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 2015  novembre 04 Mercoledì calendario

INTERVISTA A ROBERTO GERVASO

Roma, novembre
«Siamo vicini di casa». «Sì, ma anche vicini quanto a cinismo», gli rispondo io. Inizia così il pranzo-intervista con Roberto Gervaso. Davanti al Colosseo, attovagliati all’Hosteria da Nerone, la mensa quotidiana dove il più fanatico, narcisista e agrodolce intellettuale italiano invita, da più quarant’anni, colleghi, amici e belle donne per persuaderli con il suo charme Woody Allen Style. Persuasione e seduzione sono talenti che Gervaso ha affinato negli anni grazie alla sua più grande passione: la scrittura. Giornalista (grazie all’incontro con Montanelli al Corriere della Sera), scrittore di successo, polemista, inventore di un modello di intervista fatto di brevi botta e risposta (quella che seguirà è un affettuoso tentativo di emulazione), ma soprattutto mitico conduttore, dal 1996 al 2005, di un francobollo quotidiano su Retequattro che già dal titolo suggeriva l’ecclettismo di questo spericolato 78enne: Peste e corna... e gocce di storia. L’occasione del nostro incontro è l’uscita del suo ultimo libro, La vita è troppo bella per viverla in due, Breve corso di educazione al cinismo, una sfilza innumerevole di aforismi, alcuni brillanti, altri divertenti, taluni idioti, ma tutti pervasi da intelligenza, amarezza e spietatezza. Lui, che è sempre col farfallino, stavolta si presenta senza. Meritato, quindi, il mio rimprovero: «La trovo una mancanza di rispetto. Non mi trova all’altezza del suo farfallino?».
«No, caro, ho cominciato a mettere il farfallino con il solo scopo di farmi notare. Con te non ne ho bisogno. Tu non mi noti, mi scruti».
Adulatore.
«Tu lo dici a me?».
Sì, lo dico a lei.
«Ma io adoro gli adulatori».
Quindi si adora?
«Dai, che ci adoriamo entrambi».
Lei è un gran furboneŠ ed è pure ancora vivo.
«Sono vivo solo nel momento in cui mi sento vivo. Ma sono rari i momenti in cui mi ci sento. Vivo una vita postuma, reggo l’anima con i denti e muoio al dettaglio».
Ha detto di aver vissuto tre crisi depressive. A 23, 43 e 71 anni. Cosa o chi le ha vietato di suicidarsi?
«La depressione è il rogo dell’anima. Ti spegne tutte le energie, perfino la forza di alzarti dal divano per raggiungere una finestra e buttarti giù. L’idea del suicidio è stata ricorrente, ma la prigrizia ha avuto la meglio. Comunque, la verità è che me lo hanno vietato gli psicofarmaci».
È più grato ai medicinali o a sua moglie Vittoria?
«A entrambi. Mia moglie, però, mi è stata molto vicina. È una donna straordinaria, tant’è che ho abdicato da anni a ogni sovranità coniugale. Ho delegato tutto a lei, fa tutto lei».
Comodo.
«Comodissimo. Io sono libero di fare tutto quello che decide lei».
Anche libero di piangere?
«Sembra strano, ma io non ho mai pianto in vita mia».
Mai?
«Mai, ma ciò non significa che non abbia mai avuto dei grandi lutti e dei grandi dolori, o lunghi momenti di disperazione e sconforto. Deve essere un fatto organico: le mie ghiandole lacrimali non versano niente».
Mentre i suoi aforismi, da sempre, versano solo cinismo.
«È vero, ma se non fossi stato cinico, avrei perso tante battaglie che ho vinto solo grazie al cinismo. Molti momenti della vita si possono affrontare solo con crudezza e con realismo».
Con devoto cinismo, quindi, le rinfresco la memoria citandole gli aforismi più noiosi che ho trovato dentro al suo libro.
«Noiosi?».
Noiosi, come questo: «Vivere per gli altri è un modo di perdere il proprio tempo».
Lei ne ha perso decisamente poco, vero?
«Sì, ne ho perso poco. Infatti ho pochissimi amici. E ne ho sempre meno, perché l’amicizia presuppone la stima, a differenza dell’amore che presuppone la passione».
«A me le donne con i tacchi piacciono solo a letto».
La eccita fare lo schiavo o è solo un feticista?
«Sono un orgoglioso feticista. Mi piace la donna con tacchi, calze e reggicalze. Ho combattuto una crociata per difendere il valore del reggicalze».
Insomma, ha combattutto per cose decisive per l’umanità.
«Ho combattuto per cose divine come il reggicalze... che sta al collant come il caviale beluga sta all’uovo di lompo».
«Bella per me è sola una donna che mi fa sembrare brutte le altre belle».
A parte sua moglie, meglio la Santanchè o la Boschi?
«La Boschi la vedo più nel ruolo di moglie. La Santanchè in quello di amante».
Ma lei è già sposato.
«Credo che un uomo, in vita sua, debba avere almeno tre donne: l’amante, la moglie e la geisha».
E tra le tre, a chi facciamo fare il ruolo di geisha?
«Dovrei prima mettere alla prova una delle due che mi hai citato».
Quando scrive che «ci sono donne che a letto chiudono gli occhi per sentirsi altrove», ricorda a cosa o a chi pensavano tutte quelle che sono state a letto con lei?
«Io stesso le sollecitavo a pensare al marito. La cosa mi faceva sentire ancora più adultero».
E le ubbidivano?
«Tutte, tranne una. Era il 1968, quando i carri armati invasero Praga. Questa, pure a letto, vedeva solo cannoni. Quindi ho spento la tv nel tentativo di distrarla dalle immagini di violenza e terrore che trasmetteva il notiziario. E, a quel punto, le ho fatto vedere che ero armato anche io».
Lei è sempre modesto. Ma andiamo avanti con il Gervaso-pensiero: «La donna che mi si nega non sa cosa non perde». Concentriamoci su cosa perde.
«La donna che oggi mi si nega non perde niente, ne guadagna soltanto, visto che sono impotente. Ieri, però, perdeva qualcosa, anche perché non ho mai concesso bis».
Come Paganini.
«Sono stato paganiniano, ma anche wagneriano perché più che un amatore io sono stato un grande cavalcatore».
Neanche Berlusconi è così pieno di sé quando, in privato, racconta le sue avventure di letto.
«Questo non lo so, ma l’altro giorno l’ho sentito al telefono. Mi ha chiamato per ringraziarmi di avergli mandato il mio libro».
Pensavo l’avesse chiamata per parlare di donne.
«No, purtroppo. Abbiamo parlato di noi».
Avete una storia d’amore platonico? Non mi dica che Berlusconi è omo-affettivo!
«Ma no, ci vogliamo bene e tutti e due conosciamo la solitudine».
Il Cavaliere soffre di solitudine?
«Ti stupisce? Tutti soffriamo di solitudine. Anche lui».
E il cerchio magico dove lo mette?
«Il cerchio tragico, vuoi dire?».
Tragico, magico, come vuole. Ma non gli manca la compagnia?
«E invece sì. È un uomo che ha fatto tanto: molte cose geniali come imprenditore e tante sciocchezze come politico. Ma il suo problema è più profondo».
Tutto orecchie, Dottore Gervaso.
«Il suo successo è dovuto al suo essere straordinariamente estroverso. Ma non puoi fare il visionario tutta la vita, non è possibile guardare sempre avanti e progettare continuamente qualcosa di grande. Arriva un momento in cui è necessario guardarsi dentro».
E per Berlusconi è giunto questo momento?
«Sì. Nella nostra conversazione gli ho ricordato che chi non si guarda dentro e in profondità, si ritrova solo».
Mi permetta, ma quando parla di Berlusconi il suo cinismo va a finire in soffitta. Va così anche se le chiedo di parlarmi di Renzi?
«Renzi è un misto tra Capitan Fracassa, Gianburrasca, il Dottor Stranamore e il Barone di Münchhausen. Vende fumo in technicolor».
È ritornato in sé... Ma anche Berlusconi in quanto a fumo…
«Sì, è vero. Anche lui ne ha venduto parecchio. Con una notevole differenza, però. Il Cavaliere oltre al fumo ha sempre venduto anche l’arrosto. Anzi, è stato talmente abile e capace da vendere l’arrosto anche ai vegeteriani».
Geniale?
«Geniale, ma solo».
Come lei!
«Come te. Come tutti».
Pierluigi Diaco, Oggi 4/11/2015