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 2015  novembre 04 Mercoledì calendario

ANVEDI COME PARLA RENZI

Persino Matteo Renzi, che è lo spin doctor di se stesso, aveva bisogno di un comunicatore. E così ha scelto Nomfup, al secolo Filippo Sensi, come portavoce a Palazzo Chigi. Uno che, al primo colpo, dimostra un’età indefinita – trentenne? quarantenne? – finché non scopri che è nato nel 1968.
Laurea e dottorato in filosofia, juventino, blogger e gran twittatore, è stato spesso paragonato ad Alastair Campbell, celebre stratega al fianco di Tony Blair, anche se rispetto a lui ama stare dietro le quinte. Riservato e schivo, evita accuratamente di farsi intervistare, come in questo caso.
Ha iniziato come giornalista in piccole emittenti e agenzie di stampa romane. Un bel po’ di precariato, poi, alla fine degli Anni 90, è arrivata l’occasione: un posto nell’ufficio stampa di Francesco Rutelli, allora sindaco di Roma, in quella che era la “scuola di comunicazione” di Michele Anzaldi, oggi deputato Pd e membro della Commissione di Vigilanza Rai, passato di recente alle cronache per certe improvvide dichiarazioni su RaiTre «da rieducare» in quanto poco rispettosa del premier. In quell’ufficio è diventato amico di Stefano Menichini, futuro direttore del quotidiano Europa, di cui più tardi sarebbe stato il vice, in una redazione piena di giovani: ogni mattina arrivava con un sacchetto pieno di mele e lattine di Coca-Cola, di cui è bevitore accanito, e con l’altro vicedirettore Mario Lavia (oggi a l’Unità.tv) accendeva la musica su YouTube.
Sempre lì, quando Rutelli è diventato leader de La Margherita, ha conosciuto il giovane Renzi e il suo braccio destro Luca Lotti, oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
Esperto di cose americane e inglesi («Sono pazzo, io, a seguire il reshuffle – il rimpasto, ndr – del Labour come fossero i 100 metri delle Olimpiadi?»), studioso di clintonismo e blairismo, a ottobre ha sfondato quota 80.000 follower su Twitter, grazie all’hashtag #cosedilavoro che accompagna i tweet su Palazzo Chigi: foto di Renzi e momenti di vita governativa, che fanno concorrenza al fotografo ufficiale Tiberio Barchielli; articoli di giornali stranieri; dati su Pil e disoccupazione. Ma già prima di entrare nel Palazzo e di istituzionalizzarsi, Sensi era molto presente nella blogosfera con il nome di Nomfup, acronimo di «Not my fucking problem», una frase ripetuta continuamente da Malcolm Tucker, consulente politico protagonista della serie tv The Thick Of It.
Tanto cazzeggio, ma anche roba serissima. Nel 2011 è arrivato perfino a far dimettere il ministro inglese della Difesa, Liam Fox, dopo aver scovato un video smanettando in rete: Fox, accusato di aver portato con sé in alcuni viaggi istituzionali l’ex coinquilino e testimone di nozze Adam Weritty, aveva sempre sostenuto di essere andato in giro da solo. Nel video scoperto da Nomfup, invece, il premier dello Sri Lanka stringeva la mano proprio a Werritty, presentato come consigliere del ministero della Difesa mentre in realtà non aveva alcun incarico ufficiale. Quel video fu ripreso dal The Guardian che scrisse un articolo durissimo e ottenne le dimissioni del ministro.
Da qualche tempo, Sensi è diventato molto attivo anche su Instagram. Tutto è cominciato durante un suo viaggio di lavoro in Cina, dove il social media creato da Jack Dorsey è vietato. Instagram è diventato così per lui un «diario di bordo, una corsia d’emergenza, dove raccontare con le immagini», che in certe occasioni possono essere molto più potenti di un testo scritto.
Ma com’è fare lo spin doctor di un tipo come Renzi, che è già abile di suo nella comunicazione? Sensi lo ha spiegato agli studenti del Master in management politico del Sole 24 Ore: «Nella comunicazione del premier c’è tanta spontaneità, accanto alla scelta di fondo di presidiare i social media. Renzi usa molto le news e ha una velocità e una densità di scrittura che io non ho: l’azione, l’agenda, gli appuntamenti che verranno. La eNews, la newsletter che lui ha voluto creare, è proprio questo: una cosa sua, con cui vigilare e darsi obiettivi. Non ci sono focus group, ma una comunicazione immediata, che non vuol dire improvvisata».
Forse la chiave per capire la comunicazione politica al tempo dei social media, con un flusso di informazioni e di news vorticoso e pervasivo, sta proprio qui. Non tanto nella “spontaneità” dei politici, sulla cui genuinità si potrebbe discutere, quanto sulla capacità dei loro comunicatori di trasformare pezzi di vita quotidiana – estratti dalla “timeline” di Palazzo Chigi o di Downing Street – in momenti a cui attribuire un significato politico. I tweet di Sensi, ma soprattutto quelli di Renzi stesso, possono dettare l’agenda della politica e mettere in crisi quella dei giornali, spesso costretti a costruire articoli a partire da quei cinguettii. È la disintermediazione, bellezza.