Panorama.it 6/11/2015, 6 novembre 2015
LA RIFORMA DELLE PENSIONI PENSATA DA BOERI
“Non per cassa ma per equità”. E’ il titolo che il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha scelto per la sua proposta di riforma delle pensioni. Si tratta di un insieme di provvedimenti illustrati in un documento di 69 pagine e basati su tre pilastri: la riduzione dell’età pensionabile a 63 anni e 7 mesi (dagli attuali 66 e 7 mesi), la creazione di un reddito minimo per chi ha più di 55 anni ed è in condizioni di povertà, il taglio alle pensioni d’oro e ai vitalizi dei politici, quando risultano sproporzionati alla contribuzione versata. Ma ecco, di seguito, una panoramica sui punti salienti della Riforma Boeri.
A riposo a 63 anni e 7 mesi
La riforma di Boeri prevede innanzitutto una modifica della Legge Fornero, abbassando l’età pensionabile da 66 anni e 7 mesi a 63 anni e 7 mesi, purché l’assegno maturato sia pari ad almeno 1.500 euro lordi circa. Chi sceglie di mettersi a riposo in anticipo, però, subisce un taglio della rendita che in media non supera il 10-11% e incide soltanto sulla quota retributiva della pensione, cioè quella calcolata sulla base degli ultimi stipendi, secondo le vecchie regole precedenti il 2011 (anno in cui è entrato in vigore per tutti il sistema contributivo pro-rata, che lega invece l’importo dell’assegno pensionistico all’ammontare dei contributi versati).
Le penalizzazioni
Nell’illustrare la riforma, il documento presentato dal presidente dell’Inps fa alcuni esempi di quanto può perdere sulla pensione maturata chi si ritira a 63 anni anziché a 66. Per un lavoratore che ha iniziato la carriera nel 1977 e si mette a riposo tra i 63 e i 65 anni anziché a 66, la decurtazione dell’assegno può variare tra l’1,5 e il 9% circa.
Il sussidio per gli over 55
Uno dei pilastri della proposta di Boeri è la creazione del Sia55 (Sostegno per l’inclusione attiva per gli ultra55enni). Si tratta di una sorta di reddito minimo garantito per i nuclei familiari dove c’è un 55enne e che si trovano in una situazione di disagio economico.
A quanto ammonta l’indennità
L’assegno sarà variabile a seconda delle condizioni dei beneficiari e dovrà essere pari a un importo di denaro sufficiente per riportare la famiglia sopra la soglia di povertà. Quest’ultima dipende dal numero dei componenti del nucleo famigliare. Per una famiglia di un solo membro, per esempio, chi ha un reddito inferiore a 500 euro al mese è considerato sotto la soglia di povertà e ha dritto a una integrazione mensile. Il reddito preso a riferimento è l’isee, che tiene conto della situazione patrimoniale complessiva del beneficiario (risparmi e immobili ) e non solo di quanto guadagna mensilmente.
Gli obblighi di chi riceve un sostegno
Tutti i componenti di un nucleo familiare che beneficia dell’indennità, devono presentarsi in un Centro per l’Impiego e fornire immediata disponibilità al lavoro, per iniziare un percorso di inserimento professionale. Questi obblighi, dunque, non gravano solo sugli over 55enni che incassano l’assegno, ma anche sui loro figli e coniugi, fatta eccezione per certe categorie come gli studenti, i militari di leva, chi svolge il servizio civile, gli inabili o le donne incinte.
Le coperture
Per finanziare i nuovi sussidi, il presidente dell’Inps prevede un sostanziale riordino di tutte le altre prestazioni a sostegno del reddito e, soprattutto, un taglio alle pensioni più alte (escluse quelle di invalidità o ai superstiti) che non sono proporzionate ai contributi versati. Da quest’ultima misura, verrebbe un risparmio di spesa superiore a 950 milioni di euro all’anno.
Ricalcolo delle pensioni “d’oro”
Per attuare il piano di Boeri occorre fare un ricalcolo delle pensioni medio-alte (oltre i 3.500-5.000 euro lordi al mese) che risultano non in linea con i contributi versati. A essere colpite sarebbero 250mila persone, a cui si aggiungono circa 4mila beneficiari di vitalizi spettanti ai politici.
I tagli
Nel documento proposto da Boeri ci sono anche degli esempi concreti dei tagli che subirebbero le pensioni più generose, non proporzionate ai contributi versati. La decurtazione media è del 5% ma dipende dall’importo dell’assegno. Per le rendite tra 3.500 e 5mila euro lordi al mese, ci sarebbe soltanto una limatura di appena lo 0,2%, che sale al 9,7% per chi guadagna più di 5mila euro lordi e al 12% circa per chi ha un un assegno sopra i 7mila euro.
Gli obbiettivi della riforma
Lo scopo delle misure proposte da Boeri è dimezzare il tasso di povertà nelle famiglie che hanno a capo un 55enne. In questa fascia di popolazione, il 5% del totale si trova infatti in una situazione di disagio economico. Oltre a queste misure sociali, tra gli obiettivi del presidente dell’Inps c’è quello di rendere più flessibile l’età pensionabile, per facilitare il ricambio generazionale nel mercato del lavoro.
I costi
Per le misure proposte da Boeri, vengono fatte diverse stime sui costi. Quella più ottimistica, calcola un onere per lo stato di 150 milioni di euro nel 2016, 1 miliardo nel 2017, 2,5 miliardi nel 2018 e 3 miliardi nel 2019 e nel 2020. La seconda tipologia di stime, più prudenziale e basata sull’ipotesi che tutti gli aventi diritto usufruiscano dell’uscita anticipata, prevede un costo per le casse pubbliche di oltre 600 milioni nel 2016, che sale progressivamente fino a 3,8 miliardi nel 2019, per poi scendere un po’ negli anni successivi, fino ad attestarsi a 2,3 miliardi di euro ogni 12 mesi.
PENSIONI ED ESODATI
Andrea Telara
Finché non si faranno delle correzioni alla legge Fornero, “la pressione per allargare la platea degli esodati rimarrà ancora molto alta”. E’ questo, in sintesi, il messaggio giunto ieri dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, durante un’intervista rilasciata alla trasmissione tv In mezz’ora di Lucia Annunziata.
Pensioni ed esodati: chi rientra nella settima salvaguardia
Boeri ha dunque riportato l’attenzione su un problema che, a sentire il premier Renzi e il ministro del lavoro Poletti, sembrava finalmente avviato verso una soluzione definitiva. Si tratta appunto della questione degli esodati, cioè migliaia di lavoratori anziani che nel 2011, prima della riforma previdenziale dell’ex-ministro Fornero, firmarono un accordo con la propria azienda per mettersi in mobilità o iniziarono a versare i contributi volontariamente, in vista della pensione. Per gli esodati, la riforma Fornero è stata una vera e propria beffa, poiché ha spostato di colpo in avanti l’età del pensionamento, impedendo a questi lavoratori di mettersi a riposo ed esponendoli al rischio di rimanere senza reddito, cioè senza stipendio (perché ormai disoccupati) e senza il diritto alla pensione.
Pensioni ed esodati, la lettera per Renzi
Tra il 2012 e il 214, i governi di Monti e Letta hanno salvaguardato ben 6 tranche di esodati, per un totale di circa 145mila lavoratori, consentendo loro di andare in pensione con le vecchie regole, precedenti alla riforma Fornero. Ora, con la Legge di Stabilità 2016, il governo Renzi ha deciso di tutelare una settima tranche di lavoratori, per un totale di altre 26.300 persone. Subito dopo la presentazione della manovra economica, il ministro del lavoro Poletti si è affrettato a dire che la questione esodati è ormai praticamente risolta in maniera definitiva, proprio grazie a quest’ultimo provvedimento.
Pensioni e part-time, 5 cose da sapere
E allora perché, viene da chiedersi, Boeri dice una cosa diversa rispetto al ministro del lavoro? La risposta l’ha data più volte la Rete dei Comitati degli Esodati, secondo cui i lavoratori anziani che rischiano di rimanere senza reddito e senza pensione entro il 2018, per effetto della Legge Fornero, sono almeno 49.500. Sottraendo dunque le 26.500 persone tutelate dal governo Renzi con la settima tranche, restano ancora da salvaguardare almeno 23mila persone. La Rete dei Comitati degli Esodati calcola questi numeri facendo riferimento a un documento elaborato a suo tempo dall’Inps, prima che arrivasse Boeri. Si tratta di una stima contenuta in una tabella che lo stesso istituto di previdenza inviò al Parlamento, in risposta a una interrogazione del 15 ottobre 2014, prestata della deputata del Pd, Maria Luisa Gnecchi. Sulla questione esodati, insomma, i conti non quadrano ancora del tutto.
IL GOVERNO È CONTRO
Redazione Economia
La proposte dell’Inps su pensioni e assistenza sociale, dopo un dibattito che va avanti da mesi, diventano pubbliche.
Un documento che ha il suo cuore in una proposta di legge, con articoli, commi e allegati.
- Il primo obiettivo è "abbattere del 50% la povertà tra chi ha più di 50 anni", istituendo un reddito minimo da 500 euro.
Per finanziarlo l’Istituto avanza l’ipotesi di prelievi sui pensionati d’oro, circa 250 mila persone, e il blocco di sostegni assistenziali per le famiglie più ricche, oltre mezzo milione di teste.
Il governo non apprezza
Si tratta di idee che fonti del ministero del Lavoro, in serata, giudicano "utili" alla discussione, ma su cui si è deciso di "rinviare" anche perché ci sono misure "che mettono le mani nel portafoglio a milioni di pensionati, con costi sociali non indifferenti e non equi".
E per evitare ciò, proseguono le stesse fonti, "servono risorse" che "ora non ci sono".
Una posizione netta, che fa cenno anche alle parole pronunciate del premier, Matteo Renzi, poco prima che il rapporto di Boeri venisse messo online.
Un errore intervenire sulle pensioni
Il presidente del Consiglio ha definito "un errore" fare tagli sulle pensioni.
E ha spiegato: "Alcuni correttivi proposti dall’Inps di Tito Boeri avevano un valore di equità: si sarebbe chiesto un contributo a chi ha avuto più di quanto versato. Non mi è sembrato il momento: dobbiamo dare fiducia agli italiani".
Ma sul momento dell’uscita del dossier fonti di Governo fanno sapere che c’è stata intesa.
D’altra parte la legge di Stabilità di quest’anno ha chiuso le porte a interventi generali sul fronte pensionistico, mentre non sarebbe detta l’ultima, si apprende da ambienti vicino al dossier, al riodino delle forme si assistenza.
Oggi l’Inps conta otto strumenti diversi tra pensioni sociali e trasferimenti a vario titolo (come maggiorazioni e integrazioni al minimo). Con il problema, sottolinea l’Istituto, di "incongruenze" tra i differenti strumenti e risorse "idealmente destinate al contrasto della povertà, ma che vengono tuttavia erogate verso le fasce più agiate della popolazione".
A prescindere dall’arrivo di possibili novità in materia,la pubblicazione del documento, intitolato "Non per cassa ed equità", ha suscitato diverse reazioni.
C’è chi come l’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha criticato il contenuto, giudicando la proposta "non condivisibile" laddove prevede "l’applicazione a ritroso, a pensionati e pensionandi, del metodo ’contributivo’" e chi, è il caso del sottosegretario Enrico Zanetti, ha invece espresso "forti perplessità sul metodo".
Dal Pd ha prendere le distanze è il capogruppo alla Camera Ettore Rosato: "Non è sostenibile è un taglio indiscriminato di tutte le pensioni sopra i 2 mila euro".
Anche il Movimento Cinque Stelle non apprezza, bollando come un "palliativo" il piano per introdurre un sostegno ai poveri con più di 55 anni.
Le premesse di una riforma
Tornando al lavoro dell’Inps, è un documento di 69 pagine che pone le premesse per una riforma del sistema dopo l’intervento Fornero-Monti: "vogliamo interrompere la pratica delle misure parziali", si legge nella premessa. La parte da leone la fa una vera e propria proposta di legge con 16 articoli, che toccano la flessibilità in uscita ma non solo.
C’è infatti la previsione di un reddito minimo per gli over 55 per un costo di circa 1,1 miliardi di euro e una platea di possibili beneficiari di 567.000 persone.
Buona parte delle risorse arriverebbero dal blocco dei trasferimenti assistenziali a chi ha un reddito equivalente lordo sopra i 32 mila euro. Per finanziare invece le uscite anticipare, a partire dai 63 anni, viene proposto il ricalcolo con il contributivo delle pensioni piu’ alte, oltre i 5 mila euro al mese e un congelamento degli importi per quelle oltre i 3.500.