Giusy Franzese, Il Messaggero 6/11/2015, 6 novembre 2015
VECCHIE LIRE, LA CONSULTA BOCCIA LA PRESCRIZIONE ANTICIPATA
Sorpresa: la vecchia lira potrebbe avere ancora qualche mese di vita per cambiare look e trasformarsi in euro. Ieri la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il provvedimento con cui nel dicembre 2011 il governo Monti anticipò, con decorrenza immediata, la prescrizione delle lire ancora in circolazione. Per gli italiani che, per nostalgia o distrazione, avevano conservato le vecchie lire in un cassetto confidando di avere ancora tre mesi (la norma del 2002 fissava la prescrizione al 28 febbraio 2012) per poterle cambiare in euro presso uno sportello della Banca d’Italia, fu una doccia fredda. Da quell’istante quelle banconote non valevano davvero più niente, salvo che per i collezionisti. In quel momento, fu calcolato dallo stessa banca centrale, c’erano ancora in giro 2.500 miliardi di lire, ovvero circa un miliardo e trecentomilioni di euro. Una parte furono versati dall’istituto d via Nazionale (in più tranche) all’Erario e portati in riduzioni del debito pubblico.
Ora però tutto potrebbe cambiare. Le associazioni dei consumatori sono già sulla linea d’attacco: «Chi possiede ancora banconote e monete in lire da oggi e per altri tre mesi – sostiene Elio Lannutti dell’Adusbef – può recarsi in Banca d’Italia e chiedere la conversione in euro». E chissà se tra questi c’è anche Claudia Moretti, la quarantenne precaria in un call center di Pesaro, che nel marzo del 2014, mettendo in ordine la soffitta dello scomparso zio Antonio, ritrovò una cassettina di metallo con ben cento milioni di lire. Una gioia che durò il tempo di una telefonata: quelle banconote – le fu detto da un funzionario della banca centrale – erano ormai carta straccia. Ora forse non più.
Ma non è detto che la sentenza abbia effetto immediato e generalizzato. Secondo alcuni esperti, servirebbe a questo punto un nuovo provvedimento del legislatore che riapra i termini per far recuperare i mesi perduti. Altrimenti la via è quella dei ricorsi caso per caso.
La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata nell’aprile dello scorso anno dal Tribunale di Milano nel corso di un giudizio promosso da alcuni risparmiatori che avevano chiesto la condanna della Banca d’Italia al pagamento del controvalore delle banconote in lire in loro possesso, poco più di 27.000 euro, oltre al risarcimento dei danni, affermando di avere inutilmente tentato di convertire le banconote presso varie filiali della banca centrale.
«Non è dubitabile - si legge nella sentenza - che il quadro normativo preesistente alla disposizione denunciata di incostituzionalità fosse tale da far sorgere nei possessori di banconote in lire la ragionevole fiducia nel mantenimento del termine fino alla sua prevista scadenza decennale». Poco importa, continua la Consulta, che «fossero già trascorsi nove anni e nove mesi circa dalla cessazione del corso legale della lira».
«Nemmeno la sopravvenienza dell’interesse dello Stato alla riduzione del debito pubblico - specifica la Corte - può costituire adeguata giustificazione di un intervento così radicale», che «estingue ex abrupto»un diritto. Il governo avrebbe dovuto comunque operare «un bilanciamento fra l’interesse pubblico e il grave sacrificio imposto ai possessori di banconote in lire». Per il governo Renzi è una nuova tegola.
Giusy Franzese, Il Messaggero 6/11/2015