran parte a tornare indietro . «Non possiamo reggere più di 8 voli al giorno con i nuovi controlli» , hanno detto a Sharm, ammettendo che finora tutto era stato fatto in maniera approssimativa.
Ma il problema non è più soltanto Sharm el Sheikh. Ieri, sia l’Alitalia che la Klm, seguite a ruota da altre compagnie hanno deciso di intensificare i controlli all’aeroporto del Cairo. Sospeso il carico di merci, respinti tutti i bagagli che non viaggino al seguito del proprietario. Gli Usa da parte loro hanno annunciato maggiori controlli in diversi scali della regione.
Tutto sembra frutto delle comunicazioni, più o meno riservate, girate dalle intelligence inglese e americane: i servizi segreti occidentali avrebbero infatti intercettato delle comunicazioni tra sospetti militanti del Califfato ed esponenti di un servizio segreto straniero. Una discussione, pare, sulla collocazione di una bomba nel vano bagagli dell’aereo russo esploso, da parte di un addetto ai servizi cargo. «Non ho una prova certa di un attentato – avrebbe spiegato Cameron a Putin – ma quanto basta per essere molto preoccupato». A quale Paese apparteneva l’agente dei servizi segreti che confabulava con i terroristi? Non si esclude che possa essere egiziano.
Di certo adesso il Paese più vicino a Mosca nell’area mediorientale non viene più considerato sicuro. Anche lo stesso Presidente Al Sisi, che ha appoggiato le operazioni militari russe in Siria, vive sotto la minaccia costante del terrorismo islamico e esperti israeliani temono che possano esserci falle nel sistema di sicurezza che lo circonda.
Il Cremlino indaga ma non si fida. La ritrosia anglo-americana nell’entrare nei particolari con i russi è spiegata a Mosca con il desiderio di non svelare il complesso sistema di intercettazioni occidentale diventato ancora più scottante dopo il caso Snowden. Ma quello che Cameron ha confidato a Putin è bastato per far cambiare completamente l’atteggiamento del Presidente russo. «Le nostre decisioni non significano che l’attentato sia stato accertato, è solo una precauzione», ha dichiarato in tv il portavoce di Putin, Peskov.
Il clima comunque è pesante. Ieri 8 dei 9 voli in partenza dalla Russia per il Cairo sono stati cancellati quando molti passeggeri avevano già fatto il check-in. Solo quello Aeroflot da Mosca è partito, vuoto, per andare a raccogliere una prima piccolissima ondata di russi di rientro. C’è ovviamente anche un problema legale. Molti non vogliono tornare e sarà necessario convincerli con un decreto di evacuazione. E i tour operator calcolano già che rimborsare la quasi totalità delle vacanze comporterebbe la bancarotta.
E da più parti si pensa che presto Putin possa parlare alla nazione per spiegare cosa sta succedendo. Dovrebbe, dicono, rilanciare la lotta al terrorismo, con un‘ulteriore escalation dei raid aerei sulla Siria. Secondo il giornale saudita stampato a Londra, as-Sharq al Awsat, la Russia avrebbe già concordato un piano in 9 punti sul futuro di Damasco. Avrebbe concesso la non eleggibilità di Assad, lasciando però aperto il campo «ad altre personalità della famiglia o dell’attuale regime». Ma avrebbe soprattutto ribadito il «mantenimento della presenza militare russa per l’attuazione del piano di pace ». Un accordo che il Cremlino si rifiuta di commentare ma che la attuale situazione di solidarietà davanti al nemico comune del terrorismo islamico potrebbe facilitare.

LA STAMPA DI STAMATTINA
NICOLA ZANCAN

Fra i turisti prigionieri a Sharm
“Diteci almeno che sta succedendo”
La rabbia di inglesi e italiani in aeroporto: avanti e indietro dagli hotel, senza certezze Sulla costa spiagge blindate e soldati: “Non arriva nessuno, faremo la fine della Tunisia”

Arriva il giorno in cui il paradiso diventa una prigione. E non te ne importa più nulla delle palme, del mare ancora caldissimo a novembre, del sole a 28 gradi «mentre voi invece…». «Vogliamo andarcene da qui!», urla la signora Tracy Parr, di mestiere infermiera a Londra. Agita le braccia per ottenere ascolto in mezzo alla calca: «Diteci almeno cosa sta succedendo. Non potete lasciarci in questo stato confusionale!». Prima erano state le compagnie britanniche a cancellare i voli per ragioni di sicurezza. Adesso è il governo egiziano che non permette agli aerei inglesi di atterrare.
Doveva scattare una specie di piano di evacuazione generale. Da una parte passeggeri con solo bagaglio a mano, dall’altra aerei carichi di valigie da restituire a destinazione: pare che in questi giorni ne siano già state accumulate in aeroporto oltre 120 tonnellate. Ma qualcosa non sta funzionando. «Politics!», dicono i turisti furibondi in coda. Forse. Forse anche schermaglie politiche. Ma intanto la paura di nuovi attentati sta complicando tutto. Anche Russia e Turchia hanno deciso di sospendere i collegamenti. Dei 74 voli programmati nella giornata di ieri, alle sei di sera ne erano decollati venti, dieci dei quali erano voli domestici. E sì, forse il titolo giusto è proprio questo: confusione totale. Anche se non si direbbe, di primo acchito, arrivando nell’atrio di questo modernissimo aeroporto internazionale. È così lindo. È così presidiato e vuoto. «Welcome to Sharm el-Sheik», dice il cartello. Grazie, ma si capisce in fretta che il problema non è tanto arrivare. Il problema adesso è andarsene.
Ecco Luke Brown, manager a Cambridge, con la fidanzata incinta sotto braccio e il segno dell’abbronzatura lasciato dagli occhiali: «Il nostro volo è decollato da Londra in orario. Ma l’hanno fatto tornare indietro perché non è stato autorizzato l’atterraggio qui. Non partiamo. Ci hanno detto che dobbiamo tornare in hotel e aspettare novità, senza allontanarci troppo». Ecco l’architetto di Varese Andrea Villa, al secondo tentativo di partire su un volo EasyJet per Milano Malpensa: «È andata male. Respinti. Forse partiamo questa notte. Siamo in 162. Hanno detto che è una partenza molto incerta e quindi, per sicurezza, meglio confermare l’hotel». Chi paga? «Anticipiamo i soldi, ma verremo risarciti».
Il paradiso è pieno di gente che si massacra ai buffet «all inclusive», nei resort lungo la spiaggia, un po’ per rabbia e un po’ per frustrazione. I camerieri insistono. Puoi prendere quello che vuoi. Corrono avanti e indietro. Ci sono piatti che sembrano architetture postmoderne: pollo con sopra pesce, con sopra melone, con sopra formaggio, con sopra pomodori, con sopra… Piramidi di cibo, in attesa di novità. La signora Emma Taylor, trapezista alla scuola di circo di Londra, non ha appetito: «Ero venuta per staccare e riposarmi. Sole, bagni. Niente pensieri. Purtroppo le cose non sono andate così».
Al Novotel di Naama Bay, l’impiegato della compagnia EasyJet, incaricato di spiegare ai viaggiatori quello che non sarebbe successo, è stato quasi aggredito. Al punto che ha dovuto chiamare i militari alla reception per colpa di un signore tutto tatuato, particolarmente aggressivo: «Vogliamo la colazione! Vogliamo da bere! Vogliamo quello che ci spetta!».
Militari ovunque
Ora, molte cose possono essere complicate in questi giorni sul Mar Rosso, tranne che trovare un agente. I poliziotti chiudono le spiagge quando è sera. I militari stanno davanti agli ingressi degli hotel ventiquattr’ore su ventiquattro. Due blindati e nove uomini, con mitra e giubbotti antiproiettile, presidiano l’ingresso dell’aeroporto. Anche i tassisti vengono controllati: bagaglio, cruscotto. Giovedì, tutti i dipendenti dello scalo sono stati interrogati dagli investigatori titolari del caso sull’Airbus A321 precipitato nel deserto del Sinai. Il sospetto è che qualcuno abbia introdotto la valigia con la bomba. Così la scena, per tutto il giorno, è stata questa: da una parte la coda dei turisti in cerca di notizie, che si ingrossava e si sgonfiava in base alle cancellazioni. Dall’altra, la coda continua dei dipendenti aeroportuali al varco riservato. «Staff only». E tutti venivano perquisiti, come se fossero viaggiatori a loro volta.
L’Egitto ha paura di fare la fine della Tunisia. Dopo l’attacco al museo del Bardo e quello sulla spiaggia di Sousse, trecento alberghi sono stati costretti a chiudere. Non basta la gentilezza dei camerieri. Ci sono metal detector camuffati con impalcature esotiche, li incontri all’ultimo passo prima di affondare i piedi nella sabbia calda. Ma se sei smaccatamente un turista, se sei biondo e pallido, nemmeno ti guardano e anzi si sbracciano per farti passare, per non turbare il relax. Perché la paura non diventi un contagio. «E grazie che sei arrivato, goditi il soggiorno».
L’umore dei 30 mila turisti bloccati a Sharm el-Sheikh non è dei migliori. Lo sanno bene tutti quelli chiamati a placare gli animi, come il console britannico John Casson: «Oggi sono partiti i primi due voli per l’Inghilterra. Ma purtroppo bisogna avere ancora pazienza». Si sono messi a gridargli contro: «Vogliamo andare via! Via! Hai capito? Quando ci fate partire?». Anche il volo degli italiani è stato cancellato per l’ennesima volta. In quel momento, è passato il manager Luke Brown, scuotendo la testa sconsolato: «A parte questo finale assurdo, non mi sono trovato bene. Non aiuta a rilassarsi, tutta questa polizia in giro. È stata la prima e ultima volta in Egitto». Il sole è calato veloce dentro un cielo completamente sgombro. E non è mai stato più chiaro di così che il vero paradiso è la libertà di potertene andare in pace, dove ti pare quando ti pare.

FRANCESCA PACI SULLA STAMPA DI STAMATTINA

“Hanno colpito il posto più sorvegliato
Così mettono in ginocchio l’economia”
L’ansia fra gli egiziani: turismo morto, ci sarà più repressione

Francesca Paci

«Per capire cosa è accaduto a Sharm el-Sheikh bisogna guardare al Cairo dove la Klm ha informato i passeggeri che potranno viaggiare solo con il bagaglio a mano ammettendo di non fidarsi della sicurezza egiziana» ragiona Mohammed Soliman. Ha meno di trent’anni, ma da quando è sceso in piazza nel 2011 fondendosi con quello spirito rivoluzionario di Tahrir che l’ha portato ai vertici di Dustur, il partito fondato da Mohammed el Baradei, questo ingegnere con la faccia da bambino si sente più anziano dei nonni: «Il disastro aereo è un lavoro fatto dall’interno, la sicurezza è stata infiltrata, non c’è altra possibilità. L’Isis sta arruolando i beduini nel Sinai e se sono riusciti a penetrare Sharm, una struttura per certi versi più importante del Cairo, vuol dire che qualsiasi posto può essere colpito».

Democrazia più lontana
L’Egitto è in preda al panico almeno quanto quelli che scappano da Sharm. La speranza di un cambiamento politico si è rivelata finora una chimera, come prova quel 18% di votanti alla prima tornata delle parlamentari. Ma l’economia restava una chance: tanti, anche nell’opposizione, confidavano in una ripresa che avrebbe mitigato la tentazione autoritaria di Sisi già manifestatasi nella feroce repressione del dissenso. Adesso la doccia fredda, sentenzia l’analista di «Euromonitor International» Nadejda Popova: «Quanto accaduto avrà un impatto catastrofico sull’industria turistica egiziana che nel 2014 aveva registrato una crescita dell’8%».
È un terremoto, ammette Francis Amin Mohareb, senior delle guide turistiche di Luxor: «Adesso che anche i russi hanno cancellato i voli diranno che la colpa è della sicurezza egiziana». Il colpo è ferale: «È un disastro, proprio ora che Sharm stava ripartendo e si tirava dietro gli altri. Due settimane fa avevamo festeggiato il ritorno di cinque charter di turisti a settimana a Luxor, per Natale aspettavamo il pienone».
L’esercito nega ancora
La sindrome dell’assedio è una tentazione troppo forte per gli egiziani che da due anni vivono una nuova stagione di nazionalismo esasperato. «L’inchiesta non è chiusa e non è certo che ci fosse di una bomba a bordo» afferma una fonte dell’esercito. Nell’entourage di Hamdeen Sabbahi, lo sfidante «extrema ratio» di Sisi, l’umore è identico: «Prima di dichiarare il fallimento della sicurezza egiziana bisogna essere certi che si tratti di una bomba».
L’Egitto fa quadrato, ma il puzzle è complicato. Lo ammette Ahmed Neguib, simpatizzante di Tahrir 2011, oppositore accusato di tifare per i Fratelli Musulmani, fine analista invitato in mezza Europa: «C’è in corso un tentativo di rovesciare Al Sisi da parte dell’intelligence. Da tempo i media che avevano acclamato il nuovo presidente lo attaccano in un modo che sarebbe loro impossibile senza l’appoggio di qualcuno interno al sistema. Alla guerra intestina tra l’esercito e l’intelligence si aggiungono gli islamisti». L’umore è nero. «Il turismo è morto» chiosa Mohammed Soliman. Ma è l’Egitto intero che non sta bene. Lui che finora aveva rifiutato le offerte di lavoro dall’estero se ne andrà in primavera.