Bruno Vespa, Oggi 4/11/2015, 4 novembre 2015
INTERVISTA A MARIA ELENA BOSCHI
Roma, dicembre
Esce giovedì 5 novembre il nuovo libro di Bruno Vespa Donne d’Italia. Da Cleopatra a Maria Elena Boschi storia del potere femminile (Mondadori-Rai Eri, 444 pagine, 20 euro). È una lunga cavalcata dall’antica Roma a oggi per raccontare la storia italiana vista dalla parte delle donne in tutti i campi in cui esse hanno inciso sulla società: da Cornelia, madre dei Gracchi a Matilde di Canossa, da Anita Garibaldi alla contessa di Castiglione, da Margherita Sarfatti alle donne della Resistenza, da NildeIotti a Emma Bonino, da Marisa Bellisario a Susanna Camusso, dalle Sorelle Fontana a Miuccia Prada, da Rita Levi Montalcini a Samantha Cristoforetti, da Oriana Fallaci a Camilla Cederna, dalle donne della televisione alle ministre di Renzi e Berlusconi. Pubblichiamo qui in anteprima il capitolo dedicato a Maria Elena Boschi.
E se fosse la nuova Thatcher? E se fosse la nuova Merkel? Con il vantaggio di essere molto più giovane e molto più bella? Perché perfino l’Economist, sempre arcigno con i politici italiani, dopo il voto sulla riforma del Senato ha scritto che lei ha saputo far meglio di Wonder Woman, la super eroina dei fumetti anni Quaranta? Mentre alle sette del mattino attraverso i corridoi deserti del ministero delle Riforme a Largo Chigi per raggiungere il suo ufficio, penso che Maria Elena Boschi (Montevarchi, 1981) è di gran lunga la donna più potente dell’intera storia italiana. In passato, si assegnavano le Riforme e l’Attuazione del programma di governo a un notabile che non si sapeva bene dove altro collocare trattandosi di due ministeri storicamente inutili. E i rapporti col Parlamento erano destinati a un vecchio marpione di fiducia del capo del governo, ma abituato a svernare da decenni sui divani di pelle del Transatlantico di Montecitorio di cui conosceva ogni piega polverosa. E invece a palazzo Chigi arriva con un blitz il ragazzone di Rignano sull’Arno, il dottor Matteo Renzi, come sta scritto nel sottopancia governativo visto che non è né deputato né senatore, assegna i tre ministeri a una ragazza di Laterina alla prima legislatura e lei trasforma in un battibaleno – proprio come nella favola di Cenerentola – la vecchia zucca nella carrozza alata del Potere. L’unico col quale, allo stato, Maria Elena risulti fidanzata.
ALLE 7 DEL MATTINO CORRE SUI TACCHI 12
Ecco, deve essere lei. Alle sette e un quarto, l’ora dell’appuntamento, sento nel corridoio un passo svelto scandito da un tacco dodici. È infatti la ministra. Abito rosso Valentino (anche se a quest’ora l’abito non può portare la sua firma), scarpe in tinta, capelli biondi sciolti genere Botticelli, ovale Primavera, i famosi occhi mare-di-Ponza che sono anche per lei il semaforo dello stato d’animo: in genere dolci e seduttivi, ma se serve duri e affilati. So bene che parlare con lei di Potere è tempo perso, ma ci provo. «Io non sono potente. Sono soltanto una persona che cerca di lavorare molto, di impegnarsi per quanto può. Seguo tanti tavoli, dentro questo ministero e fuori, stiamo tenendo ritmi incredibili per portare a casa i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Do il mio contributo seguendo quello che è un atteggiamento coerente della mia vita. Ma io non gestisco niente, a parte il mio lavoro. Il potere è un’altra cosa».
È un fatto che lei abbia voce, di dritto e di rovescio, su tutte le riforme del governo Renzi.
«Dipende dal fatto che le mie deleghe mi danno competenze più trasversali. Il governo è come un ospedale con molti capi reparto. Io sto al pronto soccorso, debbo guardare un po’ di tutto e sono il capo della squadra di pronto intervento».
È un fatto che il presidente del Consiglio si fidi soprattutto di lei.
«Io so come la pensa lui. Riesco a immaginare più di altri quel che farebbe lui su certi temi. Ma questo dipende dal fatto che nel governo sono la persona che ha con Renzi il rapporto di collaborazione di più lunga durata. C’è un rapporto di fiducia secondo meccanismi ormai molto collaudati. Quando fai insieme le campagne elettorali, condividi ogni scelta e ogni passaggio diventa fatalmente molto rapido. Questo accade anche con Luca Lotti e via via con Graziano Del Rio, con Paolo Gentiloni».
Lei interviene spesso in aula anche su materie che non sono sue.
«È il lavoro di pronto soccorso di cui le parlavo prima. A volte capita di dover sostituire qualche collega che ha altri impegni istituzionali. E quando devo parlare di temi non miei, me li studio. Quando? Alzandomi un’ora prima la mattina».
A che ora si sveglia in genere?
«Non prestissimo, verso le sei e mezza. Ma se debbo studiare anche alle cinque».
E va a letto?
«Quasi mai prima dell’una. L’una mia sono le dieci e mezza di una persona che fa un lavoro normale».
«Esco davvero poco – sorride lei – mi piacerebbe andare a cinema o a teatro, ma come si fa? Mi muovo un pochino di più dell’anno scorso, durante la settimana le giornate sono davvero pesanti. Una serata però me la prendo. I miei amici storici di Firenze, quelli con i quali ho fatto l’università o cominciato l’avvocatura, vengono una volta alla settimana e ceniamo insieme. Chi sono? Francesco Bonifazi, Federico Lovadina che continua a fare l’avvocato a Firenze, Enrico Mugnai, anche lui avvocato, Gaia Nardone che fa il notaio. Incontro le altre amiche storiche nei fine settimana a Firenze».
«frequento sempre gli stessi amici»
È la stessa cerchia delle vacanze?
«Sì, questa estate siamo andati alcuni giorni a Formentera. Da anni facciamo vacanze insieme ma stavolta i paparazzi ci hanno beccato».
Sempre single, vero?
«Sìììì. Adesso le racconto una cosa. Ho due fratelli, Emanuele che vive tra Arezzo e Firenze e Pier Francesco che sta in Sicilia. Ogni tanto uno dei due viene a trovarmi. Entriamo in un ristorante e il proprietario mi dice sottovoce con aria complice: abbiamo preparato una saletta. E io: guardi che è mio fratello. La stessa cosa nostra alla sfilata del 2 giugno del 2015. Nessuno conosceva l’uomo che mi stava a fianco. Giornalisti e fotografi scatenati. Anche stavolta era mio fratello».
Vabbé, prima o poi con la legione di corteggiatori che ha...
«Ma no, non è così. E poi guardi, anche per essere corteggiate ci vuole tempo».
Eppure, nonostante anche stamattina si sia alzata all’alba, non ha certo un’aria stanca e trasandata. Trucco perfetto («Ma quale trucco?», protesta lei), abbigliamento sobrio ma elegante. A proposito, oggi ha scelto il rosso, ma si parla addirittura di un “blu Boschi”…
«Il blu mi piace davvero tanto, in tutti i suoi toni. Ma mi piace anche il rosso. Bisogna essere allegri, senza prendersi troppo sul serio».
Se è vero che i corteggiatori scappano, lo fanno perché mi dicono che la sua faccia d’angelo nasconde un carattere di ferro. “Così amabile nei modi, così dura nelle risposte”, ha detto il deputato D’Attorre, suo compagno di partito.
«Io non sono dura, le pare che se lo fossi stata avremmo accettato 140 modifiche al testo iniziale della riforma del Senato? Posso dirle che non condivido tutte le scelte alle quali ci hanno portato le mediazioni? Io non sono per l’accordo a prescindere, non bisogna abbassare l’asticella più di tanto. Comunque sono soddisfatta, perché non sono state svilite le linee guida della riforma. D’altra parte, come diceva l’ex presidente della Consulta Paolo Rossi, toscano come me, la Carta non è un blocco di granito e nemmeno un giunco, ma è fatta di un acciaio duttile».
Sulla riforma del titolo V della Costituzione, che nel 2001 assegnò poteri giganteschi alle regioni, avrei sperato un ritorno più massiccio di poteri allo Stato.
«Anch’io sono più statalista che regionalista, ma abbiamo dovuto trovare un punto d’incontro. Non è facile agire quando i parlamentari sono regionalisti su tutti gli argomenti, tranne quelli trattati dalla commissione in cui stanno. In ogni caso, nonostante le mediazioni, abbiamo tolto alle regioni competenze su energia, infrastrutture, ambiente, concorrenzaŠ».
Avrebbe tolto ancora qualcosa?
«La formazione professionale e poi con la competenza regionale sul turismo lo Stato fa fatica a portare avanti una propria strategia».
Nella riforma del Senato, visto che i senatori scendono da 315 a 100, non sarebbe stato meglio eleggerli?
«In Senato debbono esserci sindaci e consiglieri regionali perché non puoi togliere alle regioni poteri legislativi tornati allo Stato con la riforma del titolo V della Costituzione e non dargli rappresentatività al Senato».
«non penso al mio futuro. per ora voglio completare le riforme»
Però alla fine, di mediazione in mediazione, finiremo per eleggere noi i senatori-consiglieri. «In sede di attuazione, bisognerà scegliere tra opzioni diverse. Quando si elegge il consiglio regionale, si possono indicare i consiglieri da mandare in Senato o ci può essere una lista che già individua i candidati senatori di un certo partito oppure mandare in Senato chi ha avuto più preferenze. A me non piace il listino bloccato e nemmeno l’idea che vadano al Senato i più votati. Preferirei una seconda colonna in cui possa scegliere con un pallino il mio consigliere-senatore. Ma per ora è soltanto una mia idea».
Quando useremo il nuovo sistema?
«Nel 2018 saranno i consigli regionali, già eletti, a scegliere i senatori al proprio interno. D’altra parte la prima volta della storia repubblicana fu il presidente della Repubblica a nominare i senatori. Poi via via il nuovo sistema entrerà in funzione».
Qual è il futuro della bella ministra? Anche gli avversari le riconoscono capacità personali e solidità politica non comuni. Tra i suoi ammiratori c’è anche Berlusconi e non perché è una bella ragazza. Se il Pd vincesse le elezioni del 2018, qualcuno ne parla come della prossima presidente di una Camera dotata di poteri assai maggiori degli attuali. La Boschi scuote la testa. «Ho ancora molto da fare e da dimostrare. Sono al mio debutto parlamentare e governativo e fino a due anni fa non avevo mai fatto politica, nemmeno a livello locale».
Però l’esperienza le piace.
«Molto, non la vivo affatto come un sacrificio. Ora bisogna completare le riforme, vincere il referendum confermativo e ho la grande fortuna di vivere queste esperienze da giovane».
Quando Renzi dovesse lasciare, potrebbe essere lei la candidata a Palazzo Chigi.
«Finché c’è Renzi – e ci sarà per lungo tempo – il problema non si pone. È la persona più brava su piazza e mi fa piacere che mi abbia chiamato a condividere il suo progetto politico. Poi quando lui avrà finito si vedrà. Ma in politica un mese è un’era geologicaŠ».
Bruno Vespa, Oggi 4/11/2015